Tubo Mullard RG3 1250 matr. N° 20220

       Tubo Mullard RG3 1250. Matricola N° 20220.
È un tubo a vuoto a vapori di mercurio fabbricato dalla Mullard in Gran Bretagna. La Mullard Radio Valve Co. fu fondata nel 1920.
La peculiarità più evidente del diodo è la base tipo Edison, al posto dei soliti piedini. Questo tubo raddrizza una semionda, pertanto se si vuole raddrizzare la corrente alternata bisogna ricorrere a due tubi. Nella collezione del Montani esistono  due esemplari di questa valvola, che però non risultano negli inventari consultati; l`altro esemplare ha il numero di serie 25256.
Le sue caratteristiche sono: tensione massima inversa di picco 11000 V; corrente massima mediata 1,25 A; tensione di filamento 4 V; corrente di filamento 7A. Le sue dimensioni sono: lunghezza = 24 cm, diametro = 5,4 cm. Tensione anodica massima di picco a regime 4,0 kV; corrente massima mediata 1,5 A con un picco massimo di corrente anodica di 2,5 A. La temperatura di condensazione del mercurio, misurata alla base, deve essere in un range da 25 °C a 60°C. La frequenza massima di esercizio è di 150 Hz. Massima induttanza di blocco alla corrente massima di uscita 800 mH. L`alimentazione del filamento deve essere fornita almeno 30 secondi prima d
ella tensione anodica per dare tempo al mercurio di evaporare. Si ricorda che la massima tensione inversa è quella oltre la quale tra anodo e catodo si innesca una scarica che danneggia il tubo. La corrente-media-anodica è il valore ottenuto integrando la corrente anodica istantanea rispetto ad un tempo specificato e mediando il risultato. Il limite massimo della corrente-media-anodica indica la più alta corrente media che può essere permessa di fluire nel tubo nella direzione di normale conduzione. Le caratteristiche per ora fornite possono essere soggette ad errori per le discordanze che appaiono sulle fonti consultate. Precauzioni per il corretto uso. I bulbi di vetro dei tubi raddrizzatori normalmente mostrano un certo oscuramento dopo un funzionamento continuato. Inoltre, i tubi a vapori di mercurio mostrano un bagliore blu nel normale esercizio. Questi sintomi sono caratteristici di tali tubi, e non dovrebbero essere considerati segni di deterioramento o di un guasto. Il tubo rettificatore a mercurio deve essere fabbricato con speciale cura per prevenire la dispersione del liquido dalla sua normale posizione nel fondo del bulbo. Lo spruzzamento del mercurio su altre partii del bulbo o sull`anodo devono essere evitate poiché possono causare internamente un breve arco quando il tubo è in esercizio. Un tubo a vapore di mercurio deve sempre essere trasportato, conservato e fatto funzionare in posizione verticale con il filamento in basso, e non deve mai essere scosso, agitato, o posto anche momentaneamente in posizione orizzontale. Il tubo non deve mai essere fatto oscillare o fatto scattare nel piazzarlo nello zoccolo o nel montaggio, e deve essere protetto dalle vibrazioni eccessive dell`equipaggio. Se avviene lo spruzzamento, il mercurio disperso deve essere completamente riconcentrato prima che il tubo sia rimesso in servizio per mezzo di un trattamento di pre-riscaldamento e condizionamento. Nel trattamento di pre-riscaldamento, il tubo lavora con la normale tensione di filamento ma senza tensione anodica per 30 minuti, per assicurare la completa vaporizzazione del mercurio. Quando la tensione del filamento viene tolta, alla fine di questo periodo di pre-riscaldamento, molto del mercurio vaporizzato ricondensa in una pallina o una piccola pozza al fondo del bulbo. Il trattamento di condizionamento viene poi applicato sul mercurio che può essersi condensato nelle pareti del bulbo o in vicinanza dell`anodo o sui sigilli dei reofori del filamento. Durante questo trattamento, il tubo opera con la solita tensione di filamento e a circa un sesto della tensione anodica usuale. La tensione anodica è allora gradatamente incrementata per un periodo di circa trenta minuti fino al valore normale di esercizio. Se ad un certo momento avviene un scarica elettrica durante il trattamento, la tensione