Pila campione Weston Siemens N° 2084114


            Pila campione Weston Siemens N° 2084114.
Nell’inventario D del 1937, al n° 1141 si trova: “Elemento Weston 1.0183 Siemens N° 2084114 ₤ 700”.
Acquistato il 25/6/1943.
Il coperchio reca la scritta: “Internationales Weston – Element (gesättigte Lösung) Siemens 2084114”.
Inoltre al centro c`è il simbolo della Siemens e Halske.

Sulla targhetta posta sul contenitore si legge: “Physicalisch = Technische Reichsanstalt 291 DR 42” che garantisce la concordanza dell’esemplare con gli standard costruttivi della Germania.
Nel Giugno del 2010 la pila è stata aperta dall’Ing. Claudio Profumieri per verificarne le cause del mancato funzionamento e si è osservato che la cella ha perso gli elettroliti.
È stato così possibile fotografarne l’interno.
La differenza di potenziale nella cella è influenzata dalla concentrazione dell’elettrolito; se si mette una quantità esuberante di solfato di cadmio si ottiene una soluzione satura con presenza di cristalli di solfato di cadmio e in questo caso la concentrazione dipende solo dalla temperatura.
In questo caso a 20 °C si ha una tensione di uscita a vuoto di 1,01863 V e l’effetto della temperatura produce un δV =  – 40 µV/°C.
Nel caso di pila non satura a 20 °C la tensione di uscita a vuoto è di 1,0190 ÷ 1,094 V con δV = -5 µV/°C.
La scritta sul coperchio significa che la pila è del tipo a soluzione satura.
Le pile Weston possono erogare correnti molto piccole e per tempi esigui. Le pile non sature possono arrivare a 0,1 mA per appena 4÷5 secondi.
Per avere ulteriori informazioni consultare le schede sulle pile campione alle voci Elettrotecnica, Radiotecnica ed Elettronica.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

YEW Standard Resistor Type 2782 da 0,01 ohm


Resistenza campione YEW da 0,01 Ω.
Sulla targhetta si legge: “YEW Standard Resistor – Type 2782 – 0.01 Ω (abs) Max 10 A – NO N70 F16 1970 – Yokogawa Electric Works. Ltd. – Tokyo Japan – NPB 6548E”.

Mentre sul coperchio si legge: “0.01 Ω (abs) 6530”.
Questo tipo di resistenza campione viene costruito con quattro morsetti: due amperometrici e due voltmetrici.
I morsetti amperometrici di sezione molto più grande servono per alimentare la resistenza in corrente; la loro dimensione limita opportunamente le resistenze di contatto che falserebbero il suo valore.
I morsetti voltmetrici si usano per prelevare la caduta di tensione prodotta dalla corrente che circola nel resistore.
Tra i morsetti si trova un tappo, tolto il quale si può introdurre un termometro per rilevare la temperatura durante una misura.
Alcune foto  mostrano l`interno dell`esemplare; il filo è immerso in olio, di cui si vedono alcune gocce sul piano d’appoggio.
Bibliografia: L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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YEW Standard Resistor Type 2728 da 0,1 ohm



Resistenza campione YEW da 0,1 Ω.
Sulla targhetta si legge: “YEW Standard Resistor – Type 2782 – 0.1 Ω¸ (abs) Max 3.2 A – NO N70 G40 1970 – Yokogawa Electric Works. Ltd. – Tokyo Japan – NPB. 6547E”.
Mentre sul coperchio si legge: “0.1 Ω (abs) – NPB.6529”.
Questo tipo di resistenza campione viene costruito con quattro morsetti: due amperometrici e due voltmetrici.
I morsetti amperometrici di sezione molto più grande servono per alimentare la resistenza in corrente; la loro dimensione limita opportunamente le resistenze di contatto che falserebbero il suo valore.
I morsetti voltmetrici si usano per prelevare la caduta di tensione prodotta dalla corrente che circola nel resistore.
Tra i morsetti si trova un tappo, tolto il quale si può introdurre un termometro per rilevare la temperatura durante una misura.
Il filo è immerso in olio.
Bibliografia: L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962.
In questa scheda riportiamo inoltre  le pagine del manuale di istruzioni conservato nell’archivio della Sezione Elettronica .
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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Wewattmeter Original Gossen N° 248633


