Specchio rotante di Foucault, Leybold N° 476 40


     Specchio rotante di Foucault, Leybold N° 476 40.
Nell`inventario D del 1956 al n° 1602 si legge testualmente: “Specchio girevole per la misura della velocità delle onde”. Fabbricato dalla Leybold e acquistato nel 1959 è destinato al laboratorio di Fisica.
Lo specchio rotante fu usato da J. B. L. Foucault tra il 1850 e il 1862 per la misura della velocità della luce in aria e nell`acqua sia ferma sia in moto, come già aveva fatto fin da 1849 A. H. Fizeau col metodo della ruota dentata, ispirato da un tentativo fatto da Galileo, che prevedeva di misurare il tempo di andata-ritorno su una data distanza.
Fizeau, a proposito delle misura della velocità della luce nell`acqua in moto, trovò una formula empirica che era in accordo con i dati sperimentali (formula che era già stata dedotta teoricamente da Fresnel) e che prevedeva un trascinamento parziale dell` “etere”.
Ma solo con l`avvento della Relatività Ristretta di A. Einstein del 1905 si ebbe la corretta interpretazione dei dati senza bisogno di ipotizzare l`esistenza del suddetto “etere”.
Sembra che il primo ad usare uno specchio rotante sia stato Arago, ma non si conoscono i suoi risultati.
I primi metodi per la misura della velocità della luce furono astronomici: O. Römer negli anni 1675/1676 si basò sull`osservazione dell`occultamento di Io, un satellite di Giove, in diversi mesi dell`anno, in particolare erano utili due osservazioni a sei mesi di distanza. Nel 1727 J. Bradley, dopo aver notato che il telescopio andava inclinato di angoli diversi durante lo scorrere dell`anno, ne dedusse la misura della velocità della luce.
Ma la corretta interpretazione dei dati sperimentali si ebbe di nuovo con la Relatività Ristretta.

 Descriviamo per sommi capi il metodo di Foucault riferendoci alla figura 98.
Un raggio di luce ben collimato, emesso dalla sorgente S, viene diretto sullo specchietto rotante inizialmente fermo in posizione tale che il raggio viene riflesso verso uno specchio M, torna indietro ripercorrendo lo stesso tragitto. Ma, prima di raggiungere la sorgente, una lamina semiriflettente G ne invia un parte sullo schermo E sul quale si farà la misura.
Se adesso lo specchio  viene messo in rapida rotazione il raggio di luce subirà una deviazione via via crescente che verrà visualizzata sullo schermo in posizioni diverse. Quando lo specchio raggiungerà un regime di rotazione costante, si potrà misurarne la deviazione dalla posizione iniziale. Conoscendo la distanza totale, la frequenza di rotazione a regime e la deviazione sullo schermo, si riuscirà a misurare la velocità della luce.
Oggi si dispone di luce laser, di buoni mezzi ottici, di fotodiodo collegato con oscilloscopio per misurare la frequenza di rotazione, e l`esperimento presenta meno difficoltà di quelle incontrate fino a non molti anni fa.
Come si legge sulle schede di istruzione della Leybold riportate in bibliografia, lo specchio rotante Leybold va usato capovolto rispetto alle immagini sulle foto e raggiunge a regime una frequenza di rotazione di 450 Hz.
Alcuni particolari dell`esperimento in versione moderna sono visibili nella seconda figura e terza figura.
Bibliografia.
M. Born, La Sintesi Einsteiniana, Boringhieri, Torino 1969.
R. P. Feynman, R. Leighton, M. Sands, The Feynman Lectures on Physics, Vol. I, Addison Wesley, Massachusetts 1964.
P. Drude, M. Boll, Précis d`Optique, Tome I, Ghautier-Villars, Paris 1911, da cui è tratta la prima figura.
A. Battelli, P. Cardani, Trattato di Fisica Sperimentale, Vol. II, F. Vallardi, Milano 1913.
G. Gianfranceschi, Appunti di Fisica Elementare, Pontificia Università Gregoriana, Roma 1927.
G. Castelfranchi, Trattato di Fisica, U. Hoepli, Milano 1941.
E. Perucca, Fisica Generale e Sperimentale, Vol. II, UTET, Torino 1949.
Leybold Physics Leaflets P5.6.11. e P5.6.1.2 da cui sono tratte la seconda e la terza figura.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Specchio piano


