Emisferi di Magdeburgo G. B. Paravia (R. Oss)

              Emisferi di Magdeburgo G. B. Paravia.
Questo esemplare è stato donato nel novembre del 2014 dal Sig. Roberto Oss di Trento al Montani, tramite Fabio Panfili.
Lo ringraziamo.
Se ne ignora la data di fabbricazione.
Esso è di piccole dimensioni e manca di una maniglia che si avvitava nell`emisfero superiore.

Gli emisferi furono ideati e realizzati da Otto von Guericke (1602-1686), che fu borgomastro della città di Magdeburgo (di qui il loro nome) in Germania.

Numerose fonti storiche narrano che nel 1657 un gruppo di 8 cavalli per parte non riuscì a dividere i due emisferi, una volta che al loro interno fu fatta una buona rarefazione dell`aria con la pompa anch`essa ideata e costruita da von Guericke nel 1650. Gli emisferi erano di bronzo ed avevano un raggio di 0,36 m.

Von Guericke calcolò che la forza necessaria per dividerli doveva essere almeno di 12.000 N [Abbiamo trasformato le unità di misura usate da von Guericke in quelle del S. I.]. Un breve calcolo molto approssimato ci suggerisce che la pompa di von Guericke non faceva un buon vuoto e vi era una discreta pressione residua della quale egli era ben conscio, ma la prova riuscì ugualmente.
Con esperimenti di questo tipo si mostravano sia l`effetto della pressione atmosferica, sia l`esistenza del vuoto  (inteso come quasi assenza di gas).
Gli emisferi di Magdeburgo divennero, nel corso del XIX e anche del XX secolo, uno degli esperimenti classici da eseguire nelle scuole.
Nel Laboratorio di Fisica del Montani c’è un esemplare funzionante che viene tuttora usato per la dimostrazione che descriveremo; la differenza costruttiva principale di questo consiste nelle maniglie saldate agli emisferi e nell`incavo nel quale si posiziona un anello di gomma. Si deve subito far osservare che i due emisferi, che combaciano perfettamente, una volta uniti, si possono separare con estrem
a facilità.
Non vanno usati né grasso né sostanze adesive.
Dunque si uniscono i due emisferi e si posiziona il rubinetto con la chiavetta disposta in senso verticale. Si appoggia poi la base sul disco di gomma della pompa e la si aziona per qualche minuto.
All`inizio è bene premere leggermente sull`emisfero superiore per facilitare l`operazione. Quindi si chiude il rubinetto (chiavetta orizzontale) e si toglie l`apparecchio dal disco. Si noterà che a volte questa manovra richiede un discreto sforzo. Poi si invitano due allievi a separare i due emisferi tirando in versi opposti.
È naturale la loro meraviglia nel constatare che non riescono nell`intento.
Basta infine aprire leggermente il rubinetto per far entrare l`aria e le due parti come per incanto si separeranno agevolmente.
Bisogna accuratamente evitare che gli emisferi in questa fase cadano a terra poiché si possono danneggiare divenendo inservibili. Se il danno è minimo si può eventualmente ricorrere ad una tornitura ben fatta e successiva smerigliatura.
 Si noti che gli emisferi di questo esemplare sono avvitati uno alla base e l`altro alla maniglia. Anche il rubinetto è avvitato. Occorrono dunque delle guarnizioni adatte. All`epoca si usavano rondelle di sottile cuoio ben conciato, imbevuto di olio e spalmato di grasso minerale.
 Nel foglio “Istruzione N. 159” della Paravia, forse risalente ad un`epoca lievemente posteriore a quella stimata per questo esemplare, si raccomanda di non usare rondelle fatte di altri materiali come fibra, gomma, plastica, ecc. .
Se l`insegnante vuole approfondire di poco l`argomento può far fare un calcolo molto approssimato della forza necessaria a separare i due emisferi.
Supposto che la pompa faccia una buona rarefazione, e che vi sia una buona tenuta d`aria, si misura il diametro della sfera e quindi si calcola la superficie del cerchio massimo (poiché le forze dovute alla pressione atmosferica sono perpendicolari alla superficie sferica, questo trucco serve per ottenere una stima approssimata della forza risultante che bisogna vincere per separare gli emisferi). Poi si moltiplica detta superficie per la pressione atmosferica standard (101.300 Pa) e si ottiene la forza di cui si parlava prima, dovuta al peso dell`aria sovrastante. È ovvio che la forza vera da applicare sarà minore per l`effetto dell`aria residua nella sfera.
La meraviglia che destano simili esperimenti è dovuta al nostro vivere immersi nell`aria che nasconde la consapevolezza del peso dell`aria stessa.
Evangelista Torricelli fu il primo a scrivere chiaramente su questo argomento.
Otto von Guericke costruì pure un barometro ad acqua accanto alla sua casa, e si racconta che vi galleggiasse una papera di legno. Quando la pressione atmosferica era alta, la papera superava il tetto della casa ed era bel visibile al viandante.
Il primo a realizzare un tal barometro fu Gasparo Berti a Roma nel 1640 (e quindi tre anni prima di Torricelli che usò il mercurio) e quel barometro deve essere più alto di 11/12 metri (mentre quello di Torricelli è alto un metro). La stampa originale visibile nella quarta immagine è conservata presso il Deutsches Museum di Monaco, insieme agli emisferi di Otto von Guericke, si trova inoltre nel libro di G. Schott, Mechanica hydraulico-pneumatica, Würzburg 1657.
Se si desidera avere informazioni sui barometri di Torricelli o di Fortin, basta scrivere “Barometro” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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