Dispositivo elettromagnetico trifase a campo rotante per tubo di Braun

Dispositivo elettromagnetico trifase a campo rotante per tubo di Braun.
Nell`inventario generale n° 6 degli anni 1925-1927, al n° 2714/229 si legge: “Dispositivo per campo magnetico rotante per il tubo di Braun; ₤ 15; Fisica”, acquistato nel 1927.
Nella collezione del Montani esistono due dispositivi di tal genere risalenti sicuramente allo stesso periodo ed usati per il tubo di Braun, ma non ci sono indizi per sapere a quale dei due si riferisce l`inventario.
Un tubo di Braun infatti è citato nella stessa pagina al n° 2706/221. Di questo tubo non si hanno altre notizie. Nell`inventario D del 1937 invece sono entrambi citati come già esistenti; al n° 86 si legge : “Modello dimostrativo per campo rotante trifase – Kohl – ₤ 200”. Prima destinazione Lab. Misure Elettriche.
Al n° 87 si legge: “Modello dimostrativo per campo rotante bifase – Kohl – ₤ 200”. Prima destinazione Lab. Misure Elettriche.
Quest’ultimo si può vedere nella stessa sezione di Fisica.
Una premessa essenziale: io e l’ing. Lorenzo Cognigni riteniamo che sia necessario eseguire (quando sarà possibile) alcune prove sperimentali riguardanti il funzionamento del dispositivo, per chiarire qualche nostra perplessità sulla disposizione delle bobine e sui materiali impiegati.
A chi è interessato ad una spiegazione approfondita del campo elettromagnetico trifase rotante si indica il seguente indirizzo:
https://www.sandroronca.it/CampoMagneticoRotante/CampoRotanteTrifase.html
Il dispositivo qui mostrato ha tre bobine doppie, disposte tra loro a 120° ( tra ogni coppia di morsetti esiste una resistenza di 1,6 ohm, mostrando che esse sono tutte uguali) e, quando sono alimentate da tre correnti alternate (di ugual valore e frequenza) sfasate tra loro di 120 °, si realizzano tre campi magnetici alternati che danno luogo al campo rotante. La somma istante per istante dei tre campi da luogo infatti ad un unico campo risultante che ruota con velocità angolare costante e ampiezza costante.
Un campo magnetico devia un elettrone in moto (nella didattica si usa la regola della mano sinistra); se il campo ruota, sullo schermo si può osservare un cerchio dovuto alla continua variazione della deviazione subita dagli elettroni provenienti dal catodo.

Questo dispositivo è identico a quelli che si trovano nei cataloghi della Max Khol Chemnitz dei primi anni del Novecento, come si può vedere nella figura 61503a che si trova a pag. 899 del Price List No 50 Vols. II and III Physical Apparatus Vol II Max Khol A.G. Chemnitz [1909-11?]; rinvenibile all’indirizzo:
https://ia802605.us.archive.org/4/items/pricelistno5023kohlrich/pricelistno5023kohlrich.pdf
Dalla stessa pagina del catalogo abbiamo riportato anche la scritta dedicata al tubo di Braun disegnato nella figura 61503a che è rappresentato da solo nella figura 61499 di pag. 898.
L`apparecchio serviva dunque per la deviazione degli elettroni nel tubo mediante il campo magnetico generato dalle sei bobine.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Dispositivo ottico Bonne Presse Paris

      Dispositivo ottico Bonne Presse Paris.
Sul tubo di ottone è inciso: “BONNE PRESSE PARIS F 400 M/M EQUI”.
Potrebbe essere l`obiettivo di un apparato, presumibilmente una “lanterna magica” (oggi parleremmo di un “diascopio” o proiettore per diapositive), destinato a proiettare a distanza immagini dipinte o fotografate su una lastra di vetro.
Apparecchi del genere, piuttosto comuni nell`era pre-cinematografica (iniziata all`epoca dai fratelli Lumiere), sono gli antesignani dei proiettori cinematografici veri e propri (per filmati su pellicola cinematografica) che apparvero intorno ai primi anni Venti.
Esso ha distanza focale di 400 mm come è impresso sul tubo.
Di questo esemplare non abbiamo né documentazione scritta né foto d`epoca.
La Maison de la Bonne Presse era un`organizzazione a sfondo religioso nata nel 1873 che nel primo Novecento produceva sia filmati sia macchine da proiezione sotto l`impulso di G. M. Coissac, ed aveva sede a Parigi.
Per queste note a carattere provvisorio ci siamo avvalsi della collaborazione dell`Ing. Massimo D`Apice, ricercatore presso l`Enea.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni,  ricerche  e testo a cura di Fabio Panfili.
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Dispositivo per l’arco voltaico a revolver E. Leybold Nachfolger 1ª parte


