Componenti di un fonografo tipo Edison 2ª parte


Componenti di un fonografo tipo Edison. Seconda parte. Non rinvenibili negli inventari.
Come si vede nelle foto, essi consistono in due trombe di forma conica e del trasduttore, composto essenzialmente di una membrana con il braccetto metallico che termina nella puntina. Il cono più grande è lungo 42 cm con un diametro massimo di 8,5 cm, quello più piccolo è lungo 15,5 cm con un diametro massimo di 8,5 cm.
Sulla membrana trasparente è stampigliata la scritta:  «PATENTED NOV. 18 – 1902 OTHER PATENTS PENDING».
In questa scheda abbiamo riportato le figure 6156 e 6146 tratte da pag. 132 del: “Katalog über Apparate, Instrumente und Utensilien für den Physikalischen Unterricht – 1909 – Richard Müller-Uri Glastechnische Werkstätte und Lager Braunschweig Schleinitzstrasse Nr. 19”. Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/pdf/sil14-52540.pdf
Nella figura 6156 si vedono i componenti molto simili agli esemplari qui presentati, tranne che per la forma finale della tromba. Si noti la scritta: «Edison Standard Phonograph» sulla cassetta dell`apparecchio.
La figura 6146 rappresenta un grammofono.
In internet si possono trovare molte immagini relative ai fonografi e grammofoni da Edison in poi.
Per consultare la prima parte scrivere “fonografo” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Condensatore Schott & Gen Jena N° 83091

Condensatore  della Schott & Gen Jena N° 83091.
Negli inventari sia del 1937 sia del 1956 è classificato come accessorio dell’elettroscopio di Wulf.
Nell’inventario del 1937 al n° 1088 si legge: “Condensatore in placche di vetro di Minos”.
In effetti la Schott & Gen fu creata da O. Schott in Jena nel 1884 ed era specializzata in oggetti di vetro, dai bicchieri alle lenti per telescopi insieme ad E. Abbe e a K. Zeiss; ora costruisce gli oggetti tecnologici più svariati.
Ma noi crediamo che le piastre (platten) siano le armature del condensatore, mentre forse le placche di vetro (glassplatten) costituiscono i dielettrici interposti. Probabilmente questo condensatore era usato per la misura di corrente o di carica col metodo detto “a goccia a goccia” del quale si trovano le istruzioni dettagliate nella scheda della Leybold “CD537.721;a” dal titolo: “L`électroscope de Wulf utilisé comme ampèremètre” del 1962.
Ma mentre siamo certi che l’elettroscopio di Wulf della E. Leybold’s Nachfoger è stato acquistato nel 1941, questo condensatore ha, stampati sul contenitore di legno, i numeri 1 – 12 – 28, che si possono interpretare come data di fabbricazione.
Esso reca inoltre la scritta: “MINOS PLATTEN VERDICHTER ; Schott & Gen – Jena; KAP. 5000 cm”.
[Condensatore (Verdichter) a piastre (o placche) Minos), N. d. R.].
Nel sistema di misure di Gauss la capacità si misura in cm;
 1 F = c² ×10 -5 cm (un Farad è uguale al prodotto del quadrato della velocità della luce per dieci elevato alla meno cinque per un cm) con c = 299.792.458 m/s;
dunque 1 cm = 1,112646 pF.
Nel nostro caso 5000 cm = 5,563 nF.
Abbiamo misurato la sua capacità ottenendo un valore di 5,59 nF; non male per un oggetto che avrebbe forse 86 anni (aprile 2014).
Sembra che questo condensatore abbia una tensione di lavoro di ben 8.000 V, ma dobbiamo verificare l`attendibilità della fonte.

