Apparecchio a due dischi per l’adesione


Due dischi per l`adesione.

 Nell`inventario generale del 1919, a pag. 40 n° 1297/22 si legge: “Dischi di vetro per mostrare l`adesione”.
Adhesion Plates: These consist of two plates of glass the flat surfaces ground perfectly true. On pressing these together, they can be separated only by the exertion of considerable force, the power required being in proportion to the area of the plates.
Prima di descrivere i due dischi è necessaria una premessa: secondo la letteratura si chiama coesione quella che avviene tra due materiali uguali, mentre si parla di adesione se i due materiali posti a contatto sono di natura diversa.
In questo caso dunque si dovrebbe usare il termine c
oesione. Ma la tradizione antica è diversa e ormai consolidata nel nome.
I dischi possono essere di rame, acciaio, alluminio, ecc.
È noto che se una tazzina cade e si rompe, per quanto ci si affretti a rimettere alcuni pezzi insieme e pur combaciando tra di essi, si osserva che ormai i legami elettrici che la tenevano insieme sono irrimediabilmente rotti.
Vi sono alcune sostanze solide che fanno eccezione, come la mica. Essa si sfalda facilmente in fogli, e si può far aderire di nuovo.
Una sfera di piombo può essere tagliata accuratamente in due emisferi e subito dopo questi possono essere riuniti.
Altri materiali sono l`oro, l`argento, la gomma, la gelatina ecc.
Gli oggetti devono comunque essere “lisci” su scala atomica, cioè nell`ordine di 1-10 nm.
Una volta messi a contatto i dischi, a prima vista sembrerebbe che la loro coesione dipenda dalla pressione atmosferica che agisce sulle facce esterne, come avviene negli emisferi di Magdeburgo quando sono stati svuotati dell`aria che contenevano.
Invece questa ipotesi non è soddisfacente; infatti si possono mettere i due dischi sotto una campana pneumatica e, tolta sufficientemente l`aria, si mostra che un peso attaccato al disco sottostante non riesce a staccarli nonostante la pressione residua sia molto bassa.
Se ne deve inferire che la loro coesione dipende dai legami ristabiliti.
Le forze di legame agiscono a distanze estremamente piccole, dell`ordine di grandezza di 10-100 miliardesimi di metro. Si ricorda che i legami interatomici sono ionici, covalenti e metallici. I diversi legami intermolecolari si dicono di van der Waals.
Questi antichi esemplari del Montani sono di vetro e perfettamente piani e combacianti con l`impugnatura ad anello.
Però, messi alla prova, mostrano una scarsa coesione e si dividono facilmente.
Quando si tenta di unirli, dopo averli ben puliti, bisogna premerli uno contro l`altro con forza e ruotarli un po` tra di loro per far uscire l`aria; bisogna anche far combaciare gli orli.
Se la loro superficie viene bagnata con olio o acqua si nota una maggiore resistenza alla separazione, ma in questo caso è intervenuta la pressione atmosferica e non la coesione; infatti in questo caso i dischi si possono far scorrere l`uno rispetto all`altro e separare.
La figura B 335 si trova a pag. del catalogo: Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica a cura del prof. R. Magini, Officine Galileo, 1940.
La figura 700 è a pag. 213 del catalogo: Physikalische Apparate Max Kohl Chemnitz i.S. Preisliste Nr. 21 (post 1905) che si trova all’indirizzo:
https://archive.org/details/physikalischeapp00kohlrich/page/n5/mode/2up?q=Catalogue+of+Physical+Apparatus+Max+Kohl  .
    Foto di Ilaria Leoni, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Prisma di Nicol E. Leybold’s Nachfolger Cöln-Rhein, due esemplari

Due prismi di Nicol.
Accessori N° 21 e 22 dell` apparecchio di proiezione E. Leybold`s Nachfolger, Cöln-Rhein.
Nell`inventario generale n° 6 del 1925, al n°2291/190 si legge: “Provenienza Zambelli Torino. Guernitura [sic] con 2 spati doppi; 2 nicols, due lenti. ₤ 1382,60”.
Nell`inventario particolare per reparto n° 7/8 del 1925/1927 al n° 709-2291 sono nell`elenco degli accessori del proiettore e, insieme agli altri accessori ai quali ci si riferiva sopra, sono valutati in totale ₤ 1382,60.