anodica deve essere ridotta fino a che la scarica cessi. Allora essa deve essere mantenuta su questo valore per qualche minuto per assicurare la completa vaporizzazione del mercurio prima che il trattamento venga ripreso. La tensione non deve essere applicata all`anodo fino a che il filamento o il catodo del tubo abbia raggiunto la normale temperatura di esercizio. Questo affinché è necessario raggiungere la formazione del plasma (regione di elettroni e ioni positivi) che protegge la superficie emittente contro il danneggiamento per il bombardamento di ioni positivi altamente veloci. L`applicazione della tensione anodica deve essere ritardata fino a che il mercurio condensato si muove verso la normale zona di condensazione al fondo del tubo, come si è detto sopra. Poiché il tubo a vapori di mercurio può essere severamente danneggiato se la temperatura del filamento varia eccessivamente, il filamento deve essere alimentato da un trasformatore a tensione costante o da un alimentatore con relais di minima e di massima. L`applicazione ritardata della tensione anodica si può ottenere con un relais connesso al circuito primario del trasformatore di alta tensione. Questo permette l`aggiustamento del tempo di ritardo per un valore sufficiente da assicurare la protezione del tubo sottoposto alle più avverse condizioni che possono avvenire durante il suo funzionamento. La vita e la performance del tubo a vapori di mercurio sono criticamente dipendenti dalla temperatura del mercurio condensato. Una bassa temperatura ambiente ritarda la vaporizzazione del mercurio, limitando il grado di ionizzazione ottenibile alla tensione normale di esercizio del filamento e influenzando il potenziale anodo-catodo al quale il tubo entra in conduzione. Una temperatura ambiente alta, d`altro canto, conduce ad una rapida vaporizzazione, ma tende a produrre una sovra ionizzazione e così riduce la tensione anodica inversa che il tubo può resistere senza rottura. Il circuito rettificatore che usa un tubo a vapori di mercurio quindi deve essere equipaggiato di mezzi sia per misurare le temperature del mercurio condensato, sia per mantenere queste temperature entro i limiti specificati per il tubo impiegato. La temperatura di condensazione può essere misurata con una termocoppia o un termometro applicati al tubo per mezzo di una piccola quantità di mastice in una regione vicina al fondo del bulbo. La zona adatta alla misura è specificata per ciascun tipo di tubo nei cataloghi dei tubi. In casi estremi di ambiente freddo (vicino al valore minimo indicato) può essere necessario disporre di qualche forma di conservazione del calore, che eviti però il surriscaldamento. Se viceversa l`ambiente è troppo caldo, al di sopra del massimo consentito, bisogna impiegare un raffreddatore ad aria forzata che parta quando venga inserita la tensione anodica. Il flusso d`aria deve essere diretto orizzontalmente a circa un centimetro sopra la base finale del filamento (sopra lo zoccolo insomma). Il flusso d`aria va tolto insieme alla tensione anodica. Il crescere delle temperatura del vapore di mercurio rispetto alla temperatura ambiente è dato in funzione del tempo di riscaldamento rispetto alle condizioni di assenza di carico o di pieno carico che si trovano nei cataloghi dei tubi.
  Per avere altre informazioni sui diodi a vapori di mercurio, cercare le schede dedicate al tubo RCA 872A e al diodo Fivre 872A scrivendo. “872A” su Cerca.
  Abbiamo qui riportato un parte riassunta dal testo della RCA citato in bibliografia. Per ragioni di spazio, il resto del riassunto del testo appare nella scheda dell`altro esemplare Mullard RG3 – 1250, matr. N° 25256.
  Bibliografia:
N. J. Harrison, RCA Trasmitting, Tubes Technical Manual TT-5, Radio Corporation Of America Electron Tube Division, 1962.
Nota: il mercurio fonde a  -38,83 °C e bolle a 356,73 °C.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo a cura di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

TWT English Electric Valve Type N1002 matr. N° 1633 RB

TWT English Electric Valve, Type N1002.  Matr. N° 1633 RB.
