Tubi a raggi X (Museo MITI)

                         Tubi a raggi X.
Il tubo più grande, caratterizzato dal rigeneratore e catodo massiccio [che è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili] (a sinistra nella foto con tre tubi), forse corrisponde al n° 453 dell`inventario D del 1937 e sicuramente al n° 828 dell`inventario del 1956.
Quello al centro nell`inventario D del 1937 al n° 452 è detto: “tubo a raggi X semplice G 24”.
Il tubo a destra, da vuotare, è elencato col n° 817 nell`inventario del 1956 e forse corrisponde al N° 459 dell`inventario D del 1937 dove è scritto: “per pompa Cacciari”.

L`8 novembre 1895 W. K. Röntgen (1845-1923) scoprì i raggi X che vengono prodotti quando elettroni veloci urtano contro un bersaglio solido.
Essi sono fotoni di “piccola lunghezza d`onda” dai 20 nm, oltre l`ultravioletto, (raggi X ‘molli’), a 1 nm (raggi X ‘ordinari’), ai 10 pm (raggi X ‘duri’).
Röntgen aveva avvolto con cartone nero un tubo a raggi catodici e vide brillare alla distanza di circa un metro dal tubo un piccolo schermo di platinocianuro di bario, un materiale fluorescente.
Gli elettroni, accelerati nel tubo, colpivano il vetro che diventava verdastro ed emetteva raggi X. Immediatamente si mise a studiare questa nuova radiazione dal comportamento piuttosto misterioso che per ciò chiamò raggi X.
Essi hanno un potere notevole di penetrazione (sostanze diverse presentano gradi di trasparenza diversi), impressionano le lastre fotografiche, fornendo le foto delle ossa di esseri viventi, non vengono deviati da campi elettrici o magnetici, ionizzano i gas attraversati.
A tre mesi dalla loro scoperta i raggi X erano già usati in un ospedale di Vienna per preparare alcune operazioni chirurgiche.

In seguito si scoprì che i raggi X, per la loro piccola lunghezza d`onda, erano fondamentali nella cristallografia, nell`indagine fisica, nella radiobiologia, nella radiodiagnostica, nella radioterapia, nella microscopia detta appunto a raggi X, nella determinazione del modello del DNA, eccetera.


