Ingranditore per vetrini

Ingranditore per vetrini.
Non rinvenibile negli inventari d`epoca.
Dalla forma e dall`esame dei materiali potrebbe risalire dai primi anni del Novecento fino agli anni Trenta.
L`oggetto è privo di marca e di qualunque segno che ne possa suggerire l`identificazione negli inventari.
Anche l`astuccio in cui è custodito suggerisce una tale collocazione temporale, che resta comunque vaga.
Come si vede nelle foto, i vetrini sono contenuti in bacchette di legno.
Le bacchette vengono messe, una alla volta, nell`alloggiamento dotato di un semplice meccanismo a molla che le preme verso l`oculare. Si orienta il tubo verso una sorgente di luce (ad esempio una finestra) e si vedono ben ingranditi gli oggetti posti nei vetrini circolari.
Per posizionare il vetrino da osservare si fa scorrere la bacchetta sotto l`oculare.
Si ignora se il tubo fosse progettato per essere inserito in una apposita sorgente di luce, seppure la sua forma lo suggerisce.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.


 

 

 

Elettroscopio di Wulf E. Leybold’s Nachfolger N° 2841 D.R.P. Köln, 3ª parte (Museo MITI)

   Elettroscopio di Wulf. Terza parte.
Costruito dalla E. Leybold`s Nachfolger n° 2841 D.R.P., Köln.
Inventario D del dicembre 1941, n° 1086.
Ditta fornitrice Ing. Barletta, Milano, (N° 5626).

Riportiamo qui la scheda n° 3/36 CD 537.721; a del 1962 edita in francese dalla casa costruttrice.
Il condensatore nelle figure 3 e 7 usato al Montani molto probabilmente era lo Schott & Gen Jena (scrivere “Schott” su Cerca).
Per consultare le altre parti scrivere “Wulf” su Cerca. L’elettroscopio di Wulf è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Elettroscopio di Wulf E. Leybold`s Nachfolger N° 2841 D.R.P. Köln, 4ª parte (Museo MITI)

    Elettroscopio di Wulf. Quarta parte.
Costruito dalla E. Leybold`s Nachfolger n° 2841 D.R.P., Köln. Inventario D del dicembre 1941, n° 1086. Ditta fornitrice Ing. Barletta, Milano, (N° 5626).

Abbiamo dedicato questa parte alla scheda di istruzioni in francese della ditta costruttrice  n° 3/37 CD 537.723.5;c del 1962.
In essa si descrive il metodo per misurare la capacità dell`elettroscopio con una capacità campione; l`elettroscopio ha in genere una capacità di circa 5 pF.

Inoltre abbiamo riportato la scheda in tedesco n° 3/25 DK 537.531;b del 1956, che descrive la misura dell`intensità dei raggi X.

Per consultare le altre parti cliccare su  scrivere: “Wulf” su Cerca.
L`elettroscopio di Wulf è  esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

 

 

 

Elettroscopio e riconoscimento di carica


Riconoscimento di carica con l`elettroscopio.
Questo elettroscopio a foglie si può far risalire al 1912, infatti nell`inventario del gennaio 1912 viene citato un elettroscopio al n° 898; inoltre nell`inventario D del 1933/1937 si trova un “elettroscopio a foglie di alluminio” al n° 374 detto già in esistenza.
Per leggere qualche cenno storico si prega di digitare “Elettroscopio a foglie” su Cerca.
In questa scheda si vuole illustrare l`efficacia didattica di quattro disegni che si trovano su: “E. Ravagli, R. Cerruti Sola, Fisica Applicata, Vol. II, Calderini, Bologna 1983”. Gli autori riescono a dare una precisa visione di ciò che accade nell`elettrizzazione per contatto (fig. 13)

e nell`elettrizzazione per induzione (fig. 14);