Nell`inventario D del 1937, si trovano nell`elenco degli accessori al proiettore al n° 351 e, insieme agli altri accessori ai quali ci si riferiva sopra, sono valutati in totale ₤ 500.
Il N° 22 differisce costruttivamente dal N° 21 per la presenza di un foro di collimazione; infatti affinché il raggio ottenuto dal nicol sia polarizzato totalmente, è necessario che la sua direzione sia compresa fra due direzioni limite formanti un angolo di circa 30°; questa si chiama apertura angolare o campo del nicol.
Questi due nicol venivano inseriti nell`accessorio N° 19 ((Porta spati e/o nicol) munito di una serie di fori di collimazione (vedi la relativa scheda).
Il nicol fu inventato da W. Nicol nel 1829.
Dalla calcite trasparente (spato di Islanda) si otteneva per sfaldatura un solido largo circa 1 cm e lungo da 2 a 3 cm che poi veniva tagliato lungo la diagonale maggiore.
Gli angoli caratteristici del cristallo sono di 71° e 109°.
Le due facce agli estremi venivano molate e lucidate fino ad ottenere un angolo di 68° come si vede nelle figure sottostanti.
I due pezzi venivano uniti mediante uno strato di Balsamo del Canada che ha un indice di rifrazione pari a 1,537 intermedio tra i due indici ( per il raggio ordinario n = 1,658 e per lo straordinario n = 1,486) dello spato. Per inciso il Balsamo del Canada è un adesivo trasparente di resina naturale che viene tuttora usato da alcune case costruttrici di lenti per macchine fotografiche o microscopi.
Il raggio ordinario, polarizzato perpendicolarmente alla figura, entrando con un angolo maggiore dell`angolo limite, viene totalmente riflesso dal balsamo e assorbito dall`involucro nero.
Il raggio straordinario, polarizzato nel piano della figura, passa.
In tal modo si otteneva un buon polarizzatore.
Abbiamo riportato 3 disegni tratti dai primi tre testi elencati in bibliografia per maggiore sintesi e chiarezza espositiva.
 Bibliografia.
P. Fleury – J. P. Mathieu, Immagini Ottiche, Zanichelli, Bologna 1966.
E. Perucca, Fisica Generale e Sperimentale, Vol. II, UTET, Torino 1934.
F.W. Sears, Ottica, CEA, Milano 1982.
A. Maras, Introduzione all`Ottica Mineralogica.
Per vedere gli altri accessori dell`apparecchio di proiezione della E. Leybold`s Nachfoger, Cöln-Rhein scrivere “Rhein” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Apparecchio a due prismi per l’acromatismo


Apparecchio per l`acromatismo.
Nell`inventario D del 1937 al n° 325 si legge: “coppia di prismi in crown e flint per acromatismo – su piede. ₤ 50”.
Nell`inventario D del 1956 al n° 681 si legge: “Coppia di prismi – uno di Crown e uno di Flint per acromatismo”.
Ma si ritiene che siano di data anteriore al 1937.
L`aberrazione cromatica che si vede con una lente a facce sferiche dipende dalla dispersione che la luce bianca subisce nell`attraversarla.
La dispersione della luce è dovuta alla variazione dell`indice di rifrazione della sostanza trasparente al variare della frequenza della luce incidente; la relazione che lega la rifrangenza alla dispersione è molto complessa e dipende dal materiale in esame.
Uno degli usi didattici più frequenti del prisma ottico consiste nel mostrare la dispersione della luce solare, o di una lampada ad incandescenza, nei vari colori.
Si ricorda per inciso che la frequenza cresce dal rosso al violetto e che il rosso è meno deviato del violetto. Un prisma da solo dunque provoca il fenomeno della dispersione.
Due prismi identici per forma e materiale ottico, sovrapposti in modo tale da formare una lastra a facce parallele deviano la luce incidente senza disperderla apprezzabilmente. Infatti se la lastra di vetro supera lo spessore di 9 – 10 cm, si comincia ad osservare comunque una leggera dispersione.
Osserviamo ora questo esemplare: il sostegno porta incernierati due prismi isosceli con angoli al vertice diversi. Quello con l`angolo al vertice più acuto è di vetro flint, mentre l`altro e di vetro crown.