     Specchio piano.
Nell`inventario del 1906, a pag. 234 n° 838 si legge: “3 specchi piano, convesso e concavo montati su sostegni. Condizione mediocre. £ 3. [tot. N.d.R.] £ 10”. Destinati al Gabinetto di Fisica.
Uno di essi compare in primo piano a destra su una foto storica del Gabinetto di Fisica, più volte riportata in questo sito.
Nel presentare i tre antichi specchi, invece di soffermarci sulle spiegazioni dell`ottica geometrica che si trovano con dovizia di particolari in ogni manuale scolastico e in rete, vogliamo sollecitare la curiosità di coloro che non si sono mai chiesti come e perché uno specchio “specchia”.
 Infatti la consuetudine con certi fenomeni, risalente all`infanzia, spesso gioca a smorzare la curiosità.
Innanzi tutto uno specchio comune è composto da una lastra di vetro sulla quale è stato depositato uno strato sottile, ma non troppo, di metallo e da una vernice che protegge il metallo dall`ossidazione.

Il vetro è un dielettrico ed ha una struttura molto complessa se considerato nell`ambito dell`interazione della sua struttura atomica con i fotoni incidenti.
 È noto che una lastra di vetro le cui superfici siano “lisce” riflette sia in funzione dell`angolo di incidenza del “raggio” di luce, sia del colore di ciò che sta dietro al vetro.
Si provi a mettersi di fronte ad una lastra di vetro con dietro un ambiente luminoso, si ponga poi dietro la superficie posteriore un foglio bianco e successivamente uno nero.
Si valutino qualitativamente le intensità delle luce riflessa nei casi suddetti. Poi si facciano le stesse prove con luce incidente via via sempre più in radenza.
Inoltre facciamo notare che se le superfici della lastra di vetro non sono otticamente “lisce” essa assume un colore bianco-grigiastro, non riflette ma provoca la diffusione della luce.

La fotografia in bianco e nero ottenuta col microscopio elettronico mostra la superficie “liscia” di uno specchio di alluminio. Sembra di vedere una landa pietrosa! Nell`ambito della teoria ondulatoria della luce la spiegazione che si fornisce è che le dimensioni delle screpolature devono essere di dimensioni inferiori alla lunghezza d`onda media della luce nel visibile ( circa 550 nm).
La spiegazione più approfondita ed estremamente complessa dell`interazione dei fotoni con gli elettroni nel metallo, (o con gli atomi o le molecole nel vetro), fornita dall`elettrodinamica quantistica QED, esula ovviamente dal nostro intento.
Se il metallo depositato sul vetro è troppo sottile ( dello spessore di qualche decina di atomi) lo specchio diventa semitrasparente, poiché una buona parte del fotoni non interagisce con gli elettroni e attraversa sia il vetro sia il metallo.
Nelle altre schede ci chiederemo fra l`altro perché negli specchi comuni si usano l`argento e l`alluminio.
I primi specchi erano costituiti da rame e bronzo ben lucidati ma davano immagini con colorazioni sul rosso o giallo-verde.
Poi vennero impiegati lo stagno pressato in amalgama col mercurio (che a fine lavorazione veniva tolto) su una lastra di vetro; il piombo, l`argento e l`alluminio, raramente il platino, sempre depositati, spesso per via elettrolitica, su una lastra di vetro. Questi ultimi sono incolori, nel senso che restituiscono immagini con i colori immutati.
Oggi si costruiscono specchi speciali depositando multi-strati di film dielettrici su vetro ottico con caratteristiche sorprendenti.
La foto della superficie dell’alluminio al microscopio elettronico è tratta da: AA. VV. PPC Progetto Fisica, Vol. B, Zanichelli, Bologna 1986.
 Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Specchio convesso

