Apparecchio universale per proiezione E. Leybold’s Nachfolger Cöln-Rhein 1ª parte


Apparecchio universale per proiezione E. Leybold`s Nachfolger Cöln-Rhein. Prima parte.

Nell`inventario generale n° 6 del 1925, al n° 2280/179 si legge: “Provenienza Zambelli Torino. Apparecchio Universale di proiezione ₤ 1532,60”.
Nell`inventario particolare per reparto n°7/8 del 1925/1927 al n° 698-2280 si legge: “Apparecchio universale di proiezione E. Leybold`s Nachfolger Colonia. ₤ 1532,60”. Nell`inventario particolare per reparto n° 7 al n° 179/2281 di pag. 143 si legge: “Zambelli- Torino [ importatore, N.d. R.] Apparecchio universale di proiezione”. Segue l`elenco di tutti gli accessori dal n° 180/2281 al n° 194/2295.
Si trova di nuovo nell`inventario D del 1937 al N° 347 dove è scritto: “Apparecchio universale di proiezione (leybold) con specchio di 20 × 20 e prisma a riflessione totale £ 1200”. Segue poi l`elenco degli accessori ai quali sono dedicate schede singole.
A questa parte ne segue necessariamente un`altra per illustrare le numerose applicazioni dell`apparato.
Nel Catalogue of Physical Apparatus (With descriptions and instructions for use) E. Leybold’s Nachfolger Cologne [1910?], rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/
ci sono ben 16 pagine dedicate all`apparecchio con i suoi accessori, corredate da numerosi disegni, con le descrizioni minuziose sia degli aspetti costruttivi che dei suoi impieghi.
Nel Catalogue des Appareils pour l’Enseignement de la Physique construits par E. Leybold’s Nachfolger Cologne, 1905; rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9915_1.pdf
vi sono ben 23 pagine che illustrano i vari tipi di proiettori e i loro accessori.
All`epoca il suo costo era di $ 52,50.
Esso è veramente imponente; costruito in legno di mogano lucidato, è progettato per contenere una sorgente di luce ad arco voltaico.
Questo spiega la presenza del camino e della doppia camicia in metallo che riveste l`interno.
L`intercapedine, raffreddata ad aria, ne permetteva l`uso continuo per ore senza che l`apparato diventasse troppo caldo. Inoltre la tendina sul retro era di velluto nero e serviva originariamente per inserire il dispositivo per l`arco voltaico ed evitare nel contempo la diffusione della luce da quel lato. Anche la presenza delle due finestre sui lati, provviste di vetri oscurati, servivano per il controllo del funzionamento dell`arco voltaico.
Chi scrive ha raccolto due testimonianze che provano la presenza di una lampada ad incandescenza di alta potenza negli anni `60 del secolo scorso il collega professore di fisica A. Corsello ha usato a lungo il proiettore e ci ha parlato della sostituzione del dispositivo ad arco voltaico con una lampada più moderna e tutt’ora funzionante; F. Balilli (tecnico del laboratorio di fisica) ricorda che a fine anni `70 l`apparecchio veniva usato per proiettare gli spettri delle linee di campo elettrostatiche, ed egli ebbe l`idea di sostituirlo con una più comoda lavagna luminosa. L`apparato dispone di un doppio condensatore di luce di 110 mm di diametro, costituito da due lenti piano convesse con la superficie convessa rivolta verso l`interno. Questo è situato sul frontale dove è presente una sbarra di ottone sulla quale vengono posti gli accessori per i vari impieghi. Sulla sbarra si trova un obiettivo la cui lente ha un diametro di 55 mm e una distanza focale di 200 mm. Nelle foto si osservano inseriti su di essa due nicol per mostrare la polarizzazione della luce.
Le figure sono tratte dal Catalogue of Physical Apparatus (with descriptions for use) E. Leybold’s Nachfolger Cologne, (Germany) dei primi del Novecento e mostra l’apparato proiettore, e dal Catalogue des Appareils pour l’Enseignement de la Physique E. Leybold’s Nachfolger Cologne del 1905.
Per consultare al seconda parte scrivere “Rhein” su Cerca. Poi per chi desidera vedere altri particolari
vi sono nel sito le schede sui numerosi accessori.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Arco scaricatore a corna