Esistono diversi vetri flint: il flint per telescopi ha un indice di rifrazione da 1,524 a 1,548 all`aumentare della frequenza; il flint al bario va da 1,596 a 1,629; il flint extra denso va da 1,686 a 1,743; il flint super extra denso va da 1,901 a 1,986.
Come si vede i vetri flint hanno un alto indice di dispersione.
I flint densi si ottengono con l`aggiunta di ossido di piombo.
I vetri crown più comuni sono: il crown borato che ha un indice che va da 1,504 a 1,523 sempre al crescere della frequenza; il crown al bario leggero che va da 1,535 a 1,556. I vetri crown hanno un basso indice di dispersione.   Se si sceglie un prisma di vetro flint con angolo di rifrangenza opportunamente ridotto in modo da produrre uno spettro di colori della stessa ampiezza di quello ottenuto utilizzando un prisma di vetro crown (10° per il flint e 20° per il crown), e i due prismi si pongono in maniera tale da produrre effetti opposti, le dispersioni si compensano ma non le deviazioni.
La luce bianca incidente viene ricomposta, seppur parzialmente, in uscita e subisce una deviazione uguale alla differenza delle deviazioni dei singoli prismi.
Per ottenere un miglior effetto di acromatismo occorrerebbe un sistema più complesso, con più prismi.
Isaac Newton nel suo Optiks (1704) sosteneva che la rifrangenza fosse proporzionale alla dispersione, pertanto secondo lui l`aberrazione cromatica delle lenti non era eliminabile, e dunque nella costruzione dei telescopi ricorse agli specchi parabolici.
 Ma nel 1757 J. Dollond, un ottico inglese, accoppiando una lente concava-convessa di flint e una biconvessa di crown, ottenne un sistema abbastanza acromatico, mostrando che la rifrangenza e la dispersione sono legate da relazioni molto complesse. Questo permise la costruzione di cannocchiali e telescopi con sistemi multipli di lenti e, non meno importante, la realizzazione di buoni obiettivi per le macchine fotografiche.
La figura è tratta da: Apparecchi per l’insegnamento della Fisica, a cura del prof. R. Magini, Officine Galileo, 1940.
Bibliografia:
P. Brenni, Gli strumenti di fisica dell`Istituto Tecnico Toscano – Ottica, Giunti, Firenze 1995.
V. Ronchi, Storia della Luce, Laterza, Bari 1983. E. Perucca, Fisica generale e sperimentale, Vol. II, UTET, Torino 1934.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Scala di Cross, due esemplari della Paravia



     Due scale di Cross della Paravia.
La più recente è stata acquistata nel gennaio del 1982 al costo di ₤ 80.000 e si trova al n° 6293 del relativo inventario.
La meno recente risale al settembre del 1978 e costava ₤ 49.020, si trova nell`inventario al n° 5877.
Questo apparecchio, detto «scala di Cross» dal nome del fisico statunitense Charles Robert Cross (1848-1921) che lo propose alla fine del XIX secolo, è composto da sei tubi nei quali è possibile osservare scariche elettriche a diverse pressioni dell`aria in essi contenuta.
L`aspetto della scarica al variare della pressione va dalla scarica a bagliore per le pressioni intermedie fino alla fluorescenza verdastra delle pareti di vetro per le pressioni più basse. In quest`ultimo caso è bene non prolungare l`esperimento poiché vengono emessi pericolosi raggi X. Del resto le leggi attuali proibiscono l`uso di questi dispositivi nelle scuole.
Un telaio di legno sostiene verticalmente sei tubi a vuoto muniti di elettrodi terminali.
Collegati ad un rocchetto di Ruhmkorff essi mostrano vari aspetti della scarica elettrica (filamentosa, stratificazioni, spazi oscuri ecc.) che variano in funzione del grado di vuoto praticato nel tubo.
Le etichette dell`apparecchio della prima foto recano i valori delle pressioni dell`aria:  “40 mm di Hg; 10 mm di Hg; 6 mm di Hg; 3 mm di Hg; 0,14 mm di Hg; 0,1 mm di Hg”.
