Pompa Cacciari Matr. N° 104

                        Pompa Cacciari Matr. N° 104.
Una etichetta posta sulla pompa reca la scritta: “Brevettata ‘Cacciari’ Milano 104 Made in Italy”.

   Nell`inventario D del 1937 al n° 261 si legge: “Pompa Cacciari a vapori di mercurio (in metallo). Prima destinazione: Gabinetto di Fisica. ₤ 1.200”.
Stimiamo che sia anteriore al 1937.
Nello stesso inventario, al n° 459 viene dichiarato in esistenza un: “Tubo a raggi X per pompa
Cacciari”.
Sappiamo infatti che la pompa veniva usata per ottenere un buon vuoto nei tubi a raggi X non sigillati, nei due esemplari di tubi a bolla con giunto smerigliato e nei tubi a scarica rettilinei.
Federico Balilli, per molti anni tecnico del Laboratorio di Fisica, non l’ha mai vista in funzione ma afferma che era stata usata per l’alto vuoto molto prima del 1978, anno nel quale prese servizio. La pompa è alta 78 cm.
Una pompa Cacciari di tipo molto diverso (Gaede) è citata in un articolo di Enrico Fermi, riguardante un esperimento svolto nel 1922. Ne riportiamo il frontespizio e una pagina.

Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Ponte a filo E 0238 Officine Galileo Firenze

 Ponte a filo E 0238 Officine Galileo Firenze.
Purtroppo lo strumento non reca alcun numero di matricola, tranne che sul galvanometro.
Forse è identificabile con il n° 784 dell`inventario D del 1957 dove si legge un laconico: “Ponte a filo (Galileo)”.
Al Montani vi sono due esemplari di questo tipo di ponte.

 Questo modello viene descritto in un catalogo della casa costruttrice del 1957: “Ponte a filo con galvanometro, vibratore e cuffia tipo P.L.F.”.


 Come si vede nelle foto, deve essere alimentato esternamente con una tensione D.C. di 6 V e il galvanometro reca il numero di matricola E0238.
Esso può dunque funzionare sia in D.C. sia in A.C., tramite il vibratore (detto comunemente cicalino poiché genera un segnale elettrico a frequenza acustica ben udibile in cuffia).
Negli anni ’50 del secolo scorso si poteva usare un normale ponte a filo come questo per la funzione del ponte di Kohlrausch.
Per misurare la resistività di un elettrolito è infatti necessario l`uso della corrente alternata per evitarne un processo elettrolitico con la conseguente generazione di una forzacontroelettromotrice che falserebbe la misura stessa.
Il ponte a filo è del tipo Wheatstone con un lato costituito dalla resistenza incognita, il lato di paragone presenta una delle resistenze fisse 0.1 – 1 – 10 – 100 – 1000 – 10000 Ω, ognuna delle quali si può scegliere mediante la manopola posta a sinistra del galvanometro, e gli altri due lati sono determinati dalla posizione del cursore sul filo omogeneo e calibrato.
 Se la lunghezza del filo è L, un lato sarà dunque definito da un suo estremo fino al cursore e lo chiameremo l, e l`altro sarà definito da L – l; a questi lati corrispondono due resistenze proporzionali alle due lunghezze e il numero letto sulla scala è il loro rapporto. Il valore della resistenza incognita si trova pertanto con la formula:
R
x = (l/ L – l) × R,
dove: R è la resistenza inserita con la manopola, l/L – l è il rapporto letto sulla scala quando il galvanometro segna lo zero e il ponte è all`equilibrio.

L`aspetto della scala è dovuto dunque al rapporto fra le porzioni del filo determinate dalla posizione del cursore e somiglia vagamente a quello di una scala logaritmica.

A sinistra vi sono i due morsetti ai quali va collegata la R
x; sopra la manopola delle R vi sono i due morsetti per il collegamento con la batteria da 6 V; a destra del galvanometro vi è il deviatore che ha le posizioni GALV e TEL; sopra si vede il tasto T da usare durante la misura e infine a destra vi sono i due morsetti per collegare la cuffia, con la scritta TEL.
Le procedure per ottenere l`equilibrio sono descritte nelle schede relative ad altri ponti a filo; si prega quindi di  scrivere: “ponte” o “filo” o “Pontavi” o “Samar” su Cerca.
La prima figura è tratta da M. Panitteri – S. Barcio – D. Marucci,
Complementi di Fisica e Laboratorio, G. B. Paravia, Torino 1966.
La figura N 1145 e a pag. 290 del catalogo: Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica a cura del prof. R. Magini, Officine Galileo, 1940. L’esemplare in figura è più antico.
  Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Porta spati e/o nicol E. Leybold’s Nachfolger, Cöln-Rhein

