Ondametro eterodina S.I.T.I tipo RM N° 20.
Nell`inventario D del 1937 al n° 477 si legge: «Eterodina “SITI” con relativa serie di bobine tipo RM N° 20; ₤ 1.000. Prima destinazione – (Lab. Radio)».
Il numero di inventario suggerisce che era già stato acquistato prima del 1937, inoltre abbiamo i diagrammi su carta millimetrata, relativi a ben undici bobine, realizzati a mano dalla S.I.T.I. in data 27 gennaio 1932.
In ascissa dei diagrammi vi è riportato il valore da 0° a 180° della scala dello strumento; in ordinata la lunghezza d`onda a cui la bobina era destinata.
Per le lunghezze d`onda si va ai 15 m ai 27 m per la prima bobina, via via fino al range da 1360 m fino a 3500 m per la bobina N° 11.
Le bobine a corredo non sono state trovate.
La manopola in basso a destra fa ruotare il condensatore variabile insieme alla scala tarata da 0° a 180°; la lettura di precisione si fa con il nonio decimale.
L`etichetta posta sulla cassetta reca la scritta: “S.I.T.I. Soc. Ind. Telefoniche Italiane Milano App. Tipo RM N° 20”.
La SITI Doglio, nata nel 1917, fu incorporata con la SEI (della ITT americana) nel 1935 divenendo la FACE Standard, anche se il marchio sopravvisse fino al 1937.
La Società Industrie Telefoniche Italiane fu fondata dall`Ing. Doglio per rappresentare la Siemens & Halske in Italia.
Nel settembre del 2013, abbiamo rinvenuto i diagrammi relativi alle 11 bobine i quali provano che l`eterodina era usata come ondametro.
Sappiamo infatti che a fine anni Cinquanta erano in commercio ondametri come il 720-A della General Radio Co., rappresentata in Italia dalla ditta Ing. S. e Dr. G. Belotti di Milano, che impiegavano tubi elettronici.
Il loro impiego più diffuso nei laboratori di radiotecnica consisteva nella taratura, con una precisione almeno dell`1%, delle scale dei ricevitori.
Un generatore standard modulato fornisce un segnale di riferimento tarato; questo segnale di frequenza nota entra in battimento con la frequenza campione opportunamente scelta sulla scala, e quindi può servire come riferimento per la sintonia di uno dei punti da tarare o già tarato della scala del ricevitore.
Inoltre l`ondametro eterodina serviva per il controllo della stabilità e della precisione della frequenza emessa da un trasmettitore. La misura veniva effettuata facendo battere la frequenza emessa con quella campione dell`ondametro, e questa operazione veniva fatta a intervalli di tempo per controllare la deriva termica dell`oscillatore pilota.
Infine con l`ondametro si potevano misurare induttanze e capacità, equipaggiando un oscillatore con un normale circuito risonante e misurandone la frequenza di emissione. Ad esempio, se si applica una capacità di valore noto in parallelo a quella di sintonia, si avrà uno scostamento nella frequenza di emissione: la nuova frequenza si leggerà sull`ondametro.
Conoscendo dunque la frequenza iniziale, la capacità applicata, la nuova frequenza di emissione ottenuta, è possibile conoscere la capacità di sintonia. Un simile procedimento si esegue per le induttanze. Purtroppo non disponiamo né delle istruzioni né delle caratteristiche di questo esemplare sulle quali per ora non abbiamo potuto indagare.
Nella sezione Radiotecnica del museo virtuale si trovano altri due ondametri che fanno parte della collezione del Montani. Per vederli scrivere: “Ondametro” su Cerca.
Il circuito eterodina fu inventato nel 1899 da N. Tesla e perfezionato nel 1913 da E. H. Armstrong durante i suoi studi sul funzionamento del triodo e basa il suo funzionamento sul passaggio di energia tra due induttanze accoppiate. Questo tipo di circuito, nella produzione di apparecchiature radio commerciali, venne sostituito dal circuito a supereterodina praticamente in tutte le applicazioni, ma per la sua semplicità rappresenta un valido esempio didattico.
La rivelazione eterodina opera in modo tale da ottenere una differenza tra due segnali di frequenze diverse.
A rigore la differenza tra due segnali sinusoidali da luogo ad una oscillazione modulata (non sinusoidale) sia in ampiezza sia in frequenza, ma ai fini della rivelazione la modulazione in frequenza non comporta effetti.
La rivelazione eterodina si usava in numerosi campi della radiotecnica; i più importanti erano due: la ricezione fonica dei segnali radiotelegrafici non modulati e la conversione di frequenza.
Nel primo caso i punti linee del codice Morse consistono in treni d`onda di diverse lunghezze che, una volta rivelati, divengono segnali rettangolari e non produrrebbero alcun effetto udibile alle cuffie.
Pertanto si sovrappone ai segnali radiotelegrafici un segnale di ampiezza costante e di frequenza tale che la differenza tra loro produce un segnale di frequenza udibile alla cuffia. Detto segnale ad ampiezza e frequenza costante viene generato da un oscillatore locale o eterodina.
La conversione di frequenza invece è alla base dei ricevitori e consiste di nuovo nella conversione della frequenza di oscillazione di un segnale in una frequenza più bassa scelta a nostro piacere.
In definitiva si invia ad un rivelatore la sovrapposizione tra il segnale a frequenza portante, modulato in ampiezza, e il segnale prodotto con una eterodina in modo tale che la loro differenza dia, dopo la rivelazione, la frequenza del segnale modulante.
Negli anni Cinquanta del Novecento per realizzare un circuito eterodina (prima della diffusione del transistor) si usavano in genere: un pentodo che lavorava come rivelatore per caratteristica anodica, o un penta griglia convertitore, o un triodo-esodo. Ma entrare nei dettagli esula dagli intenti di questo ambito.
Bibliografia.
S. Malatesta, Elementi di Radiotecnica Generale, C. Cursi, Pisa 1961.
F. Simonini, Ondametro a Eterodina, L`antenna, Novembre 1957, n° 11.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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