Dispositivo di Frick per mostrare l’equilibrio stabile

    Dispositivo di Frick per mostrare l`equilibrio stabile dei corpi.
Nell`inventario del 1919 ha il n° 838.
Dopo aver posto i due pesi (ben visibili nella foto agli estremi dell`arco) al di sotto della punta del cono, ruotando opportunamente l`arco, il baricentro dell`apparecchio si viene a trovare molto più in basso del punto di sospensione.
Esso presenta quindi un equilibrio talmente stabile da poter fare delle curiose evoluzioni quando è appoggiato sulla punta del cono e viene allontanato dalla sua posizione di riposo.
Ciò che lo rende prezioso è la sua età.
La figura è a pag.188 di Physikalische Apparate Max Kohl, Chemintz i. Sachsen, Preiliste Nr. 21 ( post 1905), che si trova all’indirizzo:

https://ia802300.us.archive.org/3/items/physikalischeapp00kohlrich/physikalischeapp00kohlrich.pdf .
La figura 77 è a pag. 6 del Catalogue N° 10 Physical Instruments by Ferdinand Ernecke Berlin SW. O. Newmann & Co. London. W. C. 1884(?) che si trova all’indirizzo:
https://ia800706.us.archive.org/10/items/catnumtenphyinst00newmrich/catnumtenphyinst00newmrich.pdf .

La figura 77 è molto simile alla figura 33 che si trova a pag. 40 del testo citato in bibliografia.
Bibliografia: A. Funaro e R. Pitoni, Corso di fisica e chimica, R. Giusti Livorno 1907.
Foto di Daniele Maiani, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Dispositivo per mostrare gli anelli di Newton, E. Leybold’s Nachfolger Cöln-Rhein




Dispositivo per mostrare gli anelli di Newton.
Accessorio N° 12 dell`apparecchio di proiezione della E. Leybold`s Nachfolger, Cöln-Rhein.
Si trova in un catalogo della ditta costruttrice dei primi del Novecento al N° 2152 dove si legge: “Newton`s rings, with slit and metal plate No.12”, al costo di $ 8,75. Nell`inventario generale n° 6 del 1925, al n° 2288/187 si legge: “Provenienza Zambelli Torino. Anelli colorati di Newton. ₤ 302,60”.
Nell`inventario particolare per reparto n° 7/8 del 1925/1927 al n° 706/2288 si legge: “Anelli colorati di Newton. ₤ 302,60” e si trova nell`elenco degli accessori del proiettore.
Nell`inventario D del 1937, si trova l`elenco degli accessori del proiettore e al n° 354 si legge: “Anello colorato di Newton con diaframma a fenditura e piastra in lastra, ₤ 50”.
Nel Catalogue of Physical Apparatus (with descriptions for use) E. Leybold’s Nachfolger Cologne, (Germany) [1910] si trova elencato a pag. 110 dove, al N° 2152, si legge: “Newton’s rings, with slit and metal plate No.12 . . . $ 8,75”.Da questo sono state tratte le due figure 2132J e 2132K e 3323. Il catalogo è rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/ .

Isaac Newton first discussed the colored interference fringes that we now call Newton`s Rings in a communication to the Royal Society in December 1675, and presented an expanded account in his book “Optics” (1704). The original observation was first made with a wedge-shaped air-gap between the surfaces of two prisms, but later used the now-standard technique of pressing the convex surface of a lens against a flat glass plate. The familiar colored rings are best observed in monochromatic light.

