Antichi diapason e risonatori 1ª parte

   Cinque antichi diapason e due risonatori. Prima parte.
Nell`inventario del 1906 a pag. 234, n° 856, si legge: “un diapason con cassetta di risonanza e 5 senza. Condizioni buone. ₤ 25”.
Nell`inventario del 1912 a pag. 52, n° 880 si legge: “Diapason assortiti con cassetta di risonanza. Condizione buona. ₤ 9”.
Gli esemplari qui presentati forse sono i più antichi che ci sono pervenuti, anche se non ci sono indizi per identificarli con quelli citati nei due inventari. Il Mi3  
è stato inserito per un confronto con i 5 esemplari.
Unica traccia è l`immagine visibile sulla destra, in un particolare della foto d`epoca del Gabinetto di Fisica e Chimica, dove si vede un diapason su cassetta.
Anticamente sul piede c`era una vite per assicurarne l`aderenza alla cassa e forse questo potrebbe provare che due di essi sono tra i primi acquistati.
Per esigenze fotografiche due diapason sono stati messi su casse di risonanza identiche, ma essi non sono della stessa frequenza.
Per la loro storia e il loro funzionamento facciamo riferimento alla scheda “Diapason e risonatori” che si trova digitando “Diapason” su Cerca.
In questa scheda forniamo altre notizie che possono interessare il visitatore.
Il motivo principale del loro uso così diffuso è dovuto sia alla loro forma che assicura l`emissione dell`energia sonora ad una frequenza fondamentale con la presenza di deboli armoniche, sia alla loro fedeltà nel tempo. A differenza della barra, le sue armoniche sono: la prima 6,24 volte la fondamentale, la seconda 17,54 e la terza armonica 34,48 volte la fondamentale. Secondo altri autori i valori sono leggermente diversi, ma il concetto resta valido.
Nella fig. 1 sono rappresentati alcuni modi di risonanza del diapason pare dovuti agli studi di Chladni (1756-1827).
Il diapason è fabbricato in acciaio fuso non temperato ed è ritagliato nella sua forma definitiva da una lastra. Oggi si costruiscono anche diapason in lega di alluminio temprata (duralluminio) che danno un suono più puro e più prolungato. Marloye usò anche il bronzo.
La frequenza emessa non dipende dalla larghezza dei rebbi, ma dal loro spessore e dalla loro lunghezza; per procedere all`accordatura, la limatura degli estremi dei rebbi aumenta la frequenza, mentre per diminuire la frequenza emessa si lima la parte concava producendo un allungamento dei rebbi.
Unico inconveniente è la loro sensibilità alla temperatura che influenza il modulo di elasticità dell`acciaio, come del resto accade anche a molti strumenti musicali. Anticamente venivano tarati a 15 °C, poi si passò a 20 °C.
Il diapason fu inventato da J. Shore nel 1711, trombettiere e liutista del re George I d`Inghilterra e prediletto da Haendel. Sembra accertato che Shore diede ad Haendel un diapason Do4 di 512 Hz nel 1751, seppure il diapason non fosse ancora conosciuto ad esempio dall`abate Nollet.
Nel 1839 il francese A. Marloye (1785-1874) fabbricò la prima cassetta di risonanza per il diapason.
Le due casse nere uguali di legno sono lunghe esternamente 18 cm; il lato di apertura più grande è di 9 cm mentre l`altro è di 5 cm.
La lunghezza è tipica del La3; per 440 Hz, considerata la velocità del suon
o  in aria di 343 m/s a 20 °C, si ha che il quarto d`onda è di 19,5 cm; mentre per 435 Hz si ha 19,7 cm circa.
Tenuto conto dell`“effetto di bocca” si ritiene dunque che esse siano adatte per la risonanza dei diapason di 440 Hz. Infatti la loro lunghezza deve essere leggermente più corta di 1/4 della lunghezza d`onda del diapason (più corta per un fenomeno di adattamento di impedenza detto appunto effetto di bocca).
Anche le dimensioni trasversali hanno le loro regole.
Nelle foto visibili nelle due schede si può osservare il confronto tra le lunghezze delle due casse con quella del Mi3
di 320 Hz che infatti ha una lunghezza l ricavabile da
λ = 343 m/s / 320 Hz = 1,072 m;
l = 1,072 m/4 = 26,8 cm circa.
I rebbi del diapason (come è stato spiegato nella scheda precedente) vibrano in controfase producendo interferenza distruttiva, come si può udire avvicinando un orecchio ai rebbi e ruotando il suo piede.
Dunque il risonatore è necessario per ottenere il rinforzo del suono: il piede del diapason alza e abbassa la tavola di legno su cui è appoggiato provocando variazioni di volume con conseguente movimento ritmico dell`aria in esso contenuta.
Sul fondo chiuso della cassa si genera un nodo dovuto al contrasto tra l`onda in arrivo e quella riflessa in controfase; mentre sulla bocca (data la lunghezza del percorso) le onde diretta e riflessa arrivano in concordanza e si genera il centro del ventre delle onde stazionarie: l`energia sonora è proporzionale al quadrato dell`ampiezza e pertanto è massima al centro del ventre. Si è scelto il legno come materiale per la sua elasticità.
I diapason con i loro risonatori si prestano per numerose esperienze di acustica specialmente se si dispone di due dispositivi accordati sulla stessa frequenza. Si possono eseguire la riflessione su di uno specchio, l`interferenza, i battimenti, la trasmissione e ricezione sintonica in analogia con gli apparecchi radio, ecc. ecc. . A tal proposito vedere le figure nella seconda parte.
Per consultare sia la scheda “Diapason e risonatori” sia la seconda parte scrivere “Diapason” su Cerca.
 Sarebbe troppo lungo citare la vastissima bibliografia consultata per scrivere queste poche note, ma si vuole far notare al visitatore che, mentre la  scheda “Diapason e risonatori” è stata scritta consultando solo il materiale cartaceo pur vasto della Biblioteca del Montani, per redigere questa ci siamo avvalsi dell`enorme materiale rintracciabile in rete.
 Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