            Antico specchio convesso.
Nell`inventario del 1906, a pag. 234 n° 838 si legge: “3 specchi piano, convesso e concavo montati su sostegni. Condizione mediocre. ₤ 3 [tot. N.d.R.] ₤ 10”. Destinati al Gabinetto di Fisica.
Sul retro dello specchio si legge: f = – 1,22 m, che è la sua distanza focale.
Dopo aver detto che comunemente questo tipo di specchi si usa per esigenze di visibilità ai bordi delle strade, per la retro-visione negli automezzi ecc., tralasciamo le spiegazioni della formazione delle immagini con l`ottica geometrica (che si possono trovare nei testi di ottica elementare e in rete), e ci occupiamo di come sono fatte la superfici del vetro e del metallo affinché lo specchio possa “specchiare”.

Dunque si osservi la foto della superficie di uno specchio di alluminio, ottenuta al microscopio elettronico: a destra in basso c`è il riferimento dimensionale di un micron (un milionesimo di metro), mentre l`oggetto più grande si vede in alto a sinistra. Nell`ambito della teoria ondulatoria della luce, la lunghezza d`onda nel visibile dell`occhio umano va da 630 nm del rosso scuro ai 380 nm del violetto; l`occhio è più sensibile nel giallo-verde a 550 nm. 1 nm corrisponde a 1/1000 micron; pertanto la superficie è “liscia” quando le sue screpolature sono di dimensioni inferiori alla lunghezza d`onda di un micron, che corrisponde all`infrarosso.
Isaac Newton era solito fabbricare le lenti e gli specchi per i suoi esperimenti e i suoi telescopi e sapeva che la lucidatura consisteva nell`uso di polveri dai granuli via via più minuscoli.
Le superfici passavano dunque da un color grigio chiaro opaco alla trasparenza man mano che i graffi, da larghi e profondi, divenivano più lievi e sottili.
Nella scheda relativa allo specchio piano ci si è chiesti perché, quando sono illuminati in luce bianca, l`alluminio e l`argento sono adatti per fabbricare gli specchi comuni, mentre il rame, il bronzo e l`oro danno delle colorazioni particolari.
Questa fenomenologia è abbastanza complessa e l`energia riflessa dipende (nell`ambito della teoria ondulatoria) dalla frequenza, dall`angolo di incidenza e dallo stato di polarizzazione della luce incidente.
Dal punto di vista quantistico essa dipende da come i fotoni interagiscono con gli elettroni quasi-liberi presenti nel metallo.
I fotoni passano dalle molecole dell`aria a quelle del vetro non subendo particolari assorbimenti, ma mentre l`alluminio e l`argento hanno una conformazione dei legami metallici tale che gli elettroni quasi liberi interagiscono con i fotoni senza assorbirne molti alle frequenze dello spettro del visibile, le strutture del rame o dell`oro nell`interazione fotone – elettrone assorbono quei fotoni che, colpendo la retina dell`occhio, danno le sensazioni dei colori dal verde fino al violetto, mentre assorbono poco i fotoni che danno le sensazioni corrispondenti ai colori dal giallo al rosso.
Le interazioni fotoni-elettroni quasi- liberi avvengono nei primi strati atomici, l`assorbimento dei fotoni nel metallo è esponenziale; infatti il metallo è opaco per la trasmissione della luce.
L`alluminio e ancor meglio l`argento riflettono nel campo del visibile circa l`85% della luce incidente, tendendo al 100% verso il violetto, l`oro ad esempio riflette l`84% della luce gialla e il 33% della luce azzurra.
Se si desidera approfondire le cause delle colorazioni dei metalli in riflessione della luce bianca, si veda ad esempio all`indirizzo: http://www.phys.uniroma1.it/DipWeb/web_disp/d6/dispense/Frova_Mataloni.pdf .
Inoltre una spiegazione qualitativa della polarizzazione per riflessione sulle superfici di un vetro e di un metallo si trova alle pagine 450, 451 e 452 di: F. S. Crawford Jr., Onde e Oscillazioni, La Fisica di Berkeley. Vol. 3, Zanichelli, Bologna 1972.
La foto della superficie dell`alluminio al microscopio elettronico è tratta da: AA. VV. PPC Progetto Fisica , Vol. B, Zanichelli, Bologna 1986.
Le notizie su Newton sono tratte da: R. P. Feynman, QED la strana teoria della luce e della materia, Adelphi, Milano 1989.