Porta spati e/o nicol. Accessorio N° 19 dell`apparecchio di proiezione E. Leybold`s Nachfolger, Cöln-Rhein. Nell`inventario generale n° 6 del 1925, al n°2291/190 si legge: “Provenienza Zambelli Torino. Guernitura [sic] con 2 spati doppi; due nicols; due lenti. ₤ 1382,60”.
Esso si trova nell`inventario particolare per reparto n° 7/8 del 1925/1927 al n° 709-2291 nell`elenco degli accessori del proiettore e l’insieme degli  accessori ai quali ci si riferiva sopra è valutato in totale ₤ 1382,60. Nell`inventario D del 1937 si trova nell`elenco generale degli accessori al proiettore al n° 351 e l’ insieme è valutato ₤ 500.
La figura 3338 si trova a pag. 385 nel Catalogue des Appareils pour l’Enseignement de la Physique construit par E. Leybold’s  Nachfolger Cologne, 1905
rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9915_1.pdf
A pag. 385 si legge: “*3338. Garniture avec deux spaths doubles, deux nicols, deux lentilles, et 2 montures pour cristaux, en étui, . . . 225 Francs”.
La figura N° 2163 si trova a pag. 107 nel Catalogue of Physical Apparatus (with descriptions for use)
E. Leybold’s Nachfolger Cologne, (Germany) dei primi del Novecento. Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/
A pag. 111 si legge: “2163. Fitting No. 19 with two calcite crystals Nr. 20, two nicols No. 21 and 22, two lenses No. 24 and 25 and two crystals holders No. 23″ . . .$ 45,00”.
La figura 2132M si trova a pag. 107.
 In quest`oggetto trovano alloggio sia i due spati d`Islanda sia i due nicol, come si vede nella figura tratta dal catalogo citato sopra. Il porta spati/nicol è dotato di un disco girevole con una fenditura e 4 fori per la collimazione della luce. Esso viene inserito come si vede nelle foto della scheda relativa all`apparato di proiezione.
Per vedere gli altri accessori dell`apparecchio di proiezione della E. Leybold`s Nachfoger, Cöln-Rhein scrivere “Rhein” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Pozzo di Beccaria – Faraday, Off. Galileo Firenze N° 100421 (Museo MITI)

  ABSTRACT: Beccaria – Faraday`s well. Dated 1925, manufactured by Officine Galileo Florence.
Its didactic use is to show that within a conductor there are no electric charges in excess.
In order to carry out the experimental demonstration it is necessary to insert a charged little ball made of elder pith hanging from a non-conducting wire.
You let the ball drop from the top, if the ball keeps inside, its charge shows itself outside the well due to electric induction.
If the little ball comes into contact with the metal, its charge moves outside the well and it discharges itself as it results from a measurement performed through an electroscope. If we insert again the discharged ball in the well and we place it in contact with the internal wall, and then take it out again, we will note that the ball hasn`t picked up any charge while the electroscope will register the presence of electric charges on the external surface of the well.
Traduzione di Beatrice Pucci-Sisti, supervisione della prof.ssa Meri Biancucci.

Pozzo di Beccaria – Faraday.
Nell`inventario generale n° 6 del 1925, a pag. 68, n° 2240/139, si legge: “Officine Galileo Firenze. Cilindro di Faraday. ₤ 96”. destinato al Gabinetto di Fisica. Nell`inventario del 1927 al n° 658 – 2240 si legge di nuovo: “Cilindro di Faraday; ₤  96”.
Della ditta Officine Galileo Firenze, reca il n°100421.

Il pozzo ha forma cilindrica ed è aperto sulla sommità, l`astina di sostegno è di resina isolante.
Didatticamente serve per mostrare che all`interno di un conduttore cavo non esistono cariche elettriche in eccesso.
Per la dimostrazione sperimentale, dopo aver osservato con l’elettroscopio che il pozzo è inizialmente scarico (a), si carica una pallina di midollo di sambuco, appesa ad un filo isolante, e la si cala dall`alto.
Se la pallina staziona all`interno (b), la sua carica si rivela all`esterno del pozzo per induzione elettrica.
Se la pallina viene posta a contatto col metallo (c), la sua carica si trasferisce all`esterno del pozzo ed essa si scarica, come risulta da una misura successiva con l`elettroscopio. Introducendo di nuovo la pallina scarica dentro il pozzo e mettendola in contatto con la parete interna (d), alla successiva estrazione si nota che nessuna carica è stata acquisita dalla pallina; mentre l`elettroscopio segna la presenza di cariche sulla superficie esterna del pozzo.
Per i riferimenti storici ampia si consiglia di leggere la scheda dedicata alla “Sfera cava di Beccaria – Coulomb”.

