Tubi da oscilloscopio Philips DG7-6

Due tubi da oscilloscopio Philips DG7-6 .
Non rintracciabili negli inventari.
Sono tubi a raggi catodici a vuoto progettati per piccoli oscilloscopi.
Lo schermo eccitato dagli elettroni si colora di verde perché verniciato di fosforo. L`interno dei tubi in genere è rivestito di uno strato di grafite colloidale. Al solito, il catodo termina col cannone elettronico, che si vede in una foto vicino allo zoccolo, e alla sua sinistra si vede appena il sistema di deflessione y.
Dimensioni: diametro dello schermo 7 cm; lunghezza 15 cm; diametro dello zoccolo 3,5 cm.
Pur mantenendo la stessa sigla, le loro caratteristiche sono cambiate con gli anni, a partire dal 1950 fino al 1957.
Le caratteristiche che seguono sono a titolo orientativo.
Non conoscendo la data di fabbricazione dei due esemplari, abbiamo scelto arbitrariamente il 1950.
Il disegno è tratto dalle caratteristiche della Philips. Alimentazione ai piedini sul tipo del 1950 :
1) catodo f, k ; filamento: 6,3 V ; 300 mA;
2) deflessione D1 (y);
3) deflessione D1 (y) ;
4) anodo a2 800 V ;
5) deflessione D2 (x);
6) deflessione D2 (x);
7) griglia per messa a fuoco a1 da 200 a 300 V;
8) griglia per la luminosità g – (0 – 50) V;
9) filamento f. D2 va connesso ad a2 che si consiglia di connettere a massa.
La deflessione D1 D1 è doppia elettrostatica simmetrica Vmax = 450 V; la deflessione D2 D2′ è elettrostatica asimmetrica Vmax = 750 V; RDmax = 5 MΩ; Rgmax = 0,5 MΩ.
La messa a fuoco è elettrostatica.
Le figure sono tratte dal Philips Cathode – Ray Tubes del 1956 che nel 2018 si può trovare all’indirizzo: https://frank.pocnet.net/sheets/152/d/DG7-6.pdf

Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Thermokreuz im Vakuum (croce termoelettrica nel vuoto) Siemens & Halske 3ª parte

   Thermokreuz im Vakuum (croce termoelettrica nel vuoto) Siemens & Halske. Terza parte.
Per ampliare l`illustrazione del piccolo dispositivo ricorriamo ad un riferimento trovato in due testi molto usati negli anni sessanta del Novecento al Montani: L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica, vol. I, CEDAM, Padova 1959, pagg. 345 e 346; L. Olivieri e E. Ravelli, Elettrotecnica-Misure elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, pagg. 139 e 140.
Nel volume primo si legge: «Un`altra applicazione importante e caratteristica è quella di ricondurre la misura di una corrente alternata o comunque variabile di piccola intensità, alla misura di una corrente continua, che riesce più agevole data la maggior sensibilità del galvanometro magnetoelettrico in confronto dei galvanometri per corrente alternata. Serve allo scopo la cosiddetta croce termoelettrica rappresentata in fig. 4-223.
Essa si compone di due fili molto sottili di metallo diverso AA1 e BB1 allacciati a cappio in a e saldati. Alla corrente alternata da misurare si fa percorrere il circuito (A e B) e in tal modo essa riscalda il contatto in a: ai due morsetti A1 B1 si collega il galvanometro il quale viene attraversato così dalla corrente continua dovuta alla f. e .m. termoelettrica. – Usando fili sufficientemente sottili tale dispositivo risulta sensibilissimo».
Nel volume secondo si legge: «Gli amperometri a filo caldo tendono sempre più ad essere sostituiti con gli amperometri termoelettrici risultanti dalla riunione di un milliamperometro magnetoelettrico con una coppia termoelettrica riscaldata dalla corrente da misurare».
Dopo averne descritto il funzionamento, su cui ci siamo a lungo soffermati nelle parti precedenti, il testo continua:

«Con questo semplice artificio si ha dunque il vantaggio di poter misurare anche le correnti alternate ad alta frequenza con uno strumento che ha tutti i pregi di sensibilità e compattezza degli strumenti magnetoelettrici per corrente continua. In queste condizioni il grado di precisione della misura viene a dipendere prevalentemente dalle caratteristiche di taratura e di costanza nel tempo del complesso termoelettrico: questo viene generalmente costituito da un riscaldatore in manganina e da una termocoppia formata da un filo di rame e uno di costantana. Le difficoltà maggiori si incontrano per combattere gli errori dipendenti dai moti convettivi dell`aria ambiente che possono variamente alterare, a pari corrente riscaldante, la temperatura del giunto caldo, e del giunto freddo, nonché gli effetti di eventuali sopraelevazioni accidentali di temperatura nei terminali del riscaldatore. Per le piccole portate tutto il complesso termoelettrico può essere convenientemente racchiuso entro un`ampolla in vetro in cui si pratica il vuoto».

