Microscopio monoculare F. Koristka (Museo MITI)


       Microscopio monoculare Koristka.
Il microscopio a revolver, della ditta Fratelli Koristka N° 1716 Milano, risulta nell’inventario D del 1937 al n° 738 dove si legge: “Microscopio ‘Koriska’ con cassetta munito di n. 3 obiettivi e n. 3 oculari, corredato: tre scatole di cartone contenenti accessori – Una scatola con boccettina di vetro; un accessorio con specchi a riflessione – ₤ 3.500”. Destinato a Lab. e Aula di Tecnologia.
A matita a fianco si legge: “Passarlo al Gabinetto di Scienze”. Una nota a lato reca la scritta: “Riparato dalla ditta Galileo, vedi buono N° 46 ( 1-2-1950)”.
In seguito è stato destinato al Gabinetto di Fisica.
Esso, con piccole varianti, potrebbe essere il modello “Universal” altrimenti indicato come “Stativo U” che compare su un catalogo Koristka del 1928 (figura 24).
Così come potrebbe corrispondere, sempre con piccole varianti costruttive, all’esemplare del catalogo del 1936 visibile nella  figura 8.
Queste notizie sono state fornite dall’Ing. Massimo D’Apice.
Il microscopio Koristka, citato in una relazione del 1936, in prima assegnazione fu destinato alla specializzazione meccanica e serviva per controllare la lavorazione di piccoli pezzi, filettature e per rilievi metallurgici.
Abbiamo qualche  indizio da approfondire che l’esemplare possa essere più antico.
L’oggetto da osservare è posto poco al di là del fuoco dell’obiettivo a cortissima distanza focale, che ne da una immagine reale ingrandita e capovolta.
Questa immagine viene vista con l’oculare, di distanza focale molto maggiore, che ne fornisce una immagine virtuale diritta e ingrandita.
In definitiva si ottiene una immagine capovolta e fortemente ingrandita.
Però l’ingrandimento nei microscopi ottici è limitato dal potere risolutivo.
La capacità di distinguere due punti vicini e di circa 0,2 milionesimi di metro con luce bianca e non dipende dal tipo di lenti, ma dalla natura della luce.
Il cristallino dell’occhio, per la sua elasticità, non può accomodarsi per distanze inferiori a 25 cm.
L’immagine sulla retina è dovuta all’angolo sotto il quale l’occhio vede l’oggetto.
Il microscopio in sostanza aumenta questo angolo visuale.
Il microscopio Koristka negli anni trenta era ancora considerato moderno poiché ha gli obiettivi montati a revolver.
Questi non devono essere sostituiti ogni volta, ma solo ruotati.
Esso possiede tutte le
regolazioni di un moderno microscopio.
L’illuminazione dell’oggetto avviene per riflessione della luce sullo specchietto in basso. Il campione da studiare viene posto sopra un piattino che ha un foro per il passaggio della luce.
 In quegli anni ai microscopi ottici erano richieste le caratteristiche seguenti. Un buon microscopio, oltre all’ingrandimento, deve avere chiarezza delle immagini, potere risolutivo, cioè discernimento delle minute particolarità, e potere penetrante, che significa far vedere uno straterello profondo dell’oggetto, senza dover accomodare la messa a fuoco su un diverso piano.
 Nota storica: Francesco Koristka, di origine polacca, dopo aver lavorato a Vienna ed essere stato aiutante di Salmoiraghi, fondò a Milano nel 1881 la Ottica Meccanica F. Koristka, che divenne la più importante in Italia per la costruzione di microscopi ed ottica di precisione ed esportò sia in Europa sia in America. Ebbe contatti con E. Abbe (e quindi con la ditta Zeiss) e con la Krauss di Parigi.
Nel 1929 la ditta fu assorbita (in parte forse ) dalle Officine Galileo di Firenze.
Infatti un microscopio molto simile a questo ma delle Officine Galileo si trova all’indirizzo:
http://www.vb.irsa.cnr.it/crypta/stru/f12.html
Un microscopio monoculare Koristka sempre simile a questo si trova ad esempio all’indirizzo:
https://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=173426
Bibliografia.
O. Murani, Trattato elementare di fisica, Vol. II, U. Hoepli, Milano 1931.
Un ringraziamento va all’Ing. Massimo D`Apice, ricercatore presso l`ENEA, per i preziosi riscontri delle notizie tecniche e scientifiche.
Il microscopio è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Daniele Maiani, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Microscopio Olympus Tokyo Mod. GB, N° 232209

Microscopio Olympus Tokyo. Mod. GB, N° 232209.
Nell`inventario D del 1956 si trova al n° 3530 e risulta acquistato nel 1963 al costo di ₤ 268.600.

