Tubi a raggi X.
Il tubo più grande, caratterizzato dal rigeneratore e catodo massiccio [che è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili] (a sinistra nella foto con tre tubi), forse corrisponde al n° 453 dell`inventario D del 1937 e sicuramente al n° 828 dell`inventario del 1956.
Quello al centro nell`inventario D del 1937 al n° 452 è detto: “tubo a raggi X semplice G 24”.
Il tubo a destra, da vuotare, è elencato col n° 817 nell`inventario del 1956 e forse corrisponde al N° 459 dell`inventario D del 1937 dove è scritto: “per pompa Cacciari”.
L`8 novembre 1895 W. K. Röntgen (1845-1923) scoprì i raggi X che vengono prodotti quando elettroni veloci urtano contro un bersaglio solido.
Essi sono fotoni di “piccola lunghezza d`onda” dai 20 nm, oltre l`ultravioletto, (raggi X ‘molli’), a 1 nm (raggi X ‘ordinari’), ai 10 pm (raggi X ‘duri’).
Röntgen aveva avvolto con cartone nero un tubo a raggi catodici e vide brillare alla distanza di circa un metro dal tubo un piccolo schermo di platinocianuro di bario, un materiale fluorescente.
Gli elettroni, accelerati nel tubo, colpivano il vetro che diventava verdastro ed emetteva raggi X. Immediatamente si mise a studiare questa nuova radiazione dal comportamento piuttosto misterioso che per ciò chiamò raggi X.
Essi hanno un potere notevole di penetrazione (sostanze diverse presentano gradi di trasparenza diversi), impressionano le lastre fotografiche, fornendo le foto delle ossa di esseri viventi, non vengono deviati da campi elettrici o magnetici, ionizzano i gas attraversati.
A tre mesi dalla loro scoperta i raggi X erano già usati in un ospedale di Vienna per preparare alcune operazioni chirurgiche.
In seguito si scoprì che i raggi X, per la loro piccola lunghezza d`onda, erano fondamentali nella cristallografia, nell`indagine fisica, nella radiobiologia, nella radiodiagnostica, nella radioterapia, nella microscopia detta appunto a raggi X, nella determinazione del modello del DNA, eccetera.
La dimostrazione più frequente che si faceva nelle scuole era la radioscopia della mano, “illuminata” dai raggi X e vista su uno schermo fluorescente. Era consigliabile non superare il minuto di esposizione. Gli spettatori dovevano stare a qualche metro di distanza e per non più di un minuto.
I primi tubi impiegati per la produzione di raggi X erano del tipo Crookes con tracce residue di gas, su cui era montato un robusto anticatodo.
Il Montani possiede diversi esemplari di tubi Röntgen di tipo didattico.
La sorgente di elettroni è un disco di alluminio (il catodo freddo). L`emissione degli elettroni avviene a causa del bombardamento degli ioni positivi sul catodo.
Un vuoto troppo spinto non permette questo meccanismo di estrazione di elettroni, quindi la produzione dei raggi X in questo tipo di tubo cessa. L`eventuale forma concava del catodo serve per focalizzare gli elettroni sull`anticatodo (tubi focus).
Gli ioni positivi sono attratti dal catodo negativo e gli elettroni vengono accelerati verso l`anodo (anticatodo positivo). Questo è costituito da una piastrina di nichel, rivestita di platino, orientata a 45° rispetto alla direzione degli elettroni ed è ben visibile quasi al centro dell`ampolla. Esso è soggetto a un vistoso logoramento se sottoposto ad un uso prolungato, per effetto degli urti elettronici.
L`anodo ausiliario, a forma discoidale, è applicato solo per ragioni tecniche di fabbricazione, esso non riveste alcuna funzione ed è collegato all`anticatodo con un filo a molla. Notevole, per le dimensioni dell`anticatodo massiccio (per smaltire rapidamente il calore) e per l`annerimento del vetro dell`ampolla, dovuto allo spruzzamento del metallo dell`anticatodo, nonché per il vistoso rigeneratore, è il tubo classificato con D 828 nell`inventario del 1956. Lo spruzzamento del metallo avviene quando si invertono i collegamenti: il platino viene polverizzato e funziona da getter rendendo duro il tubo, cioè quasi privo di gas. Durante questo processo si rovina anche il catodo. Quando il tubo funziona normalmente il vetro presenta una fluorescenza verdastra dalla parte opposta al catodo, nel caso di polarità invertite invece la fluorescenza è diffusa e non si hanno raggi X. Un tubo si indurisce anche per il lungo uso, per renderlo di nuovo efficiente, cioè morbido, bisogna liberare al suo interno una piccola traccia di gas, necessaria affinché gli ioni estraggano per urto gli elettroni dal catodo. Ciò si può fare col rigeneratore, che può essere un pezzetto di carbone (contenente un gas disciolto internamente), situato in una ampollina comunicante col tubo; il carboncino viene riscaldato dalla scintilla elettrica finché rilascia la giusta quantità di gas.