La cartolina dove si vede uno dei tre specchi antichi della collezione del Montani è probabilmente del primo Novecento.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Specchio concavo

     Specchio concavo.
Nell`inventario del 1906, a pag. 234 n° 838 si legge: “3 specchi piano, convesso e concavo montati su sostegni. Condizione mediocre. ₤ 3. [tot. N.d.R.] ₤ 10”. Destinati al Gabinetto di Fisica.
Questo esemplare è comunque anteriore al 1906.
Sul retro dello specchio si legge: f = 40 cm; r = 80 cm, rispettivamente la distanza focale e il raggio di curvatura. Lasciando al visitatore la consultazione di un qualsiasi testo o di un sito in rete di ottica geometrica, per trovarvi la costruzione delle immagini restituite da uno specchio sferico, vogliamo soffermarci brevemente sull`aberrazione sferica illustrata dalla figura 1.
I raggi incidenti, paralleli all`asse ottico, per la legge classica sulla riflessione i = r, non passano per un punto, ma formano una curva chiamata caustica di riflessione. Pertanto il fuoco non è ben definito e l`immagine restituita è confusa. L’aberrazione sferica si ha quando lo specchio sferico ha una ampiezza molto maggiore del suo raggio di curvatura.
Per evitare questa aberrazione si dovrebbe ricorrere ad uno specchio parabolico di ben più difficile e costosa costruzione.

 La figura 2 mostra che, se il raggio di curvatura di uno specchio sferico è grande rispetto alla sua apertura, vi è una buona concordanza con un paraboloide se si usa una zona vicina al vertice V (in figura è rappresentata la sezione delle due figure geometriche). Ciò si può ottenere semplicemente schermando il resto dello specchio con un disco di cartone, foggiato a corona circolare, nel quale dunque sia stato ricavato un cerchio concentrico a V la cui circonferenza è passante nei punti A e B, come si vede in dimensioni ridotte a destra in giallo. La riduzione dell`apertura dunque corregge abbastanza l`aberrazione sferica.
Nella pratica didattica si procede per tentativi fino a che, inviando “raggi” paralleli sullo specchio (cioè ponendo una sorgente luminosa sufficientemente lontana) si ottiene la posizione del fuoco ben definita. Ma ai fini didattici si preferisce acquistare specchi sferici di piccola apertura, ben progettati dal costruttore; o meglio specchi col metallo depositato sulla superficie anteriore del vetro, per evitare riflessioni doppie, (i quali richiedono però maggiori precauzioni nell`uso e nella conservazione).
Le due figure, seppur modificate, sono tratte da: S. Pugliese Jona, Fisica e laboratorio 2, Loescher, Torino 1984.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Specchi ustori


    Specchi ustori, usati anche come riflettori acustici.
Nell`inventario del 1906, a pag. 234 n° 829, si legge: “Due specchi concavi ( metallo). Condizioni buone. ₤ 15”. Destinati al Gabinetto di Fisica.
Nell`inventario del 1912 a pag. 53, n° 893, si legge: “Specchi metallici per esperienze di riflessione. Cond, mediocre. Già esistenti. ₤ 10”.
Nell`inventario del 1919 a pag. 38, n° 838, si legge: “N° 2 specchi ustori ₤ 20 × 2= 40”.
Questi esemplari servivano per mostrare il trasferimento di energia mediante irraggiamento. Oggi diremmo che si mostrava il meccanismo di emissione e assorbimento di luce prevalentemente infrarossa. Lo specchio parabolico ha la caratteristica, dovuta alla legge di riflessione (nella sua versione classica), di concentrare nel suo fuoco la luce i cui “raggi” giungono paralleli all`asse ottico principale e viceversa di rendere paralleli i “raggi” luminosi che provengono dal fuoco. I due specchi venivano posti ad una distanza di non più di due metri uno di fronte all`altro in modo da avere i fuochi sullo stesso asse e le concavità rivolte una verso l`altra,

