Accoppiatore variabile Allocchio Bacchini & C. Matr. N° 19116, prove sperimentali 3ª parte


Prove sperimentali su accoppiatore variabile Allocchio Bacchini & C. Matr. N° 19116. Terza parte.
La frequenza di alimentazione è di 104,74 kHz, la tensione di  alimentazione è di pochi volt.
La bobina superiore viene alimentata ed è collegata all’oscilloscopio a doppia traccia.
La lettura sul goniometro del disco superiore ci indica le posizioni relative assunte dalle due bobine.
L’altra bobina è collegata con l’oscilloscopio ed ha l’indice che serve per leggere il goniometro e funziona a vuoto.
Per 90° letti sulla bobina alimentata (primaria), sulla secondaria si ha una tensione quasi nulla poiché l’accoppiamento mutuo è minimo (osservare la foto n° 3); per 135° letti sul goniometro, sulla secondaria si ha di nuovo un’ampiezza intermedia e uno sfasamento che si osservano nelle foto n° 4.
Per 180° letti sulla bobina primaria, si ha la tensione sulla secondaria in fase con quella primaria e di ampiezza massima poiché l’accoppiamento mutuo è massimo (vedere foto n° 5).
Si prega di tornare alla prima parte riguardante questo strumento scrivendo  “Accoppiatore” su Cerca.
Bibliografia: S. Malatesta, Elementi di Radiotecnica Generale, C. Cursi, Pisa 1961.

Foto ed esecuzione sperimentale di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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Accoppiatore variabile Allocchio Bacchini & C. Matr. N° 19116, prove sperimentali 2ª parte



Prove sperimentali su accoppiatore variabile Allocchio Bacchini & C. Matr. N° 19116. Seconda parte.
Se la corrente i1 (vedere la prima parte scrivendo  “Accoppiatore” su Cerca) è alternata sinusoidale, nel caso di mutua induzione tra due bobine si può giungere alla seguente formula V2 = – k · (√ L2 / L1) · V1 , dove V1 e V2 sono in notazione complessa.
Se le due bobine sono avvolte nello stesso senso permane il segno – e le due f. e. m .  sono in opposizione di fase; se le due bobine sono avvolte in senso opposto il segno diventa + e le due f.e.m. sono in fase.
Nella prova sperimentale la frequenza di alimentazione è di 104,74 kHz, la tensione di alimentazione è di pochi volt.
La bobina superiore viene alimentata ed è collegata all’oscilloscopio a doppia traccia.
La lettura sul goniometro del disco superiore ci indica le posizioni relative assunte dalle due bobine.
Anche l’altra bobina è collegata con l’oscilloscopio ed ha l’indice che serve per leggere il goniometro e funziona a vuoto.
Per 0° letti sulla bobina alimentata (primaria), sulla bobina secondaria si ha uno sfasamento di 180° e l’ampiezza della tensione è massima poiché l’accoppiamento mutuo è massimo, foto n° 1; per 45° letti sulla bobina alimentata (primaria), sulla secondaria si ha una ampiezza intermedia e uno sfasamento che si osservano nelle foto n° 2.
Bibliografia: S. Malatesta, Elementi di Radiotecnica Generale, C. Cursi, Pisa 1961.
Foto ed esecuzione sperimentale di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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Accoppiatore variabile Allocchio Bacchini & C. Matr. N° 19116 1ª parte

