Kilowattmetro da quadro S.I.P.I.E. mod. 776 N° 693362

  Kilowattmetro da quadro S.I.P.I.E., mod. 776, matr. N° 693362. 
Non rinvenibile negli inventari.
Abbiamo poche notizie sulla storia della ditta costruttrice: la S.I.P.I.E, nata come “Pozzi & Trovero”, fu fondata nel 1920 per produrre strumenti di misura e trasformatori amperometrici. Dagli anni ’90 del Novecento si è specializzata nella produzione di una vasta gamma di trasformatori amperometrici toroidali. Vi sono due informazioni pubblicitarie risalenti una al 1934 ( che è riportata nella seconda parte della scheda relativa all`amperometro da quadro matr. N° 225312) e un`altra al 1939, nelle quali compaiono due strumenti molto simili a questo nell`aspetto.
Dal numero di matricola riteniamo di far risalire lo strumento in un periodo tra gli anni Quaranta – Cinquanta del Novecento. Questa ipotesi è rafforzata da una scritta al suo interno (visibile nella quinta  foto qui sotto)  che riporta la data 2 – 2 – ’49.
L`acronimo S.I.P.I.E. significa: “Società Italiana Per Istrumenti Elettrici” di Pozzi & Trovero – Milano.
Sul quadrante si  vedono: in alto il modello il numero di matricola; al centro la scritta: “KW” e il logo della ditta: il trifoglio; i simboli sulla sinistra indicano che lo strumento è: 1) a corrente alternata trifase ; 2) adatto per frequenze da 40 a 60 Hz; 3) del tipo elettrodinamico con due circuiti di corrente fissi ed due circuiti di tensione mobili; 4) ha classe di precisione 1,5. I simboli sulla destra dicono che lo strumento va usato col quadrante in posizione verticale e che è stato sottoposto ad una tensione di prova di 2 kV. In basso, sotto la scala, si legge: “Volt 250 Amp. 30”.
La sesta foto mostra una parte dell’equipaggio del tipo elettrodinamico, con una bobina amperometrica fissa e una mobile. Le altre due bobine fissa e mobile, che completano
l’equipaggio, sono separate da quelle suddette da una parete di metallo per attenuare le mutue interferenze. Le due bobine mobili sono coassiali e collegate con l’indice.
La settima foto mostra il retro dello strumento con i morsetti. L’ottava foto mostra lo schema (molto sbiadito) di inserimento, posto sul retro, del tipo Aron nel quale si vedono le due bobine di corrente di cui la prima è collegata in serie con la linea I e la seconda è collegata in serie con la linea II. Le due bobine di tensione mobili sono: l’una collegata tra le linee I e III e l’altra collegata tra le linee II e III.
Questo kilowattmetro trifase è adatto per sistemi a tre fili senza neutro; è ad incasso ed ha lo scopo di fornire la potenza totale di un sistema trifase con una sola lettura, anche se meno precisa di quella ottenibile con metodi basati sull’impiego di più kilowattmetri monofasi; è dunque adatto per istallazioni fisse.
Esso è la riunione meccanica di due kilowattmetri elettrodinamici monofasi identici e distinti, corrispondenti al metodo di misura Aron: la deviazione dell’indice risulta dunque dalla somma algebrica delle deviazioni di ciascun equipaggio.
La seconda foto è stata eseguita dopo aver tolto il coperchio con il vetro per far vedere il quadrante senza riflessi.

La fig. 2-241 mostra i collegamenti del metodo di misura Aron.

La nona foto mostra parte dell’equipaggio del tipo elettrodinamico, si vedono una delle due bobine fisse amperometriche e una delle due voltmetriche mobili coassiali; si vedono inoltre i contatti che sono collegati alle bobine con molle a spirale e, in basso, lo smorzatore ad aria (visibile anche nella decima foto), il cui stantuffo termina
con un braccio solidale con l’asse.

Purtroppo le molle a spirale visibili nelle foto sono rovinate e interrotte e inficiano il funzionamento dello strumento.