 Arco scaricatore a corna.
  Nell`inventario del 1926 se ne trovano tre: due al n° 439/1398: “Scaricatore a corno 1 p interno ed 1 p per esterno, su base metallica; N° 2; ₤ 62” e il terzo al n° 624/2206 : “Arco scaricatore; ₤ 30”.
Normalmente serve per scaricare una bottiglia di Leyda o una macchina elettrostatica: infatti mentre si avvicinano le sue estremità ai poli scocca una scintilla, ma per essere sicuri di avere scaricato gli oggetti è bene porre in contatto ogni corno con il relativo polo provocando un deciso corto circuito.
Questo accorgimento evita di ricevere una scossa dovuta alla carica residua del dielettrico polarizzato.
L`arco è costituito da due manici isolanti, ognuno dei quali porta un robusto filo di ottone che è saldato da una parte su un fulcro, mentre dall`altra parte termina con una sferetta. Pertanto esso si può adattare alla conformazione degli oggetti da scaricare.
Un altro suo uso, che ne muta il nome in arco eccitatore, consiste nel provocare volutamente la scarica di una bottiglia di Leyda per eseguire lo studio delle scintille e dei loro effetti; a tal proposito si vedano le figure sottostanti: la bottiglia e l`arco eccitatore costituiscono un circuito risonante RLC.
Le scariche infatti sono oscillazioni elettriche smorzate ad alta frequenza e provocano treni d`onde elettromagnetiche, come risultò fin dagli studi sperimentali dovuti ad H. Hertz nel 1888.
Per inciso si ricorda che Temistocle Calzecchi Onesti, nato a La Pedona nel 1853, quando insegnava fisica al Liceo Classico A. Caro di Fermo nel 1884, compì lunghe ricerche sistematiche sul coherer.
Questo è un tubetto sensibile alle onde elettromagnetiche, contenente limature di ferro, che fu usato da M. Popoff nel suo ricevitore per segnalare gli effetti dei fulmini lontani (Popoff ne divulgò la notizia nell`aprile del 1895) e successivamente negli anni 1895-1987 fu impiegato da G. Marconi nei suoi primi apparati riceventi.
Nei primi dispositivi sperimentali dunque, le onde radio erano generate provocando scariche elettriche.
Per osservare l’arco scaricatore in uso si veda il video del Prof. Paolo Brenni realizzato per la Fondazione Scienza e Tecnica all’indirizzo:
http://www.youtube.com/watch?v=0vbStOvfVGg  .

La figura 84-30 è tratta da A Catalogue of Physical Instruments (catalogue 17) L. E. Knott Apparatus
Company Boston 1912, rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/catalogofphyinst00knotrich?q=Catalogue+of+Physical+Instruments .

Le figure 5695 e 5696 sono tratte dal Catalogue des Appareils pour l’Enseignement de la Physique
construits par E. Leybold’s Nachfolger Cologne (1905 ), rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9915_1.pdf  .

La figura 654 è tratta da G. Veroi, Elementi di Elettrotecnica, Misure Elettriche, Vol. I UTET Torino 1909.

Le figure 795 e 789 sono tratte da Elementary Treatise on Phisics Experimental and Applied transalted
from Ganot’s Éléments De Physique by E. Atkinsons, W. Wood & Co. New York 1910, rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/treatphysics00ganorich .
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Contagiri Smiths

                  Contagiri Smiths.
  Per ora non è stato rinvenuto con certezza negli inventari a causa della vaghezza descrittiva di questi. Provvisoriamente lo inseriamo nella sezione dedicata alla Fisica.
Sul quadrante si legge: “SMITHS INDUSTRIAL DIVISION LONDON, M.W.2. – A.T.M. 7”. La scala va da 0 a 200 e il valore di ogni divisione è l`unità.
Gli oggetti a corredo sono ben visibili nelle foto.

