Barometro di Torricelli

         Barometro di Torricelli.
Il barometro di Torricelli è costituito da un tubo di vetro di circa un metro di lunghezza, chiuso ad una estremità e da una vaschetta di vetro contenente mercurio.
L’uso del mercurio da tempo è vietato nelle scuole; inoltre per eseguire l’esperienza qui descritta è bene togliersi anelli o braccialetti d’oro per evitare la formazione di un amalgama tra mercurio e oro.
I due tubi nelle foto recano una scala di color azzurro tarata in millimetri per misurare l’altezza raggiunta dal mercurio in ogni tubo.
L’esecuzione dell`esperimento è molto semplice: si versa il mercurio nel tubo fino a riempirlo accuratamente, si chiude con un dito la sua imboccatura e lo si rovescia come si vede nella figura 1. Dopo averne immersa l’imboccatura nella vaschetta contenente mercurio, tenendo il tubo in verticale, si toglie il dito dall’imboccatura e si osserva il mercurio che si porta ad un livello (rispetto alla superficie del mercurio nella vaschetta) intorno ai 760 mm in determinate di condizioni di altitudine, latitudine e temperatura.
Il funzionamento del barometro di Torricelli (come quello di Berti in figura 2) si basa sull’equilibrio tra la pressione esercitata dalla colonna di mercurio presente nel tubo di vetro, sulla superficie interna all’imboccatura a livello della superficie inferiore del mercurio e la pressione atmosferica che agisce sulla superficie libera del mercurio nella vaschetta.
Dunque la pressione p = d g h (dove d è la densità del mercurio, g è l’accelerazione di gravità locale, h è l’altezza raggiunta dal mercurio nel tubo rispetto alla superficie del mercurio nella vaschetta) è in equilibrio con quella esercitata dall’atmosfera sulla superficie del mercurio contenuto nella vaschetta. La pressione atmosferica è dovuta principalmente all’altezza della colonna d’aria ed alla sua densità media e, come è noto, varia nel tempo e da luogo a luogo per tanti fattori.
Nel barometro di Torricelli quindi il livello del mercurio nella vaschetta, preso come riferimento per le misure di altezza della colonna, varia a seconda della pressione atmosferica, poiché quando la pressione atmosferica è alta spinge maggiore quantità di mercurio nel tubo e il livello in esso sale, ma scende nella vaschetta; viceversa, quando  la pressione è bassa il livello nel tubo scende riversandosi nella vaschetta.
Di solito, dopo aver mostrato il suo funzionamento tenendo il tubo di ve
tro in verticale, si inclina il tubo per far osservare che l’altezza raggiunta dalla colonnina di mercurio nel tubo non varia rispetto alla superficie del mercurio nella vaschetta, come si vede in figura 3.
Bisogna inoltre tener ben presente che, se l’esperimento viene fatto ad una certa altezza dal livello “medio” del mare, la colonna d’aria sovrastante, essendo minore in altezza e densità, esercita una minore pressione e dunque il barometro di Torricelli segnerà un valore minore rispetto ad un altro posto al livello del mare.
Pure la temperatura fa variare le caratteristiche volumiche del mercurio, e pertanto concorre a dare risultati di misura errati.
Il primo barometro della storia si deve a Gasparo Berti (1600 – 1643) che nel 1640 usò un tubo di piombo lungo circa undici metri, posto in verticale, chiuso all’estremità superiore e riempito d`acqua, che pescava su una vasca anch’essa contenente acqua.
Il livello dell’acqua, appena il tubo veniva aperto nella parte inferiore immersa nell’acqua, scendeva a circa nove metri.
Siccome nella parte superiore del tubo si veniva a creare un certo grado di vuoto, l’acqua presentava l’inconveniente di evaporare facilmente dando luogo ad una tensione di vapore saturo che faceva abbassare il livello nel tubo (detto livello invece avrebbe dovuto essere intorno ai dieci metri); inoltre vi si instauravano correnti convettive dovute alla differenza di temperatura tra l’acqua nella parte superiore del tubo e quella nella vasca. L’esperimento ebbe luogo presso il Convento dei Minimi sul Pincio a Roma.