Riportiamo una bella figura tratta dalla scheda della Leybold, ma non riteniamo di addentrarci qui  nelle spiegazioni piuttosto lunghe e complesse del procedimento, che sono riportate nelle schede relative all’elettroscopio di Wulf .  Allo scopo digitare “Wulf” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Campanello elettrico in una campana per il vuoto

   Campanello elettrico in una campana per il vuoto.
Nell`inventario n° 7 del 1925 – 1927 al n° 68/2263 si legge: “Phywe. Campanello sotto campana”.
Non ci sono ulteriori indizi per l`identificazione poiché questo esemplare è privo di marca.
Esso serviva per mostrare che il suono per propagarsi ha bisogno dell`aria, essendo già noto che si propaga nei solidi e nei liquidi.
Dunque la campana veniva posta su una pompa per il vuoto e il campanello elettrico veniva messo in funzione.
Via via che l`aria veniva rarefatta il suono si affievoliva fino a non essere più udibile.
Poi l`aria veniva immessa di nuovo e il suono lentamente tornava a farsi udire.
Il campanello presenta come al solito due elettromagneti, ma solo uno è funzionante dopo un lieve restauro non invasivo eseguito dall`Ing. Claudio Profumieri; esso va alimentato in corrente continua con 1 o 2 volt di tensione.
Il principio di funzionamento del campanello elettrico è il seguente: quando passa corrente nelle bobine delle due elettrocalamite esse attraggono l`astina di acciaio che reca il martelletto. L`astina è saldata ad una lamina elastica (alla sua destra nella foto). Mentre il martelletto urta il campanello, il contatto elettrico si interrompe: l`attrazione cessa e il martelletto torna nella sua posizione di riposo ripristinando il contatto elettrico. Allora il ciclo si ripete.
Il contatto avviene tra la lamina e una vite che tendono ad ossidarsi per le scintille elettriche.
La regolazione della vite serve per assicurare il funzionamento del campanello che è un po` capriccioso.
La letteratura in proposito è vastissima.
Si legge che Marin Mersenne (1588-1648), eminente studioso del suono, e gli accademici francesi fossero convinti che il suono si propagasse anche nel vuoto.
Robert Boyle (1627-1691) intorno al 1660, invece era sicuro che il suono avesse bisogno di un mezzo come l`aria, nonostante che il vuoto prodotto all`epoca non fosse sufficiente a dimostrarlo.
Anche A. Kircher (1601-1680) servendosi di una campanella posta all`interno di un pallone in cui era stata “tolta” l`aria, dedusse che questa non era essenziale alla propagazione; probabilmente perché il suo non era un vuoto sufficiente alla bisogna.
Otto von Guericke (1602-1686) inventò la prima pompa in grado di produrre una rarefazione sufficiente e intorno al 1665 sospese una suoneria all`interno di un vaso di vetro, mostrando la necessità della presenza d`aria per avere la propagazione del suono.
Denis Papin (1647-1712) nel 1685 rifece un esperimento simile dinanzi ai membri della Royal Society.
Francis Hawksbee (1666-1713) lo ripeté di nuovo alla Royal Society nel 1705 con una campanellina chiusa in un palloncino di vetro e quest`ultimo divenne l`esperimento più famoso, riportato anche nel “Sound” del Tyndall (1820-1893).
Negli anni sono state usate le sorgenti più svariate, dalle suonerie di orologi, ai carillon, alle campanelle, ecc..
Unico accorgimento era di evitare che la sorgente sonora toccasse qualcosa di solido, poiché in tal caso il suono si propagava nel mezzo uscendo pur debolmente dall`involucro.
Facciamo notare infatti che a volte il campanello è sospeso con dei fili conduttori sottili e arrotolati, mentre in altri casi la suoneria è poggiata sul piano.
Oggi (2022) si è soliti mettere un telefonino all`interno della campana, che viene fatto squillare. Negli anni passati si usava una radiolina a transistor; la cosa non è consigliabile poiché il vuoto potrebbe far esplodere le batterie o le pile.
Se resta una pur lieve traccia d`aria nella campana, essa non è sufficiente a trasportare l`energia sonora: per chi è esperto si potrebbe parlare di disadattamento di impedenza, dovuto alla bassa densità dell`aria residua rispetto all’alta densità dei corpi solidi come il vetro e il piano di appoggio.
Bibliografia.
J. Tyndall, Sound, P. F. Collier & Son, New York 1902.