La tensione di alimentazione è fornita normalmente da un rocchetto di Ruhmkorff, collegando il catodo del tubo al terminale a disco e l`anticatodo al terminale a punta. Ma tale macchina produce una tensione alternata fortemente asimmetrica, quindi, per evitare l`inversione di polarità e i danni conseguenti, negli apparati più sofisticati si usava una valvola raddrizzatrice del tipo Villard.
Il Montani possiede un esemplare vagamente simile alla Villard, purtroppo rotto.
Gli elettroni vengono accelerati dal forte campo elettrico esistente fra catodo e anticatodo e, oltre a mantenere la ionizzazione, vanno a urtare gli atomi costituenti l`anticatodo. Nelle collisioni il 99% della loro energia è convertito in calore, mentre il resto è irradiato sotto forma di fotoni X. Questi fotoni sono generati in due modi diversi: 1) l`elettrone passa vicino al nucleo e in questa interazione emette una radiazione bianca, cioè a spettro continuo, detta di bremsstrahlung.
2) l`elettrone in arrivo urta un elettrone del livello K e lo espelle; un altro elettrone dell`atomo, passando dal suo livello superiore al livello K, emette un fotone X caratteristico del numero atomico dell`elemento costituente l`anticatodo, come fu osservato da H. G. J. Moseley nel 1912.
Questo meccanismo di emissione fu proposto da W. Kossel nel 1916 e si presenta con uno spettro a righe.
Le due figure senza numeri sono a pag. 29 del Machines à double rotation pour l’électrisation par influence, Appareils accessoires électriques, Appareils pour produire des rayons X. Rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9941.pdf
La figura 301 è a pag. 305 del testo Dr. L. Graetz, DIE ELEKTRIZITÄT UND IHRE ANWENDUNGEN. STUTTGART. VERLAG VON J. ENGELHORN. 1906. In essa si vede il rocchetto di Rhumkorff, e sotto lo schermo vi è una lastra per la fotografia. Il libro è rinvenibile al sito:
https://ia802604.us.archive.org/21/items/dieelektrizittu00graegoog/dieelektrizittu00graegoog.pdf
La figura 1507 è a pag 362 Catalogue N° 22 Appareils de Physique Max Kohl Chemnitz Saxe.
Representants et Dépositaires pour la France Richard-Ch. Heller & Cie. Paris. 1905. Rinvenibile
all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9901.pdf .
La figura 295 è a pag. 306 del testo di L. Graetz citato in bibliografia.
Le figure 7149/7157, 7159/7166 sono a pag. 264 e la figura 7167/7169 è a pag. 265 del Catalogue of Physical Apparatus (With descriptions and instructions for use) E. Leybold’s Nachfolger Cologne [1910?]. Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/ .
La figura 300 è tratta da L. Segalin, Fisica sperimentale, vol. II, G. B. Paravia & C., Torino 1933. Si nota subito la somiglianza con la figura 7149/7157.
La figura 354 è a pag. 405 del testo di A. Del-Bue citato in bibliografia.
La figura 10204 è a pag. 614 del Physical Apparatus, Baird & Tatlock (London) Ltd. 1912. Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/pdf/sil14-52548.pdf .
L’ultima figura è all’inizio del catalogo Physikalische Apparate Ferdinand Ernecke Berlin S.W. Preiliste N° 18. Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/51667/ .
Bibliografia.
AA.VV., PPC Progetto Fisica, Vol. B, Zanichelli, Bologna 1986. G. Castelfranchi, Trattato di fisica, U. Hoepli, Milano 1941.
G. Castelfranchi, Fisica moderna, U. Hoepli, Milano 1934. S. Tolansky, Introduzione alla fisica atomica, Boringhieri, Torino 1966.
S. Weinberg, La scoperta delle particelle subatomiche, Zanichelli, Bologna 1986.
E. Segrè, Personaggi e scoperte nella fisica contemporanea, EST, Mondadori, Milano 1976. U. W. Goodenough e R. P. Levine, Genetica, Zanichelli, Bologna 1978.
L. Graetz, L`elettricità e le sue applicazioni, F.Vallardi, Milano 1907, da cui è tratta la fig. 4.
A. Del-Bue, Lezioni di Fisica generale, A. Signorelli, Roma 1933 da cui è tratta la fig.1. F. Cottignoli e A. Baccarini, Corso di fisica moderna, Calderini, Bologna 1973.
Scheda di istruzioni della Leybold n° 55571 del 9/1962 A .
La prima foto è di Daniele Maiani, le altre due su sfondo blu di Federico Balilli, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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