Questo dispositivo per l`arco voltaico è stato costruito dalla E. Leybold`s Nach. A.G. come si legge ancora sulla base, nonostante la scritta sia consunta dal tempo e dall`uso.
Si legge inoltre qualcosa come: “
mecha(nical)”; le altre lettere sono troppo rovinate per una sicura interpretazione. Comunque una conferma in tal senso ci viene dalla figura che si trova su due cataloghi in edizione inglese e francese della E. Leybold`s Nachfolger A. G. Cologne dei primi anni del Novecento, nei quali si dice che il suo uso era anche per proiettori cinematografici. Vi si legge inoltre che gli elettrodi andavano posizionati orizzontalmente per un miglior rendimento e che la loro distanza andava regolata a mano se la tensione superava gli 80 volt.
Nell`inventario generale n° 6 del 1925 a pag. 67, n° 2278/177, si legge: “Provenienza Zambelli Torino. Lampada ad arco. ₤ 632,60”.
E al n° 2279/178 si legge: “Disco revolver p. detta con 6 carboni. Corrente continua. ₤ 147,60”.
Nell`inventario generale N° 6 del 1925/1927, pag. 69, al n° 2263/162 si legge: “Zambelli Torino [importatore N.d.R.] Lampada ad arco. Disco revolver p. detta con 6 carboni – corrente continua. ₤ 147,60”.
È curioso notare che nell`inventario particolare per reparto n° 7 del 1925/1927 al n° 178/2279 si legge: “Disco a revolver per detto a 6 carboni per corrente alternativa”.
Infatti il disco a revolver è un accessorio della lampada ad arco e sicuramente sono stati acquistati entrambi (vedi figure 3401 e 3412). Inoltre erano adatti sia per corrente continua sia per alternata.
Forse era usato come lampada per il proiettore Leybold`s Nachfolger che fa parte della collezione del Montani e che si può vedere scrivendo “Rhein” su Cerca.