Il dispositivo è formato da un telaio circolare saldato sopra una lastra di metallo annerita. Nel telaio sono poste due lastre di vetro di cui la superficie sferica di una è sovrapposta a quella piana dell`altra.
Le tre viti servono a variare la pressione tra di loro e a centrare l`immagine ottenuta.
La formazione degli anelli è dovuta, secondo il modello ondulatorio, all`interferenza della luce.
Nel II libro dell`Optiks, pubblicato nel 1704, I. Newton riprese le esperienze già svolte da Hooke sulla colorazione delle lamine sottili, facendo minute ricerche in luce bianca e monocromatica.
Poi mise a contatto una superficie sferica di una lastrina di vetro con una piana di un`altra lastrina (vedi il suo disegno riportato sotto).
Egli conosceva l`andamento della forma dell`interstizio d`aria compreso tra le superfici, avendo misurato il raggio della superficie sferica.
Premendo le due superfici una sull`altra ottenne numerosi anelli che in luce naturale avevano i colori delle bolle di sapone. Se la pressione è eccessiva i cerchi si deformano in macchie più larghe, diventando sia più visibili sia più numerosi.
Newton misurò con un compasso il raggio dei primi sei cerchi luminosi e scoprì che i quadrati dei raggi formano una progressione aritmetica dei numeri dispari 1 3 5 7 9 11, mentre i quadrati dei raggi di quelli scuri seguono la sequenza 2 4 6 8 10 12.
Inoltre Newton osservò che in luce bianca gli anelli ben visibili sono otto o nove, mentre in luce monocromatica ne contò più di una quarantina ben distinti e stimò che ne fossero più di cento.
Svolse quindi precise ricerche in luci monocromatiche di vari colori e trovò relazioni tra lo spessore d`aria e la posizione di ogni anello di un certo colore che lo portarono a scoprire una periodicità per lui inspiegabile.
Altra scoperta notevole fu che gli anelli appaiono anche se si guarda il tutto in trasparenza, invece che in riflessione, ma in questo caso il centro è chiaro e gli anelli chiari occupano il posto di quelli scuri e viceversa quelli scuri si trovano là dove erano i chiari.
Nonostante l`accuratezza delle sue ricerche sistematiche la sua spiegazione teorica del fenomeno, che si rifaceva al suo modello corpuscolare, non soddisfaceva neppure lo stesso Newton.
Circa cento anni dopo la pubblicazione dell`Opticks, T. Young nel 1802 ne diede una spiegazione del tutto diversa, fondata sul modello ondulatorio della luce che si ispirava al Traité de la Lumière di C. Huygens, pubblicato nel 1690.
La moderna Elettrodinamica Quantistica (Q. E. D.) ne fornisce comunque la migliore interpretazione.
Un`ultima curiosità: se tra i vetri si interpone acqua, i raggi degli anelli si contraggono in ragione dell`indice di rifrazione di questa.

La figura 671 è a pag. 700 del Elementary Treatise on Physics Experimental and Applied transalted from Ganot’s Éléments De Physique by E. Atkinsons, W. Wood & Co. New York 1910. rinvenibile all’indirizzo
https://archive.org/details/treatphysics00ganorich
Bibliografia: V. Ronchi, Storia della luce, Laterza, Bari 1983 da cui è tratto il disegno originale di Newton.
G. Gamow, Biografia della Fisica, A. Mondadori Milano 1963.
R. Pitoni, Storia della Fisica, STEN Torino 1913.
D. Halliday – R. Resnick, Fisica 2, CEDAM, Milano 1982.
Per vedere gli altri accessori dell`apparecchio di proiezione della E. Leybold`s Nachfoger, Cöln-Rhein scrivere “Rhein” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Dispositivo per mostrare l’induzione elettromagnetica Off. Galileo N° 99705

Dispositivo per mostrare l`induzione elettromagnetica della ditta Officine Galileo di Firenze N° 99705.
Nell`inventario D del 1937 n° 81, è dichiarato già esistente.  Dai particolari costruttivi si può far risalire agli anni venti del Novecento.
Su una targhetta si legge: “Officine Galileo Firenze N° 99705”.
Esso consiste di una bobina secondaria a molte spire di filo sottile isolato con seta e avvolto sulla base di legno, spire che fanno capo a due morsetti. All`interno di questa va inserito il primario, fatto di poche spire di filo di sezione maggiore che terminano in due morsetti. Nel rocchetto primario a sua volta si può inserire, ed eventualmente far scorrere, un nucleo cilindrico di materiale ferromagnetico (all`epoca si usava ferro dolce).
Nella figura, tratta da G. Veroi, Elementi di Elettrotecnica, Vol. I, UTET, Torino 1905, si vede l`applicazione didattica del dispositivo.
Il primario, alimentato da una pila, viene estratto rapidamente dal secondario. In questo, collegato ad un galvanometro (nella figura è del tipo Nobili), si genera una corrente indotta segnalata dalla deviazione dell`ago dello strumento. Il verso della corrente indotta si inverte se il primario viene inserito, sempre rapidamente.
Si ottiene un risultato simile, ma di maggiore intensità, con il cilindro ferromagnetico presente nel primario. L`effetto ottenuto dipende in ogni caso dalla rapidità del movimento.
Inoltre si ha corrente indotta nel secondario anche estraendo o inserendo il cilindro feromagnetico nel primario.
Volendo si può sostituire il primario con un magnete cilindrico: se il magnete viene mosso in qualunque modo, purché abbastanza rapidamente, si ottiene corrente indotta nel secondario.
Si ha corrente indotta nel secondario anche interrompendo la corrente nel primario, ma in questo caso l`inerzia del galvanometro non sempre permette di osservare l`effetto della  variazione di corrente.
Oggi con un oscilloscopio la cosa è facilissima da fare. Quanto si è detto fu descritto minuziosamente da M. Faraday nel 1831 mentre faceva questi esperimenti. L`apparecchio si può usare anche come trasformatore, alimentando opportunamente uno dei due rocchetti in corrente alternata e misurando gli effetti sull`altro. In questo caso si abbia l`accortezza che la bobina piccola sia inserita nella più grande e che la tensione di alimentazione sia piccola e si osservi che ciascuna bobina può divenire o primario o secondario a piacere.
Nel novembre del 2009 l`ing. Claudio Profumieri ha lievemente restaurato e reso di nuovo funzionante il dispositivo.
Per inciso va ricordato che Gomberto Veroi fece aprire il primo Gabinetto di Elettrotecnica al Montani intorno al 1907. Egli scrisse ottimi libri di elettrotecnica e ne lasciò alcune copie attualmente custodite nella Biblioteca dell`Istituto.
La figura N 1172 si trova a pag. 302 del catalogo: Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica a cura del prof. R. Magini, Officine Galileo, 1940.
La figura 95-40 è a pag. 468 del Cat.logue of Physical Instruments L. E. Knott Apparatus Company Boston, 1912 che si trova all’indirizzo:
https://ia802308.us.archive.org/34/items/catalogofphyinst00knotrich/catalogofphyinst00knotrich.pdf .
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Dinamometro W. M. Welch


Dinamometro W. M. Welch a molla.
Costruttore W. M. Welch Scientific Co. Chicago.
Non è facile determinarne l`età; un indizio si trova nell`inventario D del 1937, N° 216, alla voce generica “dinamometro” che resta non attribuibile a un particolare strumento, ma questo esemplare potrebbe essere posteriore come suggeriscono i materiali di cui è fatto.
Le foto mostrano che esso ha una doppia scala: quella più esterna è in “grams” con portata fondo scala di 500 grammi, cioè circa 4,9 N.
La scala più interna è tarata in “oz” con p.f.s. di 18 oz (once); un’oncia equivale a 28,3495231 g pertanto 18 oz equivalgono a circa 510,29 g, cioè a 5,0059 N.
Il dinamometro è del tipo a molla e quindi segue la legge di Hooke F = – K s. L`indice è mosso da un sistema di ingranaggi e leve.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Schermo fluorescente per osservazioni ai raggi X


 Schermo fluorescente per osservazioni ai raggi X.


