Mavometer Original Gossen

         Mavometer Original Gossen.
Nell’inventario D del 1933/1937 al n° 409 si legge:
“Mavometro con quattro shunt e 3 resistenze addizionali. Quantità 2. ₤ 500. Prima destinazione (Gab. Fisica)”.
La data probabile di acquisto risale ai primi anni Trenta.
È un diffusissimo primitivo tipo di multimetro poiché può misurare correnti e tensioni continue e inoltre resistenze. Infatti il suo nome richiama i termini: “multi amperometro voltmetro”.
Esso deriva dal tipo Weston ed è a bobina mobile immersa nel campo di un magnete permanente, sistema questo che è stato il più diffuso fino all’avvento degli strumenti digitali. Infatti l’asse di rotazione è imperniato su pietre dure; l’ago di 39 mm di lunghezza termina a forma di coltello e questo, insieme allo specchietto, serve per diminuire l’errore di parallasse.
Dunque all’epoca era considerato uno strumento di precisione di basso consumo e quasi indipendente dalle variazioni di temperatura.
La precisione è dell’1% ; la resistenza interna è di 50 Ω con una caduta di tensione di 100 mV a cui ovviamente corrisponde una corrente massima di 2 mA.
Le portate fondo scala dipendono dal corredo di resistenze addizionali e shunt di cui lo strumento dispone.
All’epoca si trovavano resistenze addizionali per portate da 150 mV a 1000 V e shunt per portate da 5 mA a 10 A.
Per il funzionamento come voltmetro, la resistenza addizionale va inserita tra i morsetti SR ed R visibili in basso nella foto.
Per il funzionamento come amperometro lo shunt va inserito tra SR ed S. La boccola con stampato AV-, a sinistra in alto nella foto, è il polo comune negativo. Mentre quella con scritto A+ serve per l`inserimento amperometrico.
La boccola che reca V+ serve per l`inserimento voltmetrico.
Nelle foto si possono notare le due scale: quella superiore reca 75 divisioni f.s.; quella inferiore ha una portata f. s. di 50 divisioni. Tra le due scale c’è lo specchietto per ridurre l’errore di parallasse.
Si legge inoltre la scritta: “Mavometer D.R.P. Original Gossen”. Dove “D.R.P.” significa “Deutsche Reichs Patent”.
Il mavometro oggi non è funzionante.
Nella collezione dovrebbero esserci 4 shunt e 3 resistenze addizionali, come risulta dall’inventario, con prima destinazione il Gabinetto di Fisica, ma quelle che ci sono pervenute appartenevano a ben otto mavometri e ad altri due o tre strumenti della Gossen di cui uno è un voltamperometro la cui matricola è identica a quella delle sue resistenze accessorie N° 278502.
Per consultare le schede relative agli altri oggetti della Gossen si consiglia di  guardare nella sezione Radiotecnica. Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Megafono o portavoce

   Megafono o portavoce.
Nell`inventario del 1906, al n° 849 di pag. 232 si legge:  “Portavoce grande. Condizione buona. ₤ 5”, destinato al Gabinetto di Fisica e Chimica.
Fin dall`antichità ci si era accorti che, per rinforzare la voce in una direzione, si potevano mettere le mani a coppa intorno alla bocca.
In seguito qualcuno pensò di usare un corno di animale per ottenere un miglior effetto.
Il suono emesso dalle corde vocali, uscendo dalla bocca, passa da un ambito angusto ad una dimensione ben più vasta e poi si sparge: le onde sonore si diffondono assumendo quasi subito una forma sferica.

Se sulla bocca si posiziona il megafono, che è una tromba conica, le onde si propagano al suo interno come si vede nella fig. 1. La curvatura dei fronti d`onda è molto piccola se paragonata con le onde sferiche, pertanto l`energia irradiata ha una forte direzionalità. Se la differenza tra la curvatura in uscita e un fronte d`onda piano non supera 1/8 della lunghezza d`onda (come è mostrato in fig. 
1) la direttività è notevole.
Per inciso si fa notare che i criteri costruttivi delle trombe per le microonde sono di 1/16 della lunghezza d`onda.  Scrivendo “microonde” su Cerca si trovano due delle 4 schede dedicate ad un apparato a microonde della Phywe nelle quali si parla delle trombe di antenne per R.F. a 10 GHz.
La figura 2 mostra la relazione tra la lunghezza del megafono e la dimensione della sua apertura per ottenere la condizione che la curvatura del fronte d`onda non superi 1/8 dell`onda piana.
Certamente, più è lungo il megafono maggiore è la sua direzionalità.
La lunghezza complessiva di questo esemplare è di 49 cm, il cono è lungo 45 cm; il diametro interno della base del cono è di 15 cm, mentre il diametro della svasatura di uscita del suono è di 23,5 cm.
Assumendo, per semplificare, che la frequenza media della voce umana sia di 240 Hz e che la velocità del suono a 20 °C sia di 240 m/s, si avrebbe una lunghezza d`onda di 1 m; il megafono dunque sarebbe ben lontano dalla condizione illustrata in fig. 2 A e avrebbe una limitata direzionalità. La condizione di figura 2B richiederebbe addirittura un megafono lungo 25 m con un diametro massimo di 5 m. Diciamo anche che la forma del megafono introduce distorsioni della voce, ma questo aspetto è poco importante per il suo uso.