Evangelista Torricelli (1608 – 1647) negli anni 1643, 1644 sostituì l`acqua con il mercurio che ha i seguenti vantaggi: la sua densità di circa 13,54 volte quella dell’acqua, permette che la lunghezza del tubo si limiti a circa un metro, la sua evaporazione è molto bassa e dunque la tensione di vapore che si ha nella zona superiore del tubo influenza poco la misura. La figura 2 sull’esperimento di Berti si trova in: G. Schott, Technica curiosa, sive Miriabilia artis, Würzburg 1664.
La figura 4 è un esperimento ispirato a Torricelli ed eseguito nel 1645 a Roma, e si trova in E. Maignan, Cursus philosophcus, Toulouse, 1665.

Le figure 149 e 150 sono a pag. 152 del Elementary Treatise on Physics Experimental and Applied transalted from Ganot’s Éléments De Physique by E. Atkinsons, W. Wood & Co. New York 1910, rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/treatphysics00ganorich.
Bibliografia: i lavori sull`argomento sono numerosissimi.
Un breve ed efficace riassunto storico si trova in M. Guidone, Esiste il vuoto?, Il Montani n° 3-4 dicembre 2000.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Biografia di G. Pisati e il metro campione

      Biografia di Giuseppe Pisati e il metro campione.
Dopo oltre quindici anni dalla prime notizie da noi pubblicate sul metro campione, ci è sembrato opportuno dare ulteriori notizie sulla vita di Giuseppe Pisati e riportare in questo ambito il frontespizio del libro di Florian Cajori e della pagina dell’inventario che attesta l’esistenza, presso il Gabinetto di Elettrotecnica del Montani, del metro campione.
Esso è elencato in data 1 agosto 1906 al n° 582 ,vi è scritto testualmente: “Metro campione Pisati”, dichiarato già esistente e valutato ₤ 100.
Una ragione filologica di questa nostra esigenza nasce dal fatto che in tutti i successivi inventari, a partire da quello redatto nel 1912, il metro verrà sempre definito “in cassetta”, senza ulteriori precisazioni.
Riteniamo molto improbabile che nel giro di sei anni il metro chiamato “Pisati” sia stato sostituito da un altro esemplare, anche perché nel 1906 esso era definito in buone condizioni.
Per completare il quadro delle notizie bisogna pur dire che sullo strumento non appare alcuna scritta che ne chiarisca l’origine; forse il ruolo del Pisati fu di suggerirne l’acquisto. Per consultare la scheda relativa al metro campione scrivere: “Metro campione” su Cerca.
Si fa notare l’eventualità che l’esemplare attribuito al Pisati sia stato in realtà costruito dalla Max Kohl A. G. Chemnitz, Germany (scrivere “Max Kohl” su Cerca).

Una biografia molto dettagliata si trova nel Volume 84 (2015) del Dizionario Biografico degli Italiani di Andrea Cantile, publicata da Treccani in internet.
Qui riportiamo la biografia su Giuseppe Pisati che appare nella terza appendice dell’edizione italiana della “Storia della Fisica Elementare con l’Evoluzione dei Laboratori Fisici” di Florian Cajori, tradotta in italiano dal Dott. Dionisio Gambioli con tre appendici sull’accademia del Cimento, sui fisici matematici e sui fisici italiani dei tempi recenti, riveduta dal Prof. Angelo Battelli della Università di Pisa, Bologna Nicola Zanichelli, 1909.
Per inciso, A. Battelli (1862 – 1916), nato a Macerata Feltria, era di origine marchigiana.
Nell’edizione originale americana “History of Phisics in its Elementary Branches including the Evolution of Physical Laboratories by Florian Cajori, Ph. D. Professor of Physics in Colorado Colleges, New York The MacMillan Company 1917” non appaiono queste tre appendici.
Il testo in italiano, di cui riportiamo questa parte, appartiene alla Biblioteca del Montani.
