Mavometer Original Gossen D.R.P. 1ª parte

    Mavometer Original Gossen D.R.P.. Prima parte.
Nell`inventario D del 1933/1937, al n° 509 si legge: “Mavometer m. e. – Original Gosssen 2 mA fondo scala. Quantità 7. ₤ 700. Prima destinazione, (Lab. Radio)”.
Come abbiamo notato in altri casi, l`estensore valuta gli strumenti  100 ciascuno, indipendentemente dalle loro caratteristiche; ciò può significare che essi erano già in esistenza e che non ne conosce il prezzo.
La data probabile di acquisto risale quindi tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta.
Questa supposizione è corroborata dal fatto che la Gossen iniziò a commercializzare questo primitivo multimetro dal 1928 per terminare a fine anni Trenta.
Esso può misurare correnti e tensioni continue e inoltre resistenze; infatti il suo nome richiama i termini: “multi amperometro voltmetro”; deriva dal tipo Weston ed è a bobina mobile immersa nel campo di un magnete permanente, sistema questo che è stato il più diffuso fino all`avvento degli strumenti digitali.
Infatti l`asse di rotazione è imperniato su pietre dure; l`ago di 39 mm di lunghezza termina a forma di coltello e questo, insieme allo specchietto, serve per diminuire l`errore di parallasse.
Dunque all`epoca era considerato uno strumento di precisione di basso consumo e quasi indipendente dalle variazioni di temperatura.
La precisione infatti è dell`1% ; la resistenza interna è di 50 Ω con una caduta di tensione di 100 mV a cui ovviamente corrisponde una corrente massima di 2 mA.
Le portate fondo scala dipendono dal corredo di resistenze addizionali e shunt di cui lo strumento dispone e, al solito bisogna moltiplicare la lettura per la costante relativa al campo di misura scelto.
Per questo esemplare ne sono giunte due addizionali per una portata voltmetrica di 15 V e 75 V, e uno shunt per una portata amperometrica di 300 mA.
All`epoca si trovavano resistenze addizionali per portate da 150 mV a 1000 V e shunt per portate da 5 mA a 10 A.
Per il funzionamento come voltmetro, la resistenza addizionale va inserita tra i morsetti SR ed R visibili in basso nelle foto.
Per il funzionamento come amperometro lo shunt va inserito tra SR ed S.
La boccola con stampato AV-, a sinistra in alto nella foto, è il polo comune negativo. Mentre quella con scritto A+ serve per l`inserimento amperometrico. La boccola che reca V+ serve per l`inserimento voltmetrico.
Nelle foto si possono notare le due scale: quella superiore reca 75 divisioni f.s. (notare il modo curioso di scrittura); quella inferiore ha una portata f. s. di 50 divisioni.
Tra le due scale c`è lo specchietto per ridurre l`errore di parallasse.
Si leggono inoltre le scritte: Mavometer D.R.P. Original Gossen. Dove “D.R.P.” significa Deutsche Reichs Patent. Inoltre, per il suo funzionamento in C. A., abbiamo rinvenuto dispositivi con raddrizzatori a secco con sigla Maweco, che riportiamo in schede a parte.
Per consultare la seconda parte scrivere “Gossen” su Cerca.  Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.


 

 

 

 

Mavometer Original Gossen D.R.P. 2ª parte

     Mavometer Original Gossen D.R.P.. Seconda parte.
Nell`inventario D del 1933/1937, al n° 509 si legge: “Mavometer m. e. – Original Gosssen 2 mA fondo scala. Quantità 7. ₤ 700. Prima destinazione, (Lab. Radio)”.
Abbiamo ritenuto opportuno riportare le pagine delle istruzioni sul Mavometer e sui Maweco che si trovano all’indirizzo:
https://www.historische-messtechnik.de/downloads/gossen-mavometer-wg-1930-datenblatt.pdf .
Per consultare la prima parte scrivere: “Gossen” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e ricerche di Fabio Panfili.
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Oscillografo a specchio rotante Siemens & Halske (Museo MITI)



Oscillografo da dimostrazione a specchio rotante Siemens & Halske. 
 Nell`inventario D del 1937 è registrato al n° 617 dove si legge: “Oscillografo a specchi S. H. tipo scuola. ₤ 600”.
Già in esistenza e destinato al Laboratorio di Radiotecnica. Segue un elenco degli accessori dal n° 618 al n° 625. Costruito dalla Siemens & Halske.

L`oscillografo a specchio rotante, il cui principio di funzionamento fu inventato da W. D. B. Duddell (1872-1917) nel 1903 e impiegato in dispositivi leggermente diversi, era ancora usato negli anni trenta del Novecento per il rilievo delle curve di corrente rapidamente variabili nel tempo (correnti alternate a frequenza industriale o a frequenza musicale).
Questi oscillografi consentivano di rilevare le forme d`onda di grandezze alternate con frequenze fino a un massimo di 10.000 Hz.
Esso è funzionante anche se richiede una meticolosa messa a punto.