 

 

 

Antichi diapason e risonatori 2ª parte

 Cinque antichi diapason e due risonatori. Seconda parte.
Nell`inventario del 1906 a pag. 234, n° 856, si legge: “un diapason con cassetta di risonanza e 5 senza. Condizioni buone. ₤ 25”.
Nell`inventario del 1912 a pag. 52, n° 880 si legge: “Diapason assortiti con cassetta di risonanza. Condizione buona. ₤ 9”.
Gli esemplari qui presentati forse sono i più antichi che ci sono pervenuti, anche se non ci sono indizi per identificarli con quelli citati nei due inventari.
Per confronto abbiamo messo nelle foto un Mi3 di 320 Hz delle Officine Galileo di Firenze, di epoca più recente e che fa parte della collezione del Montani.
Anticamente sul piede c`era una vite per assicurarne l`aderenza alla cassa e forse questo potrebbe provare che due di essi sono tra i primi acquistati.
Per esigenze fotografiche due diapason sono stati messi su casse di risonanza identiche, ma essi non sono della stessa frequenza.
Chi scrive e l`Ing. Profumieri hanno misurato, per ora in fretta e con poca accuratezza, le frequenze dei diapason, usando un microfono con amplificatore e un oscilloscopio, poiché nessuno di essi reca incisa la nota emessa.
Due sono uguali sia per lo spessore sia per la lunghezza dei rebbi (14,5 cm) e danno il Do3 di 256 Hz; frequenza poi confermata per confronto diretto con un diapason tarato; il terzo ( L = 13,8 cm) e il quarto (L =14,5 cm) richiedono un`indagine più paziente, così come il quinto (L = 10,8 cm) che da una nota più acuta del Do4.
In seguito, per meglio individuarne le caratteristiche, si dovranno misurare anche gli spessori dei rebbi e le note emesse degli ultimi elencati.