Chi legge tenga ben presente l’epoca dei fatti raccontati e le relative conoscenze scientifiche.
Dunque, nella terza appendice, da pag. 449 a pag. 453, si legge: «Giuseppe Pisati nacque in Pavia il 4 giugno 1842 e morì in Roma il 6 luglio 1891; compì i suoi studi nella città natale; apparteneva a povera famiglia, onde alle sole proprie forze egli deve l’alta posizione conquistata. Appena quattordicenne fu sostegno alla famiglia ed ai suoi condiscepoli maestro desiderato e volenteroso. Nelle scuole liceali acquistò i fondamenti di quella vasta cultura letteraria, di cui non trascurò mai di allargare i confini; e di quel delicato sentimento d’arte che gli fu ornamento nella vita. Nel 1864 nell’università di Pavia conseguì la laurea in fisica e matematica, e fu per un anno assistente del cantoni; poi entro nello insegnamento. Nel 1866 fu professore nel liceo di Ancona; poi nel liceo di Palermo, ove nel 1872 occupò la cattedra di fisica sperimentale lasciata vacante all’università dal prof. Blaserna. In Palermo frequentò assiduamente il laboratorio di chimica generale, e fu assistente del Cannizzaro. Nel 1878 fu nominato professore di fisica tecnica nella scuola degli ingegneri di Roma. Il Pisati ebbe un’operosità meravigliosa ed incessante, ma per l’eccessivo scrupolo nelle ricerche e per lo stimolo che mancò in lui della vanità il numero degli scritti dati alle stampe non fu grande; noi parleremo dei suoi lavori principali. Lascieremo da banda i suoi primi studi, del resto pregevolissimi, che si possono ritenere come preparatori; i lavori da lui pubblicati hanno tutti non comune valore e ben si possono annoverare tra i più perfetti, che si abbiano, come maestria dello sperimento e come acutezza della osservazione.  La tendenza speciale della mente del Pisati alla precisione delle ricerche e delle misure si manifesta fono dalle prime pubblicazioni; esse riguardano specialmente strumenti e metodi di misura e di dimostrazione; alcune ne fece ad Ancona, altre a Palermo, pubblicò varie Memorie; alcune intorno a questioni di chimica pura, altre intorno alla misura di costanti fisiche. Tra queste ultime noterò la determinazione del peso specifico e della dilatazione del cimene, del cumene e della benzina. Della stessa epoca è una serie di esperienze sulla dilatazione dello zolfo fuso e del fosforo, da cui si rileva la solida preparazione e l’educazione scientifica, che si era acquistata nel laboratorio del Cannizzaro: il Pisati spesso si compiaceva attribuendo volentieri all’esercizio delle manipolazioni chimiche la singolare attitudine ai lavori sperimentali, che gli fu poi caratteristica, ed è per questo, ed a ragione, consigliava i giovani fisici ad addestrarsi nella chimica pratica, di quanto ordinariamente non facciano, prima di intraprendere ricerche sperimentali di fisica. In questi ultimi studi sulla dilatazione dello zolfo e del fosforo trovò importanti risultati: nello zolfo scoprì le singolarità cercate invano dal Desprez e spiegò la divergenza dei risultati, mostrando con misure abilmente condotte, che il coefficiente di dilatazione, sensibilmente costante dapprima, decresce poi per raggiungere rapidamente un minimo e riprende un andamento ascendente fino al limite delle temperature esaminate; pel fosforo trovò una dilatazione perfettamente regolare sia allo stato solido, sia allo stato liquido, né al passaggio dall’uno all’altro constatò alcuna anomalia analoga a quella dell’acqua. Nel tempo medesimo aveva intrapreso lo studio della elasticità e della tenacità dei metalli a diverse temperature, i cui risultati ottennero il plauso del 12º congresso degli scienziati italiani, tenutosi in Palermo nel 1875. Insieme a questi furono comunicate verbalmente alcune ricerche sperimentali sul magnetismo, pur esse degne di essere ricordate. La pubblicazione fu fatta nel 1876 e 1877, parte nella Gazzetta chimica italiana, parte negli Atti degli spettroscopisti ed in quelli del’Accademia dei Lincei. Lo studio sulla