Due conduttori metallici sottilissimi sostengono uno specchietto di alcuni mm² di superficie e di pochi centesimi di millimetro di spessore.
Tale equipaggio è posto tra le espansioni polari 
di un magnete e racchiuso in una scatola ripiena d`olio. Un pennello luminoso viene diretto sullo specchietto dell`equipaggio che riflette la luce su di un tamburo a specchi, rotante a velocità angolare costante, il quale a sua volta la riflette inviandola su uno schermo.
Quando una debole corrente circola nei due fili che sostengono lo specchietto, questo vibra in senso verticale seguendo la forma del segnale elettrico, mentre il tamburo rotante che porta gli specchi risolve la curva secondo un asse orizzontale, cioè in funzione del tempo.
I due fili sono in realtà costituiti da un unico filo che gira intorno alla ruotina in basso nel disegno, e dunque le correnti che circolano nei tratti di filo in concomitanza delle espansioni polari sono in verso opposto e, mentre uno è soggetto ad una forza verso l`interno, l`altro subisce una forza verso l`esterno.
Lo specchio allora ruota da una parte; quando la corrente inverte il suo verso, lo specchio ruota in senso opposto.
In definitiva, quando una debole corrente circola nel filo che sostiene lo specchietto, questo vibra in senso verticale seguendo la forma del segnale elettrico, mentre il tamburo rotante che porta gli specchi risolve la curva secondo un asse orizzontale, cioè in funzione del tempo.
Lo schermo va posto a circa un metro di distanza in un ambiente oscurato.
Per fermare l`immagine è necessario sincronizzare la frequenza di rotazione del tamburo con la frequenza propria del segnale.
La visione diretta dunque è possibile solo per segnali a carattere periodico; è sufficiente infatti regolare la velocità angolare del tamburo in modo tale che le facce successive siano in sincronia temporale con il periodo del segnale, per ottenere una immagine abbastanza stabile sullo schermo.
Questo esemplare è stato restaurato efficacemente dal fisico prof. Claudio Marcotulli in occasione delle Settimane della Cultura Scientifica degli anni Novanta. La descrizione del restauro si trova in “Il Montani di Fermo, tutela di un patrimonio” edito da Italia Nostra Fermo dell`ottobre 2000, da cui è tratta la figura dello schema, per gentile concessione dell`autore.
Bibliografia.
Notizie per i laboratori scientifici e industriali a cura delle Officine Galileo Firenze del marzo-maggio 1933  n° 71-72 da cui sono tratte le figure delle forme d`onda fotografate sullo schermo; l’ultima figura mostra un modello analogo costruito dalle Officine Galileo nella stessa epoca.
L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica- Misure Elettriche, CEDAM, Padova 1962 da cui è tratto il disegno dell`equipaggio mobile.
Duddell Patent Oscillographs, The Cambridge Scientific Instrument Company, Ltd., Cambridge England, printed at The University Press nel 1903.
Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/51698/
 Lo strumento è esposto al Museo MITI su proposta di Fabio Panfili.
 Foto di Daniele Maiani, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ondametro Allocchio Bacchini Mod. 1780 N° 53286 ad assorbimento 4ª parte

Ondametro Allocchio Bacchini Mod. 1780 N° 53286 ad assorbimento. Quarta parte.
La prima foto mostra l`interno dell`ondametro visto da un altro lato.

Nella seconda si vede l`interno di una bobina; nella terza si osservano il galvanometro, il termometro e la maniglia.

Nella quarta abbiamo voluto far vedere da vicino il meccanismo con la vite senza fine che regola il condensatore variabile.

La quinta mostra l’ondametro aperto visto da sotto; la sesta di nuovo la stessa bobina vista da diversa angolatura.
Chi è interessato può cercare alla voce Radiotecnica altri due ondametri della collezione del Montani. Per consultare le altre quattro schede scrivere: “53286” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

 

 

 