Accoppiatore variabile Allocchio Bacchini & C. Milano Matr. N° 19116. Prima Parte.
Nell’inventario particolare per reparto n° 7 del 1925-1927 a pag. 82, n° 130/810 si legge: “Allocchio Bacchini & C. Variometro tipo Vallauri [quasi illeggibile, N.D.R]. ₤ 850”. Non siamo sicuri che si tratti di questo esemplare poiché per ora sappiamo solo che nel suo saggio: Giancarlo Vallauri, Induttanze Variabili (Variometri), Ed. F. Mariotti del 1925, a pag. 3 parla di variometro a disco.
Nell’inventario D del 1937 al n° 485 si legge: “Variometro Allocchio Bacchini – N° 19116 ₤ 40 prima destinazione  (Lab. Radio)”.
Destinato a Radiotecnica era già in esistenza; sia i particolari costruttivi, sia i materiali impiegati e sia il numero di matricola suggeriscono una datazione precedente.
L’oggetto è stato restaurato nel settembre del 2013 dall’ing. Claudio Profumieri ed è perfettamente funzionante.
Esso consiste in due dischi di bachelite sovrapposti ognuno recante una bobina piatta avvolta in un disegno che sicuramente ne ottimizza lo scopo.
Il disco inferiore porta un indice che sporge dall’orlo; il disco superiore reca un goniometro che va da 0° a 180° e una manopola centrale per ruotarlo.
Si tenga ben presente che la rotazione comporta una variazione della posizione relativa tra le due bobine.
Ci lascia perplessi il fatto che i due dischi siano semplicemente sovrapposti, senza una guida che ne agevoli la rotazione, per quanto è facile comunque ruotarli aggiustandoli nella posizione ottimale.
Infatti il loro funzionamento si basa sul ruotarli affacciati.
Il nostro problema attuale è sapere se questo strumento era usato come “variometro” o come “accoppiatore variabile”. Collegando le due bobine affacciate in serie esso funziona certamente come variometro.
Il variometro veniva usato negli anni Venti con le radio a galena e con i primi ricevitori a valvole ed aveva solo due terminali; era costituito in genere da due bobine già collegate in serie, di induttanza L1 ed L2 e coefficiente di accoppiamento massimo k, delle quali una ruotava dentro ad un’altra fissa e la rotazione variava la mutua induzione M. Siccome il valore di k va da 0 (accoppiamento nullo) a 1 accoppiamento massimo, si poteva ottenere
Ltot = L1 + L2 ± 2 M.
Dove M vale ( M = k · √ L1 · L2) e il segno – si ha quando l’orientamento reciproco da un flusso discorde, il segno + quando il flusso è concorde.
È ovvio che l’induttanza totale va da un valore minimo ad in valore massimo ed i valori di L1, L2 ed M erano scelti in base alle caratteristiche del cristallo a galena per coprire la gamma di frequenze volute.
Da anni si possono costruire semplici radio riceventi ad onde medie sostituendo la galena ad esempio con un diodo al germanio.
Sappiamo anche, dalla letteratura consultata, che negli anni Quaranta il variometro era considerato già desueto.
Il nostro esemplare invece ha due bobine indipendenti e dunque quattro terminali: questo fatto ci suggerisce che in realtà sia un accoppiatore variabile per frequenze radio, con una bobina primaria (quella alimentata) ed una secondaria, mentre il variometro ha una induttanza complessiva variabile per mutua induzione.
L’accoppiatore variabile, mediante la rotazione della bobina primaria, può variare il flusso concatenato fra le due bobine variando la tensione all’uscita della bobina secondaria. In questo suo impiego veniva usato, sempre negli anni Venti, come variatore con bobina di reazione o bobina di sintonia con bobina d’aereo.
Dunque abbiamo pensato di sottoporlo a prove sperimentali da questo punto di vista.
L’ing. Profumieri ha usato un generatore a frequenza variabile e un oscilloscopio ed ha fotografato alcune delle varie fasi sperimentali scegliendo una frequenza fissa di 104,74 kHz.
Il visitatore può vedere nelle schede successive le foto che illustrano il buon funzionamento dell’oggetto usato come accoppiatore variabile scrivendo: “Accoppiatore” su Cerca.
La trattazione del comportamento di due bobine accoppiate si trova in tutti i libri di elettrotecnica e radiotecnica data la loro importanza; noi accenniamo solo al fatto che la f.e.m. indotta nella seconda bobina
e2 = – M (d i1/ dt)
dove i1 è la corrente circolante nella prima bobina.
È bene tenere presente che quanto è stato scritto vale per induttanze (delle quali si possano trascurare la resistenza e la capacità distribuita) con la secondaria funzionante a vuoto.
Il comportamento dei circuiti reali accoppiati per mutua induzione invece è alquanto complesso e lo rimandiamo alla consultazione dei libri sopra citati; nelle tre parti successive a questa illustreremo solo un caso particolare in determinate situazioni.
Bibliografia.
C. Rimini, Fondamenti di Radiotecnica Generale, N. Zanichelli, Bologna 1948.
S. Malatesta, Elementi di Radiotecnica Generale, C. Cursi, Pisa 1961.
Ringraziamo il prof. ing. Adriano Montanari per il prezioso e autorevole parere che ci ha dato in merito all’oggetto, confermando le nostre supposizioni sul suo impiego. Montanari ha insegnato per anni Radiotecnica al Montani, lasciando una significativa impronta dei suoi saperi e della sua personalità, per poi insegnare al Politecnico delle Marche.
Ci siamo inoltre rivolti ad un grande esperto di Radiotecnica, il dott. Leonardo Mureddu, ricercatore presso l’INAF dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari, che ci ha inizialmente ispirato col suo lavoro che si trova all’indirizzo
http://www.leradiodisophie.it/variometro.html
e che poi gentilmente ci ha fornito ulteriori delucidazioni. Lo ringraziamo per la sua collaborazione.
Altri indirizzi dal contenuto interessante sull’argomento sono: http://www.leradiodisophie.net/Valvole/Zamburlini/Zamburlini-RD5.htm
e
http://www.leradiodisophie.it/Lettere.html .

Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Variometri Allocchio Bacchini & C. Milano Matr. N° 04993 e N° 19116


 Variometri Allocchio Bacchini & C. Milano Matr. N° 04993 e N° 19116.
Nell’inventario particolare per reparto n° 7 del 1925-1927 a pag. 82, n° 130/810 si legge: “Allocchio Bacchini & C. Variometro tipo Vallauri [quasi illeggibile, N.d.R].  ₤ 850”. Nell’inventario D del 1937 al n° 485 si legge: “Variometro Allocchio Bacchini – N° 19116 ₤ 40 prima destinazione (Lab. Radio)”. Destinato a Radiotecnica era già in esistenza. Purtroppo in questo inventario posteriore non si parla dell’altro variometro!
Nella rivista “L’Elettrotecnica” del 25 Novembre 1925 (Vol. 12 N° 33) Giancarlo Vallauri ha scritto un articolo: “Induttanze variabili (Variometri)” nel quale, a pag. 829, appare la foto di un variometro a disco della Allocchio Bacchini & C. Milano N° 02846.
Il Montani possiede numerose collezioni di riviste, compresa “L’Elettrotecnica”. Per gli appassionati dei dispositivi elettrici e delle antiche radio, riportiamo brani del suddetto articolo, a cui seguono le pagine complete:
«Variometro a disco. Il variometro a disco esclude l’uso dei materiali ferromagnetici, è quindi un apparecchio assai più preciso del variometro a nucleo di ferro e serve come campione secondario di induttanza. Esso fu ideato per i bisogni della tecnica delle alte e delle altissime frequenze, derivandone il concetto costruttivo da quello dei condensatori variabili a disco. L’apparecchio consta di sue equipaggi o dischi, di cui si può variare la posizione reciproca per rotazione di uno rispetto all’altro. La disposizione dell’avvolgimento è la ben nota forma astatica, che si utilizza in molti apparecchi ed è rappresentata schematicamente in fig. 7; la forma costruttiva è rappresentata in fig. 8 [dove si vede il modello della Allocchio Bacchini matr. N° 02486, quindi precedente ai nostri due esemplari, N.d.R.].


Disponendo uno sopra all’altro i due dischi, che portino ciascuno un avvolgimento del tipo indicato, e facendo ruotare uno di essi rispetto all’altro intorno al loro asse comune, si fa variare in modo continuo il coefficiente di induzione mutua M fra i due. In corrispondenza di una rotazione completa di 360° si ha evidentemente una variazione ciclica completa di M con due passaggi per il valore zero e con due massimi di segno opposto. Se gli avvolgimenti sono simmetrici e piani e se i piani in cui essi giacciono sui due dischi si mantengono, durante la rotazione, paralleli e a distanza invariabile fra loro, anche il ciclo di variazione di M in funzione dell’angolo di rotazione è regolare e simmetrico (ossia i 4 quarti, in cui il ciclo è diviso dai due massimi e dai due passaggi per zero, sono sovrapponibili). Collegati in serie gli avvolgimenti dei due dischi si ha una autoinduzione variabile con continuità ed il suo diagramma di variazione è ancora quello di variazione di M, salvo che la scala (ossia la posizione dell’asse delle ascisse) è spostata di un segmento pari alla somma L1 + L2, delle due autoinduzioni dei singoli avvolgimenti. Si ha infatti notoriamente L = L1 + L2 + 2 M. ….. Si può studiare il profilo degli avvolgimenti in maniera che la variazione di L e di M sia lineare per un ampio tratto dello spostamento angolare relativo dei dischi, ovvero in maniera che la variazione sia all’incirca sinusoidale. Ma poiché l’apparecchio deve essere usato non come campione primario o assoluto di induttanza, sibbene come campione secondario opportunamente tarato, ciò non ha importanza particolare. …
[La figura 9 riporta il diagramma relativo al variometro della figura 8, con avvolgimenti a uno strato di filo multiplo e dischi di ebanite come il nostro esemplare, N. d. R.] …… Un pregio generale dei variometri a disco, specialmente se usati nei circuiti ad alta frequenza, è quello che deriva loro dalla astaticità del tipo di avvolgimento adottato. Essa infatti ha per conseguenza sia che il variometro percorso da corrente esercita ad una certa distanza effetti induttivi trascurabili, sia che esso raccoglie da campi esterni non troppo disuniformi un’azione perturbatrice minima, ciò che rende più sicure e più agevoli moltissime misure.
Nota: La prima forma di variometro di questo genere fu ideata dall’allora Tenente di Vascello G. Martinez presso l’Istituto E. e R. T. di Livorno e costruita dal Capo Radiotelegrafista E. Torre. Il prio esemplare è un variometro a settori semicircolari, con L massima 140 microhenry, e fu costruito nel 1916, assai prima che si avesse notizia dell’analogo apparecchio costruito dal Bureaus of Standards (H.B. Brooks e F. C. Weaver-Sient. Pap.. N. 290)».
Poi l’articolo prosegue illustrando gli usi del variometro a disco che noi ci limitiamo ad elencare riportando due figure delle quattro elencate: 1) ponte di induttanza, fig. 11, per misure di induttanza;