elasticità è forse il più importante tra i lavori del Pisati; egli poté stabilire con rigore le condizioni che determinano le variazioni dell’elasticità e trovare il modo di farle cessare, riducendo i corpi con lungo trattamento ad uno stato che chiamò normale. Dimostrò le cause delle divergenze nei risultati dei vari autori, diminuendo così grandemente l’importanza del valore delle loro misure, mentre egli ottenne numeri di preciso significato e molto diversi da quelli prima adottati tanto per l’elasticità di prima specie, quanto, ed ancor più, per quella di seconda, l’elastiche nachwirkung del Weber. I dati ottenuti dal Pisati si possono considerare intieramente nuovi, tanto più che si estendono a corpi non ancora studiati ed a temperature non prima raggiunte; essi inoltre modificano notevolmente le idee, che prima si aveano sulla struttura dei corpi e sul significato delle così dette costanti fisiche. Tra le esperienze sulla tenacità meritano particolar menzione quelle sul ferro, sull’acciaio e sul vetro. Nel 1882 il Pisati insieme al Pucci intraprese lo studio sulla gravità, cioè per determinare il valore di g. Questo lavoro grandissimo è forse il più importante che siàsi fatto in Italia nel campo delle ricerche di precisione; fecero in quell’anno 32 esperienze con 5 coppie diverse di pendoli. Il lavoro meritò il premio reale aggiudicato nel 1883 dall’Accademia dei Lincei, nei cui Atti fu stampato. Però gli autori non si tennero paghi dei risultati ottenuti; e vollero perseverare nelle loro esperienze e dal dicembre 1883 all’aprile 1887 furono eseguite, oltre a moltissime preliminari, ben 147 esperienze con più di 20 coppie di pendoli. Questa lunga serie fu completata e calcolata; ma gli autori ancora non furono soddisfatti dei risultati ottenuti; e perciò si accinsero nuovissimi studi. Dal 1888 al 1889 furono fatte con pendoli nel vuoto 342 esperienze e furono perciò ideati nuovi apparecchi; ma anche con questi nuovi esperimenti si presentarono delle variazioni, di cui invano si tentò di scoprire la causa nelle condizioni della esperienza. Nacque allora il sospetto, che la gravità stessa si modificasse col tempo; ma questo punto importante della questione non fu chiarito; e le esperienze all’uopo incominciate furono sospese per la morte del povero Pucci. Il grandioso lavoro sulla gravità fu, per ben dieci anni, il principale oggetto dell’attività scientifica del Pisati. Esaminando l’enorme massa di lavoro, nasce il dubbio se non sia stato eccessivo lo scrupolo degli autori, cui l’incertezza della determinazione parve tale da indurre a sospendere ogni pubblicazione. Con tanta varietà di metodo e di condizioni, non fu mai eseguita, per quanto si sappia, la misura della gravità, onde la superiorità di altri risultati, se esiste, non può essere che illusoria. Perciò non si deve permettere che la scienza perda il frutto di tanta fatica. L’ultimo lavoro scientifico fu intrapreso dal Pisati nel 1889. È quello sulla propagazione del flusso magnetico nel ferro. Tre Note, presentate all’Accademia dei Lincei e pubblicate nei Rendiconti del 1890, raccolgono diversi notevoli risultati di un lungo studio preliminare. Nella 1ª Nota, presentata il 2 febbraio, stabilisce in modo rigoroso la perfetta analogia tra il flusso magnetico nel ferro e quello termico nei corpi conduttori immersi in un mezzo conduttore ecc. Nella 2ª Nota del 2 marzo si proponeva di determinare la dipendenza del flusso magnetico dalla intensità della forza magnetizzante e raccoglieva gran numero di dati sperimentali, riserbandone la discussione; dalla quale risultò come la legge, elementare, che aveva stabilita in principio, pei casi che più si accostano ai pratici, sia in parte mascherata da un fenomeno perturbatore. Su questo fenomeno, sulle condizioni che lo determinano, sul modo di eliminarlo l’autore rivolse allora tutta la sua attenzione e ne fece oggetto della terza Nota, presentata il primo giugno. L’operosità scientifica del Pisati si applicò in