Multimetro MPVA Officine Galileo Firenze N° EL 13135

Multimetro MPVA Officine Galileo Firenze, matr. N° EL 13135.
Curiosamente il numero di matricola è scritto a mano.
Nel lato inferiore dello strumento c`è una targhetta col numero D 1389 e infatti nell`inventario D del 1956, in data 5 dicembre 1963 e al n° 1389, si legge: “Galileo Firenze. Voltamperometro per c.c. e c.a. mod. MPVAH. ₤ 4800”.
Ma vi sono discordanze non trascurabili, poiché questo esemplare è un mod. MVPA e inoltre misura anche le resistenze!
Nello stesso inventario, al n° 1390 si legge: “Busta di cuoio per detto. ₤ 3800”. Per entrambi: “Destinazione: OIM (Remoli)”.
Poi ci risulta che lo strumento passò a Radiotecnica. L`insegnante tecnico pratico Marino Remoli nell`anno scolastico 1954-1955 (centenario dell`Istituto Montani) era addetto al reparto elettromeccanico delle Officine.
Si noti la strana lieve differenza di costo tra lo strumento e la sua custodia!
Nell’inventario D del 1956, in data 31 dicembre 1963 e al n° 3557- 62, si legge: “Officine Galileo Firenze Voltamperometri MPVAH” destinati a Fisica ed esistenti.
In attesa (molto lunga; ora corre l’anno 2023) di poter di nuovo accedere nel luogo ove sono custoditi gli altri sei
esemplari, presentiamo qui l’unico di cui disponiamo di molte foto.
Per inciso nell’inventario del 1937, in data dicembre 1949, al n° 1202 si legge: “Galileo – Firenze.
Voltamperometri tipo MPVAI N° 3 ₤ 17250  [di cui ignoriamo per ora la sorte N.d. R.], destinati al Laboratorio
Misure Elettriche”.

Sul quadrante vi sono tre scale. Quella in alto è per la misura delle resistenze; sotto vi è quella per le misure in C.C. e va da 0 a 30 divisioni, poi c`è lo specchietto per limitare l`errore di parallasse e ancora più sotto si trova la scala in numeri rossi per le misure in C.A. e va da 0 a 30. Sotto le scale al centro vi è il logo con la scritta: “OFFICINE GALILEO”.
A sinistra in basso i simboli CEI dicono che: in C.C. la classe di precisione è 1; lo strumento è a bobina mobile immersa nel campo di un magnete permanente; lo strumento durante la misura va posto col quadrante orizzontale ed è stato sottoposto ad una tensione di prova di isolamento di 500 V. Inoltre dicono che: in C.A. la classe è di 2,5 e alla bobina mobile viene aggiunto un raddrizzatore in serie; gli altri simboli sono identici. A destra in basso sempre sul quadrante, si legge: “TIPO MPVA EL 13135”.

Lo strumento in alto ha tre boccole-morsetti: A; V; +.
Sotto il quadrante un commutatore permette di scegliere le portate in corrente (A) in C.C. i numeri sono bianchi, in C.A. sono rossi e in tensione (V) in C.C. e in C.A. con le stesse colorazioni. Le portate in corrente C.C. sono: 0,003 ; 0,012; 0,06; 0,3; 1,2; 6 A; in C.A. sono: 0,015; 0,06; 0,3; 1,5; 6 A. Le portate in tensione C.C. sono: 1,2; 6; 30; 60; 120; 600 V e in C.A. sono: 1,2; 30; 150; 300; 600 V.. Poi c`è la posizione 0.
Di lato, a destra in basso c`è un commutatore che permette di scegliere tra C.C. e C.A., inserendo in quest`ultimo caso un raddrizzatore ad ossido, e nella finestrella (come si vede in alcune foto) appare il rispettivo simbolo.
Troviamo strano che lo strumento possa misurare fino a 600 V quando le prove di isolamento lo garantiscono fino a 500 Volt.
Sotto il quadrante si trova la vite che regola l`azzeramento dell`indice.
Per le misure delle resistenze si inserisce nel lato opposto l`accessorio visibile in alcune foto: esso ha quattro boccole, dal basso si leggono: “R ; × 1; × 10 ; × 100”.
In basso una manopola agisce sul potenziometro e permette di posizionare l`indice sullo zero della scala che, come al solito, si trova a destra; il potenziometro regola la tensione fornita dalla pila ben visibile nelle foto.

Secondo il testo citato in bibliografia, che riporta come esempio uno strumento multiplo con cella raddrizzatrice a ossido delle Officine Galileo sostanzialmente simile al nostro multimetro, questi tipi di strumenti sono abbastanza robusti sopportando un eventuale sovraccarico ma risentono delle variazioni della temperatura ambiente e dalla forma d`onda della tensione; il loro grado di precisione in genere è sotto il 4 %. Inoltre hanno il pregio di presentare un basso autoconsumo in quanto possono offrire resistenze interne da 1000 a 2000 ohm per volt.
Al solito questi strumenti ad uso multiplo hanno come misuratore un millivoltamperometro magnetoelettrico corredato a monte dalla cella raddrizzatrice (che si può escludere), da una serie di resistenze derivatrici di corrente per le misure amperometriche e da una serie di resistenze addizionali per la portate voltmetriche.
L’ultima foto è di un altro multimetro, con le stesse caratteristiche, di matricola N° EL 28840.
Bibliografia: L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica- Misure Elettriche, CEDAM, Padova 1962, pag. 161.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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