L’undicesima foto mostra lo strumento visto di lato,
le cui dimensioni in profondità sono ben più grandi dei normali strumenti da quadro e ciò è dovuto al
fatto che le bobine amperometriche e voltmetriche sono doppie rispetto ai comuni wattmetri elettrodinamici.
L’ing. Profumieri ha smontato e pulito con la consueta perizia il kilowattmetro per eseguire le foto del suo interno. Durante la ricognizione e lo studio del kilowattmetro ci siamo avvalsi della preziosa consulenza dell’ing. Lorenzo Cognigni.
Lo strumento non è funzionante.
Bibliografia: L. Olivieri e E. Ravelli, Elettrotecnica-Misure elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, che a pag. 290 riporta la figura 2-241.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

 

 

Kilowattmetro trifase con indicatore di massima C.G.S. tipo 2KAM Licenza Lincoln N° 426538 1ª parte

 Kilowattmetro trifase con indicatore di massima C.G.S. tipo 2KAM V 220 A 5 Licenza Lincoln matr. N° 426538. Prima parte.
Nell`inventario D del 1956, in data 30 giugno, si trova al n° 1145 ed è detto in esistenza; vi si legge: “Wattometro N° 426538. Studio Aula 2”.
Nel precedente inventario del 1937 che termina nel 1956 però non se ne trova traccia.
Il numero di matricola lo collocherebbe forse agli inizi degli anni Trenta del Novecento.
Da un esame sommario risulta che lo strumento misura potenze su linee trifasi.

Un’etichetta posta all`interno reca la seguente scritta: «Avvertenza importante. Prima di procedere alla verifica dello zero occorre che entrambi i circuiti voltmetrici del wattmetro siano stati tenuti sotto tensione circa 10 ore, e che ogni carico sia stato staccato da almeno 3 ore».
L`ago nero viene trascinato verso destra da quello rosso, collegato al circuito di misura, e si ferma in corrispondenza del massimo valore raggiunto durante il tempo nel quale si avviene la misurazione.
L`ago rosso è soggetto all`azione di una robusta molla antagonista che, durante il funzionamento fa da equilibrio alla coppia di origine elettromagnetica che fa ruotare l`ago verso destra. La molla dunque, in assenza di correnti elettriche nelle bobine, spinge l`ago rosso verso sinistra fino allo zero. Posizione questa mantenuta dal fermo collegato con il dispositivo di azzeramento ben visibile al centro dello strumento. L`ago rosso ha una piccola aletta a circa metà della sua lunghezza che serve a trascinare l`ago nero.
Il quadrante mostra una scala non lineare da 0 a 3 f.s.; al centro ci sono: in grande la scritta: “kW” e subito sotto il logo della C.G.S. Italia con la scritta: “LICENZA LINCOLN”. A sinistra si legge: “V. 220 A. 5 H 2 K A M”, e a destra compare il numero di matricola.
Il dispositivo per l`azzeramento dell`ago ha un particolare fermo con un blocco che non si nota in nessuno degli strumenti della collezione del Montani né in altri che conosciamo, tranne quelli costruiti dalla Sangamo su licenza Lincoln.
Lo strumento è stato smontato il 26 aprile del 2017 dall’Ing. Claudio Profumieri e da chi scrive per fotografarne l`interno poiché da una prima indagine esterna non si comprendevano i valori delle resistenze lette tra i morsetti.
Però, anche l`esame interno mostra un intrico di fili esteticamente ben fatto, ma poco comprensibile in assenza di uno schema elettrico. Mancano infatti i percorsi all`interno delle bobine, pertanto non si hanno informazioni sufficienti per mostrarne il funzionamento, né per ora si dispone di un riferimento esplicativo specifico in letteratura. L`Ing. Profumieri ha riparato con la consueta abilità un sottilissimo filo che regola il movimento dell`ago nero. Infatti questo è calettato con una ruotina munita di una sottile gola sulla quale scorre il filo la cui tensione si regola con la vite posta sulla destra come si vede nelle foto. Dopo aver fatto al regolazione si è visto che l`ago è tornato a funzionare regolarmente, mentre in precedenza tendeva a ruotare verso destra spinto dalla coppia generata dalle due molle a spirale delle quali una è ben visibile nelle foto. Le soluzioni adottate dai vari strumenti destano non poco la nostra meraviglia per la loro ingegnosità a volte più complessa di quanto ci si aspetta.

