Microscopio composto (Museo MITI) ( G. Lucattelli)

                  Microscopio composto.
Esso è stato donato al Montani dall`ex allievo Prof. Giuseppe Lucattelli, già insegnante presso l`Istituto.
Era appartenuto a suo padre Alberto che resta nella memoria storica di questo Istituto perché nel 1944 contribuì a salvare molti apparecchi e strumentazioni dalla seria minaccia, da parte dell`esercito tedesco in ritirata, di far esplodere parti importanti degli edifici scolastici con il loro contenuto.
Il padre lo aveva ricevuto in dono dall`Ing. Clerici.
Non se ne conoscono né la data di fabbricazione né la marca.
In un catalogo di F. Koristka del 1914, l`Ing. Massimo D`Apice, ricercatore presso l`Enea, ne ha trovato uno con caratteristiche molto simili.

Si fa notare comunque che la somiglianza prova soltanto la possibile epoca a cui far risalire questo esemplare.
 Esso è formato da un tubo con due sistemi di lenti. L`oggetto da osservare è posto poco al di là del fuoco dell`obiettivo a cortissima distanza focale, che ne da una immagine reale ingrandita e capovolta. Questa immagine viene vista con l`oculare, di distanza focale molto maggiore, che ne fornisce una immagine virtuale diritta e ingrandita. In definitiva si ottiene una immagine capovolta e fortemente ingrandita. Però l`ingrandimento nei microscopi ottici è limitato dal potere risolutivo.
La capacità di distinguere due punti vicini e di circa 0,2 milionesimi di metro con luce bianca e non dipende dal tipo di lenti, ma dalla natura della luce.
Il cristallino dell`occhio, per la sua elasticità, non può accomodarsi per distanze inferiori a 25 cm. L`immagine sulla retina è dovuta all`angolo sotto il quale l`occhio vede l`oggetto.
Il microscopio in sostanza aumenta questo angolo visuale. Il microscopio composto ha una regolazione grossolana diretta della lunghezza e una più fine, ottenuta con una vite micrometrica, per la messa a fuoco. Il campione da studiare viene posto sopra un piattino che ha un foro per il passaggio della luce.

In quegli anni ai microscopi ottici erano richieste le caratteristiche seguenti. Un buon microscopio, oltre all`ingrandimento, deve avere chiarezza delle immagini, potere risolutivo, cioè discernimento delle minute particolarità, e potere penetrante, che significa far vedere uno straterello profondo dell`oggetto, senza dover accomodare la messa a fuoco su un diverso piano.
Nella seconda foto lo si vede accanto al microscopio Koristka  che fa parte della collezione (per vedere la scheda scrivere “Koristka” su Cerca).
 Bibliografia.
E. Ravagli – R. Cerruti Sola, Fisica Applicata, Vol. II, Calderini Bologna 1983, da cui è tratto lo schema del microscopio composto.
 Si ringrazia l`Ing. Massimo D`Apice per la cortese collaborazione nelle ricerche.

Il disegno con i due microscopi composti dei Fratelli Koristka è a pag. 34 del catalogo: ISTITUTO OTTICO MECCANICO F. KORISTKA, Costruzione di Strumenti di Micrografia, Milano, catalogo illustrato descrittivo N. 12, 1905. Dove si dice che simili microscopi erano per l’impiego in bacologia.
La figura 2499 si trova a pag 582 del Catalogue N° 22 Appareils de Physique Max Kohl Chemnitz Saxe.
Representants et Dépositaires pour la France Richard-Ch. Heller & Cie. Paris. 1905. Che si trova all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9901.pdf
La figura Modele IV si trova a pag. 22 del Catalogue FS/12 Microscopes et Accessoires, C. Reichert,
Vienne VIII/2, 1900. che si trova all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9943.pdf .
Il microscopio è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Daniele Maiani, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Metro campione Max Kohl A. G. Chemnitz Germany