un latro campo ancora; era ben noto il Pisati per la sua singolare attitudine alle misure di precisione; onde nel 1877 fu nominato membro della Commissione superiore dei pesi e misure e nel 1878 fu incaricato del confronto dei prototipi italiani coi francesi conservati a Parigi. Da quell’anno incominciarono i suoi pazienti lavori di metrologia, sulla misura delle lunghezze e delle masse, ed i suoi sforzi per riformare l’ufficio metrico italiano; in dieci anni, con molta costanza e con pochi mezzi, provvide la maggior parte del materiale scientifico per l’impianto dell’attuale laboratorio centrale metrico; e riuscì, mercé un corso teorico e pratico a preparare un personale che conosce l’importanza e l’uso dei mezzi affidatigli. Incontrò in questa sua impresa gravi difficoltà; ebbe a sostenere lunghe e aspre lotte, ebbe a soffrire amarezze e disinganni; e solo il suo amore alla scienza ed al paese lo incoraggiò nella impresa; non vi riuscì nel modo completo quale avrebbe desiderato; e nel 1888 rinunciò alla carica che aveva nell’ufficio. Il Pisati come insegnante possedeva le migliori qualità didattiche; nella esposizione era chiaro, sobrio, preciso; i suoi corsi si possono citare come modello nell’arte dell’insegnare. Negli ultimi anni, oltre al corso di fisica tecnica, tenne anche un corso di metrologia, il quale, nuovo in Italia, si può considerare come completamente originale. Nel 1883 e nel 1884 prese parte alle campagne talassografiche promosse dall’ufficio idrografico della marina: la 1ª nella parte occidentale, la 2ª nella orientale del Mediterraneo. Allo studio dell’abbondante materiale raccolto si diede col solito ardore, e, particolarmente per la densità dell’acqua marina, immaginò e mise in pratica importanti innovazioni nei metodi e negli strumenti di misura, dirette sopra tutto a conciliare la precisione colla speditezza delle misure e colle difficili condizioni della navigazione. Fu membro del consiglio superiore dei lavori geodetici ed ebbe numerosissimi altri incarichi dal governo, che disimpegnò tutti con grande zelo; e senza dubbio il povero Pisati morì a causa del troppo lavoro intellettuale. Nota: Vedi : “Giuseppe Pisati, commemorazione fatta dal Prof. M. Ascoli in Roma il 29 novembre 1891 nell’aula dell’Istituto fisico della R. Università per iniziativa del Circolo fisico”».

Certamente questa biografia è permeata dall’esaltazione della persona del Pisati, esaltazione dovuta alla commemorazione; ma ciò che non ci pare condivisibile è la chiosa che attribuisce al “troppo lavoro intellettuale” la causa della morte del personaggio.
Il metro campione è esposto al Museo MITI su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo a cura di Fabio Panfili.
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Crova’s Disk, apparecchio per proiezione di onde simulate

Disco di Crova. Apparecchio per proiezione di onde simulate.
L`oggetto non ha marca né altri indizi per l`identificazione; per ora non è stato rinvenuto in nessun inventario d`epoca.
Si nota comunque una vaga somiglianza con la figura G 717 che è a pag. 144 del catalogo Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica a cura del prof. R. Magini Officine Galileo 1940.


Riportiamo qui di seguito le figure 1901A e 1901B di pag. 226 e il testo di pag. 227 del Catalogue des Appareils pour l’Enseignement de la Physique construit par E. Leybold’s Nachfolger Cologne, 1905;
che si può consultare all’indirizzo: http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9915_1.pdf :
«1901 Appareil pour la projection des apparences du mouvement ondulatoire, avec 5 clichés photographiques. … Voici les courbes représentées sur le clichés: 1) la propagation d`une onde longitudinale, 2) onde longitudinale stationnaire dans une file de molécules libre aux deux bouts, 3) onde stationnaire dans une file de molécules libre à l`un des bouts, 4) la reflexion d`une onde unique à l`extremité fixe, 5) la reflexion d`une onde unique à l`extremité libre”.