Vedi la figura 1- 62.17.
Per consultare le altre due schede scrivere: “Thermokreuz” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo a cura di Fabio Panfili.
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Ondametro Allocchio Bacchini mod. 1780 matr. N° 53268 5ª parte. Curve di taratura.

Curve di taratura dell`ondametro Allocchio Bacchini mod. 1780 matr. N° 53268. Quinta parte.
«Le curve di taratura forniscono, per ogni bobina, la corrispondenza fra la posizione del condensatore variabile di accordo (C.V.A.) per la quale l`indicazione dello strumento è massima e la lunghezza d`onda corrispondente.
Affiancata alla scala della lunghezza d`onda in metri è riportata la corrispondente scala della frequenza in kHz
(f = velocità delle o.e.m. / lunghezza d`onda).
Prima dello sviluppo delle calcolatrici, i calcoli erano effettuati con grafici.
Le curve di taratura sono date per la temperatura ambiente di riferimento di 25 C°.
Sul pannello è montato un termometro, ma non sono presenti indicazioni di correzioni da apportare quando la temperatura si discosta da quella di riferimento.
Le curve di taratura hanno un formato particolare: invece delle classiche coordinate perpendicolari, ne viene usata una sezione diagonale che, a parità di risoluzione grafica, permette di occupare molto meno spazio.
Ricerca della frequenza: supponiamo sia adoperata la bobina L3, che l`indice della scala unità sia fra 7 e 8 e che l`indice della scala centesimi sia 45: vuole dire che il condensatore variabile di accordo è su 7,45.
Dal punto corrispondente della scala C.V.A., ci si muove sulla coordinata sghemba in salita fino ad incontrare la traccia di taratura, poi muovendosi perpendicolarmente alle scale di lunghezza d`onda e frequenza, si incontrano i valori corrispondenti (nell`esempio 87,9 metri e 3410 kHz).
Per verifica f = 300 ∙ 10³ / 87,9 = 3413 kHz, prossimo al valore di 3410 kHz ricavato dal grafico».
Ringraziamo l`Ing. Marco Ducco per la cortese e spontanea collaborazione.

La prima foto, riguardante la bobina L3, è stata elaborata dall`autore del testo.
Ricordiamo che le bobine in dotazione sono 6 e che le curve di taratura sono indispensabili per l`uso dell`ondametro. Le foto (tranne la prima) riportano in sequenza le curve di tarartura delle bobine da L2 a L6.
Chi è interessato può cercare alla voce Radiotecnica altri due ondametri della collezione del Montani. Chi desidera avere più informazioni può consultare le altre quattro schede scrivendo “5368” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni di Fabio Panfili.
Il testo (tra virgolette) è dell`Ing. Marco Ducco IK1PXM.
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Dall’iconoscopio di Zworykin all’Orthicon 6474/1854 RCA Image 3ª parte


  Dall`iconoscopio di Zworykin all`Orthicon 6474/1854 RCA Image.  Radio Corporation of America. Matr. N° S/2794 e N° S/2795. Terza parte.
Non rintracciabili negli inventari.
Nel 1954 la RAI iniziò le trasmissioni televisive in bianco e nero e nelle telecamere dell`epoca gli Orthicon trasducevano le immagini luminose in segnali elettrici analogici.
Le telecamere consistevano essenzialmente in obiettivi, Orthicon, e uno specchietto semitrasparente che rinviava le immagini inquadrate all`operatore.
Date le dimensioni degli apparecchi per far funzionare gli Orthicon è evidente la necessità delle grandi dimensioni delle telecamere.
La loro lunghezza è di 38,5 cm; il diametro massimo è di 7,5 cm, mentre quello del tubo è di 5 cm.
La loro sensibilità alla luce, notevole per l`epoca, era tale che furono scelti per le telecamere destinate al primo allunaggio nel 1969.
In seguito furono sostituiti dai Vidicon di dimensioni molto più piccole e dai Plumbicon.
Il prototipo dei tubi da ripresa è l`iconoscopio ideato nel 1923 – 1925 di V. K. Zworykin (1889/1982), che lavorava per la RCA, e poi perfezionato verso la fine degli anni Trenta; essenzialmente è un tubo a vuoto con un anodo, un catodo col suo cannone elettronico, e un mosaico fotoelettrico. Vedi figura 6.