  Metro campione Max Kohl A. G. Chemnitz, Germany.
Per scrupolo filologico riportiamo qui una informazione sul metro campione (trovata nel dicembre 2015 ).
Come è riportato in altre due schede, l`inventario più antico del Montani, datato 1906, attribuisce al Pisati il metro campione ora esposto al Museo MITI su proposta di Fabio Panfili .
Pisati potrebbe solo essere il suggeritore dell’acquisto poiché non pare sia stato un costruttore.
Infatti  in due diversi cataloghi della Max Kohl – Chemnitz, che riportano disegni e didascalie di strumenti fabbricati tra il 1900 e il 1926, vi è un metro campione molto simile  a quello attribuito al Pisati.
La differenza più importante
è nel fatto che la Max Kohl in genere scrive il suo nome sia sulla cassetta sia sullo strumento, mentre nel caso di questo metro campione non vi è attualmente alcun indizio né segno in tal senso.
Vi sarebbero anche lievi diversità costruttive nella cassetta, che non provano molto.
Nella versione in inglese si legge: “Standard Metre, of brass. Figure, with millimetre graduation on silver, for reading in conjunction with a telescope or microscope, extremely accurate, serving as comparing measure in physical experiments. In case….7. 0.0 £”.
Noi non abbiamo fatto analizzare per precauzione i materiali di cui è fatto l`esemplare del Montani, visibile nelle foto, ma abbiamo scritto che il supporto sembra di ottone e l`aspetto della lamina sulla quale sono incise le divisioni è argenteo.
Per consultare la scheda del metro campione scrivere: “Metro campione” su Cerca  e per la biografia di Giuseppe Pisati  scrivere: “Pisati”.
La figura 51440 è a pag. 222
di Max Kohl A. G. Chemnitz (Germany) Price List No. 50, Vols. II and III [1910?]; rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/pdf/sil14-51634.pdf  .
La figura 87080 è a pag. 246 del catalogo Preiliste Nr. 100, Band II. Physikalische Apparate Max Kohl Chemnitz [1928?] che si trova all’indirizzo:
https://vlp.mpiwg-berlin.mpg.de/library/data/lit21057?
Foto di Federico Balilli, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Lampada o valvola Philips Tre Stelle 2ª parte

Lampada o valvola Philips Tre Stelle. Seconda parte.
Le tre stelle seguono il marchio Philips e sono ben visibili sul bulbo.
Non è rinvenibile né negli inventari, né nei cataloghi della Philips e neppure in rete e sembra molto antica.
La sua lunghezza è di 235 mm e il diametro è di 25 mm.
Le prove sperimentali in corrente alternata a 50 Hz, a cui è stata sottoposta dall`Ing. Claudio Profumieri e dal Prof. Franco Piergentili, hanno evidenziato che il suo funzionamento è stato limitato ad una caduta di tensione massima dell`ordine 5,6 V per ragioni di prudenza mentre la corrente è di 9,6 A quando il filamento è bianco rossastro come si può vedere nelle foto.
I dati sperimentali sono riportati nei due diagrammi. Mantenendo per diversi secondi la tensione sui 3,6 V il filamento passa lentamente dall`oscurità ad una debole accensione, presentando un`inerzia non comune per chi è abituato con le lampade incandescenti.
Del resto il filamento presenta un certo spessore.
Alla tensione di 4,34 V e una corrente di 8,1 A si vede il filamento appena arrossato, con una potenza dissipata di 35 W e una resistenza a quella temperatura di 0,53 Ω.
I dati sono stati elaborati al solo scopo di osservare il comportamento dell`oggetto. Non si è voluto aumentare la corrente per evitare una eventuale rottura del filamento. Una delle ipotesi fatte, nonostante le sue peculiarità, è che si tratti di una particolare lampada da proiettore alimentata da un trasformatore con un secondario di poche ma robuste spire, tale da fornire una forte corrente a bassa tensione; forse la conformazione del filamento era adatta per essere posta nel fuoco di uno specchio parabolico, viste le sue dimensioni contenute. Ma restano molti e fondati dubbi sul suo reale impiego.
Per consultare le altre due parti scrivere: “Tre Stelle” su Cerca.
   Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Le ragioni di Berkeley-Einstein, nero di china di Giovanni Rastelli

