Limitatore di corrente alternata A.E.G. .
Nell`inventario generale del 1919, a pag. 47 si legge al n° 938/4: “Limitatore di corrente Hartmann & Braun – ₤ 5” e subito sotto al n° 939/5: “Detto per corrente alternata A.E.G. – ₤ 5”. A fine maggio del 2014 abbiamo ritrovato questo esemplare della A.E.G. che si è rivelato di inaspettata ingegnosità progettuale, come si vede nelle foto. Le due targhette recano le seguenti scritte: “LIMITATORE PER CORRENTE ALTERNATA N° 600249 – 130 Volt – 2 Amp. – TIPO S B – 50 PERIODI” ; “ALLGEMEINE ELEKTRICITÄTS GESELLSHAFT BERLIN”.
La prima scritta denota la destinazione al mercato italiano dell`oggetto.
Questo limitatore dunque se fosse funzionante interromperebbe la corrente nel caso in cui l`assorbimento superasse i 260 W: non pare quindi che fosse destinato per consumi domestici quanto piuttosto per protezione di un motore o qualcosa del genere.
Un impiego poco diffuso all`epoca (almeno in Italia) dei limitatori di corrente alternata di questo tipo consisteva nell`evitare un eccessivo consumo di energia elettrica da parte di un singolo utente nella rete di distribuzione; in genere si ricorreva al solo fusibile e solo in seguito furono impiegati i limitatori di potenza termici ed elettromagnetici.
L’elettromagnete è funzionante, ma pare manchi un contatto che porta corrente dal primo morsetto allo stesso come si vede a destra nella terza foto e nella quarta foto.
L’apparecchio deve funzionare in posizione verticale, cioè appeso ad un quadro elettrico; l’elettromagnete, quando è percorso da una corrente minore di 2 A, attrae un dischetto di materiale ferromagnetico (forse ferro dolce, di color nero e ben in vista nella quinta foto e ancor meglio nella settima) calettato su un disco di alluminio con alla parte opposta un contrappeso che bilancia anche un alberino.
Ma il disco resta bloccato dalla punta di un braccetto di ottone che ne impedisce la ulteriore rotazione; la punta del braccetto è fermata da un piccolo dente (o camma che è ben visibile nella quarta foto ).
Anche il braccetto reca un oggetto ferromagnetico dalla parte dell’elettromagnete, mentre la lunga e sottile vite regola la posizione di una massa (ben visibile a sinistra nella quinta foto).Questa posizione è determinante per il buon funzionamento del tutto, poiché influisce sulla sensibilità dello strumento. Se la massa viene spostata sulla sinistra (guardando sempre la quinta foto), occorre più corrente nell’elettromagnete per attrarre l’oggetto ferromagnetico (posto nella parte superiore del braccetto vicino al nucleo dell’elettromagnete) e provocare lo sganciamento del braccetto con conseguente rotazione del disco e contemporanea interruzione della corrente.
Viceversa, se la massa viene spostata sulla destra la corrente necessaria è minore. Quando infatti avviene la liberazione del braccetto, poiché la corrente ha momentaneamente superato i 2 A, l’elettromagnete attrae a sé il dischetto nero, ma nel frattempo il braccetto interrompe la corrente; il disco di alluminio per inerzia continua comunque la rotazione e un alberino (posto sopra il disco) comanda, tramite una camma di ottone, lo spostamento dell’interruttore (a destra nelle foto quinta e terza).
Proprio quell’interruttore che ha due rebbi tra loro isolati e per noi (per ora) pare privo di qualche congegno! In seguito, la molla che produce una coppia antagonista riporterebbe il disco nella posizione iniziale, e il braccetto a sinistra tornerebbe ad agganciarsi al dente e il tutto dovrebbe ritornare nella posizione iniziale.
Ma, pur facendo passare una corrente via via crescente nell’elettromagnete, non ne abbiamo potuto osservare il ciclo intero dal vivo anche perché il disco di alluminio non ruota più bene sul suo asse.
Non abbiamo ritenuto opportuno intervenire con un piccolo restauro non sapendo bene cosa manca (e se manca) fra i due rebbi del contatto a forchetta.
Ripetiamo che tra essi non vi è continuità ohmica e dunque la corrente non può arrivare dal morsetto di destra all’elettrocalamita.
Non è facile per noi descrivere con precisione il funzionamento di un oggetto non sapendo se è integro; ma abbiamo provato meraviglia per l’ingegnosità profusa nel suo progetto fin da come, mediante una vite, si regola la posizione di una massa che, spostata come in una stadera, determina l’equilibrio del braccetto e quindi l’intensità massima di corrente necessaria al funzionamento (nel nostro caso 2 A); per poi osservare come agisce l’alberino sulla camma mentre il disco ruota per inerzia ecc.
Nella quarta foto: a sinistra si vede l’alberino che comanda la camma, mentre sulla destra si vede il contatto a forchetta che dovrebbe portare corrente all’elettromagnete.
Nella settima foto: in alto a sinistra si vede la massa la cui posizione è critica riguardo alla corrente massima; in basso si vede il dente che tiene fermo il disco tramite il braccetto, l’estremo del braccetto e il dischetto di materiale ferromagnetico.
Nella sesta foto: a sinistra si vede ancora la vite sulla quale scorre la massa regolatrice; per il resto si vedono i morsetti, l’elettromagnete ecc.
L’ing. C. Profumieri, che ha sottoposto l’oggetto ad attente cure, ha subito notato che il disco di alluminio non ruota bene perché è leggermente distaccato dall’asse superiore, segno questo di un uso prolungato del limitatore.
Se qualche visitatore ha notizie più precise sul suo funzionamento è pregato di scrivere a fabio.panfili@live.it .
Foto e prove sperimentali di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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