Non rintracciabile negli inventari.
Il suo uso didattico probabilmente consisteva nel mostrarlo durante la spiegazione.
TWT è l`acronimo di Travelling Wave Tube che a volte viene tradotto con tubo a onda viaggiante o ad onda progressiva.
Dimensioni: lunghezza 58 cm; diametro massimo 5 cm; diametro del tubo 1,2 cm.
Per ora non disponiamo delle sue caratteristiche.
I tubi a onda progressiva erano usati come amplificatore di potenza a microonde per il loro guadagno elevato (30-60 dB), rapporto segnale rumore basso, ampia larghezza di banda e linearità.
La loro storia, come quella di altri dispositivi a microonde, risale alla seconda guerra mondiale ed è frutto delle ricerche sulle tecniche radar; infatti sono stati inventati nel Laboratorio di Nuffield a Birmingham (dove fu inventato anche il magnetron) come alternativa al klystron. Infatti nel klystron vi era un rumore dovuto all`interazione fra il fascio di elettroni e il campo elettrico stazionario nei risonatori.
Il TWT nacque come idea di realizzare un campo elettrico viaggiante (invece che stazionario) che scambia energia con un fascio di elettroni che si muove circa alla stessa velocità. Il primo tubo, nel 1941, lavorava ad una lunghezza d`onda di 9,1 cm (3,3 GHz).
Il TWT non ha bisogno di cavità risonanti che devono avere delle dimensioni ben definite per lavorare ad una certa frequenza, quindi, nel caso in cui ci sia il bisogno di modificare la frequenza di lavoro, nei klystron ci si troverebbe costretti a modificare le dimensioni fisiche di queste cavità risonanti con dispositivi meccanici che renderebbero la loro costruzione molto più complessa. Dunque la differenza fondamentale tra un TWT e un klystron è la capacità del TWT di lavorare su una gamma di frequenze molto più ampia di quella del klystron.
Quindi, anche se il principio di funzionamento e le caratteristiche del TWT sono molto simili a quelle del klystron, si tende ad usare il TWT in dispositivi dove si ha la necessità di variare spesso e velocemente la frequenza di trasmissione, ad esempio nei radar militari dove si ha la necessità di variare velocemente la frequenza di trasmissione per evitare disturbi intenzionali che renderebbero vulnerabili i radar.Fino al 1980 erano i più usati nei sistemi di comunicazione (anche satellitari) e nei radar.
Per il suo funzionamento il tubo richiede un sistema di bobine (o un magnete permanente) esterno per la messa a fuoco e un sistema di alimentazione.
Per una stringata spiegazione si fa riferimento alla figura. Ciò che lo caratterizza rispetto ad altri tubi è 
la sua lunghezza.
Un cannone elettronico fornisce il fascio di elettroni che escono dal catodo accelerati verso l`anodo posto ad un forte potenziale rispetto al catodo stesso. In alcuni tubi è presente una griglia, a potenziale negativo rispetto al catodo, per regolare la corrente anodica.
Anche l`elica, caratteristica peculiare di questo tubo, è ad alto potenziale positivo rispetto al catodo, ma la corrente dell`elica è piccola perché il fascio di elettroni è ben focalizzato lungo il suo asse.
Un solenoide avvolto intorno al tubo focalizza gli elettroni in un fascio inviato all`interno di un filo avvolto a spirale fino a colpire un collettore all`altra estremità.
Il segnale radio da amplificare è introdotto all`ingresso, in prossimità del tubo catodico, nella spirale a elica nella quale viaggia anche la corrente prodotta per induzione dal fascio di elettroni.
Il campo elettrico prodotto dalla corrente indotta nella spirale interagisce con gli elettroni causandone una modulazione, alla frequenza del segnale d`ingresso.
Il risultato è che il campo modula la velocità degli elettroni e quindi la loro densità, questa modulazione influenza a sua volta il campo nel senso che il passaggio di “onde elettroniche longitudinali” (analoghe ad onde sonore riguardo alla densità) induce nell`elica correnti e. m. variabili con conseguente amplificazione del campo RF. Questo fenomeno avviene per tutta la lunghezza dell`elica e il campo elettrico viaggiante verso l`estremo destro dell`elica (nel disegno) avrà un`energia maggiore che a sinistra.