Su una targhetta si legge: «DIRECTION FOR USE – 0.200 R.P.M. SCALE – 0.2000 R.P.M. SCALE × 10 – 0.20000 R.P.M. SCALE × 100 ; IMPORTANT. INSTRUMENT MUST NOT BE ENGAGED WITH HIGH SPEED SHAFTS WHEN SET FOR LOWEST RANGE; SELECT RANGE BY SETTING REC ARROW ON KNOB TO THE REQUIRED FIGURE; USE RUBBER DRIVING CENTRES FOR HIGH SPEED RANGES; CUTTING & SURFACE SPEEDS. SET INCLUDES EITHER A FOOTAGE WHEEL, OR A METRIC WHEEL USING FOOTAGE WHEEL, INDICATED SPEED ÷ 2 = FEET/MINUTE; USING METRIC WHEEL,INDICATED SPEED ÷ METRES/MINUTE. SIDE BUTTONS. TO RELEASE POINTER PRESS TO RIGHT; TO LOCK, PRESS TO LEFT. WHEN NOT IN USE LOCK POINTER AT ZERO. NOTE: ADJUSTMENT FOR ZERO IS PROVIDED AT BACK OF CASE».
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo a cura  di Fabio Panfili.
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Cubo in vetro d’uranio


                   Cubo in vetro d’uranio.
Nell’inventario D del 1937 si trova al n° 1075: “Cubo in vetro d’uranio. Ing. Barletta & C. Milano. ₤ 45”.
Circa 50 anni dopo la scoperta dell’elemento uranio, avvenuta nel 1789, i composti dell`uranio, in genere uranati, vennero impiegati come coloranti per vetri, specialmente tra il 1880 e il 1920. La percentuale di uranio è di solito inferiore al 2 % in peso, anche se nell’Ottocento si arrivò al 25 %.
Questi tipi di vetri ovviamente presentano una debole radioattività.
Essi, illuminati con luce ultravioletta, emettono per fluorescenza una luminescenza verdastra. In questo sito si può osservare un tubicino Geissler la cui parte centrale è in vetro d’uranio.
La fluorescenza cessa non appena la luce ultravioletta cessa, mentre è noto che la fosforescenza permane per un certo tempo dopo l’eccitazione luminosa.
Per inciso i tubi per l’illuminazione più diffusi, detti impropriamente neon, sono a fluorescenza e la scarica elettrica interna produce raggi ultravioletti i quali vengono trasformati in luce visibile dalle particolari vernici depositate all’interno del vetro.
La fluorescenza è dovuta all’eccitazione degli atomi nell’assorbire la luce ultravioletta e alla successiva emissione luminosa a frequenza inferiore nel visibile.
Si fa osservare che se si illumina una faccia del cubo, gli strati di vetro anteriori emettono chiaramente, mentre quelli più profondi diffondono sempre meno; se si allineano due cubi, il secondo resta inerte.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Declinometro e inclinometro, Off. Galileo (Museo MITI)