nelle figure 15 e 16 viene ottimamente illustrato il riconoscimento di carica.
Il testo che accompagna le figure è di una notevole chiarezza descrittiva.
Per ottenere cariche di segno sicuro sulle bacchette strofinate con un panno di lana ben asciutto in un ambiente secco, è bene usare plexiglas, perpex, lucite o vedril; la lana toglie elettroni dalla superficie delle bacchette. Per ottenere cariche negative, sempre usando la lana, si possono usare molti polimeri sintetici (evitando il sinvet, il nylon e il poliuretano); in questo caso la lana cede elettroni alla bacchetta.
Le resine sinte
tiche possono avere un comportamento capriccioso ed è bene testarle più volte col procedimento di seguito descritto, didatticamente molto valido. L`elettroscopio ha una piccola capacità e, quando sulle foglioline è presente un eccesso di cariche di un certo segno, fornisce un`indicazione molto approssimativa del potenziale raggiunto, data dall`angolo che si forma fra le foglioline.
L`angolo è dovuto all`equilibrio tra il peso di ciascuna fogliolina e la forza di repulsione elettrica tra di esse: al crescere della forza elettrica l`angolo aumenta seguendo una legge un po` complessa. Esso dunque segnala la presenza di cariche.
Quando viene caricato per contatto, dopo aver tolto la bacchetta, lo strumento mantiene la carica per un certo tempo, scaricandosi lentamente.
Quando la bacchetta viene solo accostata, è soggetto a induzione elettrostatica e allora l`indicazione dipende dalla vicinanza dell`oggetto carico; infatti, se questo viene allontanato progressivamente, le foglioline tendono a ricadere verso il basso poiché gli elettroni di conduzione (che si erano spostati da una parte lasciando altrettanti ioni positivi dall`altra parte) vengono attratti dagli ioni positivi e le foglioline tornano ad essere neutre.
L`elettroscopio è affidabile in un ambiente secco; una eccessiva umidità lo scarica rapidamente o ne impedisce la carica. Esso è sensibile pure alla geometria e alla natura dei corpi circostanti e, anche se fornisce indicazioni qualitative, queste debbono essere interpretate correttamente.
Per il riconoscimento del tipo di carica si strofina una bacchetta di plexiglas con un panno di lana asciutto: la bacchetta si carica positivamente. Con questa poi si tocca l`elettrodo dell`elettroscopio e si osserva il divergere delle foglioline. Se si accosta ora una bacchetta carica dello stesso segno, le foglioline divergeranno ancor di più; mentre se si avvicina un`altra bacchetta carica di segno opposto (ad esempio resina sintetica strofinata col panno di lana) le foglioline dapprima si avvicineranno per poi divergere di nuovo. Il diverso comportamento indica che la carica è di segno uguale o di segno opposto a quella dello strumento. Durante le operazioni può accadere che scocchi una piccola scintilla tra la bacchetta e l`elettrodo, falsando la prova.
È ovvio che inizialmente si può usare una bacchetta di resina sintetica carica negativamente e allora bisogna mutare tutti i segni riportati nei disegni; la procedura di riconoscimento resta comunque la stessa.
Anticamente si usavano bacchette di vetro che però è igroscopico e di non facile uso, e invece delle resine sintetiche si usava l`ebanite (gomma naturale vulcanizzata con una piccola percentuale di zolfo) anch`essa di non facile elettrizzazione; l`ambra
(ήλεκτρον, electron in greco) era troppo costosa.
Per scaricare l`elettroscopio è sufficiente toccarlo con un dito collegandolo a terra per mezzo del corpo; operazione che da esiti diversi se per caso si indossano scarpe isolanti, allora è opportuno ricorrere ad un filo conduttore collegato ad una buona terra.
Altri impieghi comuni sono: la dimostrazione dell`induzione elettrostatica con due elettroscopi e un conduttore; l`illustrazione degli effetti della gabbia o del pozzo di Faraday-Beccaria; l`indicazione dei potenziali nel condensatore di Epino; ecc..
La pag. 32 è tratta da J. E. H. Gordon, A Physical Treatise om Electricity and Magnetism Vol. I, D. Appleton & Co. New York, 1889. Che si può vedere all’indirizzo:
https://archive.org/details/aphysicaltreati04gordgoog/page/n58/mode/2up?q=J.+E.+H.+Gordon+A+Physical+Treatise+om+Electricity+and+Magnetism+Vol.+I.

L`oggetto è esposto al Museo MITI su proposta di Fabio Panfili.
Bibliografia.
Le figure, come si è detto, sono tratte da E. Ravagli, R. Cerruti Sola, Fisica Applicata, Vol. II, Calderini, Bologna 1983.
Per avere una esauriente panoramica sulle caratteristiche dei materiali delle bacchette si consiglia: F.A. Levi, E. Bilancia. P. Maltese, Triboelettricità nella didattica, Giornale di Fisica, Vol. XXX, N° 4, 1989.
Foto di Federico Balilli, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
 
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Elettroscopio a foglie (Museo MITI)



ABSTRACT: Leaf electroscope.
Inventory date 1912. This electroscope signals the presence of electric charges both if charged by contact or if it undergoes electrostatic induction. It has got several didactic purposes especially in qualitative electrostatic experiments. It is also used to recognize the type of charge. Its functioning is based on the superposition of two effects on the extremely light metal leaves, the two effects are due to the force of gravity and to the repulsive electric force caused by charges of the same sign on their surface. The two forces reach a balance at a certain angle. The higher the number of charges is, the higher the increase in the spreading apart of the little leaves.
Traduzione di Alex Vlasovs, supervisione della prof.ssa Meri Biancucci.

