Shunt per il voltamperometro Gossen, N° 278502

 Shunt per il voltamperometro Gossen, matr. N° 278502.
Prima destinazione. Lab. Radio.
La ditta costruttrice è P. Gossen & CO, Erlangen, Bayern.
Mentre del voltamperometro abbiamo un vago e forse errato riferimento nell`inventario D del 1933/1937, di queste resistenze shunt non vi è traccia.
Eppure sappiamo che la Gossen iniziò la commercializzazione di questi piccoli e innovativi strumenti a fine anni Venti del Novecento.
Come si vede nelle foto, un astuccio contiene due resistenze per portate di 30 mA e 3 A.
Quella da 30 mA ha quattro morsetti e una forma inconsueta, inoltre reca la scritta: “Anschl. f. Vorwiderstande” (che significa: collegamento per resistenze).
Un`altra foto mostra una resistenza, che abbiamo rinvenuto da sola, per una portata di 300 mA con lo stesso numero di matricola e quindi per lo stesso strumento.
Per avere altre notizie sul voltamperometro Gossen e su altre sue resistenze scrivere: “278502” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

 

 

 

Resistenze addizionali del voltamperometro Gossen, matr. N° 278502

     Resistenze addizionali del voltamperometro Gossen, matr. N° 278502.
Prima destinazione: Lab. Radio.
La ditta costruttrice è P. Gossen & CO, Erlangen, Bayern. Mentre del voltamperometro abbiamo un vago e forse errato riferimento nell`inventario D del 1937, di queste resistenze addizionali non vi è traccia.
Eppure sappiamo che la Gossen iniziò la commercializzazione di questi piccoli e innovativi strumenti a fine anni Venti del Novecento.
Come si vede nelle foto, un astuccio contiene tre resistenze per portate : 1,5 – 3 – 300 V.
La quarta foto mostra una resistenza, che abbiamo rinvenuto da sola, per 15 V con lo stesso numero di matricola e quindi per lo stesso strumento.
Per consultare le altre schede dedicate al voltamperometro e alle sue resistenze scrivere: “278502” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Ricevitore a galena

     Ricevitore a galena.
Costruito al Montani, non rintracciabile negli inventari.
Il contatto tra una punta di metallo e un cristallo da luogo a una conduzione unidirezionale.
La galena (solfuro di piombo) si utilizzava come diodo rivelatore in un semplicissimo ricevitore costituito da un circuito risonante accordato sulla frequenza del trasmettitore.
Per l’ascolto si usa una cuffia.
Nelle foto si vedono bene l`induttanza fissa e la capacità variabile per la sintonia.
Il dispositivo contenente il diodo a galena è posto sulla destra nella foto ed è stato costruito dalla Ruma piccola ditta di Milano esistita dagli anni Venti agli anni Cinquanta del Novecento.
Nel cilindretto trasparente è ben visibile il cristallo su cui preme il filo detto “a baffo di gatto”.

Per regolarne il contatto c`è un pistoncino, come si vede nelle foto successive.
Manca l`antenna ricevente.
La debole tensione a radiofrequenza viene raddrizzata dal diodo e alimenta la cuffia che si comporta come il filtro resistenza – capacità di un normale rivelatore, in tal modo trasduce l`andamento dell`oscillazione modulata in onde sonore.
L`inconveniente più fastidioso di un simile apparecchio è il comportamento capriccioso del contatto che perde facilmente la sua sensibilità e necessita di frequenti interventi di aggiustamento.
L`apparecchio non richiede alimentazione e non ha amplificatore di segnale ma funziona con l`energia delle onde elettromagnetiche ricevute.
Quindi permette di ricevere solo segnali molto intensi o stazioni locali.

Lo schema elettrico è tratto da S. Malatesta, Elementi di Radiotecnica Generale, C. Cursi, Pisa, 1961, pag. 339.
Foto di Daniele Maiani e di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Tubo a raggi catodici Manfred von Ardenne