Ovviamente vi sono sempre questioni di priorità, infatti Philo Farnsworth nel 1922 inventò l`image dissector che era una telecamera primitiva completamente elettronica. L`efficacia dell`image dissector di Farnsworth ebbe un certo successo e le domande di brevetto furono fatte nel 1927.
L`iconoscopio è stato l`essenza della prima telecamera a tubo che si è diffusa a partire dalla fine del 1930.
La luce, proveniente da un sistema ottico esterno, colpisce il mosaico che è composto da una placca metallica ricoperta da un gran numero di microscopiche cellule fotoelettriche isolate.
Il mosaico somiglia in modo grossolano alla retina dell`occhio.
Il mosaico si ottiene da una lastrina sottilissima di mica ricoperta da un lato da un deposito metallico e dall`altro da microscopici globuli di argento isolati fra loro che, sottoposti ad un particolare trattamento, diventano minuscoli catodi fotoelettrici ad ossido di cesio.
Il cannone elettronico è comandato da campi magnetici opportuni generati da bobine e produce un sottile pennello di elettroni che esplora il mosaico con lo stesso metodo con il quale noi leggiamo una pagina di un libro . Vedi figura 7.
Ogni globulo colpito da elettroni si carica negativamente. Quando le fotocellule vengono illuminate perdono la carica e gli elettroni che vengono emessi costituiscono il segnale elettrico che porta l`informazione dell`immagine che ha illuminato il mosaico.
L`Orthicon (orto iconoscopio) è un perfezionamento dell`iconoscopio: il mosaico ha un deposito metallico così sottile da risultare trasparente e viene attraversato dalla luce; il cannone elettronico ora è posto dietro all`anodo semplificando notevolmente il tubo. Vedi la terza figura.
La RCA sviluppò 7 tipi di iconoscopio, poi Harley Ambrose Iams e Alberts Rose (RCA)  svilupparono nel 1938 il tubo Orthicon: anche se era teoricamente un progetto più semplice dell`iconoscopio, la costruzione di questo tubo è stata 
molto più difficile.
  Questo tipo di Orthicon è stato utilizzato per la prima trasmissione NBC / RCA TV a New York nel giugno 1940. Nel 1964 l`Orthicon Image era il cuore delle telecamere della RAI nelle sue prime trasmissioni.
Bibliografia.
S. Malatesta, Elementi di Radiotecnica Generale, C. Cursi, Pisa 1961 da cui sono tratte le figure 6 e 7 .
R. Clark Jones, How Images Are Detected, Scientific American, Sept. 1968, Vol. 210 N° 3, da cui è stata tratta la terza figura.
Una descrizione dettagliata dell`Iconoscopio e dell`Orthicon si trova in V. K. Zworykin, G. A. Morton, La Televisione, Trasmissione delle Immagini Monocrome ed a Colori, Sansoni, Firenze 1958.
Molte altre notizie si trovano in rete.
Per consultare le altre schede scrivere: “Orthicon” su Cerca.
   Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo a cura di Fabio Panfili.
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Decade inductor Danbridge Type DE3A

Decade inductor Danbridge Type DE3A, matricola N° 5933.
Nell`inventario del 1956 si trova al n° 3152 ed è stato acquistato nel settembre del 1962.
Importato da Ing. Ugo De Lorenzo & Co. – Milano e fabbricato dalla Danbridge Denmark – Herlev (DK), fondata nel 1949.
Questa induttanza a decadi, destinata a Radiotecnica, ha tre manopole che permettono di variare a scatti l`induttanza totale.
La prima manopola, con il valore di 100 mH per ogni scatto, inserisce fino a un suo totale di 1 H; la seconda di 10 mH per ogni posizione, inserisce un suo totale di 100 mH; e la terza permette la regolazione più fine inserendo di volta in volta 1 mH per un suo totale di 10 mH.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni ricerche e testo di Fabio Panfili.
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