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Sullo sportello del contenitore si trova un foglio recante le seguenti scritte (vedi la foto):
«SPECIAL INSTRUCTIONS FOR OLYMPUS MICROSCOPES. 1. The objectives are parfocal only when draw-tube is extended to 160 mm. 2. If it is necessary to “increase” the tension on the coarse adjustment, this may be done by turning the two knurled coarse adjustment wheels against each other in “clockwise” rotation. To decrease tension turn wheels anti-clockwise. NOTE: Do not attempt to alter tension on the fine adjustment, which must not be tempered with. 3. To adjust tension on arm, tighten or loosen locking nut at swivel joint, using special tool provided. 4. “How to attach the Olympus Binocular head”. Olympus Binocular Attachment is available to Olympus Miscroscopes Model UCE, GB and MC. Direction: a. To UCE & Mc. Pull up the graduated draw tube cover of microscope and use special one provided in the wooden box for Binocular. The Binocular head can be attached on the microscope. In case when the weight of Binocular Attachment makes the tube moving down, this can be corrected by turning the two knurled coarse adjustment wheels against each other in clockwise rotation. To decrease tension, turn wheels anti-clockwise. However, do not attempt this on fine adjustment. Remark: For Binocular inspection, use paired eye-pieces which are engraved “Bi” at the top. These eye-pieces are especially made to Binocular. OLYMPUS OPTICAL CO., LTD. 34. 12. 5 M».
 «INSPECTION CERTIFICATE Manufacturer: Olympus Optical Co., Ltd.( 2-chome, hatagaya, Shibuia, Tokyo, Japan) Article. Olympus Serial No. 23902 This article has passed the test in conformity with the Japan Industrial Standard (JIS B 7 132).1 st class. Chief Inspector Olympus Optical Co., Ltd. MAGNIFICATION TABLE. Mechanical tube length: 160 mm. Objective: 10 X ; 40 X; 100 X. Ocular: 5 X; 10 X; 15 X. Spanner 1. Cedar oil».
Inoltre vi si trovano gli obiettivi e gli oculari sopra elencati ed anche un flaconcino contenente olio di cedro che viene impiegato quando si usa l`obiettivo 100 X che richiede la tecnica dell`immersione.
L`olio di cedro ha indice di rifrazione 1,515 e una goccia viene interposta tra preparato e obiettivo; l`indice dell`olio è maggiore di quello dell`aria e permette una maggiore risoluzione e di conseguenza una immagine più nitida.
Le istruzioni avvertono che gli obiettivi sono parafocali solo quando il tubo è allungato a 160 mm.
Si ricorda che la parafocalità consiste nel poter ruotare gli obiettivi mantenendo la messa a fuoco.
Seguono particolari raccomandazioni sulle operazioni da eseguire per il suo uso corretto onde evitare danneggiamenti; infine dal punto 4 in poi vi sono le istruzioni per installare una testa binoculare che non fa parte degli accessori di questo esemplare.
L`obiettivo F 10, matr. N° 258206, ha un`apertura numerica ( indice del potere di risoluzione ) di 0,25; l`obiettivo F 40, matr. N° 253522, ha apertura numerica di 0,65 e indica lo spessore massimo del vetrino in 0,17; l`obiettivo H 100, matr. N° 239700, ha apertura numerica 1,25 .
I tre oculari a corredo recano le seguenti scritte: 5 X; p 10 X; p 15 X.
Come è noto il microscopio assolve due importanti funzioni: ingrandisce oggetti poco visibili o invisibili ad occhio nudo e permette di vedere separati due oggetti che ad occhio nudo appaiono uniti (potere risolutivo).
Il potere risolutivo (e quindi l`ingrandimento) è limitato dal fenomeno della diffrazione che, in luce ordinaria, non permette un ingrandimento utile oltre 1000 X.
La ditta Olympus costruì il suo primo microscopio nel 1920 a Tokyo.
Questo modello risale al 1934 e infatti nelle istruzioni allegate c’è scritta questa data 34. 12. 5M; però nella parte che riguarda il suo collaudo non c`è data ed il numero di serie risulta diverso: 2390.. 21, come si vede  nella foto.
Esso è perfettamente funzionante ed era destinato al Laboratorio di Fisica.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Modello del pendolo di Foucault

