Trasformatore di N. Tesla, J. Helster e H. Geitel

    Trasformatore di N. Tesla, J. Helster e H. Geitel.
Nell’inventario del 1906, al n° 652 di pag. 164 si legge: “Apparecchio di Tesla con trasformatore senza isolamento ad olio, grande bottiglia di Leida, spinterometro ecc. ₤ 380”.  È dichiarato già in esistenza, in buona condizione e destinato al Gabinetto di Elettrotecnica.
È giusta la precisazione dell’estensore riguardante l’isolamento, poiché si costruivano anche apparecchi di Tesla con il trasformatore immerso in olio.
Nell’inventario del 1912 si trova di nuovo al n° 1075:  “Apparecchio per esperienze relative a oscillazioni elettriche secondo Tesla con accessori. ₤ 20”.
Abbiamo notato la cospicua differenza nel prezzo in soli 6 anni, forse frutto di un errore.
A pag. 796 del “Catalogue des Appareils pur l’Enseignement del la Physique construits par E. Leybold’s nachfolger Cologne, 1905”, rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9915_1.pdf , si trova la figura 8847 di un esemplare identico.



Dopo aver esaminato attentamente molti cataloghi possiamo dedurre che questo apparecchio sia stato costruito  da questa ditta.
In  riferimento alla figura 8847 si legge: «Dispositif pour expériences de Tesla, modèle différent, pour bobines d’induction donnant une étincelle de 10 – 20 cm de longeur. … Sur une planche sont montés: 1 grande bouteille de Leyde, 1 trasformateur à air avec 2 bobines secondaires interchangeables, 1 éclateur réglable et diverses bornes. En outre on joint à l’appareil 2 supports isolants, 1 tige recourbée en cuivre avec lampe à incandescence, 2 anneaux concentriques en cuivre, 2 fils de cuivre droits, 2 toiles métalliques, 2 tubes de Tesla Nos. 8876 et 8879 et 1 ampoule de Tesla. ( Pour ce qui concerne cette dernière, voyez Phys. Zeitschr. XI p. 39, 1910.)».


Anche la figura 8853-8854 è a pag. 779 dello stesso
catalogo.
A pag. 798 del catalogo in in riferimento alla figura 8853 si legge: «Transformateur à air, avec 1 bobine primaire et 2 secondaires portant des enroulements différents» e in corrispondenza del N° 8854 si legge: «- plus grand».
Questo dispositivo richiede una premessa necessaria che potrebbe valere per altri apparecchi scientifici: nella storia della fisica ci si imbatte più volte in spiegazioni di fenomeni date all’epoca per valide e sulle quali non si è più tornati ad indagare o lo si è fatto senza successo o che sono state corrette solo recentemente. Si possono citare ad esempio:
1) il coherer a polveri metalliche del quale non esiste ancora alcuna convincente teoria; la regola del flusso le cui eccezioni (segnalate per la prima volta da R. P. Feynman nelle sue famose Lectures on Phyisics Vol. II) sono state pazientemente e indipendentemente spiegate dai Proff. G. Giuliani e G. Pegna;
2) “L’anello saltatore” di Elihu Thomson le cui spiegazioni classiche sono contraddittorie e che è stato recentemente rispiegato dal Prof. G. Pegna, il quale lo ha reso efficientissimo con qualche modifica rispondente alla giusta interpretazione, ecc. .
Il lettore avrà notato che siamo rimasti nell’ambito dell’elettricità per la ragione che le spiegazioni sul funzionamento del trasformatore di Tesla, per la ragione che le spiegazioni  sul funzionamento del trasformatore di Tesla, che si trovano nella pur  vasta letteratura, sono o molto vaghe o,  se approfondite, molto complesse e in  questo caso in alcuni punti non ci paiono del tutto convincenti.
Questo esemplare, come si vede nelle foto, manca della grande bottiglia di Leyda e dello spinterometro; ha un avvolgimento primario di poche e robuste spire ed è dotato di due avvolgimenti secondari cilindrici costituiti da numerose spire, da usare uno alla volta. Uno dei due secondari ha un gruppo di spire danneggiate.
Il trasformatore veniva alimentato con un potente rocchetto di Ruhmkorff in due modi: o collegando il secondario del rocchetto allo spinterometro; o collegando il secondario del rocchetto ai morsetti della bottiglia di Leyda.
Il circuito primario è dunque un circuito oscillante ad alte frequenze, data l’esiguità di L e C.
Quando è presente uno spinterometro e vi sono scariche elettriche oscillanti, è noto che grosso modo queste contribuiscono alla R e alla L, mentre le sferette dello spinterometro contribuiscono alla C.
Il secondario è un RLC (di cui la resistenza, l’induttanza e la capacità sono dovute all’avvolgimento) che deve oscillare in sintonia col primario.
In un trasformatore tradizionale si tende a ridurre la distanza tra il primario e il secondario, e inoltre è necessaria la presenza di un nucleo ferromagnetico per aumentarne l’efficienza. Mentre nell’apparecchio di Tesla è necessario
che la suddetta distanza sia maggiore per il richiesto isolamento e che vi sia aria tra i due avvolgimenti.
Ultima cosa importante da sottolineare è la periodicità del trasferimento dell’energia dal circuito primario a quello secondario; cioè il trasferimento non avviene in modo continuo ma c’è un tempo di latenza tra un trasferimento e quello successivo.
Riteniamo pertanto di non addentrarci ulteriormente nelle spiegazioni.


