Livella torica a bolla Off. Galileo Firenze

      Livella torica a bolla Off. Galileo Firenze.
Acquistata nel novembre del 1962. Riguardo alle registrazioni sull`inventario D del 1956 non c`è corrispondenza tra la marca e il numero che troviamo sulla livella in questione: al n° 3176 – 7 si legge: “Officine Galileo-Firenze Livelle lineari a bolla d`aria” destinate a Fisica ed è evidente che ci si riferisca a questo esemplare e ad un altro identico. Mentre il numero che si legge sul medesimo è 3196 che si riferisce ad una “Livella a bolla d`aria tipo di precisione” acquistata presso la Paravia di Pescara.

La figura A 145 è a pag. 55 del catalogo: Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica a cura del prof. R. Magini, Officine Galileo, 1940.
La livella torica può essere utile per tre funzioni: 1) rendere orizzontale un segmento di retta o una porzione di piano; 2) rendere verticale un segmento; 3) misurare piccoli angoli di inclinazione di un segmento rispetto all’orizzonte.
La livella a bolla “d’aria”  fu inventata da M. Thévenot, che la descrisse nel 1666.
Il tubo di vetro è leggermente arcuato con un raggio di curvatura che può raggiungere parecchie decine di metri, pertanto è detto “torico”; esso è parzialmente riempito da un liquido come alcol o etere, per la loro fluidità, e la bolla è costituita da aria e vapore del liquido stesso.
La bolla, avendo una densità minore del liquido, tende a galleggiare portandosi nella parte più alta.
Il tubo di vetro è ermeticamente chiuso e una sua parte appare su una finestrella di un cilindro metallico di custodia.
Detta finestra può all’occorrenza essere chiusa ruotando una piccola vite che scorre su una guida, come si vede nelle foto.
Le tacche incise sul vetro distano tra loro di 2 mm (per convenzione internazionale) e questo intervallo si dice  “particella”.
Nelle livelle più antiche la particella è di una “linea di Parigi” cioè di 2,26 mm.

La tangente nel punto centrale C (“vertice”) è detta “asse” della livella.
Quando la livella è in piano orizzontale la bolla si trova in posizione simmetrica rispetto a C e l`asse della livella è orizzontale.
Il cilindro poggia su due perni (detti “bracci”) costituiti da viti per la taratura della livella. La base su cui sono inseriti i perni deve essere ovviamente robusta e piana, come appare nelle foto.
  Per controllare se la livella è tarata (o “giusta”), basta porla su un piano anche non perfettamente orizzontale, osservare bene la posizione della bolla rispetto alle incisioni centrali sul tubo di vetro e poi ruotare la livella di 180° tenendola sempre in appoggio sul piano; se la bolla non si trova di nuovo nella stessa posizione rispetto la centro, bisogna procedere alla taratura (o “rettifica”).
Per fare ciò il modo più semplice è riportare al centro la bolla agendo per metà dell`angolo su una vite e per metà sul piano, poi ruotare la livella di 180° e ripetere l`operazione; dopo alcuni tentativi si ottengono due risultati: la livella è giusta e il piano è orizzontale.
Certo, il metodo migliore sarebbe per la rettifica quello di disporre di un laboratorio nel quale vi sia un piano notoriamente orizzontale e/o una livella di comparazione giusta; in questo caso per tarare la livella è sufficiente agire sulla vite per centrare la bolla, ruotare la livella di 180° e centrare di nuovo la bolla, sempre procedendo per tentativi successivi.
  In numerose misure di laboratorio di precisione ci si trova spesso a dover rendere orizzontale un piano munito di tre viti calanti, disposte ai vertici di un triangolo equilatero; in questo caso si procede ponendo la livella su di un segmento congiungente i centri di due viti calanti e regolarle fino ad ottenere che la bolla sia al centro, poi si pone la livella sul segmento che parte dal centro della terza vite e che sia perpendicolare al precedente segmento; si regolano le viti per ottenere di nuovo la centratura della bolla.
Al solito bisogna ripetere più volte l`intera procedura fino a che con la livella spostata in varie posizioni sul piano la bolla resta in posizione centrale.
La sensibilità di una livella è data dall`angolo di cui bisogna inclinarla affinché la bolla si sposti di un millimetro; questo esemplare ha una sensibilità di 30″ come si legge sulla base. La sensibilità cresce col raggio di curvatura del segmento di toro.
  Con la livella si può misurare dunque l`inclinazione di un asse. Posta la livella sull`asse, si legge la graduazione segnata dai due estremi della bolla; la differenza tra il vertice C e la media delle letture moltiplicata per il valore angolare della particella, fornisce l`inclinazione dell`asse.