come si vede nella figura 610 che è a pag. 620 di Elementary Treatise on Phisics Experimental and Applied transalted from Ganot’s Éléments De Physique by E. Atkinsons,W. Wood & Co. New York 1910. Rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/treatphysics00ganorich .

e nella figura 7827 di pag. 202 del catalogo
Physikalische Apparate Ferdinand Ernecke Berlin S.W. Preiliste N° 11, dei primi del Novecento.
Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/51666/ .
Questa operazione non è facile da farsi.


Come si vede anche nelle foto, nel fuoco di uno di essi c`è un piccolo canestro dove si mettevano dei carboni ardenti, mentre nel fuoco dell`altro specchio si poneva lo stoppino di una candela spenta tenuta da una pinzetta. Si attendeva un po’ di tempo e lo stoppino iniziava a fumare e poi si accendeva. Invece della candela si poteva usare un batuffolo di cotone imbevuto di alcol. Per regolare bene la posizione degli oggetti, affinché siano nel fuoco, ogni contenitore può scorrere su una astina. Al posto della candela si poteva porre anche il bulbo annerito di un termometro. Una variante dell`esperimento consisteva nel porre una potente lampada a incandescenza accesa, con il filamento nel fuoco di uno specchio, mentre nel fuoco dell`altro si poneva un radiometro di Crookes le cui palette iniziavano a girare.
Il visitatore può vedere la scheda relativa al radiometro di Crookes scrivendo  “Radiometro” su Cerca.
Inoltre gli specchi funzionano egregiamente come ustori: dirigendo una parabola verso il sole, un oggetto infiammabile posto nel fuoco si incendierà in brevissimo tempo.
Questi esemplari servivano principalmente per
mostrare il trasferimento di energia mediante irraggiamento, ma potevano essere usati anche per esperimenti di acustica. Infatti, con procedimenti analoghi a quelli descritti nella scheda che si riferisce al loro uso negli esperimenti di irraggiamento, si possono osservare la trasmissione direzionale delle onde sonore e la relativa ricezione.
Anticamente si usavano come sorgenti sonore: o un fischietto di Galton o un orologio meccanico o una suoneria elettrica dal suono argentino. Per percepire distintamente il suono si usava un cornetto acustico. Usando una sorgente sonora di debole intensità si può constatare che, se
si sposta il rivelatore in zone lontane dal fuoco, il suono percepito diventa debolissimo o addirittura inudibile; in qualunque altro punto fra i due specchi il suono non si percepisce. In questi casi la lunghezza d`onda del suono emesso deve essere molto più piccola delle dimensioni degli specchi, altrimenti sarebbe preponderante la diffrazione.
Un altro esperimento interessante di acustica consiste nella dimostrazione della legge di riflessione: si dispongono i due specchi parabolici come nella figura e si usa come specchio piano acustico una superficie piana non assorbente.
Anche in questo caso, come accade per i raggi infrarossi, bisogna pazientemente disporre gli specchi in modo tale che i loro assi principali siano sullo stesso piano. Quando si verifica che l’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione il suono al ricevitore assume l’intensità massima. Dopo di ciò si fa vedere che la più piccola rotazione dello specchio piano è sufficiente per indebolire enormemente il
suono ricevuto.

La figura senza numero è tratta da A. Battelli e P. Cardani, Trattato di Fisica Sperimentale, Vol. II, F.
Vallardi, Milano 1913.
 Foto di Ilaria Leoni, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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