La dimostrazione più frequente che si faceva nelle scuole era la radioscopia della mano, “illuminata” dai raggi X e vista su uno schermo fluorescente. Era consigliabile non superare il minuto di esposizione. Gli spettatori dovevano stare a qualche metro di distanza e per non più di un minuto.
I primi tubi impiegati per la produzione di raggi X erano del tipo Crookes con tracce residue di gas, su cui era montato un robusto anticatodo.
Il Montani possiede diversi esemplari di tubi Röntgen di tipo didattico.
La sorgente di elettroni è un disco di alluminio (il catodo freddo). L`emissione degli elettroni avviene a causa del bombardamento degli ioni positivi sul catodo.
Un vuoto troppo spinto non permette questo meccanismo di estrazione di elettroni, quindi la produzione dei raggi X in questo tipo di tubo cessa. L`eventuale forma concava del catodo serve per focalizzare gli elettroni sull`anticatodo (tubi focus).
Gli ioni positivi sono attratti dal catodo negativo e gli elettroni vengono accelerati verso l`anodo (anticatodo positivo). Questo è costituito da una piastrina di nichel, rivestita di platino, orientata a 45° rispetto alla direzione degli elettroni ed è ben visibile quasi al centro dell`ampolla. Esso è soggetto a un vistoso logoramento se sottoposto ad un uso prolungato, per effetto degli urti elettronici.
L`anodo ausiliario, a forma discoidale, è applicato solo per ragioni tecniche di fabbricazione, esso non riveste alcuna funzione ed è collegato all`anticatodo con un filo a molla. Notevole, per le dimensioni dell`anticatodo massiccio (per smaltire rapidamente il calore) e per l`annerimento del vetro dell`ampolla, dovuto allo spruzzamento del metallo dell`anticatodo, nonché per il vistoso rigeneratore, è il tubo classificato con D 828 nell`inventario del 1956. Lo spruzzamento del metallo avviene quando si invertono i collegamenti: il platino viene polverizzato e funziona da getter rendendo duro il tubo, cioè quasi privo di gas. Durante questo processo si rovina anche il catodo. Quando il tubo funziona normalmente il vetro presenta una fluorescenza verdastra dalla parte opposta al catodo, nel caso di polarità invertite invece la fluorescenza è diffusa e non si hanno raggi X. Un tubo si indurisce anche per il lungo uso, per renderlo di nuovo efficiente, cioè morbido, bisogna liberare al suo interno una piccola traccia di gas, necessaria affinché gli ioni estraggano per urto gli elettroni dal catodo. Ciò si può fare col rigeneratore, che può essere un pezzetto di carbone (contenente un gas disciolto internamente), situato in una ampollina comunicante col tubo; il carboncino viene riscaldato dalla scintilla elettrica finché rilascia la giusta quantità di gas.
La tensione di alimentazione è fornita normalmente da un rocchetto di Ruhmkorff, collegando il catodo del tubo al terminale a disco e l`anticatodo al terminale a punta. Ma tale macchina produce una tensione alternata fortemente asimmetrica, quindi, per evitare l`inversione di polarità e i danni conseguenti, negli apparati più sofisticati si usava una valvola raddrizzatrice del tipo Villard.
Il Montani possiede un esemplare vagamente simile alla Villard, purtroppo rotto.
Gli elettroni vengono accelerati dal forte campo elettrico esistente fra catodo e anticatodo e, oltre a mantenere la ionizzazione, vanno a urtare gli atomi costituenti l`anticatodo. Nelle collisioni il 99% della loro energia è convertito in calore, mentre il resto è irradiato sotto forma di fotoni X. Questi fotoni sono generati in due modi diversi: 1) l`elettrone passa vicino al nucleo e in questa interazione emette una radiazione bianca, cioè a spettro continuo, detta di bremsstrahlung.
2) l`elettrone in arrivo urta un elettrone del livello K e lo espelle; un altro elettrone dell`atomo, passando dal suo livello superiore al livello K, emette un fotone X caratteristico del numero atomico dell`elemento costituente l`anticatodo, come fu osservato da H. G. J. Moseley nel 1912.
Questo meccanismo di emissione fu proposto da W. Kossel nel 1916 e si presenta con uno spettro a righe.

Le due figure senza numeri sono a pag. 29 del Machines à double rotation pour l’électrisation par influence, Appareils accessoires électriques, Appareils pour produire des rayons X. Rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9941.pdf

La figura 301 è a pag. 305 del testo Dr. L. Graetz, DIE ELEKTRIZITÄT UND IHRE ANWENDUNGEN. STUTTGART. VERLAG VON J. ENGELHORN. 1906. In essa si vede il rocchetto di Rhumkorff, e sotto lo schermo vi è una lastra per la fotografia. Il libro è rinvenibile al sito:
https://ia802604.us.archive.org/21/items/dieelektrizittu00graegoog/dieelektrizittu00graegoog.pdf
La figura 1507 è a pag 362 Catalogue N° 22 Appareils de Physique Max Kohl Chemnitz Saxe.
Representants et Dépositaires pour la France Richard-Ch. Heller & Cie. Paris. 1905. Rinvenibile
all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9901.pdf .

La figura 295 è a pag. 306 del testo di L. Graetz citato in bibliografia.

Le figure 7149/7157, 7159/7166 sono a pag. 264 e la figura 7167/7169 è a pag. 265 del Catalogue of Physical Apparatus (With descriptions and instructions for use) E. Leybold’s Nachfolger Cologne [1910?]. Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/ .

La figura 300 è tratta da L. Segalin, Fisica sperimentale, vol. II, G. B. Paravia & C., Torino 1933. Si nota subito la somiglianza con la figura 7149/7157.