In esso manca l`elettrodo superiore.
Da notare nelle foto sia il rivestimento a grani di rosario, atto ad assicurare un buon isolamento dei due fili di collegamento, sia il sistema di avvicinamento e regolazione della distanza fra gli elettrodi.
A differenza dei più diffusi congegni ad arco, questo presenta il revolver con sei elettrodi di carbone, molto comodo per intervenire rapidamente per ricostituire l`arco senza dover sostituire l`elettrodo.
Esso era adatto per correnti intorno ai 30 ampére, aveva all`acquisto 12 carboni di ricambio.
Le tre viti isolate termicamente servivano per regolare le posizioni dei carboni e ad abbassare, sollevare e spostare lateralmente la luce.
L`arco voltaico fu ottenuto per la prima volta dal H. Davy nel 1819 (o nel 1803 o 1809 secondo altri autori) per mezzo di una pila di 2000 elementi, i cui poli erano uniti con due cilindri di carbone di legno orizzontali allineati.
Portando prima a contatto i due carboni e poi allontanandoli gradatamente, si stabilisce tra le punte vicine un flusso di gas, aria e particelle di carbone minutissime, incandescenti, incurvato dalla corrente d`aria calda ascendente con produzione di calore e di intensa luce bianca.
Fu lo stesso Davy a chiamarlo arco per la sua forma e voltaico in onore del famoso italiano.
Ponendo dunque a contatto le punte di due cilindretti di carbone di storta (elettrodi), collegati con i poli di un generatore elettrico la cui f.e.m. non sia inferiore a 40 V, le punte si arroventano per effetto Joule essendo la resistenza molto grande nel punto di contatto.
Staccate allora le punte di qualche millimetro
, si forma nello spazio tra i due cilindretti una regione di vapore incandescente che emette luce vivissima, al punto che nelle antiche lampade ad arco si dovevano usare globi diffusori smerigliati od opalizzati per ridurne la forte componente violetta e ultravioletta che, oltre a provocare danni alla vista, darebbe all`occhio una sensazione di luce “fredda”, anche se nella realtà fisica essa è dovuta alla temperatura molto alta.
L`occhio umano è molto sensibile al giallo-verde che interpreta la luce come “calda” specialmente anche quando sono presenti il rosso e l`arancio.
L`analisi spettrografica della luce emessa mostra che l`arco è costituito essenzialmente dai vapori della sostanza che costituisce gli elettrodi.
Come per molti fenomeni, non esiste ancora una teoria soddisfacente per l`arco voltaico. Si ammette che per innescare e mantenere il funzionamento sia necessario avere un catodo incandescente che emetta elettroni per effetto termoionico.
Questi elettroni, accelerati dal campo elettrico presente in prossimità del catodo produrrebbero per urto la ionizzazione dei gas.
L`arco voltaico veniva usato nell`illuminazione delle strade e delle case dal 1850 (nel 1848 infatti Foucault aveva inventato un dispositivo di avvicinamento automatico e aveva sostituito il carbone comune col carbone di storta più duro) fino ai primi anni del Novecento e negli apparecchi da proiezione cinematografica fino a oltre la metà del Novecento.
Bisogna distinguere l`arco voltaico dalla scarica elettrica; quest`ultima in aria secca si ottiene quando si crea un campo elettrico dell`ordine di 32.000 volt per cm (rigidità dielettrica) necessario per ionizzare l`aria che diventa conduttrice.
Invece, come si è già accennato, l`arco è una forma di conduzione stabile nei gas, che si verifica fra elettrodi di carbone o metallici alimentati in corrente continua o alternata in aria o in particolari gas e che richiede differenze di potenziale di qualche decina di volt ma correnti dell`ordine di decine di ampére.
