Elettroforo di Volta Off. Galileo N° 177980 (Museo MITI)

                   Elettroforo di Volta.
Nell`inventario D del 1937 al n° 380 si legge: “Elettroforo di Volta, ₤ 30”.
Questo esemplare reca il N° 177980 ed è leggermente più recente del pozzo e della sfera di Beccaria della stessa casa costruttrice (Officine Galileo), le cui schede sono riportate in questo settore.
Infatti differisce anche per alcune particolarità costruttive. Non ci è pervenuta la schiacciata, che fa parte dell`apparecchio completo.

L`elettroforo di Volta è la più semplice macchina elettrostatica ad induzione e tra le più antiche.
Alessandro Volta ne comunicò l`invenzione nel 1775 a J. Priestley.
La schiacciata di resina, a forma di disco, era appoggiata su una base di legno e veniva battuta con straccio di lana o pelle di gatto. In tal modo si caricava di segno negativo.
Il disco di metallo veniva quindi appoggiato sulla schiacciata e la toccava solo in pochi punti, data la rugosità sottile della resina. Dunque il disco si caricava positivamente nella parte inferiore e negativamente sopra, per induzione.
Allora era sufficiente toccare con un dito la sua parte superiore per portar via le cariche negative, ed ecco che il disco risultava carico positivamente. Le cariche positive non vengono portate via perché attratte dalle negative della schiacciata, che invece respingono le negative della parte superiore.

Degno di nota è che il corpo umano funge da conduttore.
Il manico per prendere il disco è di resina e termina con un pomello di bachelite.
Tutto il procedimento si può ripetere più volte senza bisogno di caricare la schiacciata.
La separazione delle cariche avviene dunque per il lavoro fatto dalla persona quando allontana il disco dalla schiacciata. Lavoro fatto contro la forza elettrica di attrazione tra le cariche di diverso segno: negative sulla schiacciata, positive sul disco.
Didatticamente quindi si può accennare al concetto di potenziale elettrico.

Oggi si usa un disco di alluminio, mentre la schiacciata di plexiglas, strofinata con lana, si carica positivamente; ne segue che i segni delle cariche sono invertiti.
A chi scrive è accaduto più di una volta, durante le dimostrazioni, che la schiacciata rimaneva attaccata al disco per la forte attrazione tra le cariche.
Nella  figura 145 si noti la scintilla che scocca tra il disco e il dito.
Una delle applicazioni dell’elettroforo si deve ad Alessandro Volta (1781) ed è ben descritta nella riedizione del testo del Ganot citata sotto; ne riportiamo la spiegazione originale. L’elettroforo applicato ad un elettroscopio a foglie permette di rilevare piccole differenze di potenziale a cui il solo
elettroscopio non sarebbe sensibile.
Con questo strumento Volta rilevò le deboli elettrizzazioni opposte che si manifestano quando due metalli di diversa natura vengono posti a contatto fra loro e tale scoperta
rappresentò l’inizio delle ricerche che lo portarono all’invenzione della pila; “Lettera sul condensatore
del 14 marzo 1782”.
La figura N 1041 si trova a pag. 247 del catalogo: Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica a cura del
prof. R. Magini, Officine Galileo, 1940.
Le altre figure sono tratte da:
V. Zanetti, Percorsi di fisica,
Zanichelli, Bologna, 1989 ;
M. Michetti, Fisica ottica-elettrologia, vol. II Ediz. Canova, Treviso, 1972.
Le figure 764, 765 e 798 799 sono rispettivamente alle pagine 812 e 839 di Elementary Treatise on
Physics Experimental and Applied transalted from Ganot’s Éléments De Physique by E. Atkinsons, W.
Wood & Co. New York 1910; il testo si trova all’indirizzo:
https://archive.org/details/treatphysics00ganorich .
Per osservare l’elettroforo in funzione  si veda il video del dott. Paolo Brenni realizzato per la Fondazione Scienza e Tecnica all’indirizzo:
http://www.youtube.com/watch?v=0vbStOvfVGg .
L`elettroforo è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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