Inoltre sul “Catalogue of Physical Apparatus constructed by E. Leybold’s Nachfolger Cologne (With
descriptions and instructions for use)” a pag. 62 si trova la figura 1166; ne riportiamo il testo:
«1166 Apparatus to show wave motion by projection; with 5 photographic slides. … The slides show: 1. Progressive longitudinal waves, 2. Stationary longitudinal waves in a series of particles free on both sides, 3. Stationary waves in a series of particles with one end free, 4. The reflection of a single wave from the fixed end of a series, 5. The
reflection of a single wave from the free end of the series».
Il catalogo è rinvenibile all’indirizzo: https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/

A noi sono pervenuti solo tre dischi dei cinque elencati, non sappiamo neppure se ce ne fossero altri. Uno rappresenta un impulso longitudinale che va avanti e indietro tra due punti; un altro un`onda longitudinale in moto ecc. .
Non è stato per ora possibile realizzare la sovrapposizione delle immagini dei dischi con il rettangolo che va tenuto fisso, per il cattivo funzionamento dell`apparecchio.
A. P. Crova (1833 – 1907), dell`Università di Montpellier, inventò questo sistema nel 1860 per conto del famoso costruttore parigino di apparecchi acustici R. Koenig; i suoi dischi in origine erano otto.
I dischi possono essere usati in vari modi, ma il più diffuso consisteva nel ruotare il disco e proiettarne l`immagine che si vedeva attraverso una fenditura.
Le immagini così ottenute potevano rappresentare le particelle d`aria compresse e rarefatte di un`onda longitudinale come quella sonora, oppure la propagazione di un impulso d`onda, la sua riflessione ecc. .
Altri costruttori di simili apparecchi di fine Ottocento e primo Novecento sono: R. Koenig, Paris; Griffin & Tatlock Ltd., London; e Max Kohl, Chemnitz.
Una variante fu realizzata nel 1892 da F. Cheshire per mostrare come si muove l`aria in una canna d`organo e rappresentava un`onda stazionaria longitudinale con nodi e antinodi.
Un video che mostra un disco di Crova in moto si può vedere al seguente indirizzo:
http://www.youtube.com/watch?v=P8DbK-kMCTA .
  Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Apparecchio universale di Silbermann, Officine Galileo Firenze (Museo MITI)

       Apparecchio universale detto di Silbermann.
Inventario del 1926: al n° 88-2702 si legge testualmente: “Officine Galileo Firenze. Apparecchio universale riflessione, rifrazione e riflessione totale. ₤ 579,50”. Acquistato il 1 aprile del 1926.
Inventario del 1937 n° 315, Officine Galileo Firenze N° 114780.
L’apparecchio universale, ideato dal fisico Johann Theobald Silbermann (1806-1865), serve per una verifica delle leggi della riflessione e rifrazione, per l’osservazione quantitativa del comportamento dei prismi,  ecc., nell’insegnamento dell`ottica elementare.