Le foto mostrano l`imboccatura, dove si posiziona appunto la bocca o la sorgente sonora, e l`uscita con la svasatura che nel tempo ha subito qualche ammaccatura.
Il megafono presenta due caratteristiche: direzionalità del suono e adattamento di impedenza acustica.
Il suo studio in fisica è identico a quello delle trombe degli strumenti musicali, delle trombe dei primi grammofoni, di molti tipi di altoparlanti, degli antichi cornetti acustici ecc. Non ci soffermiamo sull`adattamento di impedenza acustica, limitandoci a dire che questa è il rapporto tra la pressione sonora e il prodotto della velocità delle particelle d`aria per la superficie attraversata dalle onde sonore ad una data frequenza.
Per avere il miglior adattamento di impedenza la sezione del megafono dovrebbe essere parabolica.
Se si dispone di un tipo di altoparlante a tromba di metallo che si possa svitare rispetto al generatore del suono, si può fare un esperimento che illustra l`importanza dell`adattamento di impedenza.
Esso consiste nel togliere la tromba e nel far funzionare la piccola membrana mossa dalla bobina immersa nel campo magnetico: il suono ne risulta fortemente indebolito.
A questo punto si avvita la tromba al generatore e si sente subito l`aumento dell`energia sonora che si diffonde nell`aria.
Pare che il megafono fosse noto agli arabi fin dal XVI Secolo; al solito vi sono questioni di priorità tra l’inglese S . Morland (tra il 1665 e il 1671) e A. Kircher (1673). J. H. Lambert ne enunciò la teoria; T. H. Edison costruì un grande e complesso megafono nel 1878 che trasmetteva un sussurro ad almeno un chilometro di distanza.
È noto che le trombe furono usate nei primi grammofoni, e molti altoparlanti elettromagnetici avevano trombe delle forme più svariate.
Tra le tante immagini che si trovano nei cataloghi d’epoca e in rete, abbiamo scelto il frontespizio di un libro di acustica di J. Tyndall dal semplice e suggestivo titolo: Sound, edito da P. F. Collier & Son a New York nel 1902. In essa si vede il megafono di una sirena rivolto verso il mare. Con questo apparato Tyndall investigò sugli effetti della pioggia e della nebbia sulla propagazione del suono, dal maggio al luglio del 1873.

La figura 241 è pag. 199 del Catalogue Raisonné des instruments de precision de E. Ducretet ( 1905?), rinvenibile all’indirizzo http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M5591.pdf .
Essa mostra la tromba usata nei primi grammofoni. In questo caso il suono era provocato dal moto relativo tra il solco e la puntina che comunicava la vibrazione ad un diaframma. Le puntine e i diaframmi potevano essere di molti materiali, a seconda delle scelte dei costruttori.
Nella cartolina del primo Novecento visibile qui sotto si vede il portavoce  sul tavolo a destra dello specchio e a sinistra del pendolo compensato.
Bibliografia: W. E. Kock, Onde sonore e onde luminose, Zanichelli, Bologna 1966, dal quale sono tratte le figure 1 e 2.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Lampada o valvola Philips Tre Stelle 1ª parte