La figura 354 è a pag. 405 del testo di A. Del-Bue citato in bibliografia.
La figura 10204 è a pag. 614 del Physical Apparatus, Baird & Tatlock (London) Ltd. 1912. Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/pdf/sil14-52548.pdf .

L’ultima figura è all’inizio del catalogo Physikalische Apparate Ferdinand Ernecke Berlin S.W. Preiliste N° 18. Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/51667/ .
Bibliografia.
AA.VV., PPC Progetto Fisica, Vol. B, Zanichelli, Bologna 1986. G. Castelfranchi, Trattato di fisica, U. Hoepli, Milano 1941.
G. Castelfranchi, Fisica moderna, U. Hoepli, Milano 1934. S. Tolansky, Introduzione alla fisica atomica, Boringhieri, Torino 1966.
S. Weinberg, La scoperta delle particelle subatomiche, Zanichelli, Bologna 1986.
E. Segrè, Personaggi e scoperte nella fisica contemporanea, EST, Mondadori, Milano 1976. U. W. Goodenough e R. P. Levine, Genetica, Zanichelli, Bologna 1978.
L. Graetz, L`elettricità e le sue applicazioni, F.Vallardi, Milano 1907, da cui è tratta la fig. 4.
A. Del-Bue, Lezioni di Fisica generale, A. Signorelli, Roma 1933 da cui è tratta la fig.1. F. Cottignoli e A. Baccarini, Corso di fisica moderna, Calderini, Bologna 1973.
Scheda di istruzioni della Leybold n° 55571 del 9/1962 A .
La prima foto è di Daniele Maiani, le altre due su sfondo blu di Federico Balilli, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Tubo sonoro aperto con imboccatura a flauto e un foro

 Tubo sonoro a imboccatura a flauto, con un foro e aperto sulla sommità.
Il tubo è privo di ogni segno di riconoscimento e pertanto non è rintracciabile con sicurezza negli inventari d`epoca. Unico indizio è la vaga citazione nell`inventario del 1906 a pag. 234, n° 853, dove si legge: “4 tubi sonori differenti montati su sostegno. Condizione mediocre. ₤ 4”.
Negli inventari successivi resta la vaghezza delle descrizioni, ma i particolari costruttivi ci fanno ritenere che esso sia anteriore al 1906.
Le sue dimensioni sono: lunghezza 75,4 cm; lato esterno della sezione quadrata del tubo 8 cm.
Questi tipi di tubi possono essere aperti o chiusi sulla loro sommità. In essi il suono è prodotto mediante lo stesso principio del flauto dolce: l’aria viene immessa attraverso un’apertura alla base della canna. Salendo, l’aria si infrange contro un ostacolo chiamato anima o labium (da qui il nome di “canne labiali”), posto trasversalmente all’interno della canna stessa e dotato di un’apertura verso l’esterno, detta bocca della canna. L’aria si divide un due parti: una esce dalla bocca; l’altra va lungo la canna mettendola in risonanza e producendo il suono.
Entriamo nei particolari del suo funzionamento: la pressione dell`aria nei ventri è uguale a quella atmosferica, un foro aperto nella canna in un punto di ventre non cambia lo stato della colonna d`aria vibrante, mentre lo modifica in ogni altro punto.
Questo tubo presenta un foro, richiudibile con un turacciolo, a circa 2/3 della sua lunghezza, misurando dall`imboccatura: l`effetto prodotto consiste nell`eventuale variazione del suono reso.
Vogliamo qui descrivere come avviene la creazione del suono facendo riferimento alle figure nelle quali si vedono: lo spaccato della canna e i vortici d`aria.

