Fenditura a regolazione micrometrica E. Leybold’s Nachfolger Cöln-Rhein

Fenditura a regolazione micrometrica. Accessorio dell`apparecchio di proiezione E. Leybold`s Nachfolger, Cöln-Rhein.
Nell`inventario generale n° 6 del 1925, al n° 2289/188 si legge: “Provenienza Zambelli Torino. Guernitura [sic] con fenditura e vite micrometrica. ₤ 222,60”.
Nell`inventario particolare per reparto n° 7/8 del 1925/1927 al n° 707-2289 si legge: “Fenditura a vite micrometrica. ₤ 222,60” e si trova nell`elenco degli accessori del proiettore.
Nell`inventario D del 1937, si trova nell`elenco degli accessori del proiettore al n° 356 ed è valutato ₤ 80.
Due oggetti simili si trovano nel Catalogue des Appareils pour l’Enseignement de la Physique construit par
E. Leybold’s Nachfolger Cologne, 1905, che si rinviene all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9915_1.pdf
La figura N° 3326 si trova a pag. 384 dove si legge: “*3326. Garniture avec fente et vis micrométrique  .. . . 38 Franc”.
Mentre la figura N° 3313 si trova a pag. 383 dove si legge: “*3313. Garniture avec fente,  régable par un vis . . . 23 Franc”.
Si trova inoltre elencata, ma senza relativa figura, al n° 2153 di pag. 110 dove si legge: “Attachment with
slit and micrometer-screw, No. 9 . . . $ 6,25” nel Catalogue of Physical Apparatus (with descriptions for use) E. Leybold’s Nachfolger Cologne, (Germany) dei primi del Novecento. Rinvenibile all’indirizzo: https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/
  La fenditura serve normalmente per ottenere una collimazione di un fascio di luce di forma laminare.
Questa permette di scegliere la larghezza della lamina luminosa a seconda dell`esperienza che si esegue.
Abbiamo riportato le figure 2132D e 2132H, tratte dal secondo catalogo sopra citato, nelle quali si vedono due impieghi della fenditura: nella riflessione e rifrazione aria-liquido e nello studio dello spettro ottenuto mediante la dispersione della luce attraverso un prisma.
Per vedere gli altri accessori dell`apparecchio di proiezione della E. Leybold`s Nachfoger, Cöln-Rhein scrivere “Rhein” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Fiocco elettrico

Fiocco elettrico, detto anche pennacchio o piumetto elettrico è costituito da una base di metallo che sostiene una colonnina di vetro. Sulla sua sommità vi sono applicate numerose striscioline di carta gialla (scolorita dal tempo).
Il filo di metallo conduttore, che si scorge a fianco della colonnina, funge da contatto tra il fiocco di striscioline e un polo di una macchina elettrostatica.
Le striscioline, sottoposte ad un forte potenziale e caricate con lo stesso tipo di cariche, sono soggette a vicendevole repulsione elettrostatica. Oltre alle mutue forze coulombiane, vi sono le forze peso che concorrono a far assumere alle foglioline le loro posizioni.
Altri suoi due nomi sono: “electric bush or electric umbrella (the strips of paper become like electrified, and spread themselves like an umbrella)” e “paper tuft”; tratti dal Catalogue of Physical Apparatus E. Leybold.’s Nachfolger Cologne (Germany) pag. 170 e pag. 171/172. Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/

La figura 84-202 è a pag. 396 di A Catalogue of Physical Instruments Catalogue 17 L. E. Knott Apparatus Company Boston 1912, mostra il comportamento del fiocco in questa situazione e testimonia il suo antico uso didattico;
si trova all’indirizzo:
https://ia802308.us.archive.org/34/items/catalogofphyinst00knotrich/catalogofphyinst00knotrich.pdf  .

