Probabile ozonizzatore, Officine Subalpine Apparecchiature Elettriche Torino O.S.A.E. TO. Prima parte.
Per ora l`unica incerta traccia è stata trovata nell`inventario D del 1933/1937. Al n° 835 si legge: “Ozonogeno. ₤ 30. Prima destinazione, Chimica”. Dichiarato in esistenza.
Fino ad ora non si ha alcun riscontro negli inventari del 1925/1927, anche se le ricerche lunghe e pazienti continuano.
Dopo il suo rinvenimento, avvenuto a fine 2015, ad un primo esame sommario fatto tra una foto e l’altra, ci si chiedeva cosa fosse e poi si passò all`esame di altri strumenti.
Nei primi del marzo 2016 ne parlammo casualmente con il Prof. Franco Piergentili che, incuriosito dall`aspetto, il giorno successivo si mise ad esaminarlo ipotizzando che fosse un ozonizzatore, costituito da un trasformatore in salita con il primario di poche spire ed il secondario (di molte spire) collegato a quelle strane coppie di lastre di retina, separate da una lastrina di un materiale semitrasparente isolante, poste ai due lati come si vede bene nelle numerose foto.
Dette coppie di retine sono protette ognuna da due lastre di bachelite e sono poste in parallelo con un curioso collegamento: le due retine a sinistra di ogni coppia sono collegate fra loro e a un capo del secondario, così come le due retine di destra di ogni coppia sono collegate fra loro e all`altro capo del secondario.
Si potrebbe ritenere che il trasformatore lavori sostanzialmente a vuoto, se si trascurano le perdite ohmiche, quelle per isteresi, per perdite di flusso concatenato, ecc. sempre ammesso che l`eventuale effetto corona non comporti una trascurabile corrente al secondario o non vi siano perdite significative negli isolanti. Ma queste ultime considerazioni hanno un mero aspetto teorico, avendo scelto di operare lontani dal regime di funzionamento; potrebbe infatti accadere che la generazione della corona provochi un passaggio di corrente nel secondario richiedendo una discreta corrente al primario. Questa è una deduzione suggerita dalla presenza dei due fusibili al primario: protezione necessaria quando si hanno correnti di una certa intensità.
Insieme al P. I. Piergentili, mossi da altrettanta curiosità, si misero all`opera l`Ing. Franceso Medori e l`Ing. Claudio Profumieri.
Nel frattempo chi scrive aveva fatto ricerche sulla ditta O.S.A.E. e si era messo in contatto con il gent.mo Sig. Enzo Iacono, titolare della O.S.A.E. – O.S.A.T., da cui ha avuto subito una cortese attenzione e piena disponibilità.
Abbiamo dunque ritenuto opportuno raccontare in sintesi la storia di questa ditta che mostra alcuni aspetti interessanti dello sviluppo industriale italiano.
Nella sperimentazione la tensione al primario è stata limitata ad un massimo di 23,48 V, mentre una targhetta sull`involucro indica 120 V. Questo è stato fatto per un principio di precauzione, non potendo sapere lo stato di conservazione degli isolamenti. Dunque con 12,6 V al primario si ottengono 344 V al secondario: 344,2/12,62 = 27,27 ; mentre con 23,48 V al primario si ottengono 642,6 V al secondario: 642,6 / 23,48 = 27,36. Ciò significa che se si potesse alimentare con 120 V il primario, si otterrebbero sulle placchette circa 3280 V che forse potrebbero provocare un effetto corona con produzione di ozono. La resistenza misurata in C.C. del primario risulta di 21,8 – 22 ohm, mentre la sua induttanza è di circa 170 mH. La resistenza del secondario è di 9,84 kΩ; la misura della sua induttanza non ha dato alcun risultato, pur avendo usato lo stesso multimetro perfettamente funzionante.
Per la curiosità del visitatore, negli anni `50 si costruivano ozonizzatori che poi risultarono pericolosi all`inalazione.
Ad esempio sempre a Torino vi era la I.N.D.O. (Industria Nazionale Dell`Ozono)!
Per conoscere la storia della O.S.A.E. – O.S.A.T. e altri particolari si prega di consultare le tre schede successive scrivendo: “O.S.A.E.” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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