   Modello del pendolo di Foucault.
Anteriore al 1956, il dispositivo serve per dare una dimostrazione rapida del principio su cui si basa il pendolo di Foucault: un pendolo messo in movimento non partecipa alla rotazione del sistema di riferimento in cui è posto, per il principio della conservazione del momento della quantità di moto.
Il pendolo di Foucault dunque conserva l`orientamento del piano iniziale di oscillazione, proprietà verificabile confrontando il suo moto con il sistema di riferimento delle cosiddette “stelle fisse”*, il sistema cioè considerato inerziale per eccellenza nella fisica classica pre-einsteiniana.
Esso mostra la rotazione della terra rispetto alle “stelle fisse” e si può affermare che, mentre il pendolo oscilla, il pavimento gli ruota sotto.
Mentre uno spettatore che ignori la proprietà del pendolo è convinto che sia il piano d’oscillazione del pendolo a ruotare rispetto al suolo.
Perchè questo è ciò che si vede.
Questa esperienza fu svolta da Foucault nel 1850 dapprima in una cantina e con un pendolo lungo due metri, poi nel 1851 sotto la grande cupola del Pantheon di Parigi, usando una massa di 28 kg sospesa con un filo metallico lungo 68 m, con un periodo di 16,4 s e un`ampiezza di 3 metri. Per compiere un giro completo impiegò 31 ore e 47 minuti. Una punta situata sotto la massa lasciava una traccia sulla sabbia sparsa sul pavimento.
Se l`esperimento fosse avvenuto al polo, il giro completo sarebbe avvenuto in sole 24 ore siderali, mentre all`equatore il piano di oscillazione del pendolo non sarebbe ruotato rispetto al suolo.
In realtà il moto del pendolo non si svolge su di un piano ma è molto complesso e la sua spiegazione si rimanda ai numerosi testi di fisica e di meccanica razionale.
Il prof. Mario Guidone e Federico Balilli (che costruì un  pendolo di Foucault appeso ad un ingegnoso sostegno) diedero diverse dimostrazioni al Montani, fino al 2004, della lenta rotazione del piano del pendolo (lungo circa 4 metri e di massa 5 kg) rispetto alla stanza, traguardandone il moto con due fasci laser.
Per svolgere la prova oggetto di questa scheda, si pone il dispositivo su una macchina rotante, si mette in movimento il pendolo e poi si avvia la macchina mantenendola a bassi giri. Purtroppo la prova ha breve durata poiché il pendolo non ha un adeguato sostegno e il semplice nodo della corda fa sì che questa entri in rotazione trascinando in rotazione anche il pendolo.
Infatti il vero pendolo di Foucault è agganciato al soffitto mediante un particolare dispositivo che lo rende non partecipe alla rotazione del soffitto stesso.
La figura che testimonia l`antico uso di questo modellino nelle scuole è tratta dal Catalogue of Physical Apparatus (With descriptions and instructions for use) E. Leybold’s Nachfolger, Cologne dei primi del Novecento, rinvenibile al sito:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/
Bibliografia: numerosissimi sono i libri e gli articoli che dedicano ampio spazio sia alla storia sia al funzionamento del pendolo di J. B. Léon Foucault (1819 – 1868).
Citiamo qui M. Guidone, Eppur si muove: la Torre, la Nave, il Pendolo di Foucault, Il Montani N° 2 , marzo 1989.
Le due figure che seguono testimoniano l’antico uso di questo modellino nelle scuole.
La figura 922 si trova a pag. 115 del Catalogue des Appareils pour l’Enseignement de la Physique construits par E. Leybold’s Nachfolger Cologne, 1905;  rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9915_1.pdf .
La figura 186 si trova a pag. 14 del Catalogue N° 10 Physical Instruments by Ferdinand Ernecke Berlin SW. O. Newmann & Co. London. W. C. forse del 1884, rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/catnumtenphyinst00newmrich/page/n5/mode/2up?q=F.+Ernecke .
   Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.
*Nota: prima di una rilevazione nel 1718 dell’astronomo E. Halley sulla discordanza della posizione di Sirio, Aldebaran e Arcturus rispetto ai dati contenuti nel catalogo di Ipparco di Nicea, si consideravano “fisse” quelle stelle che non sembravano cambiare la loro posizione relativa apparente negli anni. Questo fatto era dovuto alla loro enorme distanza dalla Terra e alla rudimentale accuratezza dei sistemi di osservazione. Oggi sappiamo che nessun oggetto dell’Universo è immobile.