Per scrupolo filologico abbiamo voluto riportare le figure 2066 e 2067 tratte dal Catalogue N° 22
Appareils de Physique Max Kohl Chemnitz Saxe. Representants et Dépositaires pour la France Richard-
Ch. Heller & Cie. Paris. 1905, rinvenibile all’indirizzo:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9901.pdf .
Nel catalogo si legge: «35098. Appareil de Tesla pour les expériences sur les courants de haute fréquence
et de haute tension, Fig. 2066, complet, avec transformateur à haute tension d’Elster et Geitel. Cet appareil
comporte: 1 bouteille de Leyde de 40 cm de hauteur; 1 excitateur micrométrique à pointes de zinc; 1
transformateur à haute tension d’Elster et Geitel, Fig. 2067, et 1 excitateur, montes sur deux planchettes en
chêne verni, ….(omissis)».

Nel catalogo Max Kohl A. G. Chemnitz (Germany). Price List No. 50, Vols. II and III Physical
Apparatus, 1926; rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/pdf/sil14-51634.pdf ,
oltre alla figura 63206, vi sono molte altre figure esplicative.
Il dott. Paolo Brenni compie una dimostrazione sperimentale con relativa spiegazione su: “Il
trasformatore di Tesla, oscillazioni elettriche e la bobina di Sebt” all’indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=A6Tc6Hj4cas ;
video realizzato insieme ad altri in un progetto didattico del Liceo Classico Statale “Paolo Sarpi” di Bergamo.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Pontavi Wheatstone Hartmann & Braun N° 1-2991603 1ª parte (G. Barbieri)

Il ponte a filo Pontavi tipo Wheatstone Hartmann & Braun, matr. N° 1-2991603, è stato donato nel gennaio del 2016 dal P.I. Sig. Guido Barbieri di Modena, tramite Fabio Panfili e Stefano Luzi, e va ad arricchire la collezione del Montani. Prima parte.
Esso permette una misura semplice e rapida di una resistenza incognita entro un campo di valo
ri da 0,05 Ω a 50 kΩ.
L`ing. Claudio Profumieri, oltre a curarne con la consueta perizia l`aspetto, lo ha sottoposto a prove tecniche osservandone il buon funzionamento.
Confrontando la sua matricola con la matr. N° 1166068 del Pontavi che si trova nella sezione Radiotecnica (scrivere “Pontavi” su Cerca) se ne evince che probabilmente risale dagli anni Cinquanta ai primi anni Sessanta del Novecento; questi due sono i più piccoli ponti a filo che oggi fanno parte del patrimonio del Montani.
Esso era usato per determinare la resistenza sia dei conduttori solidi, sia degli elettroliti. Nel caso dei conduttori liquidi, per evitare la loro polarizzazione bisogna ricorrere ad un alimentatore in alternata a frequenza audio a cicalino, che non fa parte degli accessori di questo esemplare (vedere la figura nella seconda parte  scrivendo: “1-2991603” su Cerca).