Nell`apparecchio più antico manca un tubo; su ciascuna delle etichette si legge HARVA e il valore della pressione. Riportiamo le pressioni nei 5 tubi in successione: 10 torr; 5 Torr; 1,5 torr; 0,75 torr; 0,025 torr.
Ricordiamo che un torr equivale al mm di mercurio del barometro di Torricelli (1 torr = 133,32237 Pa ).
Foto di Federico Balilli, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Spato d’Islanda E. Leybold’s Nachfolger, Cöln-Rhein, due esemplari

Due spati d`Islanda.
Accessori N° 20 dell` apparecchio di proiezione E. Leybold`s Nachfolger, Cöln-Rhein.
Nell`inventario generale n° 6 del 1925, al n°2291/190 si legge: “Provenienza Zambelli Torino. Guernitura [sic] con 2 spati doppi; due nicols; due lenti. ₤ 1382,60”.
Si trovano inoltre nell`inventario particolare per categoria n° 6/7 del 1925/1927 al n° 709-2291 nell`elenco degli accessori del proiettore e, insieme agli altri accessori ai quali ci si riferiva sopra, sono valutati in totale ₤ 1382,60.
Nell`inventario D del 1937, si trovano nell`elenco degli accessori al proiettore al n° 351 e insieme agli altri accessori ai quali ci si riferiva sopra sono valutati in totale ₤ 500.
Lo spato d`Islanda è una forma cristallina trasparente di carbonato di calcio chiamata calcite le cui proprietà di birifrangenza furono scoperte da E. Bartholinus nel 1669. Per sfaldatura si ottiene un solido di forma romboedrica che si può vedere in un disegno della scheda relativa al nicol. Nel 1820 T. Young e A. J. Fresnel ne spiegarono la polarizzazione in modo soddisfacente per l`epoca con la congettura che le onde luminose fossero trasversali.
Un raggio di luce che entra nel cristallo subisce dunque una doppia rifrazione e i due raggi uscenti risultano polarizzati in direzioni tra loro perpendicolari.
Un raggio viene chiamato ordinario ed è dovuto ad un indice di rifrazione di 1,6583, l`altro è detto straordinario (indice di rifrazione 1,4684).
Gli indici sono stati misurati con una lunghezza d`onda della luce di 589 nm.
Il raggio straordinario deve il suo nome al fatto che ruota intorno a quello ordinario, quando si fa ruotare il cristallo; mentre quello ordinario ha il piano di polarizzazione del vettore campo elettrico normale all`asse ottico.
Se immaginiamo le molecole costituenti lo spato più lunghe che larghe, disposte con i loro assi lunghi paralleli a formare lunghe file (questa è la direzione dell`asse ottico), possiamo pensare che il campo elettrico oscillante della luce si comporti in modo diverso a seconda di come colpisce le molecole; da qui discende la birifrangenza e la doppia polarizzazione.
Questi due spati venivano inseriti nell`accessorio N° 19 (vedi la scheda scrivendo “porta spati” su Cerca).
Nel Catalogue of Physical Apparatus (with descriptions for use) E. Leybold’s Nachfolger Cologne, (Germany) dei primi del Novecento,
da pag. 106 a pag. 109, vi sono le spiegazioni dei vari esperimenti sulla polarizzazione eseguibili con gli accessori qui descritti.
A pag. 111 del catalogo, al N° 2163, si legge: “Fitting No. 19 with two calcite crystals Nr. 20, two nicols No. 21 and 22, two lenses No. 24 and 25 and two crystals holders No. 23 . . . $ 45,00”.
Esso è rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/
Bibliografia:
AA. VV.
PPC Project Physics Course , Zanichelli Bologna 1977.
R. P. Feynman R. B. Leighton M. Sands, The Feynman Lectures on Physics, Vol. I, Addison-Wesley, 1964.
P. Fleury – J. P. Mathieu, Immagini Ottiche, Zanichelli, Bologna 1966.
E. Perucca, Fisica Generale e Sperimentale, Vol. II, UTET, Torino 1934.
F. W. Sears, Ottica, CEA, Milano 1982.
D. Halliday R. Resnick, Fisica 2, CEA, Milano 1982.
Per vedere gli altri accessori dell`apparecchio di proiezione della E. Leybold`s Nachfoger, Cöln-Rhein scrivere “Rhein” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni