Quattro prismi ottici.
I numerosi prismi della collezione del Montani sono di non facile datazione.
I quattro esemplari nelle foto, per l’aspetto e per i materiali, potrebbero essere dei primi del Novecento.
I prismi a sinistra nelle quattro foto sono a sezione triangolare equilatera, mentre gli altri due a destra sono a sezione triangolare isoscele.
Il prisma riveste una notevole importanza nello studio dell’ottica e nelle applicazioni scientifiche, tecniche e industriali.
Nelle schede dello spettroscopio di Kirchooff e Bunsen, dello spettrometro M.G.1 e del goniometro Noack, del prisma di Amici presenti nel sito, si possono leggere alcune applicazioni scientifiche e didattiche dei prismi.
Questi si possono realizzare con vetri di diverso indice di rifrazione n. Esso è il rapporto tra la velocità della luce nel vuoto e la velocità della luce nel mezzo rifrangente e dipende dalla frequenza.
Si va dal vetro di tipo crown borato ( n = 1,51 circa), al flint super extra denso ( n = 1,93 circa). Il potere dispersivo del prisma cresce con il valore dell’indice di rifrazione.
La figura della scomposizione della luce bianca rende l’idea della dispersione dei colori.
Per osservare una lieve dispersione della luce bianca nei colori dell’arcobaleno usando una lastra di vetro è necessario uno spessore di almeno 9 cm.
La dispersione avviene perché ogni “colore” nel mezzo rifrangente ha un diverso indice di rifrazione.
Il prisma invece fa subire alla luce una doppia rifrazione ottenendo una grande amplificazione della dispersione. Notevole è la riflessione interna totale: per certi percorsi particolari del “raggio” di luce il prisma si comporta come uno specchio.
Con luce laser, monocromatica e coerente, si possono vedere agevolmente i molteplici percorsi del “raggio”, che non sono facilmente visibili con luce ordinaria.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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