                   Elettroscopio a  foglie.
Nell`inventario del gennaio 1912 viene citato un elettroscopio al n° 898; nell`inventario D del 1933/1937, al n° 374 si trova un “elettroscopio a foglie di alluminio” detto “in esistenza”: forse si tratta dello stesso esemplare e forse di questo esemplare, certamente antico.
I primi elettroscopi risalgono al `700. Il più semplice dei quali, costruito da John Canton nel 1753, consisteva di due palline di sambuco sospesa ognuna ad un filo.
Il loro funzionamento si basa sulla sovrapposizione di due effetti sulle foglioline leggerissime di metallo, sospese ad un`asticella conduttrice collegata all`elettrodo esterno.

La forza di gravità tende a mantenere le foglioline in posizione verticale, ma quando esse si caricano dello stesso segno, la forza elettrica repulsiva tende ad allontanarle reciprocamente. Le foglioline dunque assumono una nuova posizione di equilibrio, formando un angolo che indica in modo non lineare la quantità di cariche presente su di esse.
Alcuni autori affermano che A. Volta fu il primo ad usare foglioline d`oro, ma è certo storicamente che il merito va a A. Bennet nel 1786.
Secondo G. Gamow e altri, F. Haukesbee inventò l`elettroscopio nel 1705.
L`oro si può ridurre a striscioline quasi trasparenti, ma l`alluminio ha un peso specifico molto minore.
La bottiglia di vetro serve per proteggere le foglioline e la presenza di sali dovrebbe mantenere l`interno privo di umidità. L`elettrodo esterno è costituito da un disco o da una sferetta di metallo, a seconda dell`uso.
L’ esemplare ad un primo esame presentava una sola fogliolina di alluminio.  Questo  aspetto richiama un elettrometro a una foglia d’oro la cui figura 1-301 si trova a pag. 23 del testo L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica, Vol. I, Cedam, Padova, 1959.

Nel maggio 2010 è stata applicata la seconda fogliolina, per quanto, data la presenza del sottile elettrodo centrale, esso può funzionare con una sola fogliolina.
L`elettroscopio segnala la presenza di cariche, sia quando viene caricato per contatto e in questo caso si scarica lentamente in ambiente secco, sia quando è soggetto a induzione elettrostatica e allora l`indicazione dipende dalla vicinanza dell`oggetto carico.
Esso ha una piccola capacità e, quando sulle foglioline è presente un eccesso di cariche, fornisce un`indicazione del potenziale raggiunto.
L`elettroscopio è affidabile in un ambiente secco; una eccessiva umidità lo scarica rapidamente o ne impedisce la carica. Esso è sensibile pure alla geometria e alla natura dei corpi circostanti e, anche se fornisce indicazioni qualitative, queste devono essere interpretate correttamente.
Un suo impiego nella didattica è il riconoscimento del tipo di carica.
Per averne una spiegazione più dettagliata scrivere: “Elettroscopio e riconoscimento di carica” su Cerca.
Si strofina una bacchetta di plexiglas con un panno di lana asciutto, ottenendo una carica positiva, con questa si tocca poi l`elettrodo dell`elettroscopio e si osserva il divergere delle foglioline. Se si accosta ora una bacchetta carica dello stesso segno, le foglioline divergeranno ancor di più; mentre se si avvicina un`altra bacchetta carica di segno opposto le foglioline dapprima si avvicineranno per poi divergere di nuovo. Il diverso comportamento indica che la carica è di segno uguale o di segno opposto a quella dello strumento. Durante le operazioni può accadere che scocchi una piccola scintilla tra la bacchetta e l`elettrodo, falsando la prova.
Altri impieghi comuni sono: la dimostrazione dell`induzione elettrostatica con due elettroscopi e un conduttore; l`illustrazione degli effetti della gabbia o del pozzo di Faraday-Beccaria; l`indicazione dei potenziali nel condensatore di Epino; ecc. .

La figura 9 è a pag. 32 di J. E. H. Gordon A Physical Treatise om Electricity and Magnetism Vol. I, D.
Appleton & Co. New York, 1889. Che si può vedere all’indirizzo:
https://archive.org/details/aphysicaltreati04gordgoog/page/n58/mode/2up?q=J.+E.+H.+Gordon+A
+Physical+Treatise+om+Electricity+and+Magnetism+Vol.+I
La figura 1647 è a pag. 107 del Catalogue N° 10 Physical Instruments by Ferdinand Ernecke, Berlin S.W. [1884?] che si può consultare all’indirizzo:
https://archive.org/details/catnumtenphyinst00newmrich/page/n5/mode/2up?q=F.+Ernecke

Bibliografia:
F. A. Levi ed E. Bilancia, Cosa rivela l`elettroscopio, La Fisica nella scuola, XVII 1 1984.
C. Goretti Miniati, Elementi di Fisica, vol. II, F. Cuggiani, Roma 1909.
F. Cajori, Storia della fisica elementare, N. Zanichelli, Bologna 1908.
G. Gamow, Biografia della fisica, Mondadori, Milano 1974.
L`oggetto è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
    Foto di Federico Balilli e di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.