L`aria immessa attraverso l`imboccatura viene compressa in una piccola zo
na (a sezione triangolare nel disegno) ed esce attraverso una stretta fenditura, urtando contro la lama (detta in gergo labbro superiore), verso l`esterno. Seguiamo il tragitto dell`aria che è appena uscita e che si trova circondata da altra aria a pressione atmosferica (intanto all`interno del tubo nelle vicinanze l`aria si è rarefatta). Passando attraverso il sottile pertugio, l`aria assume una forma laminare ed aumenta la sua velocità; per il principio di Bernoulli (o effetto Venturi) la velocità alta comporta una diminuzione di pressione nella lamina che viene quindi risucchiata all`interno del tubo determinando un rapido aumento della pressione. Ecco che ad un rarefazione è seguita una compressione che spinge di nuovo la lamina verso l`esterno. Il ciclo si ripete fino a che l`aria viene soffiata dal basso, e la successione di compressioni e rarefazioni genera il suono, la cui frequenza dipende dalla velocità con cui l`aria viene immessa. Essendo il tubo aperto alle due estremità, si forma un ventre su ognuna. L`onda di compressione che si presenta alle uscite viene riflessa e diventa di rarefazione e viceversa; pertanto all`interno si hanno fenomeni di sovrapposizione e, se la vibrazione ha la frequenza di risonanza propria del tubo si creano onde stazionarie.

Se si rinforza la corrente d`aria, il tubo si divide in varie sezioni vibranti (vedi fig. 649) e si passa dal suono fondamentale (a) all`ottava superiore (b) e, forzando ancor di più la corrente d`aria si ottiene il caso c. La lunghezza del tubo seleziona dunque le varie frequenze di risonanza secondo le note regole: fig. a) la frequenza fondamentale si ha quando la lunghezza del tubo è uguale a mezz`onda (la lunghezza d`onda è uguale al rapporto fra la velocità del suono nell`aria e la frequenza); fig. b) il secondo modo di vibrazione si ottiene quando la lunghezza del tubo è uguale alla lunghezza d`onda; fig. c) il terzo modo si ha per L = 3/2 della lunghezza d`onda; il quarto modo (non disegnato) si avrebbe per L = due lunghezze d`onda; ecc. come si vede nella fig. 649. Si noti la sequenza: L = 1/2 ; 2/2 ; 3/2; 4/2 la lunghezza d`onda.
Se invece il tubo fosse chiuso superiormente, si avrebbe: fig. a`) il modo fondamentale, per la lunghezza del tubo uguale ad 1/4 d`onda con il ventre alla base e il nodo sulla sommità chiusa (come per i risonatori dei diapason); fig. b`) il secondo modo, per L = 3/4 della lunghezza d`onda; il terzo modo di vibrare, per L = 5/4 della lunghezza d`onda [non rappresentato nel disegno, N.d.R.]; c`) il quarto modo per L = 7/4 della lunghezza d`onda; come si vede nella fig. 648.
Si noti che col tubo chiuso mancano le armoniche pari: si ha la sequenza: L = 1/4; 3/4; 5/4; 7/4 la lunghezza d`onda.
Una ulteriore riprova si può eseguire prendendo una serie di diapason, accostandoli successivamente all`imboccatura del tubo; si noterà che il tubo entra in risonanza solo per ben determinate frequenze: le stesse dei suoni emessi.
È ovvio che il nostro tubo si può chiudere sulla sommità, questa è la ragione delle due nostre spiegazioni e dovrebbe far riflettere il lettore sulla posizione del foro.
  Bibliografia: H. E. White, Scale e strumenti musicali, 1940, un capitolo del libro Fisica Classica e Moderna riportato su AA. VV. The Project Physics Course, Zanichelli, Bologna 1977; da cui è tratta la figura con i vortici d`aria.
G. Castelfranchi, Fisica Sperimentale e Applicata, Vol. I, U. Hoepli, Milano 1941, da cui sono tratte le figg. 648 e 649. Per vedere gli altri tubi sonori e la seconda parte scrivere “sonoro” su Cerca.
 Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Un componente del banco di Ampère