A questo punto l`energia sarà prelevata induttivamente e immessa in una guida d`onda di uscita.
In questo modo si è avuta una amplificazione: l`energia degli elettroni proveniente dall`alimentatore ha provocato la loro accelerazione, poi la loro energia cinetica si è trasferita al campo elettrico viaggiante.
Il segnale amplificato da tale meccanismo di mutuo accoppiamento viene raccolto al termine della spirale.
Per evitare che l`oscillazione interna alla spirale ritorni verso l`ingresso, è presente un attenuatore in uscita che di fatto limita il valore del guadagno tipicamente di 40 dB, mentre la potenza in uscita è limitata dallo spessore del filo della spirale che limita la corrente sopportabile.
Ora approfondiamo un pochino quanto già detto.
Il meccanismo fondamentale si basa dunque sull`interazione tra il fascio di elettroni e il segnale RF: la velocità v del fascio è data dalla radice quadrata di 2 eV/m
; dove e è la carica dell`elettrone, V è la tensione anodica acceleratrice e m è la massa dell`elettrone (in regime non relativistico); tenendo presente che con una V di 5.000 V si ha una v di circa 42.000.000 m/s, mentre il segnale RF viaggia alla velocità della luce nel conduttore di cui è fatta l`elica, per far interagire gli elettroni con il campo RF viaggiante bisogna rallentarlo alla velocità degli elettroni. A questo provvede appunto l`elica (chiamata perciò linea di ritardo) che trasforma la velocità del segnale lungo di essa in una velocità di avanzamento lungo l`asse pari a
c’ = (p / 2 π  r) · c)
dove c è la velocità della luce nel mezzo, p è il passo dell`elica e r è il suo rag
gio.
La corrente del fascio elettronico adesso può essere modulata dal segnale rallentato RF e dunque ci sono alcuni gruppi di elettroni che vengono accelerati ed altri rallentati (modulazione di velocità che comporta una modulazione della loro densità).
Questi gruppi di elettroni possono trasferire a loro volta la loro energia ai campi a radiofrequenza che viaggiano nell`elica e in questo consiste l`amplificazione del segnale: usare l`energia che gli elettroni ricevono dalla tensione anodica, modularla con il segnale RF di ingresso rallentato, mutando la loro velocità e trasferirla di nuovo al segnale RF che sta viaggiando nell`elica.
Questa interazione con relativa amplificazione avviene per tutta la lunghezza dell`elica.
La banda larga di amplificazione deriva dal fatto che nel dispositivo non ci sono risonatori che ne fissano la frequenza.
Togliendo l`attenuatore di uscita si può utilizzare l`onda riflessa e trasformare il TWT in un oscillatore (ma questo uso richiede cambiamenti costruttivi del TWT), anche se da tempo per questi scopi si usano i diodi Gunn o altri dispositivi a semiconduttore.
Nel funzionamento come amplificatore è bene infatti, come si è detto in precedenza, attenuare l`onda riflessa curando gli adattamenti di uscita in RF, poiché la potenza riflessa potrebbe bruciare l`elica.
I TWT a spirale hanno potenze massime fino a 2,5 KW. Per potenze superiori si ricorre ai TWT a cavità nei quali la spirale è sostituita da una serie di cavità disposte intorno all`asse del raggio elettronico, che formano una specie di guida d`onda a spirale.
Nei TWT a cavità la potenza massima ottenibile è nell`ordine di 15 KW. Le frequenze operative del TWT vanno da 300 MHz a 50 GHz. Dopo la scomparsa del cinescopio nei display dei TV e dei PC, il TWT, insieme a dispositivi similari come il klystron dei grossi trasmettitori per radiodiffusione e il magnetron dei forni a microonde, è rimasto l`unico tubo a vuoto ancora impiegato in apparati civili e militari, come ad esempio nei radar se è munito di griglia per ottenere segnali a impulsi.
Scrivendo “TWT” su Cerca si trova un altro TWT.