Sul quadrante del galvanometro i simboli CEI dicono che: l`equipaggio è a bobina mobile immersa nel campo di un magnete permanente; inoltre esso funziona in corrente continua e va usato col quadrante in posizione orizzontale; il triangolo con al suo interno il punto esclamativo significa: “Riferimento ad un documento separato”.
Secondo la scheda di istruzioni del 1961 il galvanometro, ammesso che abbia le stesse caratteristiche, avrebbe una sensibilità di circa 2 µA/div con una resistenza interna di 850 Ω. Il ponte può essere alimentato esternamente purché alla stessa tensione continua. Le portate, come si è scritto, vanno da un minimo di 0,05 Ω fino a 50.000 Ω; infatti la manopola grande riporta valori da 0,5 a 50, variabili con continuità (lato di rapporto del ponte), mentre la manopola piccola varia a scatti per i seguenti fattori di moltiplicazione 0,1 ; 1 ; 10 ; 100 ; 1000 Ω (lato di paragone del ponte).
Nella figura, ricavata da un libretto di istruzioni del 1949, si vede lo schema elettrico.
Essa mostra i seguenti componenti.
Il galvanometro.
Le due resistenze fisse da 0,1 ohm in serie al filo su cui striscia il contatto D.
Il tasto/commutatore (Taster) ha due posizioni T e G, ed agisce sia sull`alimentazione in C. C. sia sul galvanometro. Esso ha due funzioni: in posizione T avvicina due contatti mettendoli in conduzione fissa; in posizione G, bisogna premere il tasto per far funzionare il galvanometro. Quando si richiede l`uso del cicalino (Summer o buzzer) per la misura della resistenza degli elettroliti, che va inserito nelle boccole laterali, il tasto va posto in posizione T e la cuffia va inserita nelle due boccole T e T; automaticamente viene disinserito il galvanometro.
Nello schema si osservano ancora: la resistenza di protezione di 1,5 Ω (schutzwdst.); i due morsetti/boccole X tra i quali si inserisce la resistenza incognita; la resistenza fissa da 0,5 Ω in serie con le resistenze R a scatti da 4,5 a 4500 Ω ; le due boccole T per inserire la cuffia che sostituisce il galvanometro quando si misura la resistenza di un elettrolito.
Sotto il quadrante vi è scritta la formula da usare:
Rx = [(l/L-l)] × R
cioè il valore ad equilibrio raggiunto, indicato dalla freccia rivolta in basso e leggibile sulla manopola grande (che indica il valore del rapporto tra i lati del filo, omogeneo e calibrato, divisi dal cursore in l e L-l), moltiplicato per il valore indicato dalla freccia rivolta in alto verso la manopola più piccola (il valore della resistenza R scelta come resistenza di paragone). Le lunghezze l ed L – l sono proporzionali alle resistenze costituenti due lati del ponte.
Il filo non è teso come nei ponti più ingombranti, ma circolare, e la manopola grande sposta il cursore che scivola su di esso. Come si vede nelle foto, l`aspetto della scala della manopola grande non è lineare, infatti gli intervalli tra i valori vanno via via restringendosi per rapporti sempre più alti; esso è dovuto al rapporto l/L-l fra le porzioni del filo determinate dalla posizione del cursore e somiglia vagamente a quello di una scala logaritmica.
Per l`alimentazione interna si usa una pila da 4,5 V. Nelle istruzioni molto accurate si spiega pure come adattare e piegare le due linguette di ottone della pila piatta che si inserisce dal retro.
Le dimensioni del ponte sono 11 × 20 × 6,5 cm.
Il suo peso è di circa 1,2 kg.
Bibliografia.
Hartmann & Braun A-G Frankfurt/Main Pontavi-Wheatstone Kleine Schleifdrath-Meßbrücke B 18-4 Gebrauchsanweisung Kleine H&B – Schleifdrath-Meßbrücke “Pontavi” in Wheatstone – Schaltung (del 1949).
EB 18-7 Gebrauchsanweisung Pontavi-Wheatstone Schleifdrath-Meßbrücke für Widerstände von 0,05 bis 50.000 Ω. Hartmann & Braun AG Mess – Und Regeltechnik (del 1961).
Il ponte descritto nel secondo libretto di istruzioni è leggermente diverso da questo esemplare, che corrisponde a quello descritto nel primo.
Per chi voglia vedere altri ponti a filo, per avere ulteriori informazioni sul loro funzionamento (come gli esemplari della Dall`Eco o delle Officine Galileo), basta scrivere:  “Ponte” o “filo” o “SAMAR” su Cerca:
Per consultare le altre due parti scrivere invece  “1-2991603” .
Per chi desidera approfondire la descrizione, gli aspetti costruttivi e i procedimenti di misura di un ponte a filo del tipo Wheatstone si consiglia la lettura di:
L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, da pag. 462 a pag. 466.
Un sentito ringraziamento va al Sig. Guido Barbieri che, pur non essendo un ex allievo, ha voluto donare molti pregevoli strumenti al Montani.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Trasformatore a corrente costante Pellizzari N° 21188


   Trasformatore a corrente costante Pellizzari N° 21188.
Non è stato rinvenuto negli inventari d`epoca.