Lampada o valvola Philips Tre Stelle. Prima parte.
Le tre stelle accompagnano il marchio Philips e sono ben visibili sul bulbo. Non è rinvenibile né negli inventari, né nei cataloghi della Philips e neppure in rete, e sembra molto antica.
La sua lunghezza è di 235 mm e il diametro è di 25 mm. Questa valvola o lampada desta alcune perplessità per diversi motivi.
1°) Le sue caratteristiche costruttive ed elettriche non la fanno somigliare ai barretter o ballast resistor che in genere hanno lunghi e sottili filamenti, mentre essa ha un robusto filamento dotato di multipli e curiosi contatti con i lunghi e spessi reofori. Reofori che fanno capo ad una base di fattura inusuale.
2°) Le prove sperimentali, a cui è stata sottoposta dagli Ingegneri Claudio Profumieri e Lorenzo Cognigni e dal Prof. Franco Piergentili, hanno evidenziato che il suo funzionamento è piuttosto bizzarro come si può vedere nelle foto e nei diagrammi riportati nelle schede successive. Il filamento ha una notevole inerzia all`accensione: se ad esempio viene alimentato intorno ai 7 A passa dall`oscurità ad una debole accensione impiegando molti secondi. Con una tensione di alimentazione di 3,89 V e una corrente di 7,52 A in C.A. si vede il filamento appena arrossato con una potenza dissipata di 29 W e una resistenza a quella temperatura di 0,52 Ω.
Si ricordi che in C.A. i valori letti dal tester sono efficaci.
Si nota che a freddo la resistenza offerta, misurata direttamente, è di 0,37 Ω, mentre una misura sempre diretta, eseguita subito dopo il riscaldamento e dunque in regime di raffreddamento, segna in rapida successione i valori di 1,8 Ω, 1,13 Ω, 0,74 Ω; valori che non corrispondono ai rapporti tra tensione e corrente rilevati durante il funzionamento.
In C.C.
si raggiunge una debole accensione a 6,73 A con una tensione di soli 2,27 V con una potenza dissipata di 15,3 W e una resistenza di 0,34 Ω.
3°) Non sappiamo se all`interno del tubo vi sia un gas o se esso sia vuoto.
4°) La forma della base richiama quelle delle antiche lampade a incandescenza di fine Ottocento, ma, pur disponendo di una vastissima letteratura in merito, non abbiamo trovato nessuna somiglianza con questo esemplare. Certamente la Philips, che vanta un`esperienza di oltre 120 anni nella fabbricazione di lampade, avrà creato uno zoccolo originale.
Ringraziamo in ordine alfabetico per i suggerimenti e le osservazioni fatte dai loro luoghi lontani, senza citare i loro lunghi curriculum: il Dott. Paolo Brenni, l`Ing. Marco Ducco IK1PXM, il Prof. Ing. Adriano Montanari, il Dr. Leonardo Mureddu, l`Ing. Gabriele Seleri.
La responsabilità scientifica di quanto scritto è comunque dell`estensore delle schede.
Ringraziamo sentitamente la Prof.ssa Elena Calamo Specchia Senior Press Officer Philips Group Communications per aver cortesemente attivato le ricerche effettuate dalla dottoressa Marianka Louwers, degli Archivi Royal Philips, che ringraziamo per la gentile collaborazione.
I suggerimenti ricevuti spaziavano su molti possibili impieghi, ma le stranezze sia costruttive sia del comportamento elettrico della lampada lasciavano tutti i nostri illustri ma distanti collaboratori alquanto perplessi. Certamente per trovare una possibile spiegazione sarebbe occorsa una ben più approfondita sperimentazione, ad esempio ad alte frequenze, per quanto la conformazione geometrica dei reofori del filamento non pare costituire una linea consueta, per alcune sue asimmetrie.
Per consultare le altre due parti  scrivere: “Tre Stelle” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri; elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Lampada o valvola Philips Tre Stelle 3ª parte

       Lampada o valvola Philips Tre Stelle. Terza parte.
Le tre stelle seguono il marchio Philips e sono ben visibili sul bulbo.
Non è rinvenibile né negli inventari, né nei cataloghi della Philips e neppure in rete e sembra molto antica.
La sua lunghezza è di 235 mm e il diametro è di 25 mm.
Le prove sperimentali in corrente continua, a cui è stata sottoposta dagli Ingegneri Lorenzo Cognigni e Claudio Profumieri, hanno evidenziato che il suo funzionamento è limitato ad una caduta di tensione massima dell`ordine 2,9 V mentre la corrente è di 7,9 A quando il filamento è bianco rossastro come si può vedere nelle foto.
I dati sperimentali sono riportati nei due diagrammi. Mantenendo per diversi secondi la tensione sui 2,27 V con una corrente di 6,73 A il filamento passa lentamente dall`oscurità ad una debole accensione, presentando un`inerzia non comune per chi è abituato con le comuni lampade incandescenti; la potenza assorbita è di 15,3 W. Del resto il filamento presenta un certo spessore. Alla tensione di 2,89 V e con una corrente di 7,9 A si vede il filamento bianco-rossastro, con una potenza dissipata di 23 W e una resistenza a quella temperatura di 0,36 Ω.
I dati sono stati elaborati al solo scopo di osservare il comportamento dell`oggetto. Non si è voluto aumentare la corrente per evitare una eventuale rottura del filamento. Una delle ipotesi fatte è che si tratti di una particolare lampada da proiettore alimentata da un trasformatore con un secondario di poche ma robuste spire, tale da fornire una forte corrente a bassa tensione; forse la conformazione del filamento era adatta per essere posta nel fuoco di uno specchio parabolico, viste le sue dimensioni contenute. Ma restano molti e fondati dubbi sul suo reale impiego.
Per consultare le altre due parti  scrivere “Tre Stelle” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Nefoscopio a specchio SIAP ( Aeronautica Militare)