Le due figure senza numeri sono a pag. 29 del Machines à double rotation pour l’électrisation par influence, Appareils accessoires électriques, Appareils pour produire des rayons X.
Rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9941.pdf .

La figura 4114 si trova a pag. 37 del catalogo F. Ernecke Sonder-Preiliste No. 16 Röntgen_ Apparate und -Instrumentarien. Berlin. SW.
Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/51665/imagepages/image37.htm .
Nella collezione del Montani sono presenti quasi tutti gli apparecchi qui rappresentati: un tubo a raggi X e uno schermo fluorescente.
Nelle figure mancano: il rocchetto di Rhumkorff , l’alimentatore in corrente continua del rocchetto e parte del criptoscopio.
Quest’ultimo è tenuto in mano dal personaggio della prima figura; esso evita di dover oscurare la stanza e sul fondo ha lo schermo fluorescente. L’apertura superiore, fasciata da una soffice stoffa, serve all’osservatore per appoggiarvi la fronte ed avere una visione ottimale.
La visione della mano, insieme alla fotografia, era la dimostrazione più frequente che si faceva nelle scuole.
La mano veniva “illuminata” dai raggi X e, attraverso lo schermo fluorescente, se ne vedevano le ossa.
Era consigliabile non superare il minuto di esposizione e gli spettatori dovevano stare a qualche metro di distanza.
Nel 1907 scrive Graetz a pag. 311 dell’op. cit. in bibliografia:
«Però in certi casi questi raggi sono dannosi per il corpo umano, e si conoscono dei casi in cui essi originarono delle malattie, così che l’applicazione dei raggi Röntgen va fatta con molta cautela».
Da molti anni ovviamente nelle scuole è proibito l’uso di qualunque tubo a scarica.
Basti dire in proposito che lo schermo andava posto a circa 20 cm dal tubo, è evidente l’inopportunità dell’esperimento.
Lo schermo fluorescente del Montani è montato su un telaio di legno, ha dimensioni 13 per 18 cm e reca la scritta: “Vor Wärme und unnötigen Roentgenstralhen zu-schützen!”. Nell’inventario del 1919 si trova al N° 920/8 uno “Schermo fluorescente per radioscopia”.
La superficie sensibile è un amalgama di solfuro di zinco e solfuro di cadmio con tracce di argento.
La superficie posteriore è verniciata di nero per non far passare la luce ordinaria.
La sostanza fluorescente dello schermo emette una flebile fosforescenza residua.
Secondo Graetz la gran parte dei costruttori dell’epoca realizzavano lo schermo fluorescente su «cartone nero ricoperto da uno strato abbastanza spesso di platinocianuro di bario tenuto aderente con gomma o colla».
Lo schermo fluorescente dunque serviva per studiare qualitativamente la proprietà di penetrazione del raggi X. Inoltre poteva essere usato per mostrare la luce ultravioletta, per esempio nella decomposizione spettrale della luce emessa dai vapori di mercurio.
In un esemplare più recente della collezione del Montani lo strato sensibile è composto da tungstato di calcio.
Il silicato di zinco e il platinocianuro di bario si illuminano di verde, mentre l’allumina cristallizzata di rosso, il tungstato di cadmio di blu, ecc. .
La figura 301 è a pag. 305 del testo Dr. L. Graetz, DIE ELEKTRIZITÄT UND IHRE
ANWENDUNGEN. STUTTGART. VERLAG VON J. ENGELHORN. 1906. In essa si vede il
rocchetto di Rhumkorff, e sotto lo schermo vi è una lastra per la fotografia. Il libro è rinvenibile all’indirizzo:
https://ia802604.us.archive.org/21/items/dieelektrizittu00graegoog/dieelektrizittu00graegoog.pdf
Bibliografia.
Scheda di istruzioni della Leybold N° 55592 1/1955.
A. L. Graetz, L’elettricità e le sue applicazioni, Vallardi, Milano 1907.
A. Del-Bue, Lezioni di fisica generale, A. Signorelli Roma 1933.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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