Un componente del banco di Ampère.
Nell`inventario D del 1937 al n° 425 si legge: “Banco di Ampère con accessori. ₤ 100 – prima destinazione Gabinetto di Fisica”.
Nell`inventario D del 1956 al n° 804 si legge: “Tavolo di Ampère con accessori”.
Il banco di Ampère è infatti composto da alcuni dispositivi atti a mostrare le forze dovute all`interazione tra magneti e correnti o tra due o più correnti elettriche.
Dopo l`esperienza del 1820 sull`interazione tra corrente elettrica e ago magnetico di H. C. Oersted (1777-1851), A. M. Ampère (1775- 1836) ebbe l`idea che il magnetismo delle calamite fosse dovuto a microcorrenti circolanti all`interno delle molecole e che quindi le forze (dette magnetiche) erano dovute sempre alle interazioni tra correnti.
Il 18 settembre del 1820 egli riferì all`Accademia delle Scienze di Parigi che due fili paralleli percorsi da correnti esercitano tra loro delle forze.
Il costruttore del banco di Ampère era Pixii, che nel 1832 divenne famoso per un suo generatore elettrico in corrente continua, realizzato su suggerimento di Ampère.
Gli esperimenti di Ampère si rivolsero dunque alle osservazioni sulle forze agenti tra fili conduttori (foggiati: o dritti o come spire o come bobine) percorsi da correnti, e sulle forze tra questi fili e calamite.
Nel 1826 egli rielaborò la sue precedenti pubblicazioni e scrisse le: “Mémoire sur la théorie mathématique des phénomenès élecrodynamiques uniquement dé duite de l`expérience“.
Incidentalmente aveva osservato anche gli effetti dell`induzione elettromagnetica, ma li attribuì erroneamente a difetti della strumentazione.
Secondo alcuni storici della fisica il primo a sperimentare gli effetti della corrente elettrica su un ago magnetico fu G. D. Romagnosi fin dal 1802, ma i suoi esperimenti, pur se pubblicati, non furono tenuti nella giusta considerazione.
Questo esemplare, classificabile tra gli accessori, pare il più antico dei componenti del banco.

Esso serve per mostrare che la forza magnetica segue la regola della mano destra: consideriamo il vettore del campo B uscente dalle dita del palmo aperto (le dita ricordano le linee di campo) e il verso della corrente elettrica rappresentato dal pollice, allora il vettore della forza uscirà dal palmo della mano.
L`apparecchio è formato da una base di legno, da un sostegno che regge un filo robusto, da un pozzetto contenente un po` di mercurio e da due morsetti. Tutti di ottone.
Il filo è incernierato sul sostegno e può ruotare, il suo estremo inferiore pesca nel mercurio del pozzetto.
Per fare la dimostrazione si collegano i morsetti ad un alimentatore in corrente continua e si fa passare nel filo una corrente di molti ampere dall`alto verso il basso, subito si avvicina al filo il polo nord di una calamita rettilinea e, osservando la scena di fronte, si vede il filo spostarsi verso destra. Viceversa, il filo si sposta verso sinistra se si avvicina il polo sud. Per completare l`esperimento si inverte il verso della corrente e si osserva di nuovo il comportamento del filo.
Si ricorda che il campo B è per convenzione uscente dal polo nord e entrante nel polo sud di una calamita.
Per la prova è bene disporre di un alimentatore che sopporti l`erogazione di una forte corrente, dovuta al corto circuito, senza danneggiarsi.
Oggi comunque l`uso del mercurio è vietato nelle scuole e l`oggetto non è utilizzabile per dimostrazioni didattiche.     Bibliografia.
L. Pearce Williams, André-Marie Ampère, Le Scienze, Marzo 1989.
AA. VV., P.P.C. Progetto Fisica, Vol. B, Zanichelli, Bologna 1986.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Tubo sonoro ad ancia battente


                     Tubo sonoro ad ancia battente.
  Nell`inventario generale n° 6 del 1925, a pag. 67             n°  2211/110, si legge: “Modello di organo vocale. ₤ 50”. Oltre ai tubi sonori con imboccatura a flauto, vi sono quelli con imboccatura ad ancia, come l`esemplare del Montani classificato modello di organo vocale.
Dimensioni del tubo: lunghezza 32,5 cm; lato esterno della sezione quadrata del tubo 5,7 cm; lunghezza del porta ancia 13 cm, dimensioni della parte sporgente dell`ancia 7 cm. L`ancia è una lamella flessibile di metallo o di legno che determina la vibrazione della colonna d`aria nello strumento a fiato. Il termine “rasiera” normalmente indica un arnese per raschiare o limare, mentre nell`ancia battente, la “rasiera mobile” serve a limitare la lunghezza della parte libera, permettendo così di variare la frequenza delle vibrazioni.
La finestrella di vetro consente di vederne la posizione che si fa variare con la parte dell`astina che esce in alto nei disegni. Questo esemplare manca del “calice” o “risonatore” come si vede in alcune figure, ma che secondo noi funge da adattatore di impedenza. Il nome “modello di organo vocale” deriva dal fatto che, nell`organo della voce, le due corde vocali sono le ance di un meraviglioso strumento musicale.
Nei registri ad ancia sono le dimensioni dell’ancia a determinare il suono e non la lunghezza o le dimensioni della canna. Le tube poste al di sopra delle ance, infatti, servono solo per amplificarne il suono, determinarne il timbro e sottolinearne gli armonici.
I registri ad ancia si suddividono in registri ad ancia battente e registri ad ancia libera. Nel primo caso la linguetta, vibrando, batte contro un’apposita parte in metallo, producendo un suono caratteristico. Nel secondo caso essa vibra liberamente e produce un suono più dolce.

Le fig. 104 e 105 sono tratte da J. Tyndall, Sound, edito da P. F. Collier & Son a New York nel 1902.

Le fig. 396 e 396 sono tratte da Wikimedia Commons che a sua volta l’ha tratta da El mundo físico: gravedad, gravitación, luz, calor, electricidad, magnetismo, etc. / A. Guillemin. – Barcelona Montaner y Simón, 1882.

Due figure sono state tratte da due diversi libri di O. Murani: la prima figura dal Trattato Elementare di Fisica, Vol. I, U. Hoepli, Milano 1933 e la fig. 194 si trova a  pag. 330 di Fisica, U. Hoepli, Milano 1921.
Riportiamo qui un brano del secondo libro: «Oltre i tubi sonori con imboccatura a flauto dei quali si è parlato, vi sono quelli con imboccatura a linguetta o ancia. Le linguette sono di due specie, libere e battenti; le linguette libere, come quelle delle fisarmoniche, consistono in molle che possono liberamente oscillare entro la finestra rettangolare  praticata in una scatola; esse, vibrando, agiscono come la sirena che apre e intercetta periodicamente la via alla corrente d`aria [L`autore si riferisce alle sirene di Seebeck o di Cagniard de la Tour, N. d. R.]. Una linguetta battente L di cui con la rasiera R si regola la parte vibrante si vede nella figura: essa è applicata contro l`apertura di un mezzo cannello, chiuso in fondo e aperto in cima, ed è fatta vibrare dalla corrente d`aria che viene da A. Un tubo che si adatta all`imboccatura V serve a rinforzare il suono, il quale in questo caso acquista una tempera aspra, a cagione dei colpi che la linguetta dà contro l`orlo del cannello. I registri dell`organo corrispondono a queste canne di diversa imboccatura, che danno suoni di tempera differente».

Abbiamo inoltre riportato: sia una parte delle pagine 268 e 269 del Elementary Treatise on Physics
Experimental and Applied transalted from Ganot’s Éléments De Physique by E. Atkinsons, W. Wood &
Co. New York 1910, con le relative figure 259, 260, 261. Rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/treatphysics00ganorich ;
sia parti delle pagine 149 e 150 del A. Ganot, Trattato Elementare di Fisica Sperimentale ed Applicata,
versione di G. Gorini, F. Pagnoni, Milano 1861.
Rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/bub_gb_1BsQibxllmYC .