Per ragioni di complessità e di mancanza di caratteristiche specifiche dell`oggetto non riteniamo opportuno aggiungere altro.
La prima foto su sfondo rosso è di Daniele Maiani. Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo a cura di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TWT Siemens RW 81 000401


        TWT Siemens RW 81 000401.
Made in Germany by Siemens D (Siemens & Halske). Tipo Travelling Wave Tube SHF/EHF.
Non rintracciabile negli inventari, il suo uso didattico probabilmente consisteva nel  mostrarlo durante la spiegazione.
TWT a volte viene tradotto con “tubo a onda viaggiante o ad onda progressiva”.
Dimensioni: lunghezza 28 cm; diametro massimo 3 cm; diametro del tubo 1,1 cm.
Caratteristiche di cui disponiamo per ora: filamento: Vf  = 6,3 V ; If  = 0,8 A ; frequenza di lavoro da 5,8 a 6,4 (da 5,8 a 8,5) GHz; potenza max di uscita 10 (da 36 a 22) W; guadagno 40 dB. I valori tra parentesi risultano da fonte diversa.
La focalizzazione del fascio si otteneva con un magnete permanente esterno.
Il TWT è un amplificatore basato sull`interazione tra un fascio di elettroni emesso da un cannone elettronico e il campo elettromagnetico che si propaga lungo il tubo a velocità rallentata ad arte da un elica.

In fig. 12 si vedono i  
componenti essenziali del tubo: il cannone elettronico, stilizzato con il catodo e l`anodo, invia un fascio di elettroni entro l`elica in modo longitudinale lungo il suo asse (l`elica è costituita da un filo conduttore tenuto allo stesso potenziale dell`anodo del cannone elettronico); gli elettroni giungono sul collettore che funge da placca come in un normalissimo tubo elettronico.
L`elica è lunga poco meno del tubo ed ha un raggio di pochi millimetri; è una linea di trasmissione che riceve per via induttiva il segnale in RF tramite la guida d`onda a sinistra nella figura.

All`interno dell`elica i campi elettromagnetici si propagano in maniera molto complessa e danno origine nella regione assiale ad un campo elettrico (come si vede nella fig. 13) che si propaga come un`onda ad una velocità c’ molto minore di quella delle o. e. m. nel conduttore: questa velocità è
c’ = (p/ (2 π r)) · c.
Dove c è la velocità delle o. e. m. (pari a quella della luce nel mezzo), p è il passo dell`elica ed r il suo raggio.
Se p è piccolo rispetto ad r la velocità dell`onda viene ridotta a quella degli elettroni permettendo l`interazione tra questi e il campo elettrico viaggiante.
Il risultato è che il campo modula la velocità degli elettroni e quindi la loro densità, questa modulazione influenza a sua volta il campo nel senso che il passaggio di “onde elettroniche longitudinali” (analoghe ad onde sonore riguardo alla densità) induce  nell`elica correnti e. m. variabili con conseguente amplificazione del campo RF. Questo fenomeno avviene per tutta la lunghezza dell`elica e il campo viaggiante all`estremo destro dell`elica (nel disegno) avrà un`energia maggiore che al sinistro.
A questo punto l`energia sarà prelevata induttivamente e immessa in una guida d`onda di uscita. In questo modo si è avuta una amplificazione: l`energia degli elettroni proveniente dall`alimentatore ha provocato la loro accelerazione e la loro energia cinetica si è trasferita al campo elettrico viaggiante. Il fascio di elettroni tenderebbe ad allargarsi e dunque è necessario un campo magnetico esterno per il focheggiamento: se gli elettroni deviassero dalla loro traiettoria assiale colpirebbero l`elica riscaldandola eccessivamente col rischio di fonderla; inoltre la loro energia andrebbe perduta. Bisogna anche evitare che l`onda viaggiante si rifletta all`indietro provocando un surriscaldamento dell`elica e a questo provvede un attenuatore. A meno che non si voglia usare il TWT come oscillatore, ma in questo caso si adottano particolari accorgimenti costruttivi appositi. Un vantaggio dei TWT rispetto ai klystron consiste nel poter lavorare entro un vasto range di frequenze, non avendo un oscillatore. La gamma di frequenze dipende dalle guide d`onda e dal loro adattamento all`elica.