ABSTRACT:
Declinometer and inclinometer. Dated 1925, manufactured by “Officine Galileo Florence, serial number 98487”.
This is a simple device with a magnetic needle used to measure the characteristic angles which the magnetic field vector creates in a specific location. The declination is the angle formed by the magnetic meridian, shown by the needle`s position which can oscillate on the horizontal plane, with the geographic meridian. The inclination is the angle formed by the needle`s position which can oscillate on the vertical plane compared to the horizontal plane. These observations, carried out through the centuries, supply evidence about the two quantities registered through time. The recordings of the secular trends of these quantities in a given location indicate a cyclic regularity which has not yet been explained.
Traduzione di Arianna Fedeli, supervisione della prof.ssa Meri Biancucci.
Declinometro e inclinometro, Off. Galileo.
Nell’inventario generale n° 6 del 1925 a pag. 68, n° 2237/136 si legge: “Officine Galileo Firenze. Inclinometro e declinometro ₤ 441” destinato al gabinetto di Fisica. Nell`inventario del 1926, n° 655 – 2237, si legge di nuovo: “Inclinometro e declinometro; ₤ 441 n° 367. Officine Galileo Firenze N° 98487”.
Il Timeo di Platone parla di “pietra eraclea” descrivendo le proprietà magnetiche della pietra di magnesia, detta oggi magnetite (Fe3 O4).
Questa era nota nell`antica Cina, i primi riferimenti molto incerti fanno risalire il suo impiego come bussola per scopi magici fin dall`83 d.C. (Lun Hêng di Wang Chung).
Sempre in Cina all’epoca Sung (960-1279) fu realizzata una bussola magnetica di cui esiste una descrizione dettagliata nel Wu Ching Tsung Yao di Tsêng Kung-Liang, un libro del 1084. Un pezzetto di ferro magnetizzato, inserito in un pesciolino di legno, era posto a galleggiare in una vaschetta colma d`acqua ad indicare il Sud.
La tradizione vuole che furono gli occidentali ad usare la calamita come bussola per la navigazione, verso la fine del XII secolo.
Secondo alcuni autori fu A. Necham nel 1180 a parlare dell’impiego degli aghi magnetici per l’orientamento, altri attribuiscono addirittura agli Olmechi la scoperta, risalente in questo caso a circa 3000 anni fa.
R. Norman, nato forse nel 1550, scoprì che l`ago magnetico, oltre ad orientarsi verso il nord, si inclinava rispetto al piano orizzontale. Per studiare questo comportamento progettò una bussola di inclinazione e pubblicò le sue osservazioni nel “The Newe Attractive” nel 1581 a Londra.
Uno studio, con un carattere di scientificità in senso moderno, del magnetismo terrestre è iniziato con la pubblicazione del “De Magnete” di W. Gilbert (1544-1603) avvenuta nel 1600.
Egli costruì una terrella, cioè una sfera di magnetite naturale, e mostrò che un piccolo ago magnetico, posto in diversi punti della sua superficie, si comporta allo stesso modo dell’ago della bussola in vari luoghi della Terra.
Dagli studi di Gilbert ai giorni nostri la sorgente del campo magnetico terrestre non è stata ancora identificata, è comunque ormai certo che all’interno della Terra non c`è un gigantesco magnete; inoltre i minerali magnetizzati perennemente non potrebbero spostarsi in modo tale da determinare le variazioni della configurazione
 del campo che sono avvenute nella storia del pianeta.
La teoria moderna attualmente più accreditata si basa sui moti del nucleo fluido della Terra, ma le nostre conoscenze sul meccanismo che genera il campo sono ancora vaghe. Fin dal secolo XVII sono state disegnate elaborate mappe dell`intensità e della direzione del campo magnetico riguardanti tutta la superficie della Terra.
In tempi più recenti, dall’esame delle rocce della crosta terrestre si sono ottenute informazioni che permettono di registrarne l’evoluzione nelle ere geologiche. Si sa quindi che il campo ha invertito la propria direzione all’incirca ogni milione di anni.
Il declinometro e incilinometro è un semplice dispositivo ad ago magnetico che permette di misurare gli angoli caratteristici che forma il vettore campo magnetico in una data località. Esso è costituito da un lungo ago magnetico, il cui perno di rotazione, dotato di un indice e di un piccolo goniometro posto di lato, può essere orientato a piacere. L’ago è circondato da un grande goniometro, ben visibile nella foto, su cui è agevole fare la lettura degli angoli.
Il tutto è sostenuto da un alberino, munito di indice, che può ruotare su un terzo goniometro orizzontale.
A lato dell’alberino c’è un filo a piombo per la buona messa in opera dell’apparecchio, questo filo a piombo deve poi essere posto in coincidenza con l’indice del terzo goniometro.
La declinazione è l’angolo formato dal meridiano magnetico, indicato dalla posizione dell`ago che può oscillare sul piano orizzontale, col meridiano geografico.
L’inclinazione è l`angolo formato dalla posizione dell’ago, che può oscillare sul piano verticale, rispetto al piano orizzontale.
Secondo R. Pitoni: «Cristoforo Colombo fu il primo ad osservare la declinazione magnetica.
Ciò avvenne il 13 settembre 1492, quando egli, trovandosi a 200 miglia marine dall’isola del Ferro, determinò in 5,5° verso occidente l`angolo che l`ago magnetico fa col meridiano».
Secondo l`autore ciò accadde poiché fino ad allora i naviganti avevano battuto i mari in cui la declinazione era sempre orientale e veniva attribuita a imperfezioni delle bussole. Queste ipotesi sono confermate da F. Cajori.
In seguito si cominciarono a registrare le declinazioni e a riportare sulle carte geografiche le linee isogoniche, cioè di stessa declinazione.
Invece, sempre secondo questi due autori, la scoperta della inclinazione pare sia da attribuire ad Hartmann che nel 1544 stimò una inclinazione di circa 9 gradi, o al già ricordato R. Norman che nel 1576 trovò a Londra una inclinazione di 71° 50`.
Oggi si attribuisce la scoperta a Norman.
Si iniziarono quindi a registrare le inclinazioni in vari luoghi e a riportare le linee isocline sulle carte geografiche. Queste rilevazioni, continuamente aggiornate, documentano le variazioni delle due grandezze avvenute nel tempo.
Le registrazioni degli andamenti secolari delle grandezze in una data località mostrano una certa regolarità ciclica che non ha ancora una spiegazione. 

