Lampada a filamento di carbone SMC con riduttore.
Forse dei primi del Novecento. Non rinvenibile negli inventari, reca sul vetro la scritta SMC.
Tra le oltre trenta lampade a filamento di carbone della collezione del Montani, questa è dotata di un riduttore per la base di tipo Edison. Inoltre qualcuno ha incollato sul bulbo una strisciolina di carta con due numeri 125 e 600 e dei segni illeggibili, cancellati dal tempo.
L’ing. C. Profumieri ha alimentato la lampada usando un variac fino a 155,7 V, misurando una corrente nel filamento di 0,24 A; quindi a quella temperatura la resistenza è di circa 648 Ω, mentre a temperatura ambiente risulta di 1188 Ω.
Come è noto, certi tipi di carboni hanno la caratteristica di diminuire la resistività all’aumentare della temperatura, mentre per i metalli in genere essa aumenta all’aumentare della temperatura.
Ad esempio il carbonio grafitico presenta un coefficiente resistivo di temperatura a 0 °C che va da – 0,0002 a – 0,0008 1/°C; il coefficiente del carbonio per filamenti varia a seconda del tipo e del procedimento di fabbricazione; mentre quello del tungsteno (sempre a 0 °C) vale + 0,0048 1/°C.
Quando la lampada a filamento di carbone viene accesa, la corrente passa da un valore relativamente basso ad uno più alto a regime e dunque il filamento è protetto, mentre quello di tungsteno all`accensione viene percorso da una corrente maggiore che non a regime. Questa è spesso la causa della fusione di un filamento di tungsteno già usurato: brucia all`accensione.
Foto e prove sperimentali di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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