  Non bisogna confondere la livella con il livello, uno strumento adibito al rilievo di dislivelli che nella versione col cannocchiale è munito di una o più livelle toriche. Alcune livelle toriche per livelli di alta precisione possono raggiungere la sensibilità di 2″, mentre nei teodoliti per osservazioni astronomiche possono essere inferiori ad 1″. Per vedere il LIVELLO – TACHEOMETRO TG4 delle Off. Galileo di Firenze  scrivere “tg4” Su Cerca.
  Bibliografia:
M. Panitteri e V. Ruggiero, Esercitazioni di Laboratorio di Fisica, Vol. I, G. B. Paravia & C. 1961.
Enciclopedia delle Scienze e delle Tecniche Galileo, Sadea, Firenze 1966.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Livello tacheometro Off. Galileo TG4 N° G2c 02321

           Livello tacheometro Off. Galileo TG4.
Matricola N° G2c 02321 delle Officine Galileo, Firenze.
Acquistato nel 1956 presso Cavalletti a Fermo al prezzo di ₤ 140.000.
Si trova nell`appendice dell`inventario D del 1937 al n° 1745 in data 1956 con la scritta: “Livello tacheometro Galileo”.
Il livello è uno strumento atto ad eseguire livellazioni geometriche o per fornire una linea di “mira” orizzontale.
Il tacheometro serve per la misura degli angoli nel piano azimutale e nel piano zenitale ed è in sostanza un teodolite di minor precisione.
Schematicamente è costituito da una livella torica (vedi la livella torica a bolla delle Off. Galileo Firenze scrivendo “Livella” su Cerca), in genere fissata su una base girevole intorno ad un perno verticale, che serve a trovare al direzione orizzontale e dal cannocchiale.
Questo esemplare è un livello-tacheometro cioè un tacheometro fornito della livella disposta parallelamente all`asse di collimazione del cannocchiale.
La messa a fuoco si ottiene agendo direttamente sul tubo dell`oculare.
Col microscopio semplice posto sul cerchio azimutale si leggono gli angoli mediante un nonio; il cerchio azimutale è diviso in 400 parti (cioè l`angolo retto è diviso in 100 parti) con la minima divisione di 0,5 ; il nonio reca 11 parti che vanno da 0 a 50 con la minima divisione leggibile di 5 unità: facendo corrispondere lo zero del nonio allo zero della scala azimutale il 50 del nonio corrisponde a 4,5 sulla scala, pertanto la precisione del nonio è di 1/10.
Con l`altro microscopio posto sull`arco di cerchio zenitale si leggono gli angoli sempre in una scala particolare non sessagesimale che va da 60 quando il telescopio guarda verso l`alto a 145 quando il telescopio guarda verso il basso con la minima divisione leggibile di 0,5; il nonio è identico a quello azimutale.
Il copriscala di celluloide che proteggeva la scala zenitale si era opacizzato e deformato con gli anni, impedendo sia la lettura sia la protezione dalla polvere ed ha richiesto la sua sostituzione.
Il lieve ed efficace restauro è opera dell`ing. Profumieri.
Tra gli accessori posti nella scatola si nota un filo a piombo.
 Bibliografia: Enciclopedia delle Scienze e delle Tecniche Galileo, Sadea, Firenze 1966.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Stereoscopio di Brewster


Stereoscopio di Brewster.