Tubo a raggi catodici Manfred von Ardenne.
Non rintracciabile negli inventari d`epoca, il tubo a raggi catodici reca sul vetro una scritta quasi illeggibile. Si distinguono solo: il numero 879 e il nome del progettista Manfred von Ardenne (1907 – 1997).
Famoso fisico tedesco fu uno dei pionieri sia nella progettazione di oscilloscopi CRT (Cathode Ray Tube), sia del ricevitore televisivo con tubi CRT ( 1930-1936), sia di microscopi elettronici (1932). Si occupò inoltre di tecnologie per la medicina, tecnologie nucleari, della fisica del plasma ecc. inventò e /o perfezionò numerosi apparecchi nel campo della radioelettronica.
L`etichetta incollata sul vetro reca la scritta: “R.I.T.I.N. – FERMO SEZIONE RADIOTECNICA N. inv. Sez. 453”.
È noto che von Ardenne nel 1934 fondò una società con la Leybold`s, ma questo esemplare potrebbe risalire al 1930, poiché ci risulta che in tale data un esemplare identico era costruito dalla Leybold`s Nachfolger col nome: von Ardenne – Hartel (vedi bibliografia e figura).

Come si vede nelle foto, nel tubo manca il morsetto che regge l`anodo. Questo anodo funge anche da collimatore in quanto ha la forma di un disco con un piccolo foro al centro.
Il catodo ha al suo interno il filamento per l`emissione di elettroni; sono ben visibili le placchette deflettrici per le scansioni orizzontale e verticale.
Al solito lo schermo è verniciato con materiali fluorescenti esattamente come nei primi tubi di Braun (vedere un relativo esemplare del 1962 in questo sito) e come nei moderni oscillografi CRT.
  Bibliografia: J. B. Johnson, The Cathode Ray Oscillograph, The Bell System Technical Journal , January 1932. che si trova all`indirizzo: http://archive.org/details/bstj11-1-1.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Tubo Mullard RG3 1250 matr. N° 25256