Nel caso di arco elettrico alimentato a corrente continua si chiama anodo l`elettrodo a potenz
iale più alto, catodo quello a potenziale più basso.
Durante il funzionamento il carbone positivo (anodo) si consuma con rapidità circa doppia di quella del carbone negativo (catodo); inoltre sulla estremità rovente dell`anodo si forma un cratere, mentre il catodo diventa a punta. Nell`arco elettrico si distinguono tre regioni: due molto prossime, rispettivamente, al catodo e all`anodo, in cui si hanno cadute di tensione per l`accumulo di elettroni e ioni; una centrale, che si estende per la maggior parte dell`arco elettrico, in cui si genera il plasma (mescolanza di elettroni, ioni e particelle neutre).
L`arco elettrico è caratterizzato da alta densità di corrente nel plasma e sugli elettrodi; elevata temperatura del plasma (3000-6000 ºC). Secondo altri autori si raggiungono 2500 °C sul carbone negativo e 3700 °C su quello positivo, secondo altri autori ancora il plasma raggiunge addirittura i 7000 °C .
L`arco elettrico può svilupparsi in aria libera o in contenitori chiusi e, quasi sempre, deve essere adescato: cioè gli elettrodi devono essere portati inizialmente a contatto così da rendere incandescente il catodo. Nel primo caso, per esempio tra due elettrodi di carbone, distanti pochi millimetri, sono sufficienti poche decine di ampére per dar luogo a un arco elettrico di intensa luminosità; questi tipi di arco elettrico erano utilizzati per esempio nelle lampade per proiettori cinematografici, come si è già detto.
In questi, per aumentare la luminosità e la stabilità dell`arco elettrico, si ponevano anche sali meta
llici all`interno degli elettrodi i quali avevano involucri di rame.
Altri impieghi dell`arco elettrico in aria libera tra elettrodi metallici si hanno nella saldatura elettrica e nei forni elettrici ad arco, nei quali l`arco elettrico (talvolta gigantesco) si genera tra elettrodi di carbone e metallici con correnti che possono raggiungere le migliaia di ampère e servono per la fusione di sostanze che richiedono temperature superiori ai 3.000-4.000 °C.
In contenitori chiusi, di vetro, di quarzo o metallici, l`atmosfera gassosa dell`arco elettrico è costituita da vapori del catodo (mercurio o altri tipi di gas rari).
Tale tipo di arco elettrico era utilizzato per trasformare la corrente elettrica da alternata in continua, oppure anticamente per realizzare vari tipi di lampade.
L`arco elettrico è possibile che si formi tra i contatti delle apparecchiature elettriche destinate all`apertura e chiusura dei circuiti. Dato che risulta dannoso per i contatti stessi si ricorre a diversi accorgimenti per estinguerlo rapidamente e limitarne gli effetti termici.
Un tempo il fenomeno dell`arco elettrico era anche utilizzato per produrre onde elettromagnetiche per trasmissioni radio.
La foto dell`arco è tratta da: L. Miano, Fisica ed esercitazioni, Vol. II, Fabbri Editori, Milano 1984.
Le notizie riguardanti questo esemplare sono state tratte dal Catalogue des Appareils pour l`Enseignement de la Physique costruit par E. leybold`s Nachfolger, Cologne, 1905, rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9915_1.pdf
e dal Catalogue of Physical Apparatus (with descriptions for use) E. Leybold’s Nachfolger, Cologne, (Germany) dei primi del Novecento. Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/