2) ponte di Campbell, per misure di induttanza (fig. 12);3) misura di induttanze mutue (fig. 13);4) misure di capacità (fig.14);

5) frequenziometro (fig.15);

6) accoppiamenti critici per i circuiti oscillatori alimentati da triodi ed in generale per studiare le proprietà degli schemi usati con tali apparecchi.

Per vedere le altre schede sui variometri ( o accoppiatori) scrivere “19116” su Cerca.
Bibliografia: Giancarlo Vallauri, Induttanze variabili (Variometri), L’Elettrotecnica del 25 Novembre 1925 ( Vol. 12 N° 33).
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e ricerche di Fabio Panfili.
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Galvanometro Shallcross N° 316-A Serial NO. 25732

 Galvanometro Shallcross N° 316-A Serial NO. 25732.
Nell`inventario del 1956, in data 3 ottobre 1957, al n° 1349-50 si legge: “LARIR – MILANO. Galvanometro con scala a zero centrale – serie 316 Shallcross. Quantità 2. ₤ 96.000. Destinazione Radiotecnica”. Una etichetta reca la scritta: “SERIAL NO. 25732 MANUFACTURED BY SHALLCROSS MFG.CO. COLLINGDALE, PA. U.S.A.”.
Non abbiamo le caratteristiche di questo esemplare, ma il suo interno ne rivela l`estrema semplicità costruttiva.
Su un polo del magnete permanente a forma di U è incisa la lettera N; tra i due poli vi è un cilindro di alluminio che contiene l`equipaggio mobile con sopra la scritta: “250 OHMS”. Collegate al commutatore vi sono tre resistenze: la prima a sinistra nella foto è di 2250 Ω ± 1 %; la seconda al centro vale 225 Ω ± 1 %; la terza a destra è di 25 Ω ± 1 %. Esse servono per variarne la sensibilità quando si procede nella misura di zero; infatti il commutatore presenta tre posizioni: 1; 0.1; 0.01. Il galvanometro funziona solo in C.C..

L`ing. Profumieri ha aperto entrambi i galvanometri per osservarne l`interno che è identico, per poi fotografare questo esemplare.
In seguito l`ing. Lorenzo Cognigni ha esaminato il circuito ricavandone i tre schemi che riportiamo in sequenza dal Selettore in posizione × 0,01; × 0,1 ; × 1 .

Abbiamo trovato inusuali le resistenze: ad esempio quella a destra nella foto è attraversata al suo interno dal conduttore che riteniamo serva da sostegno; uno dei suoi due fili è collegato ad un contatto del commutatore e l`altro è saldato al conduttore collegato alla bobina mobile. La corrente in entrata dal morsetto di sinistra attraversa l`interno della resistenza e produce sicuramente effetti induttivi durante i transitori.
Però se, come sembra, le resistenze sono del tipo antiinduttivo, gli effetti dovrebbero in ogni caso compensarsi.
Le altre due resistenze sembrerebbero (come la prima) costituite da bobine antiinduttive.
Le bobine-resistenze che servono per ottenere le tre portate ruotando il commutatore, recano la stessa marca del galvanometro e la sigla Type Bx180L. Il commutatore ha più posizioni, ma solo tre sono attive.
La boccola di destra è collegata al cursore del commutatore.
Il contatto in basso a destra, a cui fanno capo due fili delle resistenze da 25 e 225 Ω, corrisponde alla portata 0.01: il contatto di centro a cui fanno capo i fili delle due bobine orizzontali da 225 e 2225 Ω corrisponde a 0.1; il contatto appena a sinistra, cui fanno capo un filo della bobina-resistenza di 2250 Ω e il filo che va all`altro contatto della bobina mobile, corrisponde a 1.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili, con la consulenza degli ingegneri Lorenzo Cognigni e Claudio Profumieri.
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