Per ora chi scrive ha usato anche il metodo illustrato nella figura 12 che consiste nell`avvicinare il diapason, oggetto della misura, ad uno di frequenza nota montato sulla cassa.
Nel caso dei due Do3 si è semplicemente udita la risonanza netta della cassa quando si è accostato il diapason alla sua bocca; poi, fatto suonare anche quello campione, la nota emessa da entrambi era decisamente uguale, senza alcuna presenza di battimenti.
Purtroppo per nessuno degli altri tre è accaduto nulla del genere; le risonanze con tutte le casse dei diapason campioni erano deboli con totale assenza di battimenti quando veniva percosso il loro diapason.
Una ulteriore indagine richiederebbe: o ricorrere ad un pianoforte che però è intonato sulla scala a temperamento equabile, ma potremmo comunque avere eventuali battimenti, o amplificare sia il suono di un generatore di frequenze sia il suono dei tre diapason (uno alla volta) e cercare per confronto la frequenza da loro emessa. Tra i numerosi esperimenti con i diapason, si possono eseguire: le risonanze in varie situazioni, la riflessione su di uno specchio, l`interferenza, i battimenti, la trasmissione e ricezione sintonica in analogia con gli apparecchi radio, ecc. ecc. .
Le figure sono tratte da J. Tyndall, Sound, P. F. Collier & Son a New York, 1902; nel testo vi sono altre figure significative sulle applicazioni del diapason.
Per consultare sia la scheda “Diapason e risonatori” sia la prima parte scrivere “diapason” su Cerca.
   Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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Compasso di proporzione Pierre Le Maire, Paris. 1ª parte

Compasso di proporzione Pierre Le Maire, Paris. 1ª parte.
 Questo oggetto, se è autentico come sembra, è il più antico della collezione del Montani.
È stato rinvenuto tra i numerosissimi oggetti del laboratorio di Fisica da Federico Balilli, sempre attento alla conservazione degli strumenti.
Il compasso non è citato in nessun inventario e si ignora come ci sia pervenuto.
Le seguenti indicazioni sono dovute alla Dott.ssa Mara Miniati, Curatore Emerito del Museo Galileo – Istituto e Museo di Storia della Scienza, ricavate dal sito del Museo Galileo: “Attivo verso la metà del XVIII secolo  [secondo alcuni fra il 1730 e il 1760, N.d.R.], Pierre Le Maire conseguì notevole reputazione a Parigi come costruttore di strumenti. Insieme al padre Jacques diresse una bottega fra le più fiorenti tra fine del regno di Luigi XIV e la Reggenza”.
Un esemplare dello stesso costruttore, molto simile a questo, è in mostra proprio al Museo Galileo.
In questo Museo si trova anche un altro compasso con caratteristiche simili ma costruito da Nicolas Bion.
Il primo compasso di proporzione fu costruito da Galileo a partire dal 1597, anche se ci furono dispute sulla priorità dell`invenzione.
Il compasso di proporzione di Pierre Le Maire a gambe piatte presenta su un lato la scala dei poligoni, la scala delle corde e la scala dei diametri delle palle d`artiglieria. Sull`altro lato si trovano la scala dei poliedri, quella dei metalli e quella dei calibri.
Lo strumento era evidentemente di uso geometrico-militare.
Il compasso di proporzione permette l`esecuzione di calcoli estremamente elaborati, basandosi essenzialmente sulla proporzionalità fra lati di triangoli simili.
Un ringraziamento particolare va dunque a Federico Balilli  per il rinvenimento e alla Dott.ssa Mara Miniati per il suo aiuto determinante nell`identificazione del compasso.
Una esauriente spiegazione dell`uso di tale compasso e della sua storia si trova in: Serge Savoysky, Le compas de proportion, testo rivisitato di una monografia pubblicata anteriormente in : Arts Mécaniques. Bull. de l`Association nationale des collectionneurs de machines a écrire et à calculer mécanicques. N° 18, juin 2002. pp.1/22.
Per consultare la seconda parte scrivere: “Le Maire” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e ricerche di Fabio Panfili.
Per  ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le varie opzioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Compasso di proporzione Pierre Le Maire, Paris. 2ª parte