Questo strumento consiste essenzialmente in un cerchio  di metallo (diametro 20 cm) sul cui bordo è inciso un goniometro con i quadranti da 0° a 90°. La luce di un piccolo proiettore viene collimata e inviata sull’oggetto relativo all’indagine ottica. Il fascio di luce così ottenuto può essere fatto ruotare intorno all’oggetto ottico posto al centro del disco e, per ogni posizione assunta, se ne può misurare l`angolo. Sull’asse del cerchio ci sono due alidade girevoli, i cui indici determinano i valori degli angoli da esse formati col diametro verticale ed anche quelli dei rispettivi seni, per mezzo di due squadre graduate, scorrevoli su un`astina verticale. Nell’esemplare che ci è pervenuto manca la squadra graduata inferiore. L’oggetto in dotazione da esaminare è un classico semicilindro di vetro, con la faccia piana rivolta verso l’alto. Esso può essere sostituito da uno specchio piano o da una vaschetta semicilindrica da riempire con un liquido o da un prisma, o da un parallelepipedo rettangolo. L’alidada più lunga porta una fenditura e uno specchio piano girevole; questi servono a orientare il raggio luminoso. Sull’altra alidada c`è uno schermo in vetro smerigliato, con due linee di riferimento, per visualizzare il raggio riflesso o rifratto. In ottica, per la misura degli angoli, è stato adottato un sistema di riferimento in cui si dà il valore 0° alla direzione normale alla superficie di separazione dei due mezzi ottici . L’angolo col quale un raggio proveniente dal primo mezzo incide su una superficie del secondo mezzo è chiamato angolo di incidenza i: esso indica di quanto è inclinato il raggio rispetto alla normale. L’angolo con cui viene riflesso dalla stessa superficie si chiama angolo di riflessione r. Analogamente, l’angolo col quale un raggio si osserva nel secondo mezzo è chiamato angolo di rifrazione r. Per lo studio della legge antichissima della riflessione il procedimento è il seguente. In una stanza opportunamente oscurata, si invia su uno specchietto rettangolare, posto al centro del disco, il fascio di luce collimato, poi si misurano l’angolo di incidenza e quello di riflessione; si varia  a piacere l`angolo di incidenza misurando ogni volta l’angolo di riflessione, verificando che i = r .
Per evidenziare i raggi di luce si usa bruciare dei coni che producono fumo.
Più interessante è lo studio della rifrazione per il quale si usa l`oggetto trasparente semicilindrico, come si vede nella foto e nella figura. Si deve aver cura di inviare il fascio di luce collimato sempre sempre  sull’asse del semicilindro, posto al centro della faccia rettangolare, in modo che la luce proceda lungo il raggio del semicerchio ed esca quindi perpendicolarmente alla faccia circolare.
Questo accorgimento evita che il fascio di luce venga ulteriormente rifratto all’uscita, complicando la misura degli angoli.
Si inizia l’indagine proiettando il raggio di luce normalmente alla faccia piana, si procede poi variando l’angolo di incidenza (ad esempio di cinque gradi ogni volta) e misurando il relativo angolo di rifr
azione. I dati ottenuti, immessi nella legge di Snell(1) na sen i = nx sen r, permettono di ricavare una buona stima dell’indice di rifrazione del mezzo ottico nx, rispetto all’indice dell`aria na. Ma una prima valenza didattica dell`indagine è data dalla misura stessa degli angoli e dall’esame dei grafici di r in funzione di i e di sen r in funzione di sen i. Lo studio della rifrazione prosegue inviando il fascio collimato sulla faccia circolare. Si deve fare sempre attenzione che la luce in uscita passi per l’asse del semicilindro sulla faccia piatta, per evitare una rifrazione indesiderata all’ingresso. Si inizia con angolo di incidenza zero e si nota che il raggio di luce non viene deviato, si prosegue incrementando l’angolo (ad esempio di cinque gradi), costatando che i percorsi ottenuti sono reversibili, rispetto a quelli dell`esperimento precedente. Ma, per un certo angolo di incidenza, caratteristico del materiale, il raggio rifratto scompare, lasciando solo quello riflesso. Questo fenomeno rompe la simmetria e prende il nome di riflessione interna totale. L’angolo caratteristico si chiama angolo limite e si ha:  sen (ang. lim) = na sen 90. Per angoli superiori a questo si ha sempre la riflessione interna totale, che dunque si manifesta quando la luce passa da un mezzo otticamente più denso ad uno meno denso. Usando la vaschetta trasparente, riempita con un liquido, si può misurare l’indice di rifrazione del liquido stesso.
Un altro esperimento consiste  nell’esame  del comportamento di un prisma ottico usando luce monocromatica; in questo caso le prove sono molte e interessanti.  E ancora un altro accessorio, un parallelepipedo rettangolo di materiale trasparente, serve per osservare il percorso della luce (preferibilmente monocromatica) da una faccia all’altra. Ecc.