Nel 2013 abbiamo rivenuto questo stereoscopio che pare sia continuamente menzionato negli inventari a partire dal 1906. Ma l’incompatibilità del formato delle foto da usare con i due esemplari dell’odierna collezione fa pensare che ve ne sia stato un altro.
Nell`inventario del 1906, al n° 842 si legge: “Stereoscopio; condizione mediocre; ₤ 3”.
Nell`inventario del 1912 si trova al n° 885: “Stereoscopio; condizione cattiva: ₤ 2”.
Nell`inventario del 1919, al n° 838/15 di pag. 38 si legge: “Stereoscopio mancante di una lente con 16 vedute, ₤ 10”. L`aumento del prezzo e la menzione delle vedute potrebbe far pensare che ci si riferisca dunque ad un altro oggetto.
Allo stato attuale lo strumento è privo di entrambe le lenti.
Lo stereoscopio è un apparecchio per mezzo del quale si vede in tre dimensioni l`immagine di un oggetto fotografato da due punti che distano tra loro quanto gli occhi. Ogni cartoncino riporta dunque due foto affiancate dello stesso oggetto.

Wheatstone costruì il primo stereoscopio a riflessione tra il 1830 e il 1832 basandosi sull`idea che il senso di profondità venisse dalla lieve differenza angolare di visione percepita dagli occhi. La sua descrizione è riportata in una pubblicazione del 1838.
Tra il 1844 e il 1849 Brewster diede del visore una versione simile a quella di questo esemplare. Il costruttore Duboscq, nel 1850 lo rese popolare.
Un metodo semplice ed efficace per ottenere le due foto dello stesso soggetto affiancate consisteva nel disporre di una macchina fotografica munita di due obiettivi, in sostituzione degli occhi, che fotografavano lo stesso soggetto.
Dal negativo si ottenevano dei cartoncini come quelli riportati nella scheda dell`altro esemplare.
Nei due oculari erano poste due lenti convergenti regolabili per la messa a fuoco che fanno vedere le due immagini sovrapposte.
Le figure 54306 e 54359 sono a pag. 524 del Price List No 50 Vols. II and III Physical Apparatus Vol II
Max Khol A.G. Chemnitz [1909-11?]; rinvenibile all’indirizzo:
https://ia802605.us.archive.org/4/items/pricelistno5023kohlrich/pricelistno5023kohlrich.pdf

La figura 4568 è a pag. 477 del Catalogue des Appareils pour l’Enseignement de la Physique construit par E. Leybold’s Nachfolger Cologne, 1905; rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9915_1.pdf

Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Macchina centrifuga con due tubi a V, Off. Galileo

                Macchina centrifuga con due tubi a V.
Casa costruttrice: Officine Galileo, matr. N° 60288. Nell`inventario per categoria n°7/8 a pag. 175 in data 1925 e n° 714/2296 si legge: “Officine Galileo Firenze. Apparecchio tubi inclinati”.
Poi nell`inventario D del 1933/1937, al n° 217, si trova un “Tubo di vetro inclinato montato per centrifugare acqua e mercurio”.
Ma forse questo esemplare, costituito da due tubi di resina sintetica, è stato ricostruito dopo una eventuale rottura dei tubi originali.

La figura B 289 si trova a pag. 29 del catalogo: Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica a cura del
prof. R. Magini, Officine Galileo, 1940.
In un tubo vi è una sferetta di acciaio e nell`altro una di materiale leggero che era verniciata di rosso, ma ora è scolorita.
Chi scrive ha usato per anni questo dispositivo solo con acqua, nelle dimostrazioni sperimentali in
laboratorio.
Per eseguire la prova lo si pone sulla macchina per la rotazione e si fa osservare che la sferetta di acciaio giace sul fondo di un tubo, mentre nell`altro tubo la sfera leggera galleggia. Si avvia dunque la macchina aumentando gradatamente il numero di giri fino a che si ode uno schiocco: la sferetta di acciaio ha urtato la parte superiore del tubo, come ci si aspettava dall`effetto delle cosiddette forze centrifughe. Ciò che sorprende gli spettatori è il comportamento della sferetta leggera che galleggia sulla superficie d`acqua ma verso il fondo del tubo, sempre durante la rotazione. Le forze centrifughe danno luogo ad una sorta di campo gravitazionale nei due tubi dove si manifestano spinte di Archimede: la sferetta di acciaio va a fondo rispetto all`acqua perché più densa, ma si trova in alto; la sferetta leggera galleggia sull`acqua ma si trova in basso con l`acqua sovrastante. Una simile esperienza si può fare mettendo in un secchio trasparente, riempito a metà di acqua, oggetti come un piccolo sasso e una pallina di gomma. Si deve poi far ruotare il secchio su un piano verticale con una rapidità tale che, quando il secchio è nella posizione superiore, non cada nulla. Si osserverà che sia la pallina sia il sasso resteranno l`una a galleggiare, l`altro sul fondo del secchio. Anche qui la cosa notevole è che, quando il secchio è in alto la pallina si troverà in basso rispetto all`acqua, cioè galleggerà verso il basso.