Nefoscopio a specchio tipo “Agostinho”.
Ditta costruttrice SIAP (Società Italiana Apparecchi di Precisione) – Bologna.
Donato dall`Aeronautica Militare.
Un cartoncino, legato ad un piedino, reca la scritta:
«collaudato il 26 – 1- 1940».
  Il nefoscopio era usato per le misure della direzione e velocità di una nube una volta stimata la sua altezza.
Manca il piccolo regolo utile per le misure che avvengono sulla lastra di vetro. Questo regolo ha le divisioni intervallate di 1,33 mm, scelta adatta per misure intervallate dal tempo di un minuto.
Per velocità notevoli della nube, si possono fare le osservazioni in trenta secondi e dunque la lettura del regolo va moltiplicata per due.
Allegate al nefoscopio ci sono le istruzioni molto dettagliate per l`uso, dalle quali abbiamo tratto, con qualche adattamento, le seguenti note.
L`apparecchio è costituito da una scatola cilindrica di metallo di 25 cm di diametro, sostenuta da tre viti calanti, avente come fondo uno specchio e come coperchio (a 4 cm dal fondo) una lastra di vetro trasparente.
Sul bordo della cornice che tiene ferma la lastra di vetro è incisa la graduazione da 0° a 360°. 
Al centro della lastra di vetro sono incise due linee fra loro perpendicolari.
La posizione apparente di un punto particolare della nuvola, assunta durante l`osservazione, riflessa dallo specchio viene segnata sul vetro con una penna ad inchiostro.

Lo strumento viene livellato, con l`ausilio della livella sferica a bolla ben visibile nelle foto, e orientato con una bussola in modo tale che lo zero (Nord) sia diretto verso il Sud.

Questo perché il moto del punto-immagine ab è opposto al moto del punto-nube AB. Nella figura allegata: M è lo specchio a superficie piana in posizione orizzontale; V la lastra di vetro trasparente posta a 4 cm dallo specchio accuratamente parallela e dunque orizzontale; A un punto nube in un determinato momento; A¹ l`immagine di questo punto data dallo specchio M; R un punto segnato con la penna sulla lastra di vetro V; R¹ l`immagine di questo punto data dallo specchio M.
Guardando verso lo specchio in modo da vedere il punto R¹ proiettato sul punto A¹, si segna con la penna il punto a dove la linea A¹R¹, incontra la superficie del vetro V.
Dopo un certo tempo (per esempio un minuto) il punto A della nube si sarà spostato in B e la sua immagine A¹ in B¹. Si segna con la penna un secondo punto b dove la linea B¹R¹ incontra la superficie del vetro V.
Si hanno due coppie di triangoli simili R¹A¹B¹ ; R¹ ab ; e R¹B¹R² ; R¹Rb. Da tale similitudine si ottiene A¹B¹ = AB = (R¹R² / RR¹) · a b ; dove R¹R² rappresenta, a meno della distanza tra vetro e specchio (del tutto trascurabile), l`altezza della nube, che si considera per ora uguale a 1000 metri. RR¹ è il doppio della distanza di 4 cm tra la lastra di vetro e lo specchio, e dunque nel nostro caso è di 0,08 m. Si ha quindi (R¹R² / RR¹) = 1000/0,08 = 12 500 , vale a dire che se la nube si trova ad una altezza di 1000 m, lo spostamento a b misurato sulla lastra è 1/ 12 500 dello spostamento reale della nube. Cioè misurando ab si ottiene AB. Con il regolo di cui si è parlato sopra si ha poi immediatamente la velocità della nube in km /h se i punti sono stati segnati in un intervallo di un minuto. Se, per esempio la velocità della nube è di 1 km/h, la distanza AB percorsa in un minuto sarà : 1 000/60 e ab sarà uguale a questa distanza divisa per 12 500, cioè: ab = 1 000/ 60 · 12 500 = 0,00133 m (1,33 mm è l`unità di misura del regolo, sempre nell`intervallo di un minuto). Per ottenere la velocità della nube si moltiplica la velocità rapportata all`altezza di 1000 m per l`altezza effettiva della nube stessa stimata in km.
[N. d. R.: le istruzioni non spiegano in quale modo si pu
ò eseguire una stima attendibile dell`altezza delle nuvola].
L’ultima foto è di Ilaria Leoni. Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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