La prima figura corredata dalla descrizione è tratta da Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica, a cura del prof. R. Magini, Officine Galileo, 1940 e si trova a pag. 184.
La figura 2251 di pag. 529 è tratta da Catalogue N° 22 Appareils de Physique Max Kohl Chemnitz Saxe. Representants et Dépositaires pour la France Richard-Ch. Heller & Cie. Paris. 1905. A pag 528 si legge: «33456. Appareil de Silbermann pour verifier les lois del la réfraction del al lumière, Fig. 2251 . . . 165 Franc. On dispose au centre du cercle divisé un récipient semi-circulaire en verre, de 100 mm de diamètre, pour les expériences sur la rèfraction, ou un miroir plan pour les expériences sur la réflexion. Le cercle divisé à 300 mm de diamètre; il porte 2 alidades pour mesurer les angles d’incidence, de réfraction et de réflexion, et 2 règles graduées mobiles pour déterminer directement les sinus des angles d’incidence et de réfraction».
Il catalogo si trova all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9901.pdf
La stessa figura, leggermente sbiadita e col N° 53857, si trova a pag. 487 del catalogo: Max Kohl A. G. Chemnitz (Germany). Price List No. 50, Vols. II and III. Physical Apparatus del primo Novecento, dove si legge: «*53,857. Reflection and Refraction Apparatus, Figure . . . £. s. d. 5,10.0. The semi-cylindrical glass vessel can be replaced by a plane mirror. The circle is 30 cm diameter and carries two alidades for measuring the angles, and two graduated sliding rules for directly determining the sines».

Bibliografia: Catalogo del 1957 e Scheda di Istruzioni L 840 delle Officine Galileo, Firenze.
(1) Nota: W. Snell van Rojen, detto Snellius, (1591-1626).
Lo strumento è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Federico Balilli e di Contemporanea Progetti, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Apparecchio universale di proiezione E. Leybold’s Nachfolger Cöln-Rhein 2ª parte


Apparecchio universale di proiezione E. Leybold`s Nachfolger Cöln-Rhein, seconda parte.
Si è ritenuto utile elencare le varie applicazioni dell`apparato corredate da alcune figure che si trovano in due cataloghi della casa costruttrice risalenti ai primi anni del Novecento.
Altre figure ancora sono a corredo delle schede sugli accessori.
Il proiettore consentiva dunque la visualizzazione di:
1) Riflessione totale col grande prisma in dotazione
2) Esperimenti di elettrochimica
3) Linee di campo elettrostatiche o magnetostatiche
4) Elettroscopio in funzione
5) Riflessione e rifrazione nell`acqua contenuta in apposite vaschette
6) Analisi della dispersione di un prisma
7) Interferenza con specchi di Fresnel
8) Interferenza con il dispositivo per gli mostrare gli anelli di Newton.
9) Diffrazione con fili o fenditure
10) Interferenza con doppie fenditure o reticoli
11) Polarizzazione con spati e/o nicol e con interposizione di lamine, come ad es. lastrine di mica ecc.
12) Riflessione interna totale in un getto d`acqua.
13) Proiezione di Slide.
Un uso particolare era la proiezione di film come si può vedere nella scheda dedicata all’arco voltaico scrivendo “voltaico” su Cerca.
Le figure sono tratte dal Catalogue of Physical Apparatus (with descriptions for use) E. Leybold’s Nachfolger Cologne, (Germany) dei primi del Novecento, rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/
e dal Catalogue des Appareils pour l’Enseignement de la Physique E. Leybold’s Nachfolger, Cologne del 1905, che si trova all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9915_1.pdf
Per consultare al prima parte scrivere “Rhein” su Cerca.
Poi per chi desidera vedere altri particolari vi sono le schede sugli accessori: prisma di Amici; anelli di Newton; diaframma ad iride; fenditura a regolazione micrometrica; due prismi di Nicol; porta spati e/o nicol; grande prisma per la riflessione interna totale; due spati d’Islanda; specchi di Fresnel.
Elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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