Sezionatore a lama con bobina


È molto difficile datare il sezionatore poiché fin dai più antichi inventari di cui disponiamo vi sono descritti troppo sommariamente molti quadri elettrici muniti di varie fogge di sezionatori.
Questo esemplare mostra alcune particolarità che si ritrovano nei sezionatori soggetti a tensioni di migliaia di volt; infatti il coltello è interrotto elettricamente in un tratto nascosto dalla bobina che è percorsa dalla corrente del circuito quando la parte estrema della lama è nel contatto fisso; dunque la bobina genera un campo magnetico. Quando l`operatore alza il manico, il coltello dapprima resta nella posizione di conduzione, poi, con un certo ritardo si alza, uscendo dal contatto fisso, per aprire il circuito.
Se in questa fase si crea un arco voltaico, la corrente continua a passare nella bobina e il campo magnetico agisce sugli ioni soffiandoli via lateralmente. In tal modo l`arco elettrico viene interrotto, la corrente cessa così come il campo magnetico.
Il ritardo con il quale il coltello si solleva rispetto al movimento del manico mette al riparo la mano dell`operatore da eventuali ustioni, poiché il manico è già in alto quando la lama lascia il contatto fisso.
Insieme all`ing. C. Profumieri ho misurato la resistenza della bobina che è costituita da poche spire di sezione relativamente grande come si vede nelle foto; attenuando bene le resistenze di contatto abbiamo rilevato una resistenza di 0,1 Ω, come c`era da aspettarsi.
Dalle sommarie indagini svolte, ci risulta però che nei vari laboratori del Montani non si superavano i 400 volt, e che i generatori non davano correnti particolarmente elevate se non a tensioni relativamente contenute.
Ci resta dunque la curiosità di sapere dove era utilizzato un simile sezionatore.
Precisiamo comunque che l`interruttore o sezionatore, che apre un circuito sottoposto ad una tensione di qualche centinaio o migliaio di volt, con correnti di decine di ampere, deve dare le stesse garanzie di un comune interruttore di un circuito domestico.
Dunque la sua progettazione richiede caratteristiche molto diverse poiché quando è chiuso deve condurre normalmente e quando è aperto deve assicurare un ottimo isolamento, nonostante le eventuali tensioni elevate ai suoi capi. L`eventuale arco raggiunge temperature molto elevate.
Da quanto detto sopra sembrerebbe dunque che la formazione dell`arco sia solo dannosa, invece contribuisce al buon funzionamento dell`intero circuito poiché evita le sovratensioni che si genererebbero per una interruzione troppo rapida della corrente.
Sovratensioni, dovute alla normale presenza di forti induttanze, che danneggerebbero sicuramente parti importanti del circuito.
L`arco infatti è costituito da plasma conduttore che permette per breve tempo il passaggio di corrente, evitando la variazione troppo rapida del campo magnetico che induce le sovratensioni.
La produzione dell`arco è fenomeno assai complesso.
In estrema sintesi, quando i contatti iniziano a separarsi la superficie di contatto diventa sempre più piccola, di conseguenza la resistenza al fluire della corrente aumenta e aumenta la temperatura. Il sottile strato finale di metallo allora fonde ed evapora ionizzando le molecole d`aria circostanti. L`aria normalmente è un ottimo isolante (occorrono 32 kV/cm per renderla conduttrice in condizioni standard di umidità, pressione e temperatura), ma a 5000 K la sua conducibilità aumenta di un fattore di 1013, mantenendo la corrente durante l`apertura.
Questo avviene anche se la corrente è alternata poiché il calore all`interno dell`arco ha una sua inerzia e al riaumentare della corrente l`arco si può riaccendere. L`interruzione di correnti continue è molto più problematica che quella di correnti alternate.
Per tensioni dell`ordine di 200 – 250 V la deionizzazione della zona d`arco avviene spontaneamente con conseguente estinzione.
Bibliografia.
W. Rieder, Gli interruttori, rivista Le Scienze N° 32, aprile 1971.
P. Andrenelli, Costruzioni elettromeccaniche, Vol. II, Del Bianco Editore, 1968.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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