    Wattmetro Gossen, matr. N° 248633.
Produttore: Gossen, P., & Co. KG, Erlangen. Modello Wewattmeter.
Nell`inventario D del 1933/’37, al n° 514 si legge: “Wattometro e.d. Gossen n. 249414 – 248633 con resistenze addizionali – ₤ 600. Prima destinaz. ( Lab. Radio)”.     Wattmeter (Leistungsmesser) mit elektromechanischem Messwerk durch Drehspule (170 Ω) und Feldspule (6 Ω) Meßbereich bis 50 Watt bei max. 500 V ~, Strommeßbereich bis max. 5 A. Meßbereichserweiterung durch anzapfbare Vorwiderstände.
Le dimensioni di questi wattmetri sono veramente contenute.
Sul quadrante si osservano: la scala da 0 a 50; a sinistra “5 A ca. 0,06 Ω” a destra “1° – 5 W”; in basso a sinistra vi sono i simboli i quali indicano che lo strumento è del tipo elettrodinamico, che funziona in C.C. e in C.A. e che va tenuto in posizione orizzontale durante la lettura; in basso a destra vi sono sia il logo della ditta sia il numero di matricola.
All`indirizzo:
http://www.historische-messtechnik.de/downloads/gossen-wewattmeter-1931-datenblatt.pdf
si trovano le caratteristiche tecniche complete che risalgono al 29 gennaio 1931, alle quali è dedicata una scheda. Per consultarla  scrivere “Wewattmeter” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Vidicon RCA 1ª parte

Vidicon RCA. Prima parte.
Non rintracciabile negli inventari, forse l’acquisto risale al 1970.
La sigla è illeggibile tranne la scritta: “TRON”.
Somiglia al tipo 7038 per forma e lunghezza (presenta anche lo “short index pin!”), mentre il 6326 A presenta alcune diversità costruttive pur avendo le stesse dimensioni e la stessa risposta spettrale.
Una caratteristica comune è la presenza dei due settori laterali visibili sulla finestra paralleli al piano passante per l’asse del tubo e lo short index pin; un’altra è la strozzatura della lunga griglia a forma di tubo che in altri esemplari non è presente, però il 6326 A ha le griglie 3 e 4 che formano un tubo spezzato, mentre il 7038 presenta il tubo continuo formato dalla griglia 3 come questo esemplare; la prima figura mostra il 7038 .

