Tubo di Crookes.
Nell’inventario del 1906 a pag. 168, al n° 666 si legge: “tubo di Croûkes” [sic]. La data testimonia la rapidità con cui il Montani acquisiva le novità nel campo scientifico, poiché il tubo era già dichiarato in esistenza.
Nell’inventario del 1919, al n° 963/29 si legge di quattro tubi per gas rarefatti: due ad ampolla, uno cilindrico, uno a pera.
Nell’inventario del 1923, al n° 254/1013 vengono elencati gli stessi.
Nell’inventario D del 1937, al n° 447 si legge: “tubo a vuoto a forma di pera- G45 ….”
Il tubo a forma di pera è il classico tubo di Crookes riportato in numerosissimi manuali.
Questo tubo fu il primo acceleratore di elettroni della storia.
Il catodo negativo è un disco di alluminio.
Questo metallo presenta un basso spruzzamento sulle pareti, dovuto al bombardamento ionico che estrae alcuni atomi. Questi vanno a depositarsi sul vetro e, quando l’uso del tubo è molto prolungato, formano un film sottile.
La posizione dell’anodo positivo, posto in basso vicino al sostegno, è ininfluente riguardo alla direzione degli elettroni che vanno a urtare lo schermo trasparente.
Nel tubo il vuoto è dell`ordine di 1,3 Pa, cosicché i rari ioni positivi presenti, accelerati dal forte campo elettrico, urtano il catodo ed estraggono gli elettroni. Questi escono dal metallo in direzione normale alla superficie e, lungo il tragitto, possono urtare le poche molecole residue ionizzandole, oppure proseguono indisturbati fino a colpire il vetro della faccia opposta, generando calore e una lieve fluorescenza verdastra.
Se la differenza di potenziale applicata è elevata possono produrre raggi X nell’urto con gli atomi del vetro.
Normalmente il tubo si alimenta con il rocchetto di Ruhmkorff, una macchina che produce una tensione alternata fortemente asimmetrica.
Bibliografia.
M. Born, Fisica atomica, Boringhieri, Torino 1968.
S. Tolansky, Introduzione alla fisica atomica, Boringhieri, Torino 1963.
Il tubo è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Federico Balilli e Daniele Maiani, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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