Microvoltmetro Kipp – Delft Holland N° 32 (Museo MITI)

        Microvoltmetro Kipp – Delft Holland N° 32.
Nell`Inventario D del 1937 è elencato col n° 927 con la scritta: “Millivoltmetro portatile Kipp e Zonen N° 32 tipo 17”. Risulta acquistato il “29-XI-1938 presso l`Ing. S. Bellotti e C. Soc. An. Milano, per ₤ 3350”.
La Kipp & Zonen (& figli) risale al 1866 con sede a Delft (Holland) {dove Kipp aveva acquistato una farmacia nel 1830}.
Questo microvoltmetro è del tipo Deprez d`Arsonval con bobina sospesa con due fili e immersa in un campo magnetico.
L`ago è fissato direttamente sulla bobina e la misura va fatta esclusivamente con lo strumento adagiato sul banco, dopo averlo posto accuratamente in orizzontale agendo sui piedini e osservando la livella a bolla ben visibile a sinistra in basso nelle foto.

Le portate sono 0,5 e 5 millivolt, come si legge sia sul quadrante sia sulle boccole.
In basso al centro ci sono due manopole: quella con la scritta ARRET serve per lo sblocco dell`equipaggio mobile, infatti abbassa il filo togliendo la tensione meccanica; l`altra reca la scritta TORSION e serve per portare l`ago sullo zero prima della lettura. Quest`ultima mentre ruota trascina la precedente.

L`equipaggio mobile è molto delicato e una manovra brusca ne può compromettere il funzionamento.
Ad una prima ricognizione entrambi i fili che reggono la bobina sono risultati rotti.
L`ing. Claudio Profumieri ha sostituito con perizia i fili, ma solo la portata fondo scala di 0,5 millivolt risulta appena funzionante.
Lo strumento è esposto al Museo MITI su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e ricerche di Fabio Panfili. Testo di Fabio Panfili e Claudio Profumieri.
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Regolatrice di corrente Philips Miniwatt 1910 ballast resistor, prove

Regolatrice di corrente Philips Miniwatt 1910, ballast resistor, prove.
Non è rinvenibile negli inventari e potrebbe risalire dagli anni Trenta agli anni Cinquanta del Novecento.
Infatti nella storia della costruzione dei tubi la Philips usò 4 lettere fino al 1931, tranne che per i tubi riceventi.
Dal numero 1900 al numero 2000 i tubi hanno filamenti con resistenze di acciaio (o di ferro) immerse in idrogeno.
Riportiamo quanto ha scritto dopo la prova l’Ing. Claudio Profumieri.
«Nei primi giorni del febbraio 2014 ho sottoposto uno dei due tubi Philips 1910 che fanno parte della collezione del Montani ad alcune prove per osservarne le caratteristiche. Come si vede nelle foto, ho alimentato la valvola in corrente continua ed ho rilevato la corrente che attraversava il filamento e la differenza di potenziale tra due piedini. Variando la tensione da 1 V a 3 V la corrente aumentava da circa 0,6 A ad 1,25 A, mentre la resistenza passava da 1,6 Ω a 2,4 Ω e la potenza dissipata da 0,8 W a 3,75 W.
Ma il comportamento interessante si è avuto dai 5 V ai 14 V poiché la corrente è cresciuta di ben poco passando da 1,45 A ad 1,48 A con un aumento della resistenza da 3,46 Ω a 9,40 Ω, mentre la potenza dissipata variava da 7,25 a W a 20, 7 W . Notevole è l`intervallo tra gli 8 V e i 14 V nel quale la corrente resta praticamente invariata, mentre la potenza passa da circa 12 W a quasi 21 W. A 15 V il filamento è del tutto oscuro eppure il bulbo della valvola scotta se appena toccato, ma questa è una tensione al limite del suo funzionamento che la Philips pone a 14,5 V.
È evidente che l`emissione del calore da parte del filamento avviene all`infrarosso, mentre il bulbo si raffredda per convezione.
Poi, invece di avere misure indirette della resistenza del filamento, ho tentato di misurarla mentre si raffreddava, tenendo ben presente la estrema rapidità del raffreddamento.
Infatti ho ottenuto i seguenti valori in successione: 2,2 Ω e 1,9 Ω; la resistenza a temperatura ambiente invece va da 1,5 a 1,8 Ω».
Ringraziamo sentitamente la Prof.ssa Elena Calamo Specchia Senior Press Officer Philips Group Communications per aver attivato con cortese sollecitudine le ricerche presso l`archivio Philips, ricerche effettuate dalla dottoressa Marianka Louwers, degli Archivi Royal Philips, che ringraziamo per la gentile collaborazione.
Per inciso la Philips nel 2014 compie 123 anni di vita.
Per vedere la prima scheda  sulla regolatrice scrivere “Miniwatt” su Cerca.
Elaborazioni e ricerche di Fabio Panfili; foto, prova sperimentale e testo fra virgolette di Claudio Profumieri.
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Regolatrice di corrente Philips Miniwatt 1910