Scrivendo “TWT” su Cerca si trova un altro TWT con qualche notizia leggermente diversa.
Per ragioni di complessità degli argomenti e di mancanza di caratteristiche specifiche dell`oggetto non riteniamo opportuno aggiungere altro.
Bibliografia: S. Malatesta, Elementi di Radiotecnica Generale, C. Cursi, Pisa 1961, da cui sono tratte le figure 12 e 13.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo a cura di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Triodo RL12T2 Telefunken 2ª parte

 Triodo RL12T2 Telefunken. Seconda parte.
In internet si trovano molte informazioni su questo tubo, non sempre concordi fra loro; pare comunque che la sua produzione sia avvenuta dal 1938 al 1945.
Riteniamo ovviamente attendibili quelle fornite dalla Telefunken in una scheda pubblicata nel maggio del 1940 dal titolo: “TELEFUNKEN. RL12T2. NF-Verstärker-Triode. Technische Daten und Streuwerte”.
Nella  figura qui sotto si leggono le dimensioni del tubo: lunghezza massima 60 mm, diametro del tubo 20 mm, diametro dello zoccolo 25 mm.
Lo zoccolo ha sei piedini disposti radialmente e su di esso è avvitata la manopola che ne permette la rapida estrazione. Nella figura inoltre si vedono le corrispondenze tra i piedini e gli elettrodi: anodo, catodo, griglia e filamento del triodo. Nel suo impiego come amplificatore in bassa frequenza esso richiede: 12,6 V e 0,17 A per l`accensione del filamento; una tensione massima anodica di 200/220 V a cui deve corrispondere una corrente massima anodica di 10 mA; tensione massima di griglia  −12,5 V; il triodo presenta un coefficiente di amplificazione di 11/12 intorno al punto di lavoro corrispondente ad una resistenza di carico di 6 kΩ e una conduttanza anodica di 2 mA/V; la resistenza di carico massima ammessa è di circa 12 kΩ; la potenza massima anodica è di 2 W.
Riportiamo qui di seguito le caratteristiche scritte nella scheda della Telefunken.
«1. Allgemeine Daten.
Heizspannung 12,6 V; Heizstrom 155-185 mA; Oxydkathode, indirekt geheizt, Serienschaltung von 2 Röhren zur Heizung aus 25 V Starterbatterie zulässig. Bei Betrieb einer einzelnen Röhre aus 25 V Starterbatterie ist ein Vorschaltwiderstand von 75 ± 3 Ω zu verwenden. Kapazitäten: CGitter-Kathode 2,9 ± 0,3 pF; CGitter-Anode 2,8 ± 0,4 pF; CAnode-Kathode 0,65 ± 0,2 pF. Max. Länge mit Knopf ( abschraubbar) 69 mm; Max. Länge (mit Patronenfassung) 69 mm; Max. Durchmesser (mit Patronenfassung) 43 mm. Sockel 6 pol. Stiftsockel.
2. Maximale Betriebsdaten.
Anodenspannung 220 V (Einschaltspannung kalt 250 V); Anodenverlustleistung 2 W; Spannung Faden-Schicht 100 V; Außenwiderstand zwischen faden und Schicht 20 kΩ; Kathodenstrom 30 mA; Gitterwiderstand a) bei fester Vorspannung 1,0 Mohm b) bei autom. Vorspannung 1,5 MΩ.
3. Anodenruhestrom.
Bei Anodenspannung 130 V; Gittervorspannung 0 V; Heizspannung 12,6 V; beträgt Anodenstrom 23 – 34 mA ( Bei Heizspannung 10,3 V : Jao (min.) 20 mA.
4. Anodenschwanzstrom.
Bei Anodespannung 220 V; Anodenstrom 0,4 mA; Heinzspannung 12,6 V; beträgt Gitterspannung −20  – 26 V.
5. Gitterstromeinsatz.
Bei Anodenspannung 130 V; Heizspannung 12,6 V; Gitterstrom 3×10 -7 A; beträgt Gitterspannung −1 bis 0 V.