La figura 7471 (Papierbüschel) è a pag. 204 del Katalog über Apparate, Instrumente und utensilien für den Physikalischen Unterricht Richard Müller-Uri, Braunschweig del 1909; rinvenibile all’indirizzo: https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/pdf/sil14-52540.pdf .
Si noti la poca fantasia nelle due illustrazioni.


La figura 92 523 è a pag. 839 del catalogo Preiliste Nr. 100, Band III Physikalische Apparate Max Khol A. G. Chemnitz del 1926 e si trova all’indirizzo:
https://vlp.mpiwg-berlin.mpg.de/library/data/lit21186/index_html?pn=155&ws=1.5 .

La figura N 1055 si trova a pag. 186 del catalogo: Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica a cura del prof. R. Magini, Officine Galileo, 1940.
Per osservare il fiocco in funzione  si veda il video del dott. Paolo Brenni realizzato per la Fondazione Scienza e Tecnica all’indirizzo:
http://www.youtube.com/watch?v=0vbStOvfVGg .
  Foto di Federico Balilli, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Metro campione (Museo MITI)


         Metro campione.
Nell’inventario dell`agosto del 1906, pag. 158 n° 582, viene dichiarato già esistente e in buona condizione, vi si legge infatti in bellissima grafia: “Agosto 1906. Gabinetto di Elettrotecnica. Metro campione Pisati … ₤ 100”; è citato inoltre nell’inventario del 1912 a pag. 53, n° 906, ma solo come : “Metro campione in cassetta …” .
Per scrupolo filologico comunque bisogna dire che nel dicembre del 2015 abbiamo trovato un disegno con relativa didascalia in due diversi cataloghi della Max Kohl A. G. Chemnitz Germany di un metro campione che sembra del tutto identico a questo.
La citazione nell’inventario del 1906 dunque potrebbe solo riferirsi al ruolo del Pisati come “suggeritore” dell’acquisto, poiché dalle biografie non pare sia stato un costruttore.
Per avere ulteriori informazioni sull’argomento scrivere: “Max” su Cerca; scrivendo “Pisati” si possono avere informazioni sulla biografia di Giuseppe Pisati ed osservare le foto della pagina 158 dell”inventario del 1906. L’esemplare nelle foto è visibile dinanzi alla sua cassetta di custodia ed è costituito da una lamina sottile di metallo inossidabile di aspetto argenteo, fissata su una scanalatura ricavata in una massiccia sbarra di una lega simile all’ottone.
Sulla lamina sono incise le tacche dei millimetri, mentre i numeri si leggono sulla sbarra.
Il primo e l’ultimo millimetro sono suddivisi ognuno in cinque parti, osservabili a occhio nudo.
Tale suddivisione è dovuta ai limiti di risoluzione dell’occhio umano che non distingue bene sotto i due decimi di millimetro.
Il millimetro vicino allo zero è consumato dall’uso.