Bibliografia:
S. Weinberg, La scoperta delle particelle subatomiche, Zanichelli, Bologna 1986.
Enciclopedia della scienza e della tecnica, Vol. VI, Sadea Sansoni, Firenze 1965.
AA. VV., The Project Physics Course, unità 4, Zanichelli, Bologna 1982.
R. Harré, Grandi esperimenti scientifici, Editori Riuniti, Roma 1983; da cui sono tratte la stampa raffigurante Gilbert nel suo studio e la figura 17.
P. Caldirola, G. Casati e F. Tealdi, Fisica 2, Ghisetti e Corvi, Milano 1987.
C. R. Carrigan e D. Gubbins, La sorgente del campo magnetico terrestre, da Le Scienze n° 128 aprile 1979.
G. Goretti Miniati, Elementi di fisica, Vol II, F. Cuggiani, Roma 1909.
L. Segalin, Fisica sperimentale, Vol. II, G. B. Paravia & C., Torino 1933.
O. Murani, Trattato elementare di fisica, Vol. II, U.Hoepli, Milano 1931.
R. Pitoni, Storia della fisica, STEN, Torino 1913.
F. Cajori, Storia della fisica elementare, Zanichelli, Bologna 1908.
B. Dessau, Manuale di fisica, Vol. III, S.E.L., Milano 1935.

La figura M 1015 con la breve spiegazione si trova a pag. 238 del catalogo: Apparecchi per l’Insegnamento della Fisica a cura del prof. R. Magini, Officine Galileo, 1940.
La figura 11755 si trova a pag. 139 del Catalog M Physical & Chemical Apparatus May 1912, Central Scientific Company. Chicago. U.S.A. .
Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/pdf/sil14-51680.pdf
Essa appare anche nella copertina.
La figura 9251 si trova a pag. 457 del catalogo: Physical Apparatus, Baird & Tatlock ( London) Ltd. 1912. Rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/pdf/sil14-52548.pdf
Lo strumento è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Federico Balilli, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.