Tubo a croce di Malta, Off. Galileo Firenze (Museo MITI)

                                   Tubo a croce di Malta.
 Nell’inventario del 1927, al n° 893-2702 si legge: “Officine Galileo Firenze. Tubo con croce d`alluminio per raggi catodici”. Acquistato il 1 aprile del 1927.
Si trova inoltre nell’inventario per categoria n° 7/8  dello stesso anno al n° 893/2704, col giusto prezzo di ₤ 7,80.
Nell’inventario D del 1933/1937 al n° 449 si legge: “Tubo con croce ribaltabile per ombre catodiche G44”.
 Questo tubo serve per dimostrare la propagazione rettilinea dei raggi catodici (elettroni veloci) nel vuoto.
Il tubo è composto da un’ampolla di vetro dalla forma conica.
La pressione del gas residuo è di 0,13 Pa.
Il catodo è un disco di alluminio, l’anodo è posto vicino al sostegno, cosicché i rari ioni positivi presenti, accelerati dal forte campo elettrico, urtano il catodo negativo ed estraggono gli elettroni. Questi escono dal metallo in direzione normale alla superficie e, lungo il tragitto, possono urtare le poche molecole residue ionizzandole, oppure proseguono fino a colpire il vetro della faccia
opposta o urtare la croce, generando calore e una lieve fluorescenza verdastra sul vetro.
Se la differenza di potenziale applicata è elevata possono produrre raggi X nell’urto, sia con la croce sia col vetro.
Normalmente il tubo si alimenta con il rocchetto di Ruhmkorff, una macchina che produce una tensione
alternata fortemente asimmetrica.
Una lamina di alluminio a forma di croce di Malta, viene usata come ostacolo per i raggi catodici e proietta un’ombra netta sul fondo fluorescente del tubo. Essa è incernierata alla base e può ruotare di 90°.
Quando si abbatte la croce, la zona che era in ombra diviene più brillante perché le zone precedentemente colpite dagli elettroni si erano saturate risultando meno luminose.
Questa ed altre osservazioni mostrano che gli elettroni escono perpendicolarmente alla superficie del catodo e si spostano in linea retta, qualunque sia la posizione dell’anodo.
La croce dell`esemplare del Montani ha subito un eccessivo bombardamento elettronico, poiché il conseguente forte riscaldamento ne ha provocato l’evidente deformazione.
Gli elettrodi dei tubi sono di alluminio perché questo metallo non presenta il fenomeno dello spruzzamento sulle pareti tipico dei tubi a raggi X nei quali l’anticatodo è di tungsteno o nichel platinato o rame.
La figura N 1232 è a pag. 326 del catalogo: Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica a cura del prof. R. Magini, Officine Galileo, 1940.

La figura 10190 è a pag. 610 del catalogo Physical Apparatus, Baird & Tatlock (London) Ltd. 1912. Rinvenibile all’indirizzo: https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/pdf/sil14-52548.pdf
Bibliografia.
L. Segalin, Fisica sperimentale, Vol. II, G. B. Paravia, Torino 1933 da cui è tratta la  figura qui sotto.
Scheda di istruzioni della Leybold n°55545 12/1953 A.
Scheda di istruzioni della Paravia n° 496.

Il tubo è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
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   Foto di Federico Balilli, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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