Elettroscopio di Wulf. Prima parte.
Costruito dalla E. Leybold`s Nachfolger n° 2841 D.R.P., Köln.
Inventario D del dicembre 1941, n° 1086.
Ditta fornitrice Ing. Barletta, Milano, (N° 5626).
ABSTRACT: Wulf’s electroscope. Dated 1941; manufactured by the company E. Leybold’s
Nachfolger A. G. ; Cologne Germany. Through a complex method of calibration, the device allows to
measure the amount of charge present in every “drop” and then to measure the total charge of the
charged body under examination. To measure the amount of electricity in a capacitor set at a specific
voltage, you must connect one of its armatures with the stem “g” and the electrode “e”, and the other
armature with the upper electrode by means of a wire and a very high resistance. We can observe that
the little leaf “f” , connected at the bottom to a quartz spring clip is attracted by the electrode “e”,
when it touches the electrode the leaf loses its charge and falls, then recharges and it is attracted again
and after a new contact it falls again and so on. If “q” indicates the small charge lost (drop) with each
contact and “n” represents the number of contacts, at the end of the process we can say that, with a
slight approximation, the charge Q of the capacitor is:
Q = q n .
Traduzione di Alex Vlasovs, supervisione della prof.ssa Meri Biancucci.
L`elettroscopio di Wulf (detto nell`inventario del 1941 elettroscopio universale) deriva dall`elettrometro a scarica di Gaugain, che è un elettroscopio a foglie d`oro con accanto a una di esse una lastrina di metallo collegata a terra; ogni volta che la carica sulla fogliolina raggiunge un valore determinato, questa diverge fino a toccare la lastrina scaricando l`elettroscopio.
È risultata parzialmente infruttuosa la ricerca degli accessori elencati nell`inventario.
Per consultare la scheda relativa a un condensatore, usato probabilmente come accessorio dell’elettroscopio di Wulf per la misura di corrente, scrivere “Schott” su Cerca.
L`astina con relativa fogliolina metallica è stata rinvenuta nel 2004 dal tecnico del laboratorio di fisica Federico Balilli e sostituisce l`originale. Il ricambio probabilmente faceva parte della dotazione primitiva.
La figura 1 di questo delicato equipaggio è stata tratta dalla scheda n° 3/36 CD 537.721;a del 1962 edita dalla casa costruttrice; la parte superiore del sottilissimo foglio di alluminio è fissata all`astina, e viene tesa in basso da un fermaglio elastico di quarzo, estremamente sottile, di forma circolare (quasi invisibile a occhio nudo).
L`oro si può ridurre in striscioline quasi trasparenti, ma l`alluminio ha un peso specifico molto minore.
Quando la forza elettrica supera quella elastica del fermaglio di quarzo, la fogliolina va a toccare l`elettrodo scaricandosi.
La lente serve per osservare meglio il comportamento della fogliolina nel processo di scarica. Tra gli accessori c`era un proiettore per mostrare il processo di scarica alla classe.
Un elettrometro di T. Wulf (1868-1946) più antico (1909), sostanzialmente diverso nel principio di funzionamento, usava due fili di quarzo metallizzati come foglie, tesi da un lievissimo anello di quarzo, che, osservati al microscopio, fornivano indicazioni fino a un volt.
Si osservi la figura, tratta dalla Scheda di Istruzione N. 424 della Paravia, che rappresenta l’apparecchio
in sezione.
La boccola “B” fa parte dell`elettrodo su cui è sospesa la fogliolina metallica. Di fianco (a sinistra nella figura) è applicato l`altro elettrodo “e” a testa circolare. Questo può essere spostato in modo da avvicinarlo o allontanarlo dalla fogliolina mobile, agendo così sulla sensibilità dello strumento. Se si vuole misurare la quantità di elettricità posseduta da un condensatore, si deve collegare una sua armatura con il gambo “g” e l`elettrodo “e”. Poi si carica il condensatore con una tensione nota, infine si collega l`altra armatura con l`elettrodo superiore per mezzo di un filo e di una resistenza molto elevata (di almeno 50 MΩ). Si osserva che la fogliolina “f”, respinta dall`astina a cui è appesa, viene attratta dall`elettrodo “e”, lo tocca, si scarica e poi ricade; viene di nuovo attratta e dopo un altro contatto ricade e così via. Questo processo in gergo si chiama: “a goccia a goccia”. Se q è la piccola carica perduta ad ogni contatto ed n è il numero di contatti, all`esaurirsi del processo si può dire, con una certa approssimazione, che la carica del condensatore è:
Q = q n .
La resistenza serve a evitare che avvenga subito una scarica troppo intensa che potrebbe bruciare la fogliolina.
La misura descritta non ha senso se non si conosce la quantità q. Ciò si può fare, non senza approssimazioni e difficoltà, col procedimento di taratura dell`elettrometro.
Si prende un condensatore di cui sia nota la capacità e dunque
Q = V C,
essendo noto V, si trova Q. Pertanto si può ricavare q dall`espressione:
q = Q/n.
Purtroppo questa taratura vale solo per la distanza tra l`elettrodo “e” e la fogliolina “f” usata nell`esperienza. Esiste una trattazione più rigorosa dei fenomeni descritti (scheda 3/36 del 1962 della casa costruttrice) riportata nelle figure della terza parte.
Tutto quanto si è detto dà un`idea della delicatezza richiesta dall`impiego di questo strumento, non adatto alle moderne esigenze didattiche.
Bibliografia.
L’elettrometro a scarica di Gaugain è brevemente descritto da O. Murani in Trattato elementare di Fisica, vol. II, U. Hoepli, Milano 1933.
Un più antico elettrometro di Wulf, sostanzialmente diverso, viene descritto sia da G. Goretti Miniati,
Elementi di Fisica, vol. II, F. Cuggiani, Roma 1909, sia da E. Perucca, Fisica generale e sperimentale, vol. II, UTET, Torino 1934.
Per consultare le altre parti scrivere: “Wulf” su Cerca.
L`elettroscopio di Wulf è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Federico Balilli, Daniele Maiani e Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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