Una targhetta reca la seguente scritta: “Pellizzari Arzignano – Trasformatore 2 Fase – Tipo T.M.R.A. – N° 21188 – Anno … – kVA 3 – cos φ  0,8 – Hz 50 – Rapp. Spire … – V Prim. 250 Sec 455 – Gruppo CEI – A Sec. 6,6 – V.c.c. … – cos φc.c. … – Raffreddamento …”.
Una spiegazione dettagliata del suo funzionamento di trova nel testo citato in bibliografia.
Qui, per rendere doveroso omaggio agli Autori che hanno educato generazioni di studenti con i loro famosissimi libri, riportiamo le prime righe di pag. 482:
«Col nome di trasformatore a corrente costante si denota un trasformatore speciale che realizza la trasformazione
 da una linea primaria a tensione costante ad una linea secondaria a corrente costante, indipendentemente dalla resistenza del circuito utilizzatore».
Nella figura 3-610 vi è lo schema di un trasformatore simile al nostro esemplare. Si notino le due grandi bobine sovrapposte: quella in basso è il primario fisso sul fondo, quella superiore è sospesa ad un bilanciere collegato con un contrappeso.
In assenza di corrente la bobina del secondario poggia su quella del primario poiché il contrappeso è insufficiente a tenerla sollevata.
Per ottenere l`equilibrio infatti è necessaria la repulsione tra le due bobine percorse da correnti opposte.
Il circuito magnetico ha le tre colonne allungate.
Non ci addentreremo nei particolari del suo funzionamento, ma accenneremo a tre situazioni: a circuito secondario aperto, a circuito secondario in corto circuito e a circuito secondario chiuso su un utilizzatore.
Nella prima non c`è la repulsione e il secondario è appoggiato sul primario e ai capi del secondario vi è la f.e.m tipica dei trasformatori a vuoto.
Nella seconda situazione all`inizio entrambe le bobine saranno percorse da forti correnti che subito provocheranno una repulsione notevole; la bobina secondaria si innalzerà fino a raggiungere un equilibrio dinamico con l`intervento anche del contrappeso: il flusso magnetico si disperderà in gran parte nello spazio tra le due bobine (vedi la figura 3-611) e al secondario si avrà contemporaneamente una grande riduzione di corrente che si ripercuoterà sul valore della corrente primaria facendola diminuire.

Nel caso del collegamento con un utilizzatore la corrente secondaria (e dunque anche la primaria) raggiungono i valori dovuti all`equilibrio e, nel caso che la resistenza dell`utilizzatore dovesse variare, anche le correnti varierebbero facendo raggiungere al trasformatore una nuova posizione di equilibrio mantenendo la corrente del secondario costante.
L`uso più frequente di questi trasformatori era per l`alimentazione di piccoli impianti di illuminazione pubblica con le lampade in serie che richiedevano appunto una corrente costante, tipicamente del valore compreso tra 6,6 e 7,5 A.
Per potenze di circa 30 kW (10 volte quella del nostro esemplare) la tensione primaria va dai 6000 ai 20.000 V, con un fattore di potenza a pieno carico dell`ordine di 0,9.
L`ing. C. Profumieri, con la consueta perizia, ha reso l`oggetto idoneo per essere esposto rispettandone l`originale integrità.
Bibliografia: L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica – Macchine Elettriche, Vol. II, CEDAM, Padova 1960; pp. 482 – 486, da cui sono tratte le figure 3-610 e 3-611.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Trasformatore di corrente Siemens Type AGJ3 N° 1380760 (G. Barbieri)