Compasso di proporzione Pierre Le Maire, Paris. 2ª parte. Questo compasso è più semplice di quello galileiano, ma all’epoca per chi ne aveva dimestichezza risultava utilissimo per vari scopi, si poteva considerare un calcolatore con vari programmi.
Per gli ex allievi del Montani non è difficile reperire un articolo di Mario Guidone, Ostilio Ricci da Fermo un ponte tra Galileo e la scienza rinascimentale, Il Montani, Anno 64 N° 1, Marzo 1995.
Da pag. 15 a pag. 17 l’autore descrive l’uso del compasso geometrico-militare di Galileo. M. Guidone si riferisce inizialmente a Stilmann Drake che, in un suo scritto citato sotto, “ha portato prove convincenti del fatto che il compasso galileiano deriva dalla ingegnosa trasformazione di due strumenti per artiglieri descritti da Niccolò Fontana, detto il Tartaglia, nella sua Nuova scienza del 1537”.
S. Drake, Galileo’s Notes on Motion, Ann. Istituto e Museo di Storia della Scienza, Firenze, 1979.
Per consultare la prima parte scrivere: “Le Maire” su Cerca.  

 Foto di Claudio Profumieri e di Contemporanea Progetti, elaborazioni e ricerche di Fabio Panfili.
Per  ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le varie opzioni.




 

 

 

 

 

 

 

Componenti di un fonografo tipo Edison 1ª parte


Componenti di un fonografo tipo Edison. Prima parte.
Gli oggetti non sono rinvenibili negli inventari.
Come si vede nelle foto, essi consistono in due trombe di forma conica e nel trasduttore, composto essenzialmente di una membrana con il braccetto metallico che termina nella puntina, che non è originale.
Il cono più grande è lungo 42 cm con un diametro massimo di 8,5 cm, quello più piccolo è lungo 15,5 cm con un diametro massimo di 8,5 cm.
Per avere qualche informazione dettagliata sulle trombe, si prega di scrivere “Megafono” su Cerca.
Sulla membrana trasparente è stampigliata la scritt
a: « PATENTED NOV. 18 – 1902 OTHER PATENTS PENDING».
Purtroppo non abbiamo notizie sull’ eventuale esistenza dei restanti pezzi di un fonografo. Pertanto possiamo pensare che essi potessero essere impiegati sia come lettori di un cilindro di cera con l`incisione già fatta, sia come logografi (o incisori su cera) su cilindro di cera vergine.
Del resto il fonografo di Edison era idoneo per entrambe le funzioni.
In letteratura si legge che il primo a registrare il suono su un cilindro cosparso di nerofumo fu Scott tra il 1853- 1859. Nel 1877 Edison sostituì il nerofumo con un foglio di stagnola e in seguito con uno strato di cera, almeno così si legge in molte fonti. In seguito il cilindro stesso pare che fosse stato fatto interamente di cera. Questo dispositivo fu chiamato fonografo.
Il grammofono invece si deve a Berliner, che all’inizio registrò su un disco di vetro o di zinco ricoperto di vernice o di grasso sul quale la puntina tracciava un solco a spirale. La puntina capta le vibrazioni per strofinio col solco inciso sul cilindro e le trasmette alla membrana; questa vibra e muove l`aria producendo compressioni e rarefazioni.
Il suono viene poi immesso nella tromba che funziona come adattatore di impedenza tra la membrana e l`ambiente; senza la tromba infatti il suono emesso risulterebbe debole in intensità.
Il grammofono usava un disco al posto del cilindro. Edison preferiva il cilindro per la regolarità della velocità di scorrimento, ammesso che la rotazione fosse costante; mentre il disco presenta la velocità periferica relativa tra la puntina e il solco che è proporzionale al raggio e quindi è più veloce in periferia.
Fatto questo che sembra non piacesse ad Edison.
Bibliografia: la letteratura al riguardo è vastissima e molti documenti si trovano in rete; le notizie riportate comunque sono spesso confuse e a volte contraddittorie; pertanto evitiamo di citare le fonti.
Per consultare la seconda parte scrivere “fonografo” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.