A Catalogue of Physical Instruments, Catalogue 17, L. E. Knott Apparatus Company, Boston 1912, da pag. 201 è tratta la figura 43-285 che somiglia al nostro esemplare, rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/catalogofphyinst00knotrich?q=Catalogue+of+Physical+Instruments

Catalogue des Appareils d’Acoustique, construits par Rudolph Koenig, Paris 1889; da pag. 30 sono tratte le figure 22 e 23. Rinvenibile all’indirizzo:
https://library.si.edu/digital-library/book/catapparadacoust00koenrich
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Carrucole per paranco


              Carrucole per paranco.
Esse sono prive di marca e di qualsiasi etichetta.
Non rinvenibili negli inventari d`epoca, forse risalgono agli anni Venti del Novecento e questo si deduce dall`esame dei materiali e dall`aspetto che si ritrova nei numerosi cataloghi di quegli anni; come ad esempio A Catalogue of Physical Instruments (N° 17) L. E. Knott Apparatus Company Boston 1912, da cui abbiamo tratto la figura delle carrucole 27-215 e la figura del paranco di pag. 142. Rinvenibile all’indirizzo:
https://ia802308.us.archive.org/34/items/catalogofphyinst00knotrich/catalogofphyinst00knotrich.pdf 



Oppure il Catalog M, Physical and Chemical Apparatus, della Central Scientific Co. Chicago 1912, da cui abbiamo tratto la figura delle carrucole 734 di pag. 67. Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/pdf/sil14-51680.pdf
Inoltre il particolare di un’antica aula di meccanica, nel quale si vedono sia le carrucole sia il modello in legno di una valvola di distribuzione del vapore, è tratto da una foto. scattata nei primi anni Venti da E. Seganti, della Biblioteca Comunale di Fermo.
La foto fa parte sia dell’Album del Regio Istituto Industriale di Fermo, sia della collezione privata del Sig. Giuseppe Mandolesi, figlio dell’ex allievo Angelo che si diplomò con ottimi voti nell’anno scolastico 1928/29. La foto originale è su cartolina e il Sig. Giuseppe ne ha inviato copia digitale a chi scrive.
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Catetometro Off. Galileo N° 11902/004

Catetometro Off. Galileo Firenze. Matr. N° 11902/004.
Nell`inventario D del 1956 si trova al n° 3178 dove si legge: “Off. Galileo Firenze. Catetometro lettura 1/20 mm. Dest. Fisica”  e risulta acquistato nel novembre del 1962 a ₤ 152.000.
Il catetometro serve per la misura di piccoli dislivelli; esso è formato da un tubo verticale graduato in mm con nonio ventesimale sul quale scorre un cannocchiale con reticolo. Per posizionarlo in verticale si agisce sulle viti calanti poste alla base e ci si regola con una livella a bolla d`aria.
Il cannocchiale è dotato di sistemi a vite micrometrica per gli opportuni spostamenti angolari.
Prima dell’uso bisogna assicurarsi che l’asse geometrico del cannocchiale corrisponda all’asse ottico e l’asse geometrico deve essere orizzontale; a tal fine, siccome l’asta graduata può ruotare intorno al proprio asse, si centra la bolla della livella agendo sulle viti del cannocchiale, poi si ruota il cannocchiale di 180° e si verifica che in questa posizione la bolla sia rimasta al centro, altrimenti si interviene di nuovo per la necessaria correzione. Dopo di che si ruota di nuovo il cannocchiale nella posizione originaria ed eventualmente si ripete la correzione.
L’asse geometrico del cannocchiale deve essere perpendicolare all’asta graduata: in questo caso si agisce sia sulle viti del cannocchiale sia sulle viti calanti per centrare la bolla della livella sempre ruotando l’asta di 180° per poi riportarla nella posizione iniziale e così via. L’asta graduata deve essere verticale: per ottenerne questa condizione si agisce sulle viti calanti ruotando l`asta di 90° in fasi successive.
Per eseguire la misura del dislivello tra due punti si dirige il cannocchiale prima sull’uno e poi sull’altro, facendolo traslare sull’asta e, se necessario, ruotare insieme ad essa: la differenza fra le due letture fatte sulla scala, in corrispondenza alle due posizioni, misura il dislivello.
Bibliografia: M. Panitteri e V. Ruggiero, Esercitazioni di Laboratorio di Fisica, Vol. I, G. B. Paravia & C. 1961.
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