La figura 175 è a pag. 193 di E. Perucca, Guida Pratica per Esperienze Didattiche di Fisica Sperimentale, N. Zanichelli, Bologna 1937; dove è scritto: «Centrifugazione (acqua, olio, pallini di piombo) … Pallini di piombo o mercurio P1, P2, acqua A1, A2, olio O1, O2 sono sovrapposti in ordine
di peso specifico decrescente. Ma con la rotazione attorno all’asse ζ ( basta una velocità di ~ 4 ÷ 5 hertz) la sovrapposizione avviene in ordine inverso: la sostanza di peso specifico maggiore va più in alto perché è più lontana dall’asse ζ. L’esperienza colpisce gli allievi, ma essi di regola distinguono male le sostanza P, A, O, durante la rotazione».

La figura 927 è a pag. 114 del Catalogue des Appareils pour l’Enseignement de la Physique construit par E. Leybold’s Nachfolger Cologne, 1905.
Rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9915_1.pdf .
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

Martello ad acqua (Museo MITI)



                                Martello ad acqua.
È citato nell’inventario del luglio 1906 a pag. 230, n° 809.
«Il martello ad acqua è un tubo di vetro riempito per circa due terzi d’acqua; dopo aver fatto bollire l’acqua per pochi istanti, per cacciar l`aria, il tubo viene chiuso alla lampada. Rovesciandolo bruscamente, l’acqua cade in blocco e colpisce il fondo col rumore secco metallico di un colpo di martello. Nell’aria invece i liquidi cadono suddividendosi in goccioline per l’interposizione di particelle d`aria».
Si è voluto qui riportare un brano di un testo scolastico di L. Segalin del 1933 per mostrare la chiarezza e la sinteticità della descrizione, ma soprattutto per rendere omaggio all’autore per le sue capacità didattiche.
Egli infatti in precedenza ha parlato degli effetti dell’aria sulla caduta dei solidi, con un breve cenno al tubo di Newton, per poi continuare con: «La caduta dei liquidi è ugualmente modificata per la presenza dell’aria, e lo si dimostra col martello ad acqua».
Nei testi scolastici attuali si parla ormai solo del tubo di Newton perciò è bene far notare che il martello ad acqua ne costituisce una variante per i liquidi.
Concludiamo riportando ancora alcune parole di Segalin: «Per ora ci accontenteremo di queste prove grossolane, per dimostrare che la caduta dei diversi corpi si compie nello stesso luogo con la stessa accelerazione, ma più tardi ne daremo una prova rigorosa».
Nell’inventario del 1906 c’è scritto: “per mostrare i colpi d`ariete”.
Il colpo d’ariete è in sostanza un’onda longitudinale, generata dall’urto della massa d’acqua sul fondo del tubo, che si propaga indietro nell’acqua stessa trasportando energia e quantità di moto a velocità molto elevata.
Nell’esemplare del Montani con il passare degli anni è entrata aria nel tubo e il fenomeno del colpo secco, simile a una martellata, non avviene.
Bibliografia:
L. Segalin, Fisica sperimentale, G. B. Paravia & C., Torino 1933, da cui è tratta la prima figura.
La figura 61 è a pag. 72 del Elementary Treatise on Physics Experimental and Applied translated and edited from Ganot’s Éléments de Physique by E. Atkinsons, New York, William Wood and Co. 1875.
Le quattro figure rappresentano vari martelli ad acqua e sono a pag. 37 del Priced and Illustrated Catalogue of Physical Instruments. J. W Queen & Co. Philadelphia, 1884.
Il tubo è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Federico Balilli, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.