Giuseppe Pisati (1842-1891) nel 1877 fu membro della Commissione Superiore dei Pesi e delle Misure e nel 1878 fu incaricato di svolgere il confronto tra i prototipi italiani e quelli conservati a Sévres, vicino Parigi. 
Il metro, come unità di misura della lunghezza, venne introdotto in Francia il 30 marzo del 1791 e fu definito come la decimilionesima parte del quarto di meridiano, dal polo Nord all’equatore.
Il giorno 8 maggio del 1790, l’Assemblea Nazionale francese, per evitare la confusione esistente nelle principali misure in uso, decise di adottare una unità di lunghezza derivata dalla grandezza del meridiano terrestre. Tale suggerimento veniva da una Commissione, nominata dall’Accademia, formata da Borda, Lagrange, Laplace, Monge e Condorcet. Mechain e Delambre misurarono per triangolazione l’arco di meridiano. Combinando i loro risultati con quelli ottenuti precedentemente nel Perù, essi trovarono per la lunghezza del quarto di meridiano terrestre 5130740 tese. La tesa di ferro dell’Accademia era detta anche del Perù.
La decimilionesima parte di questo valore fu chiamata metro e fu costruita una sbarra di platino di tale lunghezza alla temperatura del ghiaccio fondente.
Questa sbarra fu depositata negli Archivi di Parigi; siccome l’unità era determinata dalla distanza dei suoi bordi salienti, le copie così fatte si chiamarono metri “à bout”.
L’uso di questi però ne determinava il consumo dei bordi, furono perciò sostituiti in seguito dai metri a tratti, nei quali la lunghezza unitaria era indicata da due tratti finissimi segnati sopra una sbarra di lunghezza maggiore.
Misure più accurate, effettuate tra il 1792 e il 1798 da Delambre sul meridiano che attraversa la Francia da Dunkerque a vicino Barcellona, mostrarono che la lunghezza del meridiano era un po’ più grande.
Da misure svolte nel 1960 essa risulta grosso modo di 40007887 m, infatti la superficie terrestre muta continuamente.
Nel 1799 N. Fortin costruì un regolo di platino di sezione rettangolare ( 25 mm × 4,05 mm), chiamato successivamente “metro legale” o “degli archivi”, la cui distanza tra le facce estreme venne assunta di un metro alla temperatura del ghiaccio fondente.
Questo campione però risultò più corto di 0,1 – 0,2 mm, errore dovuto alla macchina che lavorava le facce parallele.
Nel 1875 venne firmata dai rappresentanti di 17 nazioni la Convenzione Metrica Internazionale.
Nel 1889 la Commissione Metrica Internazionale, riunita a Parigi, adottò come metro campione il regolo di platino (90%) e iridio (10%) sul quale sono incisi due gruppi di tre righe vicinissime.
La distanza tra le due tacche centrali fu assunta uguale al metro, da questo furono tratte molte copie.
Il “Prototipo internazionale” fu il n° 6 che, insieme ai numeri 13 e 19, è conservato con molta cura presso il Bureau International des Poids et Measures nel padiglione di Breteuil a Sévres, Parigi.

 Tale campione dunque non era più riferito al meridiano terrestre ma al regolo già realizzato da Fortin, opportunamente corretto e dalla sezione quadrata a forma di H di lato 20 mm.
La copia n° 1, assegnata all’Italia nel 1889, è custodita presso l`Ufficio Metrico Centrale di Roma
Purtroppo le dimensioni del regolo originale si sono modificate per processi di cristallizzazione della struttura, come sono cambiate le copie del prototipo fatte con lo stesso materiale. È divenuto pertanto necessario il ricorso ad altri campioni.
Nel 1960 è stata adottata una diversa definizione: il metro campione corrisponde a 1.650.763,73 lunghezze d`onda nel vuoto della riga spettrale rosso-arancio dell’isotopo 86 del Kripton, corrispondente alla transizione tra i livelli 2p10 e 5d5, rispettando ancora la lunghezza tra le due tacche del metro campione.
Nel 1983 è stata introdotta una nuova definizione: il metro campione è la distanza percorsa nel vuoto dalla luce del laser He-Ne in 1/299.792.458 secondi. Il laser elio-neon emette luce monocromatica e coerente di lunghezza d’onda 632,8 nm, consentendo una precisione di una parte su un miliardo.
A tutt’oggi (anno 2017) l’ultima.
Bibliografia.
La bibliografia sull’argomento è vasta e frammentaria.
A. Battelli e P. Cardani, Trattato di Fisica Sperimentale, Vol. I, F. Vallardi, Milano 1913.
M. Fazio e M.C. Montano, Una fisica nuova, Vol. I, Morano, Napoli 1984.
M. Fazio, I campioni di unità di misura, Le Scienze N° 31, marzo 1971.
Una breve biografia di Giuseppe Pisati si trova in F. Cajori, Storia della Fisica elementare, N. Zanichelli, Bologna 1908.
Il metro campione è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Daniele Maiani, di Contemporanea Progetti e di Federico Balilli; elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Microscopio binoculare Wild M 11 N° 42544 1ª parte