Siamo giunti a queste conclusioni dopo aver esaminato meticolosamente molte foto e disegni di diversi tipi di vidicon della RCA.
Il vidicon, sviluppato fin dal 1950, ha sostituito l’orthicon inizialmente perché molto meno costoso, poi perché è più semplice costruttivamente, è più robusto e compatto, nel tempo ha subito continue modifiche ed è stato usato fino al 1970.
Le dimensioni di questo esemplare sono: lunghezza 158 mm; diametro della finestra 23 mm; diametro del tubo circa 20 mm.
Il vidicon da ripresa televisiva a colori è di piccole dimensioni rispetto ai predecessori (iconoscopio e orthicon) e tuttavia presenta una altissima sensibilità.
Il suo principio di funzionamento si basa sulla fotoconduttività di una speciale superficie, in genere di Sb2S3, formata da un numero elevatissimo di elementi fotoresistivi, sulla quale vien proiettata l’immagine della scena da riprendere.
La diversa conducibilità elettrica di ogni granulo, dovuta all’intensità della luce che lo colpisce, permette di ottenere una distribuzione delle cariche proporzionale punto per punto all’intensità luminosa della scena.
Pertanto viene realizzata una immagine elettrica che, convenientemente esplorata riga per riga dal raggio di elettroni proveniente dal cannone, da origine al segnale video che viene subito inviato all’amplificatore, infatti l’uscita è collegata con l’elettrodo-schermo trasparente.
La figura esplicativa è tratta dalla scheda di istruzioni della RCA relativa al 7038, come la descrizione che segue.
La scheda di istruzioni è ricca di particolari tecnici riportati su 12 pagine e nel 2018 si trova all’indirizzo: https://frank.pocnet.net/sheets/079/7/7038.pdf.
Mentre la scheda del 6326 A si trova all’indirizzo: https://frank.pocnet.net/sheets/079/6/6326A.pdf .
Il 7038 utilizza una sola superficie fotoconduttiva avente una pellicola uniforme che permette un gradiente di tensione costante e una corrente “oscura” uniforme attraverso l’area scansionata. Ciò consente una sensibilità uniforme sull’intera area scansionata.
L’elettrodo del segnale di uscita è dunque un film trasparente di materiale fotoconduttivo depositato sulla superficie di una faccia piana (vedi la seconda figura); un sottile “setaccio” (a fine mesh screen) (griglia N° 4) è collocato vicino allo strato fotoconduttivo; un elettrodo che focheggia il raggio di elettroni (griglia N° 3) è connesso alla griglia N° 4; un elettrodo che focheggia dinamicamente il raggio ( griglia N° 2), la griglia di controllo N° 1 e un cannone elettronico servono per produrre il raggio di elettroni.
Ciascun elemento dello strato fotoconduttivo è isolato al buio, ma diventa leggermente conduttivo quando è illuminato e agisce come una capacità che perde cariche avente una faccia al potenziale positivo fisso dell’elettrodo di segnale video e l’altra faccia a potenziale fluttuante. Quando la luce della scena da riprendere è messa a fuoco sulla superficie con lo strato fotoconduttivo, ciascun elemento dello strato fotoconduttivo illuminato, leggermente dipendente dall’intensità dell’illuminazione, causa il sorgere del potenziale della sua superficie opposta (dal lato del cannone elettronico) in un tempo molto piccolo.
Quindi sull’intera superficie dalla parte del del cannone appare una configurazione di potenziale positivo, corrispondente alla configurazione della luce del soggetto ripreso.
Questa superficie viene scansionata a bassa velocità dal raggio di elettroni prodotto dal cannone.
Questo cannone contiene dunque un catodo termoionico, una griglia di controllo N° 1; e una griglia di accelerazione (griglia N° 2). Il raggio è focalizzato sulla superficie dello strato fotoconduttivo dall’azione combinata del campo magnetico uniforme di una bobina esterna e dal campo elettrostatico della griglia N° 3. La griglia N° 4 serve per generare un campo elettrico uniforme atto a decelerare il raggio in modo tale che gli elettroni colpiscano perpendicolarmente lo strato fotoconduttivo. Condizione questa necessaria per portare la superficie al potenziale catodico.
Il raggio elettronico si avvicina allo strato a bassa velocità a causa del minor potenziale operante sull’elettrodo di uscita del segnale video. Quando il lato dalla parte del cannone, con il suo potenziale positivo, viene scansionato, gli elettroni vengono depositati fino a che il potenziale della superficie viene portato a quello del catodo, e poi dopo tornano indietro per formare un raggio di elettroni che in questo caso (a differenza degli orthicon) non viene utilizzato.
La deposizione di elettroni su un particolare elemento della superficie scansionata causa un cambiamento della differenza di potenziale tra le due superfici dell’elemento. Quando le due superfici dell’elemento, che è una capacità carica, sono connesse attraverso il circuito esterno dell’elettrodo di segnale video, viene prodotta una corrente di scarica che costituisce il segnale video. L’intensità di corrente è proporzionale al potenziale di superficie dell’elemento scansionato e alla velocità di scansionamento. L’allineamento del raggio è ottenuto per mezzo di un campo magnetico trasversale prodotto da una bobina esterna, così come la deflessione.
Non occorre dunque il moltiplicatore elettronico necessario per l’orthicon, perché il segnale video è già sufficientemente alto anche in cattive condizioni di illuminazione.
Unico inconveniente è una velocità di risposta non elevata dovuta alla costante di tempo relativamente alta del mosaico: questo fatto causa immagini mosse quando i soggetti ripresi si spostano con una certa rapidità.
Il successivo plumbicon della Philips elimina questo inconveniente.
La compattezza e relativa robustezza di questi dispositivi, ha permesso che fossero usati a bordo dei satelliti fino al 1965. Le navette Ranger VII VIII e IX, lanciate nel luglio del 1965, furono dotate di speciali vidicon per la ripresa ravvicinata del suolo lunare.
Per ulteriori chiarimenti vedere la seconda parte scrivendo “Vidicon” su Cerca.
Bibliografia.
Scheda di istruzioni RCA 7938 Vidicon, senza data.
Galileo, Enciclopedia delle Scienze e delle Tecniche, Vol. IX, Sadea, Firenze 1966. V. K. Zworykin, G. A. Morton, La Televisione, Trasmissione delle Immagini Monocrome ed a Colori, Sansoni, Firenze 1958.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo a cura di Fabio Panfili.
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