             Le ragioni di Berkeley-Einstein.
  Il nero di china realizzato dal prof. arch. Giovanni Rastelli nel 2005 si riferisce alla Scheda:  “Apparecchio per la dimostrazione dello schiacciamento polare della terra”.
 Ci è sembrato opportuno darne una collocazione a parte per evidenziare la elaborazione fantastica dell’autore che si è ispirato ad uno scarno e schematico disegno e a qualche indicazione del tutto scientifica di chi scrive queste note. L’autore infatti aggiunge tre putti come osservatori; ma anch’essi non possono decidere nulla sulle rotazioni dei pianeti poiché il loro sistema di riferimento potrebbe a sua volta ruotare rispetto ai pianeti stessi.
 Il disegno è apparso su un articolo scritto da Fabio Panfili, pubblicato sul periodico dell’Associazione Ex Allievi “IL MONTANI” n° 3 del dicembre 2005.
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Le “Syntonic Leyden Jars” di Lodge

   Le “Syntonic Leyden Jars” di Lodge.
Casa costruttrice: A. Dall`Eco, Ing. G. Santarelli successore, Firenze.
Nell’inventario del 1919 al n° 965 sono elencate due bottiglie di Leyda grandi.
Nel marzo del 1889, in una dimostrazione pubblica alla Royal Istitution of Great Britain di Londra, Oliver Lodge (1851-1940) presentò le “Syntonic Leyden Jars” che in Italia presero il nome di “Bottiglie di Lodge”.
Esse costituiscono il primo dispositivo sintonico accoppiato essenzialmente per induzione elettromagnetica.

Gli esemplari del Montani sono presumibilmente anteriori al 1919.
I grossi cilindri sono le bottiglie, ciascuna appartenente ad un circuito elettrico.
I due dispositivi si pongono, uno di fronte all’altro, ad una distanza di non oltre mezzo metro.

Il trasmettitore consiste in un circuito oscillante RLC: la bottiglia di Leyda è il condensatore di capacità C ed il filo, che forma una spira, costituisce l`induttanza L.
La resistenza R è distribuita lungo il circuito.
Lo spinterometro è collegato all’alimentatore: si possono usare o un rocchetto di Ruhmkorff o una macchina elettrostatica; le scintille prodotte creano onde elettromagnetiche, ma esse sono ininfluenti riguardo alla trasmissione di energia.

Il ricevitore è un RLC quasi identico; si noti in particolare il ponticello conduttore che può scorrere, variando in tal modo l’induttanza del circuito, e quindi permette di trovare l’accordo necessario per la sintonia. Infatti, solo in una posizione del ponticello si ha la migliore ricezione, segnalata dalla scintilla più intensa allo spinterometro posto di fianco alla bottiglia. In questo caso, ogni scintilla al trasmettitore dà luogo ad una scintilla di risonanza al ricevitore.
Anche se il suo funzionamento non si basa su segnali elettromagnetici, questa apparecchiatura segna storicamente il passaggio dai primi dispositivi radio asintonici di fine ottocento a quelli attuali.
Lodge provò a trasmettere segnali con un dispositivo simile su grande scala, ma i suoi tentativi si rivelarono dispendiosi e poco utili ai fini pratici.
Nel 1897, insieme con A. Muirhead, progettò le prime stazioni radio trasmittenti e riceventi sintoniche; il metodo seguito fu quello di dare ai due apparecchi disposizione e dimensioni, per quanto era possibile, identiche.
La sintonia nelle trasmissioni radio fu dapprima suggerita da esigenze di segretezza dei messaggi inviati, ma ci si accorse subito che non risolveva il problema. Mentre essa divenne necessaria per evitare l’accavallarsi di trasmissioni diverse e la conseguente confusione nella ricezione.

Nota: Lo spinterometro è costituito, in questo caso, da due sferette separate dall’aria, mentre nel caso del ricevitore, un elettrodo è un filo appuntito e l’altro è un filo a faccia piana.
La figura N 1067 è a pag. 257 del catalogo: Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica a cura del prof. R. Magini, Officine Galileo, 1940.

La figura 8836-8837 è a pag. 795 del Catalogue des Appareils pour l’Enseignement de la Physique construit par E. Leybold’s Nachfolger Cologne, 1905; rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9915_1.pdf
Bibliografia.
A. Righi e B. Dessau, La telegrafia senza filo, N. Zanichelli, Bologna, 1905.
H. G. J. Aitken, The origins of Radio, Princeton University Press, New Jersey, 1985.
Foto di Ilaria Leoni e Federico Balilli, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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