Tubo di Newton.
Traditionally the apparatus is called a Guinea and Feather Tube, and was invented by Isaac Newton. The guinea used in the early tubes was the small English coin, produced from 1663 until 1816, and named after the region of West Africa from which gold was mined.
Nell’inventario del 1906 a pag. 557, n° 1394 si legge: “Tubo di vetro alto con rubinetto per la dimostrazione della caduta dei corpi nel vuoto. Destinato alla Scuola di Chimica e Fisica, Sezione Z16”.
Successivamente, nell’inventario del 1919, al contenuto di un’intera vetrina fu attribuito il n° 834/12 e nell’elenco risulta un “tubo per la caduta dei gravi” con aggiunta a matita la scritta “nel vuoto”.
Nell’inventario particolare per reparto n° 7/8 a pag. 165, n° 527/2104, si legge: “Tubo p. la caduta dei gravi. ₤ 20”. Destinato al Gabinetto di Fisica.
Nell’inventario del 1937 ha il n° 209.
Il tubo di vetro, chiuso alla sommità e con alla base un condotto con rubinetto da cui aspirare l’aria, è lungo 0,98 m e ha un diametro di 9 cm.
Tutto il tubo, compresa la base è lungo 110,5 cm.
Con una buona pompa aspirante si ottiene una rarefazione dell’aria sufficiente ad attenuare sensibilmente la sua resistenza alla caduta dei corpi posti al suo interno.
Essi sono: una pietruzza, una pallina di piombo, un cilindretto di gomma rossa, un turacciolino di sughero, alcuni coriandoli di carta di quaderno e una piuma larga e corta.
All’inizio della dimostrazione si fanno scorrere gli oggetti verso la parte alta e poi, rapidamente, si mette il tubo in posizione verticale.
I primi a cadere sono: la pallina di piombo, la pietruzza, seguono subito dietro il cilindretto di gomma rossa e il turacciolino di sughero, poi scendono i coriandoli e per ultima la piuma pigra e lenta.
Si fa dunque osservare che la presenza dell’aria influenza la rapidità di caduta degli oggetti in ragione della loro forma.
Si toglie dunque l’aria quanto basta dal tubo, poi si chiude il rubinetto e si ripete l’operazione di caduta.
La meraviglia è vedere la piuma e i coriandoli che cadono insieme agli altri oggetti.
Nei limiti della validità dell’osservazione qualitativa, se ne deduce che la rapidità di caduta nel vuoto non dipende né dal peso, né dalla forma, né dal tipo di materiale di cui sono fatti i corpi.
La loro accelerazione g dunque è la stessa e qui a Fermo è di circa 9,80 m/s² .
L’esperienza comune suggerisce che una foglia cade più lentamente di una pietra. Ma si può anche osservare che se si lascia cadere dalla stessa altezza un foglio di carta disteso e poi lo stesso foglio appallottolato, il foglio disteso impiega più tempo nel cadere di quando è appallottolato. Aristotele (384-322 a.C.) era convinto che le rapidità di caduta di un oggetto dipendeva dal suo peso; egli infatti attribuiva la causa del peso alla presenza in esso dell’elemento Terra, quindi un oggetto più pesante conteneva una maggior quantità di questo elemento e avrebbe raggiunto con maggior velocità il suo luogo naturale, cioè le Terra. Aveva inoltre osservato che uno stesso oggetto cade più lentamente nell’acqua che nell’aria. La sua conclusione erronea fu che la rapidità di caduta era proporzionale al peso e inversamente proporzionale alla resistenza del mezzo attraversato.
Non sembra che Aristotele abbia tenuto conto della forma degli oggetti.
Il filosofo Giovanni Filopono di Alessandria (490-570 d. C.) pare abbia fatto il seguente esperimento: dopo aver fatto cadere dalla stessa altezza contemporaneamente due oggetti, uno pesante il doppio dell’altro, osservò che il primo non aveva impiegato la metà del tempo impiegato dal secondo, come richiesto dalla teoria di Aristotele.
Inoltre da altri suoi studi sul moto degli oggetti lanciati in aria dedusse, sebbene confusamente, che la loro velocità dipendeva dalla differenza tra il loro peso e la resistenza dell’aria e sviluppò una sorta di teoria dell’impetus.
Galileo Galilei (1564-1642) nel 1638 scrisse: “Discorsi e Dimostrazioni Matematiche intorno a due nuove scienze Attenenti alla Meccanica e i Movimenti Locali” e in questa opera è ben descritto un esperimento che si credeva fosse stato da lui eseguito dalla Torre di Pisa, ma che quasi certamente è un “esperimento ideale”.
Dunque Galileo aveva ben compreso l’importanza della forma dell’oggetto, che determina la resistenza dell’aria, e dell’ininfluenza del peso e infatti scrive: «Ma io, Sig. Simplicio, che m’ho fatto la prova, vi assicuro che una palla d’artiglieria, che pesi cento, dugento e anco più libbre, non anticiperà di un palmo solamente l’arrivo a terra della palla di moschetto, che ne pesi una mezza, venendo anco dall’altezza di dugento braccia».
Certamente Isaac Newton (1642-1727) diede una spiegazione dinamica a tale fenomeno, inquadrata in una teoria ben più vasta e articolata, mentre quella di Galileo era puramente cinematica. Galileo aveva studiato “come” si muovono i corpi, Newton indagò sulle forze e i loro effetti sui moti, fermandosi a sua volta dinanzi al perché le masse si attraggono. L’opera di Newton: “Philosophiae Naturalis Pincipia Mathematica” fu pubblicata nel 1687.
Inoltre verso il 1650 Otto von Guericke inventò la pompa da vuoto, fu quindi possibile ottenere una rarefazione sufficiente per costruire una fattispecie del tubo di Newton. Pompa a vuoto che in seguito fu continuamente mutata e perfezionata, permettendo di ottenere migliori esperienze col Tubo di Newton.
Secondo la Teoria della Gravitazione Universale di Newton, due corpi di masse m ed M si attraggono con una forza
F = G (m M ) / D² dove D è la distanza tra i centri di massa dei due corpi e G è la costante di attrazione universale che vale 6,6720 10 -11 N m²/ kg² . Pertanto un corpo di massa m, immerso nel nostro caso nel campo gravitazionale terrestre, subisce una accelerazione g verso il centro della terra g = G Mt /D ² dove Mt è la massa della Terra e D è la distanza tra il centro di massa del corpo m e il centro della Terra. Nell’ambito della teoria di Newton quanto sopra affermato è valido se si trascurano: la rotazione della Terra, l`effetto dell’aria sul corpo e una eventuale anomalia locale gravitazionale.
Bibliografia.
L. Segalin, Fisica sperimentale, Vol. I, G. B. Paravia & C. Torino 1933 da cui è tratta la prima figura (nella quale gli oggetti cadono in presenza dell’aria).
A.A. V.V. The Project Physics Course, Zanichelli , Unità 1, Bologna 1977.
La figura 60 è a pag. 71 di Elementary Treatise on Physics Experimental and Applied transalted from Ganot’s Éléments De Physique by E. Atkinsons, W. Wood & Co. New York 1910 rinvenibile all’indirizzo: https://archive.org/details/treatphysics00ganorich
In essa la ghinea d’oro e la piuma cadono insieme poiché all’interno del tubo l’aria e molto rarefatta.
Il tubo è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Federico Balilli, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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