      Regolatrice di corrente Philips Miniwatt 1910.
Non è rinvenibile negli inventari e potrebbe risalire dagli anni Trenta agli anni Cinquanta del Novecento.
Infatti nella storia della costruzione dei tubi, la Philips usò 4 lettere fino al 1931, tranne che per i tubi riceventi.
Dal numero 1900 al numero 2000 i tubi hanno filamenti con resistenze di acciaio (o di ferro) immerse in idrogeno.
La tensione può variare da 4,5 a 14,5 V con una corrente di 1,44 A.
In fondo è una lampadina a filamento che sfrutta la nota proprietà di aumentare la sua resistenza all`aumentare della temperatura.
La sua resistenza, misurata a freddo in assenza di corrente risulta di circa 1,6 Ω.
Quando la corrente elettrica che la attraversa aumenta, per effetto Joule aumenta la sua temperatura e, come si è detto, la sua resistenza aumenta provocando un aumento della caduta di tensione ai suoi capi.
Questo comporta una diminuzione della corrente circolante poiché l`alimentatore non è in genere un alimentatore ideale di corrente.
Viceversa se la corrente tende a diminuire, la sua resistenza diminuisce provocando una minore caduta di tensione e di conseguenza la corrente aumenta.
Il tutto ovviamente entro certi limiti.
Questo è ciò che si intende per regolatrice di corrente.
In gergo valvole di tal genere vengono dette “ballast resistor” o “barretter”.
I tubi ballast-barretter venivano impiegati nei radioricevitori alimentati a batteria, ricevitori in C.C. e alcuni ricevitori C.A./C.C. per l`alimentazione in serie dei filamenti dei tubi elettronici; essi erano in grado di mantenere una corrente costante pur se la tensione di alimentazione dei filamenti variava entro un certo intervallo.
Nel caso di alimentazione con un trasformatore, erano inseriti in serie ai filamenti nel circuito secondario.     Ringraziamo sentitamente la Prof.ssa Elena Calamo Specchia Senior Press Officer 
Philips Group Communications per aver cortesemente attivato le ricerche presso l`archivio della Philips, ricerche effettuate dalla dottoressa Marianka Louwers, degli Archivi Royal Philips, che ringraziamo per la gentile collaborazione.
Per vedere la scheda sulle prove eseguite sulla regolatrice scrivere “Miniwatt” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Reostato con comando a vite O.C.E. Ing. S. Belotti


Reostato con comando a vite.
Officina di Costruzioni Elettromeccaniche della Soc. An. Ing. S. Belotti & C. – Milano. Matricola N° 50435, tipo 123; 570 Ω, 0,8 A.
Non rinvenibile per ora negli inventari, ma databile intorno agli anni `40 del Novecento come testimonia il Listino della Casa costruttrice, anche se nell`inventario particolare per reparto n° 7 del 1925/1927 al n° 40/1351 di pag. 106 si legge: “Reostato a carbone. Reostato nichel-cromo a manovella”.
Alla collezione di strumenti del Montani appartengono molte e molte decine di reostati di varie fogge ed epoche, compreso un reostato a carbone.
Questo esemplare è particolare ed è unico per il movimento del cursore.
La manovella muove il cursore con un sistema vite senza fine-madrevite a un`elica che trasforma il moto rotatorio in traslatorio.
La madrevite è calettata sul cursore e con la manovella si posiziona con precisione micrometrica il cursore sull`avvolgimento del reostato.
La vite in bronzo da buona resistenza all`usura e basso coefficiente di attrito.

La figura è tratta dal Listino RC 5 Belotti del 1940, rinvenibile all’indirizzo:
http://cerere.astropa.unipa.it/biblioteca/Strumenti/e-catalogues/Belotti1940/Catalogo.html .
Non deve sorprendere se un analogo meccanismo si usa nei lettori di CD o DVD dei comuni computer per far traslare il lettore ottico lungo il raggio del disco: unica differenza è che la vite è mossa da un piccolo motore.
Due foto mostrano il meccanismo di un lettore DVD.
Foto di Claudio Profumieri e di Fabio Panfili, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Resistenza addizionale del voltamperometro Gossen N° 278502

Resistenza addizionale matr. N° 278502 del voltamperometro Gossen N° 278502
Prima destinazione: Lab. Radio.
Mentre del voltamperometro abbiamo un vago e forse errato riferimento nell`inventario D del 1933/1937, di questa resistenza addizionale non vi è traccia.
Eppure sappiamo che la Gossen iniziò la commercializzazione di questi piccoli e innovativi strumenti a fine anni Venti del Novecento.
Come si vede nelle foto, un astuccio contiene la resistenza di dimensioni ben più grandi delle altre della Gossen per la portata di 600 V.
Al centro è ben visibile uno dei loghi della Gossen con l`acronimo PGCO (P. Gossen & CO).
Per consultare le altre schede scrivere “278502” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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