Schermo fluorescente per osservazioni ai raggi X.
Le due figure senza numeri sono a pag. 29 del Machines à double rotation pour l’électrisation par influence, Appareils accessoires électriques, Appareils pour produire des rayons X.
Rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9941.pdf .
La figura 4114 si trova a pag. 37 del catalogo F. Ernecke Sonder-Preiliste No. 16 Röntgen_ Apparate und -Instrumentarien. Berlin. SW.
Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/51665/imagepages/image37.htm .
Nella collezione del Montani sono presenti quasi tutti gli apparecchi qui rappresentati: un tubo a raggi X e uno schermo fluorescente.
Nelle figure mancano: il rocchetto di Rhumkorff , l’alimentatore in corrente continua del rocchetto e parte del criptoscopio.
Quest’ultimo è tenuto in mano dal personaggio della prima figura; esso evita di dover oscurare la stanza e sul fondo ha lo schermo fluorescente. L’apertura superiore, fasciata da una soffice stoffa, serve all’osservatore per appoggiarvi la fronte ed avere una visione ottimale.
La visione della mano, insieme alla fotografia, era la dimostrazione più frequente che si faceva nelle scuole.
La mano veniva “illuminata” dai raggi X e, attraverso lo schermo fluorescente, se ne vedevano le ossa.
Era consigliabile non superare il minuto di esposizione e gli spettatori dovevano stare a qualche metro di distanza.
Nel 1907 scrive Graetz a pag. 311 dell’op. cit. in bibliografia:
«Però in certi casi questi raggi sono dannosi per il corpo umano, e si conoscono dei casi in cui essi originarono delle malattie, così che l’applicazione dei raggi Röntgen va fatta con molta cautela».
Da molti anni ovviamente nelle scuole è proibito l’uso di qualunque tubo a scarica.
Basti dire in proposito che lo schermo andava posto a circa 20 cm dal tubo, è evidente l’inopportunità dell’esperimento.
Lo schermo fluorescente del Montani è montato su un telaio di legno, ha dimensioni 13 per 18 cm e reca la scritta: “Vor Wärme und unnötigen Roentgenstralhen zu-schützen!”. Nell’inventario del 1919 si trova al N° 920/8 uno “Schermo fluorescente per radioscopia”.
La superficie sensibile è un amalgama di solfuro di zinco e solfuro di cadmio con tracce di argento.
La superficie posteriore è verniciata di nero per non far passare la luce ordinaria.
La sostanza fluorescente dello schermo emette una flebile fosforescenza residua.
Secondo Graetz la gran parte dei costruttori dell’epoca realizzavano lo schermo fluorescente su «cartone nero ricoperto da uno strato abbastanza spesso di platinocianuro di bario tenuto aderente con gomma o colla».
Lo schermo fluorescente dunque serviva per studiare qualitativamente la proprietà di penetrazione del raggi X. Inoltre poteva essere usato per mostrare la luce ultravioletta, per esempio nella decomposizione spettrale della luce emessa dai vapori di mercurio.
In un esemplare più recente della collezione del Montani lo strato sensibile è composto da tungstato di calcio.
Il silicato di zinco e il platinocianuro di bario si illuminano di verde, mentre l’allumina cristallizzata di rosso, il tungstato di cadmio di blu, ecc. .La figura 301 è a pag. 305 del testo Dr. L. Graetz, DIE ELEKTRIZITÄT UND IHRE
ANWENDUNGEN. STUTTGART. VERLAG VON J. ENGELHORN. 1906. In essa si vede il
rocchetto di Rhumkorff, e sotto lo schermo vi è una lastra per la fotografia. Il libro è rinvenibile all’indirizzo:
https://ia802604.us.archive.org/21/items/dieelektrizittu00graegoog/dieelektrizittu00graegoog.pdf
Bibliografia.
Scheda di istruzioni della Leybold N° 55592 1/1955.
A. L. Graetz, L’elettricità e le sue applicazioni, Vallardi, Milano 1907.
A. Del-Bue, Lezioni di fisica generale, A. Signorelli Roma 1933.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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