Per consultare la seconda parte dedicata a questo strumento  scrivere: “426538” su Cerca.
Per redigere queste schede ci siamo avvalsi delle consulenze degli ingegneri Lorenzo Cognigni e Claudio Profumieri, ma le eventuali inesattezze sono da attribuire a chi scrive.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo provvisorio di Fabio Panfili.
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Resistenza campione Siemens & Halske N° 1985557 da 0,0001 Ω a 20 °C

Resistenza campione Siemens & Halske matr. N° 1985557 da 0,0001 Ω a 20 °C.
Nell`inventario per categoria n° 8, in data 1926, a pag. 149 n° 197/835 si legge: “Siemens. Resistenza campione L . n . 1985557. Quantità 1. ₤ 463,75”.
Sul coperchio si vedono: il logo della ditta costruttrice, quattro morsetti, il tappo del foro attraverso il quale si inseriva il termometro e la scritta: “Manganin 0.0001 Ω 20 °C N° 1985557”.
Sul contenitore cilindrico vi è una targhetta con la scritta: “Siemens & Halske”.

Il campione di resistenza è realizzato in manganina, composta con 84 parti di rame, 12 di manganese e 4 di nichel. Essa presenta un`ottima stabilità nel tempo, un coefficiente di temperatura dell`ordine di 0,001 1/°C e la sua resistività è compresa tra 0,42 e 0,45 µΩ m.
Questo tipo di resistenza campione viene costruito con quattro morsetti: due amperometrici e due voltmetrici.
I morsetti amperometrici servono per alimentare la resistenza in corrente; la loro dimensione limita opportunamente le resistenze di contatto che falserebbero il suo valore.
I morsetti voltmetrici si usano per prelevare la caduta di tensione prodotta dalla corrente che circola nel resistore. Per conoscere la temperatura di esercizio durante una misura vi si può introdurre un termometro dopo aver tolto il tappo che si trova tra i morsetti.
Nella costruzione di resistenze di valore inferiore all`ohm invece di fili di sezione cilindrica si ricorre a piattine o nastri sottili di manganina molto adatti a dissipare calore. Bibliografia.
G. Veroi, Elementi di Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. II, UTET, Torino 1909. Esposto al Museo MITI su proposta di Guglielmina Rogante.
L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Resistenza campione H. Goergen da 10.000 ohm

   Resistenza campione H. Goergen da 10.000 Ω. Nell`inventario del 1919, a pag. 54 n° 1123/59 si legge: “Numero dei pezzi 5. Resistenze campioni manganina 10000 Ω. Prezzo unitario ₤ 5”. Destinazione Elettrotecnica.
Sul coperchio si legge: “H. Goergen, München 10 000 Ω, Geseltzl Geschutzt”.
   Foto di Claudio Profumieri, elaborazione e ricerche di Fabio Panfili.
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Resistenza per wattmetro di precisione Siemens & Halske N° 2042722


Resistenza per wattmetro di precisione Siemens & Halske, matr. N° 2042722.
Nell`inventario D del 1933/1937 al n° 149 si legge: “Wattometro – SH – 50 – 100 – A – 30 V – 150 div – N° 1.792.854 – 1.792.855 – in cassetta con tabella costanti. Quantità 2. ₤ 2280. Prima destinazione (Laboratorio Macchine Elettriche)”, e al n° 150 si legge: “Resistenze addizionali per detti – SH – per 60 – 150 – 300 V – N° 2042721 – 2042722. Quantità 2. ₤ 585. Prima destinazione  (Laboratorio Macchine Elettriche)”.

Una targhetta reca la scritta: “Vorwiderstand zum Präzisions-Wattmeter. max 30 mA”; inoltre vi si osserva lo schema elettrico interno: tra il morsetto comune A e quello a 60 V vi è inserita una resistenza di 1000 Ω, in serie alla quale vi sono una resistenza di 3000 Ω e una di 5000 Ω. Pertanto tra il morsetto A e quello a 150 volt risultano inserite due resistenze per un valore complessivo di 4000 Ω, così come tra A e quello a 300 V risultano inserite tre resistenze del valore totale di 9000 Ω. In tal modo si ottengono le portate voltmetriche di 60 – 150 – 300 V.

Due targhette separate, visibili nel lato opposto, recano il numero di matricola e il nome della ditta.
La quarta foto, scattata dopo aver tolto le manopole, mostra da sinistra a destra le scritte: “ A ; 60 V. C = 2 ; 150 V. C = 5 ; 300 V. C = 10” .
Per consultare la scheda del wattmetro a cui era destinata la resistenza scrivere  “1.792.855” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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