    Tubo Mullard RG3 – 1250. Matricola N° 25256.
È un tubo a vuoto a vapori di mercurio fabbricato dalla Mullard in Gran Bretagna. La Mullard Radio Valve Co. fu fondata nel 1920. La peculiarità più evidente del diodo è la base tipo Edison, al posto dei soliti piedini.
Questo tubo raddrizza una semionda, pertanto se si vuole raddrizzare la corrente alternata bisogna ricorrere a due tubi.
Nella collezione del Montani esistono due esemplari di questa valvola, che però non risultano negli inventari consultati; l`altro esemplare ha il numero di serie 25256.
Le sue caratteristiche sono: tensione massima inversa di picco 11000 V; corrente massima mediata 1,25 A ; tensione di filamento 4 V; corrente di filamento 7A. Le sue dimensioni sono: lunghezza = 24 cm diametro = 5,4 cm. Tensione anodica massima di picco a regime 4,0 kV; corrente massima mediata 1,5 A con un picc
o massimo di corrente anodica di 2,5 A. La temperatura di condensazione del mercurio, misurata alla base, deve essere in un range da 25 °C a 60°C. La frequenza massima di esercizio è di 150 Hz. Massima induttanza di blocco alla corrente massima di uscita 800 mH. L`alimentazione del filamento deve essere fornita almeno 30 secondi prima della tensione anodica per dare tempo al mercurio di evaporare. Si ricorda che la massima tensione inversa è quella oltre la quale tra anodo e catodo si innesca una scarica che danneggia il tubo. La corrente-media-anodica è il valore ottenuto integrando la corrente anodica istantanea rispetto ad un tempo specificato e mediando il risultato. Il limite massimo della corrente-media-anodica indica la più alta corrente media che può essere permessa di fluire nel tubo nella direzione di normale conduzione. Le caratteristiche per ora fornite possono essere soggette ad errori per le discordanze che appaiono sulle fonti consultate. Le caratteristiche importanti di un diodo rettificatore ad alto vuoto sono: il massimo picco di corrente anodica ottenibile senza surriscaldare il tubo, il massimo valore di corrente anodica media ottenibile, e il massimo picco di tensione inversa ottenibile. Il catodo può fornire soltanto un limitato ammontare di elettroni e questo limita il picco di corrente anodica. La massima tensione, che può essere applicata all`anodo durante la metà del ciclo A.C. di non conduzione senza causare un arco interno che danneggia il tubo, è chiamata il picco di tensione massima inversa. I materiali e la costruzione nei rettificatori a vuoto sono simili a quelli usati in altri tubi per trasmissione.I rettificatori ad alto vuoto sono usati per sviluppare tensioni di uscita DC al di sopra di parecchie centinaia di volt, ma, in generale, il loro uso è ristretto ad un range di corrente inferiore a 400 mA. Il rettificatore a catodo caldo al mercurio è un diodo, come l`872 A, capace del passaggio di parecchi ampere quando il vapore di mercurio è ionizzato per collisione con gli elettroni prodotti dal catodo. Il risultato è una bassa caduta di potenziale attraverso il tubo di circa 15 Volt, che permette una buona regolazione della tensione anche quando lo spazio tra l`anodo e il catodo è grande. La bassa caduta di tensione, esistente nel tubo, permette l`uso di catodi rivestiti di ossido con corrispondente alta emissione. Lo stesso limite di sistema è applicato ai rettificatori al mercurio come è applicato ai rettificatori ad alto vuoto. Esso richiede comunque più attenzioni nell`operare. Il catodo deve essere portato alla temperatura di normale operatività prima di applicare la tensione anodica. Questo si ottiene con un relais posto nell`alimentatore del circuito anodico. Il tubo deve operare entro un certo range di temperatura; altrimenti il mercurio non vaporizza bene. Esso deve essere protetto da momentanei sovraccarichi, poiché, se il picco è eccessivo, ne risulterà un grave danno. I rettificatori a vapori di mercurio sono usati quasi universalmente dove sono richieste alte tensioni e alte correnti. Essi hanno il vantaggio, rispetto ai rettificatori ad alto vuoto, di una efficienza molto grande, migliore regolazione di tensione, e una alta corrente ammissibile. Riportiamo di seguito la seconda parte riassunta da un testo della RCA citato in bibliografia. Per ragioni di spazio, la prima parte del riassunto del testo appare nella scheda dell`altro esemplare Mullard RG3 – 1250, matr. N° 20220. Protezione dei tubi e dei circuiti. I tubi a vapori di mercurio devono essere isolati dai trasformatori e da altri componenti che producono forti campi magnetici o elettrostatici. Tali campi sono generalmente dannosi per la vita del tubo, tendono a produrre effetti di rottura del vapore e frequentemente rendono difficoltoso ottenere un adeguato filtraggio della tensione d`uscita. Quando il tubo non può essere completamente isolato da tali campi, esso deve essere chiuso in schermi opportuni. I diodi raddrizzatori a vapori di mercurio usati per alimentare i trasmettitori o altri tipi di equipaggi in r.f. devono inoltre essere protetti da grandi tensioni in r.f. . Si deve evitare che tali tensioni entrino nei circuiti di rettificazione. Occasionalmente i tubi stessi producono oscillazioni a multi-frequenza che possono causare interferenze con gli stadi degli equipaggi dei radioricevitori. Queste oscillazioni sono causate dallo sviluppo di un forte gradino di fronte d`onda nell`istante in cui inizia la conduzione nel tubo, e possono propagarsi nei fili interni al circuito, nelle linee di potenza esterne o irradiate direttamente dal tubo. In un ricevitore, il raddrizzatore può presentarsi come un segnale ampiamente sintonizzabile modulato sulla frequenza “ripple”. In qualche caso, questo tipo di interferenze può essere minimizzato usando un conduttore molto corto all`anodo del diodo. Usualmente è necessario comunque determinare se l`interferenza è trasmessa per radiazione o per conduzione, e selezionare il metodo più efficace per la sua eliminazione per mezzo di esperimenti. La radiazione o l`interferenza possono usualmente essere minimizzate con la schermatura. Il trasferimento di tale interferenza su una linea di potenza può essere minimizzato ad esempio con l`inserimento di un filtro passa-basso a induttanza-capacità nel circuito di ingresso del rettificatore, o con l`uso di filamento e alimentatore con trasformatore ad alta tensione avente schermi elettrostatici tra gli avvolgimenti primario e secondario. I tubi rettificatori, che operano in circuiti nei quali le tensioni inverse di picco sono di 16.000 V o più, producono raggi X. Poiché questi raggi costituiscono un serio pericolo per la salute, i tubi devono essere equipaggiati con schermi opportuni per assorbire le radiazioni X.
Per avere altre informazioni sui diodi a vapori di mercurio, consultare le schede dedicate al tubo RCA 872A e al diodo Fivre 872A scrivendo: “872A” su Cerca.
  Nota: il mercurio fonde a – 38,83 °C e bolle a 356,73 °C.
  Bibliografia:
Basic Theory and application of electron tubes TM 11-662/TO 16-1-255 United States Government Printing Office Washington 1952.
N. J. Harrison, RCA Trasmitting, Tubes Technical Manual TT-5, Radio Corporation Of America Electron Tube Division, 1962.

  Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo a cura di Fabio Panfili.
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