Dai due cataloghi sono tratte le figure 2195-2196 e 3401, 3403, 3401-3412, 3402.
 Per consultare le altre due schede  scrivere “voltaico” su Cerca.
   Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Dispositivo per l’arco voltaico a revolver E. Leybold Nachfolger 2ª parte

Dispositivo per l’arco voltaico a revolver E. Leybold Nachfolger. Seconda parte.
Nell’edizione francese del catalogo E. Leybold’s Nachfolger A. G. Cologne del 1905, a pag. 390, si legge:
«Sources de lumière pour les appareils de projection.
a) Lumière électrique.
La meilleure source de lumière pour les projections est la lumière de l’arc électrique. Il est tout indiqué d’employer cette lumière lorsqu’on dispose d’une tension de 65 volts au moins, et d’une source d’électricité pouvant débiter 10 ampères. Le choix d’une lampe convenable aux conditions données est une question de grande importance. Ce choix est déterminé d’une part par l’installation électrique dont on
dispose, d’autre part par la nature et la grandeur de l’appareil de projection. Nous construisons des lampes à courant continu et à courant alternatif. On donnera toujours
préférence aux lampes à courant continu quand on a la liberté de choisir entre les deux sortes de courant. La question de l’intensité du courant est également
importante pour le choix de la lampe. En général il suffit de 15 ampères pour exécuter dans de bonnes conditions la projection en lumière réfléchie. Toutes nos lampes et lanternes supportent facilement cette intensité de courant. Si l’appareil est tel qu’il peut être desservi par une lampe plus intense, on fera bien d’employer une lampe, qui est décrite expressément comme étant destinée aux intensités plus
fortes. Pour décider s’il faut adopter une lampe a réglage automatique, à réglage à la main, ou munie de deux sortes de réglages, on tiendra compte de l’usage qu’on
fait de la lanterne. Les lampes à réglage automatique peuvent être abandonnées à elles mêmes une fois allumées. Toutefois elles ont le défaut de nécessiter un régime
d’intensité déterminé et de ne pouvoir être employées que dans un nombre limité d’expériences. Par contre, les lampes réglées à la main peuvent être alimentées par un courant quelconque et elles conviennent à toutes les expériences.
Pour régler
l’arc, il est nécessaire d’approcher de temps en temps les charbons, en tournant la vis de réglage. On s’habitue au bout de très peu de temps à faire cette opération en quelque sorte mécaniquement. Pour ces raisons il convient d’une manière générale, de donner la préférence aux lampes réglées à la main.
En ce qui concerne la nature des lampes, on fait la distinction entre celles à charbons obliques, et entre celles où un des charbons est horizontal. Dans les lampes du premier type il est plus facile de mettre correctement les charbons et de régler la lampe, alors que dans les lampes à charbon horizontal il est nécessaire de s’assurer que le cratère du charbon positif envoie la lumière sans obstacles.
Cependant, les lampes à charbon horizontal donnent un rendement lumineux incomparablement meilleur que les lampes à charbons obliques. Ceci est vrai pour le courant continu et pour le courant alternatif, mais pour le premier surtout. En conséquence, dans tous les cas où I’on cherche à obtenir le plus de lumière possible, nous conseillons l’achat d’une lampe à charbon horizontal. Il convient d’ailleurs de
remarquer, que les avantages de ces lampes ne se font sentir que si la tension dépasse  80 volts. Si la tension est plus faible, on obtient des arcs courts, et dans ces conditions le charbon négatif cache nécessairement une partie du cratère positif.
Par conséquent, si la tension est inférieure à 80 volts, il convient d’employer plutôt les lampes à charbons obliques.
*3401. Lampe avec réglage à la main pour le courant continu ou alternatif, pour des courants allant jusqu’à 30 ampères. Y compris 12 charbons de rechange. Avec 3
vis isolées thermiquement, servant a régler les charbons, à baisser ou soulever la lampe, et à la déplacer latéralement, et avec dispositif permettant de déplacer le support du charbon supérieur en avant ou en arrière. Le support inférieur est arrangé de manière à pouvoir recevoir le disque révolver No. 3412.
Prière de bien vouloir préciser dans les commandes, s’il s’agit des charbons à courant con- tinu ou à courant alternatif».
A pag. 392 si legge: «*3412 Disque révolver portant 6 charbons avec cavités, pour les lampes Nos. 3401 et 3411».
Il Catalogue des Appareils pour l’Enseignement de la Physique construits par E. Leybold’s Nachfolger Cologne (1905)è rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9915_1.pdf
Per consultare le altre due schede scrivere “voltaico” su Cerca.
In riferimento alla figura con il proiettore, alimentato da una lampada ad arco, che si usava per la visione dei film, si vedano le schede dedicate al proiettore della Leybold’s Nachfolger scrivendo “Rhein” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e ricerche di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

 

 

 

Dispositivo per l’arco voltaico a revolver E. Leybold Nachfolger 3ª parte

Dispositivo per l’arco voltaico a revolver E. Leybold Nachfolger. Terza parte.
Alle pagine: 112, 113, 114 nella edizione del Catalogue of Physical Apparatus constructed by E. Leybold’s Nachfolger Cologne, databile subito dopo il 1905, rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/
si legge:

«b. Electric arc light.
Where an electric current of at least 40 volts and 10 ampères is available, the purchase of a good electric lamp can too strongly recommended.
Of all artificial sources of light, electric light is the best, on account of its high candle power, compactness, and convenient regulation. A comparison of the different sources of light with reference to their brightness shows immediately the superiority of electric light.
If the brightness produced on a screen from a four wick paraffin lamp be taken as unity, the following numbers are obtained:
lncandescent gas light . . . 1
lncandescent spirit light  . . . 1
lncandescent electric light, 100 candles, focus lamp . . .  4
Lime light, compressed oxygen and illuminating gas . . . 12
Lime light, compressed oxygen and hydrogen . . . 16
Lime light, compressed oxygen and hydrogen with burner 2263 . . . 24
Electric are light according to amperage . . . 40-100
We make electric lamps for automatic feed, for hand feed and lamps that can be regulated both automatically and by hand. Automatically regulated lamps have the advantage that these lamps do not require attention during at demonstration.
They possess, however, as compared with hand fed lamps, the following disadvantages:
On the one hand, if the regulating mechanism is a complicated one, when it gets out of order the lamp must be returned to the maker. Further if the automatic feed be arranged for a certain strength of current, it cannot be used for other current strengths; finally it cannot he used for every experiment, for instance in obtaining emission spectra, during the production of which the resistance of the arc alters, for the reversal of the sodium lines etc.
On the other hand the mechanism of the hand feed lamp is extremely simple.
The lamp may be used, within certain limits, with any chosen strength of current and it is suitable for all experiments. It is only necessary in regulating, to bring
the carbons nearer to one another from time to time by a turn of the regulating screw. One soon becomes accustomed to this, so that it is effected almost mechanically.
Our hand feed lamps may be used either with vertical or with sloping carbons so that the change from one position to another is effected extremely quickly. Three screws allow the arc to be displaced vertically and from side to
side, as well as to move the two carbons towards one another. The lower carbon carrier has an attachment in which the revolving stand with 6 carbons for emission
spectra may be placed, as shown in Figure 2195. The lamp is very substantial and accurately finished and is suitable for a current consumption of 10 – 20 amperes.
For higher current strengths we construct a particularly strong model No. 2196.
Where sufficient means are available, we recommend our new Universal arc lamp which may be regulated by hand or automatically. This has been constructed so that the automatic regulating arrangement may he switched out by means of a handle and the lamp regulated by hand without disconnecting. Conversely the hand feed may he replaced by automatic feed in this lamp without the arc thereby becoming  extinguished. This model is protected by D. R. G. M.188758.
In order to use this arc lamp for all purposes we have in addition arranged that the arc may he used with direct or alternating current and have also provided an arrangement with revolving disc so that no further apparatus is necessary for emission spectra.
This new arc lamp uses, with both kinds of feed and with direct or alternating  current, 10 -15 amperes; the tension at the lamp amounts to 40 volts with direct current and 30 volts with alternating current. The current in brought to two terminals and first passes a switch S which is either
connected with the hand (H) or the automatic feed (A). If switched on H the current goes directly to the carbon holder. The screw H ends in front in a fork and the ends of the carbon holders prolonged backwards lie between. The screw H is screwed in and the arc can be regulated by means of it. If however the lamp is to be regulated automatically, the switch is connected with A and the screw H unscrewed. The current now passes from the switch to the two coils arranged over one another. An iron core is placed in each of these coils and connected with the upper or lower carbon holders; at the extreme ends the cores
carry metal plates. With continuous current these iron cores are drawn into the coil if the arc be too short and thus the carbons are separated. With alternating current the two metal plates are repelled from the coils and the required lengthening in the arc takes place.
In order to unscrew or screw up H more quickly, a hook, not shown in figure, is pulled up with one finger and the screw moved with the other fingers in the desired direction.
Two sliding weights P1 and P2, allow of an automatic feed with a certain current strength and with the most suitable spark length. When these two weights are once adjusted,
it is no longer necessary to make any alteration so long as the current remains the same.
The lower carbon is removable and at R a revolving disc with 6 hollowed out carbons for emission spectra may be fitted. The base of the revolving disc has an arrest contrivance for each of the six carbons, to that these set themselves exactly below the upper carbon and a particularly quick exchange is thus made possible.
The lamp is provided with a key to loosen or tighten up the screws for holding the carbons and thus new carbons may be put in even when the carbon holder is hot. Screw F
is for raising or lowering the whole lamp. Screw B is for a side displacement of the point of light.
When using direct current the + pole is connected with the upper carbon. These upper carbons burn twice as quickly as the lower and are therefore correspondingly thicker.
A crater is formed at the positive carbon from which the greatest light intensity proceeds.
In order to promote the formation of a crater, the positive carbon is provided with a core of soft material. These carbons are called cored carbons, the ordinary negative carbons on the other hand, solid carbons.
In order to secure that as much light as possible will be taken up by the condenser, the carbons arc inclined. With alternating current both carbons burn equally and therefore
the carbons used are of equal thickness.»
Si legge poi a pag. 115:
«2195. Hand feed lamp for direct or alternating current, for current up to 20 amperes; including 12  reserve carbons. (omissis) With order state wheter the carbons are for direct or alternating current. 2196 – for current up 50 amperes, special for cinematographs».
Per consultare le altre due schede scrivere “voltaico” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e ricerche di Fabio Panfili.
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