E infine le figure 1290 e 1291 tratte da pag. 322 del Catalogue N° 22 Appareils de Physique Max Kohl
Chemnitz Saxe. Representants et Dépositaires pour la France Richard-Ch. Heller & Cie. Paris. 1905.
Rivenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9901.pdf
Per vedere gli altri tubi sonori e la seconda parte scrivere: “sonoro” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri e due foto di
Federico Balilli; elaborazioni, ricerche e testo a cura di Fabio Panfili.

 

 

 

 

 

Tubo sonoro aperto a imboccatura a flauto, a tre fori richiudibili, con finestra. Ing. Santarelli Firenze

 Tubo sonoro aperto con imboccatura a flauto, a tre fori richiudibili, con finestra, Ing. Santarelli Firenze.  Nell`inventario del 1906, a pag. 234 n° 851 si legge: “Tubo sonoro a parete di vetro (con tre fori richiudibili) della ditta Ing. Santarelli Firenze. Condizione buona. ₤ 6”.
Purtroppo l`incuria più che il tempo ha fatto i suoi danni, come si vede nelle foto; inoltre manca una delle tre valvole che chiudono i fori.
Dimensioni del tubo: lunghezza 75,4 cm; lato esterno della sezione quadrata del tubo 8 cm.
Questo tubo sonoro è particolarmente interessante poiché l`apertura di una valvola può mutare la disposizione delle onde stazionarie al suo interno, come vedremo tra poco.
La finestra allo stato attuale non è di vetro ma di resina sintetica trasparente non identificata.
La finestra permette di osservare le posizioni dei ventri e dei nodi e questo si fa calando al suo interno un tamburello munito di una membrana di pellicola trasparente con sopra un leggero strato di polvere di licopodio ben secca (vedi fig. 4), o sabbia fine o semolino.

I ventri si riconoscono perché la polvere di licopodio saltella vivacemente sul tamburello, mentre là dove sono i nodi la polvere resta ferma. In tal modo si possono vedere i cambiamenti che avvengono con le varie chiusure o aperture dei fori. Per spiegare l`influenza dei fori, trascriviamo un brano tratto dal Castelfranchi ( vedi bibliografia):
«Per mettere in evidenza le sezioni nodali e i ventri di un tubo sonoro, si ricorre ad una canna munita di fori chiusi con valvole: poiché nei ventri l`aria ha la stessa densità di quella esterna, aprendo un foro corrispondente ad una sezione ventrale il suono non muta; il suono invece muta, se il foro corrisponde ad una sezione nodale, dove l`aria è soggetta alle massime variazioni di densità.

Prendiamo una canna come quella della fig. 652, munita di fori chiusi da valvole, e regoliamo la velocità della corrente d`aria in modo ch`essa dia la nota fondamentale: apriamo ora la valvola di mezzo ove si trova un nodo; il suono sale subito all`ottava perché vi si sostituisce un ventre, e la lunghezza dell`onda diviene la metà. Ma se si fosse regolata la corrente d`aria in guisa che la canna avesse fin dal principio dato l`ottava, aprendo o chiudendo la valvola di mezzo, il suono non avrebbe subìto alcuna variazione».
Per altri dettagli sul funzionamento consultare la scheda del tubo ad un foro scrivendo “sonoro” su Cerca.
Bibliografia: L. Segalin, Fisica Sperimentale, Vol. II, G. B. Paravia & C. Torino 1933, da cui è tratta la fig. 4.
G. Castelfranchi, Fisica Sperimentale e Applicata, Vol. I, U. Hoepli, Milano 1941, da cui è tratta la fig. 652.

Riportiamo qui anche la figura 51-290 che si trova a pag. 236 di A Catalogue of Physical Instruments catalogue 17 L. E. Knott Apparatus Company Boston 1912, rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/catalogofphyinst00knotrich?q=Catalogue+of+Physical+Instruments

e le figure 268 , 270 di pag. 271 di Elementary Treatise on Physics Experimental and Applied transalted from Ganot’s Éléments De Physique by E. Atkinsons, W. Wood & Co. New York, 1910,
che si trova all’indirizzo:
https://archive.org/details/treatphysics00ganorich
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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