 

 

Proiettore cinematografico sonoro 16 mm Cintia Dominator 3ª parte

Proiettore cinematografico sonoro 16 mm Cintia Dominator, mod. S, N° 01108. Terza parte.
Costruito in Italia dalla S.p.A. Cinelabor – Firenze. Come si legge su una targhetta.
Nell`inventario D del 1933/1937, al n° 1316 in data 20 giugno 1951 si legge: “Soc. Cinelabor – Firenze. Cineproiettore mod. Dominator 15″ sonoro a passo ridotto, completo di autotrasformatore per le varianti di tensione di alimentazione. £ 400.000”.
Esso è stato rinvenuto  dall`Ing. Claudio Profumieri e dal Prof. Fabio Panfili; l`Ing. Profumieri con la consueta perizia e meticolosità ha provveduto a smontarlo e ripulirlo in ogni sua parte rendendolo di nuovo efficiente.
Per ora manca il sonoro poiché la fotocellula non funziona; si pensa di sostituirla in seguito con una identica.
Apparato ottico: il proiettore è dotato di un obbiettivo METAL – LUX – P. Angenieux , F = 50  1 : 1.5 ; la lampada di proiezione (quarta e quinta foto) può avere una potenza di 500/750 W alimentata a 120 V; il raffreddamento della stessa è assicurato da una ventola calettata sullo stesso albero del motore.
Per consultare le altre sei parti scrivere “Dominator” su Cerca.
Elaborazioni e ricerche su inventari di Fabio Panfili. Restauro, foto e testo di Claudio Profumieri.
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Proiettore cinematografico sonoro 16 mm Cintia Dominator 4ª parte


Proiettore cinematografico sonoro 16 mm Cintia Dominator, mod. S, N° 01108. Quarta parte.
Costruito in Italia dalla S.p.A. Cinelabor – Firenze. Come si legge su una targhetta.
Nell`inventario D del 1933/1937, al n° 1316 in data 20 giugno 1951 si legge: “Soc. Cinelabor – Firenze. Cineproiettore mod. Dominator 15″ sonoro a passo ridotto, completo di autotrasformatore per le varianti di tensione di alimentazione. ₤ 400.000”.
Esso è stato rinvenuto  dall`Ing. Claudio Profumieri e dal Prof. Fabio Panfili; l`Ing. Profumieri con la consueta perizia e meticolosità ha provveduto a smontarlo e ripulirlo in ogni sua parte rendendolo di nuovo efficiente.
Per ora manca il sonoro poiché la fotocellula non funziona; si pensa di sostituirla in seguito con una identica.
Apparato audio: l`apparato audio si avvale di un amplificatore a 6 valvole con regolazione di intensità e timbro e la possibilità di collegare un microfono per le spiegazioni “fuori campo”.
Tutto il cablaggio dell`amplificatore è posizionato all`interno della base di appoggio della macchina, all`esterno, ben visibili nelle foto, sono montate le valvole per ovvi motivi di raffreddamento.
Per consultare le altre sei parti scrivere “Dominator” su Cerca.
Elaborazioni e ricerche su inventari di Fabio Panfili. Restauro, foto e testo di Claudio Profumieri.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.