Il trasformatore di corrente Siemens matr. N° 1380760 Type AGJ3 è stato donato nel gennaio del 2016 dal P.I. Sig. Guido Barbieri di Modena, tramite Fabio Panfili e Stefano Luzi, e va ad arricchire la collezione del Montani.
I trasformatori di corrente o amperometrici sono trasformatori di misura il cui avvolgimento primario (interno o esterno) è collegato in serie al circuito del quale si vuole misurare la corrente, mentre il secondario alimenta uno o più misuratori di corrente o circuiti amperometrici. Questo piccolo trasformatore di corrente portatile permette di ottenere rapporti diversi con una costruzione col primario di poche spire (il cui filo di sezione spessa è avvolto intorno al secondario) e il secondario costituito da numerose spire di filo più sottile, nel quale passa una corrente di 5 A.
La particolarità di questi tipi di trasformatori consiste nell`uso dei morsetti intermedi del primario solo per pochi rapporti (nel nostro caso tre) mentre si ricorre ad un primario esterno (costituito da un filo flessibile di opportuna sezione) che passa direttamente nel foro centrale ben isolato a volte con una spira o con più spire, a volte solo attraversandolo.
Infatti i rapporti da 100A/5A a 600A/5A sono ottenuti in questi ultimi modi, come è indicato sul trasformatore.
Descriviamo i morsetti del primario posti in alto partendo dalla sinistra verso destra: il primo morsetto un po` in basso a sinistra è il comune con la sigla “K”; il morsetto successivo ha a fianco “3 A” ; poi c`è quello con la scritta “10 A” e infine un po` più in basso e a destra si trova il morsetto con “30 A”.
In basso vi sono i due morsetti del secondario, uno a sinistra e l`altro a destra. Le foto hanno dimensioni limitate dovute all`architettura del sito e le lettere nere, di bakelite in rilievo, si vedono male. La stessa bakelite di cui è fatto l`involucro del trasformatore.
L`esemplare riporta le seguenti scritte dorate: “3; 10; 100; 150 ; 200; 300; 600 / 5 A K Type AGJ3 5 VA Kl. 0,2 U [con un fulmine stilizzato che indica la tensione di prova di isolamento N. d. R.] = 3 kV 50 Hz A [con un disegno della spira esterna passante per il foro N. d. R. ] 100 6× 150 4× 200 3× 300 2× 600 1× [in basso il logo della ditta N. d. R.] SIEMENS”.
Le ultime indicazioni si riferiscono al numero di spire che devono attraversare il foro centrale per avere quei rapporti tra la corrente da misurare e la corrente di uscita fissa a 5 A.
Come è solito fare, l`ing. C. Profumieri ha provveduto a restaurare in modo non invasivo il trasformatore.
Per avere informazioni più dettagliate sul suo funzionamento si può  scrivere “Trasformatore Sifam” su Cerca.
Bibliografia: L. Olivieri e E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III., CEDAM, Padova 1962, pag. 227.
Un sentito ringraziamento va al Sig. Guido Barbieri che, pur non essendo un ex allievo, ha voluto donare molti pregevoli strumenti al Montani.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

Trasformatore di corrente SIFAM N° 26079

Trasformatore di corrente SIFAM matr. N° 26079.
Nell`inventario D del 1933/1937 al n° 160 si legge: “Riduttore di corrente – 50 – 150 – 300/5 – N° 26079 – 26080. Quantità 2. ₤ 500. Prima destinazione (Laboratorio Macchine Elettriche)”.

L`etichetta posta sopra il trasformatore reca la seguente scritta: “TRANSFORMATEUR SIFAM N° 26079. 8016. RAPPORT I/i 50/5 – 150/5 – 300/5 & 900/15”.

Questo è un trasformatore di corrente portatile per bassa tensione e si possono ottenere quattro rapporti diversi con una costruzione ben visibile nella foto realizzata dopo aver tolto il pannello posteriore; si noti la sezione sia dei morsetti P1 e P2, sia del filo primario di poche spire (avvolto intorno al secondario), rispetto ai morsetti S1 ed S2 del secondario costituito da numerose spire di filo più sottile e nel quale passa una corrente o di 5 A o, nel quarto caso, di 15 A. Infatti, come si vede in una foto, vi sono rappresentati i tre schemi di inserzione.
Il primo a sinistra serve per ottenere il rapporto tra la corrente di ingresso e quella di uscita I/i = 50/ 5; il secondo al centro serve per avere un rapporto I/i = 150/5; con quello a destra si possono avere sia 300/5 sia 900/15.
La particolarità di questi tipi di trasformatori consiste nell`uso dei morsetti del primario solo per pochi rapporti
(nel nostro caso uno solo) mentre si ricorre ad un primario esterno (costituito da un filo flessibile di opportuna sezione) che passa direttamente nel foro centrale ben isolato a volte con una spira (secondo caso), a volte solo attraversandolo (terzo e quarto caso).
Altri tipi di trasformatori realizzano più rapporti sia con morsetti intermedi, sia con primari esterni passanti per il foro centrale con due o più spire.
Nell’ultima foto si vedono entrambi i trasformatori citati nell’inventario.
Come è solito fare, l`ing. C. Profumieri ha provveduto a restaurare in modo non invasivo il trasformatore.

Bibliografia: L. Olivieri e E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, pag. 227, da cui è tratta la figura 1-989.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.