Microscopio binoculare Wild M 11 N° 42544. Prima parte.
 Nell`inventario D del 1956 si trova elencato dal numero 6053 al numero 6059, acquistato nel 1972 dalla Wild Heerbrugg Switzerland. ₤ 346.600.
Però curiosamente il suo numero di matricola risulta diverso; infatti nell`inventario D di Fisica si legge: “n° 6053 Microscopio mod. M 11 BRCGP. n. 242040 – n° 6054 Condensatore scamottabile [estraibile N. d. R.] – n° 6055 Obbiettivo acromatico 4 × / 0,10 – n° 6056 idem 10 × / 0,25 – n° 6057 idem 40 × / 0,65 – n° 6058/59 Oculari Huygens 10 × / 14 n. 197722”.
 Il numero che appare a destra dell`ingrandimento è l`apertura numerica che determina il potere di risoluzione degli obiettivi ed è inciso sulla superficie del barilotto che contiene il gruppo di lenti dell`obiettivo.
La nostra ricognizione ha dato le seguenti caratteristiche: Obiettivo 
4 / 0,18 di color nero n° 41060; obiettivo 10 / 0,25 n° 226643; obiettivo 40 / 0,65 d = 0,17  n° 22028 (dove d indica lo spessore massimo del vetrino).
C`è posto per un quarto obiettivo.
Sui due oculari montati non si vede alcuna scritta.
Il tubo binoculare inclinato indica un fattore di ingrandimento di 1,5 ×. (confermato dalle indicazioni tratte dalla bibliografia ).
La distanza interpupillare può essere regolata entro un range da 55 a 75 mm e viene letta sulla scala apposita. L`alterazione della lunghezza del tubo del sistema, conseguente a questa operazione, è automaticamente bilanciata da un dispositivo ottico
(brevetto Wild). L`oculare a sinistra è regolabile per compensare le eventuali anisometropia o antimetropia.

Il contenitore di metallo molto originale lo protegge dalle polveri e dalle influenze climatiche ed è molto comodo per il trasporto. Ovviamente dispone di regolazioni grossolana e fin
e per la messa a fuoco. La regolazione fine micrometrica permette una lettura fino ad un minimo di 1 micrometro. Il revolver, che ha il bordo zigrinato, può ospitare 4 obiettivi ed include un particolare dispositivo click-stop, che allora era considerato innovativo. Gli obiettivi sono di tipo acromatico adatti per un lavoro di routine e gli oculari sono del tipo Huygens sempre per attenuare l`aberrazione acromatica. Tutti sono resi antiriflesso da un particolare sottile strato depositato sulla loro superficie, come è noto. Questo esemplare è dotato di una sistema lampada – condensatore da 6 V / 5 W con un trasformatore con tensioni di uscita da: 4, 5 – 6 V; la tensione del primario è 110 –  250 V.
La ditta è stata fondata nel 1921 dalla Fondazione di Heinrich Wild, Werkstätte für Feinmechanik und Optike e questo tipo M 11 risulta messo in commercio nel 1954 quando la ditta si chiamava Fondazione di Wild Heerbrugg AG.
Bibliografia: Wild M 11 An Expansible Microscope Ideal for Field Work, Courses and Laboratory – WILD Heerbrugg Switzerland, da cui è tratta la figura.

Per consultare la seconda parte scrivere “Wild” su Cerca.

  Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

 

 

 

Microscopio binoculare Wild M11 N° 42544 2ª parte.


Microscopio binoculare Wild M11 N° 42544. Seconda parte.
Abbiamo voluto dedicare altro spazio a questo microscopio per fornire ulteriori suoi particolari; come ad esempio il sistema lampada – condensatore da 6 V / 5 W con un trasformatore con tensioni di uscita da: 4, 5, 6 V; la tensione del primario è 110 – 250 V.
Per consultare la prima parte scrivere “Wild” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.