6. Normaler Arbeitspunkt für N-F Übertragerverstärkung.
a) Anodenspannung 130 V; Anodenstrom 6,5 mA; Heizspannung 12,6 V; Steilheit 1.5 – 2.1 mA/V ; Verstärkungsfaktor ca. 11; Innenwiderstand ca. 6 kΩ; Gitterspannung −6,2 bis 8,8 V; Kathodenwiderstand 1,1 kΩ
b) Anodenspannung 200 V; Anodenstrom 10 mA Heinzspannung 12,6 V; Steilheit ca. 2 mA/V; Verstärkungsfaktor ca. 11; Innenwiderstand ca 5,6 kΩ; Gitterspannung ca. −12,5 V; Kathodenwiderstand 1,25 kΩ.
Dieser Arbeitspunkt sollte stets automatisch durch Kathodenwiderstand eingestellt werden.
Leistung und Klirrfaktor siehe umseitig».
Sotto la figura si legge: «Sockelanschlüsse gegen den Sockelknopf gesehen Patronen-Fassung: Lg.-Nr 1680 Ringfassung: Lg.-Nr 1684 Gewicht der Röhre: ca. 15 g». Sotto i diagrammi si legge:  «Wechselstromleistung N Und Klirrfaktor k in Abhängigkeit vom transformatorisch angekoppelten Außenwiderstand bei Aussteuerung bis zum Gitterstromeinsatz».
Per consultare la prima parte scrivere “RL12T2” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e ricerche di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Triodo T 150 1 Brown Boveri (Museo MITI)


      Triodo T 150-1 Brown Boveri.
Questo triodo si usa come amplificatore di potenza in BF o RF e come oscillatore per applicazioni industriali.
 Esso ha le seguenti caratteristiche: Pa max = 200 W; V anodica max = 3 kV; I anodica max = 400 mA; Po max = 740 W in classe C, RF non modulata; f max = 100 MHz.
Il catodo è di tungsteno toriato a riscaldamento diretto. Vf = 12 V; If = 4 A; Rf = 0,37 Ω; Ikp max = 2 A; Pa max = 200 W; Pg max = 15 W; Vg max = -500 V; S (150 mA/1 kV) = 5 mA/V; coefficiente si amplificazione µ = 25; Cg-a = 7 pF; Cg-c.= 7,5 pF; Ca-c = 1 pF.
Raffreddamento per radiazione e ad aria. Temperature max. 220 °C ÷ 250 °C. Massa 300 g; altezza 255 mm; diametro 73 mm.
La  figura  mostra le dimensioni i due piedini di filamento, il collegamento esterno con l`anodo sulla sommità e con la griglia di lato. Abbiamo anche riportato le caratteristiche del tubo.
 Il diodo (inventato da J. A. Fleming nel 1904) è un tubo a vuoto composto da un catodo che emette elettroni e un anodo, il quale circonda il catodo e li raccoglie. Quando tra l`anodo e il catodo viene ad aversi una differenza di potenziale, nel circuito circola corrente solo nel caso che l`anodo sia positivo rispetto al catodo, viceversa la corrente è nulla. Questa corrente dipende solo dalla tensione e dalle caratteristiche del diodo. Se tra l`anodo e il catodo viene interposta una griglia, come si vede nella relativa figura, con un potenziale normalmente negativo rispetto al catodo, essa modifica il campo elettrico nelle vicinanze del catodo e permette di regolare la corrente nel tubo. L`introduzione della griglia, fatta contemporaneamente da L. De Forest nel 1906-1907 e da R. Von Lieben nel 1906, ha rivoluzionato le tecniche delle telecomunicazioni e dell`elettronica fino all`avvento del transistor. In seguito il numero di griglie è stato aumentato ottenendo prestazioni diverse dei tubi.

 Bibliografia.
Catalogo Brown Boveri.
S. Malatesta, Elementi di Radiotecnica Generale, C. Cursi, Pisa 1961, da cui è tratta la  figura qui sotto.Il triodo è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Daniele Maiani e di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.