Le figure mostrano in dettaglio le procedure sperimentali e sono tratte da M. Fazio e M. C. Montano, Una fisica nuova, Vol. I, Morano, Napoli, 1984 e da L. Miano, Fisica ed esercitazioni, Vol. II, Fabbri Editori, Milano, 1984.
Il pozzo è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Modello di anello Pacinotti Off. Galileo N° 105012

Piccolo modello di indotto Pacinotti, Officine Galileo – Firenze, matricola N° 105012.
Nell`inventario generale n° 6 del 1925 a pag. 68, n° 2262/161, si legge: “Officine Galileo Firenze. Anello di Pacinotti. ₤ 66,70”.
Si trova di nuovo nell`inventario D del 1937 al n° 431, costo ₤ 20. Prima destinazione: Gabinetto di Fisica.

Da ulteriori ricerche ci risulta che nel 1923 le Officine Galileo producevano già esemplari identici a questo.
L`anello appare per la prima volta come parte di una  macchina ideata nel 1858 e realizzata nel 1860 da Antonio Pacinotti (1848 – 1912), macchina considerata il primo generatore di corrente continua mediante induzione (dinamo). Nel 1863 Pacinotti pubblicò sulla rivista “Il nuovo cimento” un articolo in cui descriveva la sua “Macchinetta magneto-elettrica” ed anche alcuni possibili esperimenti. Ma non la brevettò.
La macchina fu poi  brevettata da Z. T. Gramme  nel 1869. Poi  venne  sempre più  perfezionata da altri, via via fino ai giorni nostri.
Questo esemplare di anello di induzione, per uso didattico, presenta sei bobine piatte poste in serie; le estremità contigue di ogni bobina inoltre sono saldate su placchette di rame isolate fra loro e fissate 
parallelamente l`una all`altra su un tamburo di materiale isolante coassiale con l’anello ; l`insieme dei contatti costituisce il collettore.
La macchina completa presenta due lamine metalliche (spazzole) poste  esternamente nella direzione del diametro del tamburo , in modo tale che strisciano a contatto con due  placchette opposte sul collettore, e un generatore di campo magnetico.
Questo può essere costituito o dai due poli di un magnete permanente o da due elettrocalamite che hanno il nucleo che in genere termina con un arco che sfiora l’anello.
La versione col magnete permanente ha un funzionamento più semplice ai fini della spiegazione.
La versione con elettrocalamite presenta un diverso transitorio iniziale.
Posto in rotazione l`anello, un piccolo magnetismo residuo esistente nel ferro del circuito magnetico consente di generare negli avvolgimenti dell`anello una corrente indotta che viene prelevata dalle spazzole e inviata sia alle elettrocalamite sia al circuito utilizzatore.
La debole corrente iniziale circolante nelle due elettrocalamite rafforza il campo magnetico e di conseguenza la f.e.m. indotta; la corrente aumenta così come il campo magnetico.    A regime la corrente prodotta serve sia per sostenere il campo magnetico, sia per alimentare il circuito esterno di utilizzazione.
L`insieme delle bobine determina una sequenza di tensioni pulsanti che sono sfasate dello stesso angolo.
Questa macchina è reversibile, nel senso che, se invece di prelevare corrente dalle spazzole, queste si collegano ad un generatore di corrente continua, la macchina inizia a ruotare e diventa un motore. Infatti, se si fornisce corrente continua alle sei bobine, si magnetizza il nucleo di ferro su cui è avvolto il suo circuito. Le azioni attrattive e repulsive che si determinano tra i poli dell’anello (rotore) e quelli dello statore (magnete permanente o due elettrocalamite) fanno nascere una coppia motrice che fa ruotare il rotore fornendo così energia meccanica di rotazione.

La figura N 1189 si trova a pag. 309 del catalogo: Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica a cura di R. Magini, Officine Galileo, 1940.La figura 56183 è tratta dal catalogo:
Appareils de Physique, E. Leybold’s Nachfolger Köln – Bayental, 1938; a pag. 181 si legge: “Modèle d’un anneau de Pacinotti, en bois”. Il catalogo si trova nella Biblioteca del Montani.
La figura 9747 è tratta dal catalogo: Physical Apparatus, Baird & Tatlock LTD, London England, 1912; a pag. 543 si legge: “9747 Model of Schuckert’s Flat Ring, with ring, collector, and axle of wood with windings”.La figura 62758 è tratta dal catalogo: Max Kohl A. G. Chemnitz ( Germany) , Vols. II and III, Physical Apparatus, 1926; a pag. 990 si legge: “Model of a Schuckert Flat Ring, with winding, Figure. with ring, commutator, and axis of wood”.
   E di nuovo nel catalogo Preisliste Nr. 100. Band III Physikalische Apparate Max Kohl A. G. Chemnitz del 1926, a pag. 992 si trova la stessa figura e vi si legge: “95436 Modell eines Schuckertschen Flachringes in gleicher Ausfürung”. Esso si trova all’indirizzo:
https://vlp.mpiwg-berlin.mpg.de/library/data/lit21186?
   Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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