Multimetro Elavi 3 Elima N° 206430 Type 226203 Hartmann & Braun ( G. Barbieri) 1ª parte



Il multimetro mod. Elavi 3 Elima Type 226203 matr. N° 206430 della Hartman & Braun AG Frankfurt fabbricato dalla ELIMA G.m.b.H. è stato donato nel gennaio del 2016 dal P.I. Sig. Guido Barbieri di Modena, tramite Fabio Panfili e Stefano Luzi, e va ad arricchire la collezione del Montani. Prima parte.
Una etichetta posta sul lato in basso reca la scritta: “Fabbriche Elettrotecniche Riunite – Milano”, che è lo stesso importatore dell`Elavi 1 che si trova nella sezione Radiotecnica ed è precedente al 1956.
Del mod. Elavi 3 sia i colori della bachelite, sia la forma, sia altre particolarità costruttive indicano che la sua data di costruzione sia appena posteriore all`esemplare Elavi 1, ma non ne siamo certi. Inoltre la parte posteriore, che riporta le caratteristiche tecniche e gli schemi di inserzione, è consunta dall`uso e quasi illeggibile.
Iniziamo dunque dal quadrante sul quale si notano cinque scale dall`alto verso il basso: in C.C . e in C.A. V-A da 0 a 150 num. div. f.s. poi da 0 a 25 num. div. f.s.; sotto a queste c`è lo specchietto e ancora sotto si trovano le due scale in kΩ, MΩ, 
µF e poi la scala in Ω e pF, quest`ultima ha la peculiarità di presentare lo 0 a sinistra; e infine vi è la scala in dB.
Al centro, sotto le scale, si legge: “Elavi 3; 25 – 50 – 20 000 Hz; 100 mV…10 000 V ─ : 25 000 Ω/V; 10 V … 10 000 V ~ : 2000 Ω/V”; in basso a sinistra: “H&B ELIMA N° E 206430”; in basso a destra i simboli CEI dicono che lo strumento misura in C.C. e in C.A., che l`equipaggio è magnetoelettrico con raddrizzatore, che la tensione di prova di isolamento è di 5000 V e, infine, che è Type 226203.
La boccola di color nero in alto a sinistra reca il simbolo ─; quella al centro sempre di color nero i simboli dell`Ω e di C.C. A.C. e di µF; quella a destra di color rosso 5 000 V in C.C. A.C. .
Sotto il quadrante vi è la vite per l`azzeramento dell`ago; e ancora sotto vi è la manopola che permette di scegliere le grandezze da misurare e le numerose portate ben visibili nella terza foto.
Da notare che le portate rispettivamente di 100 mV e 100 µA fondo scala sono solo per C.C. . Infine, in basso vi è il potenziometro che regola l`azzeramento dell`ago per le misure di resistenza e di capacità.
I dati che seguono sono stati letti sul retro di un esemplare simile a questo e sono quindi del tutto indicativi. Mentre le misure di resistenza si possono fare sia in C.C. sia in C.A., è noto che le misure di capacità si eseguono solo in C.A., pertanto occorre un alimentatore esterno in C.C. da 100 – 130 V per le misure in MΩ, e in C.A. da 100 – 240 V per misure sia in MΩ, sia in pF e in µF, con frequenza compresa tra 45 e 65 Hz . Per le misure di resistenza in C.C. fino a 500 kΩ vi è all`interno una pila da 1,5 V che si introduce svitando la vite posta sul retro. La precisione in C.C. è dell`1 %, e in C.A. dell`1,5 %; per la portata di 5 000 V è del 2,5 %.
Per consultare la seconda parte scrivere “Elavi 3” su Cerca.
Un sentito ringraziamento va al Sig. Guido Barbieri che, pur non essendo un ex allievo, ha voluto donare molti strumenti al Montani.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

Contatori per corrente alternata monofase C.G.S. tipo K1B N° 67782 e N° 790498

 Due contatori per corrente alternata monofase C.G.S. tipo K1B N° 67782 e N° 790498.
Nell`inventario del 1933/1937, al n° 58 si legge: “Contatore monofase ad induzione C.G.S. tipo K1B – N° 67782 – 50 ~ – 5 A – 150 V – 1 kWh ≡ 3750 g. ₤ 100. Prima destinazione (Laboratorio Misure Elettriche)”.
Poi al n° 59 si legge: “Contatore monofase a induzione C.G.S. tipo K1B – N° 790498 – 50 ~ – 30 A – 125 V 1 kWh ≡ 750 g. ₤ 100. Prima destinazione (Laboratorio Misure Elettriche)”.
Dichiarati entrambi già in esistenza.

Nella stampa del 1930 la C. G. S. vanta una istallazione di un milione di esemplari del tipo K1B e la matricola del contatore fotografato e 400000!

Mentre nella stampa pubblicitaria del 1927 il contatore tipo K1B ha il N° 32496.

Un contatore monofase è essenzialmente costituito da un motore a induzione, da un magnete permanente e da un contagiri.

Il motore monofase a induzione si può far derivare o da un wattmetro, con la differenza che qui non c`è una molla di contrasto alla coppia motrice, o dal motore a induzione a campo rotante. La sua descrizione (funzionamento, caratteristiche, errori) richiederebbe molte pagine fitte di disegni e diagrammi, come si può vedere ad esempio in L. Olivieri, E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, da pag. 343 a pag. 360; o negli appunti di P. Malcovati, Corso di Misure Elettriche, pag. 106.  Rinvenibili all’indirizzo:
(http://sms.unipv.it/misure/).

Infatti, seguendo le indicazioni a pag. 351 degli autori del primo testo citato, abbiamo tratto dalla figura 2-160 (“Struttura schematica di un wattometro a induzione e diagramma relativo”) la figura  qui sopra, togliendo le molle antagoniste e l`indice e aggiungendo il magnete permanente; il diagramma vettoriale resta immutato.
Questo comunque è uno schema di principio; uno schema più dettagliato si trova in due schede successive.
Il contatore a induzione serviva per la misura del consumo di energia elettrica.
Una bobina amperometrica è posta in serie alla linea, mentre una bobina voltmetrica è in derivazione.
La bobina voltmetrica ha molte spire sottili e dunque una induttanza molto elevata tale da assorbire una corrente IV in ritardo di quasi 90° rispetto a V mentre la bobina amperometrica è percorsa dalla corrente di linea ed ha poche spire, inoltre le due bobine sono disposte geometricamente in modo tale che i campi magnetici da esse generati siano perpendicolari. I due flussi in tal modo, essendo in fase con le correnti Ia ed IV , devono risultare sfasati tra loro di un angolo di 90° – φ, dove φ è l`angolo di sfasamento tra la tensione e la corrente di linea.
Il campo magnetico risultante è rotante e in tale campo è immerso il familiare disco di alluminio che ruota a velocità angolari proporzionali alle potenze richieste. Infatti la coppia motrice che si ottiene risulta Cm = k · V · I · cos φ e cioè è proporzionale alla potenza elettrica in linea.
Abbiamo detto “familiare” per chi ha una certa età, perché alla data nella quale scriviamo queste note (2020) i giovani conoscono probabilmente solo i contatori digitali (o statici).
La coppia resistente (oltre agli attriti) è in gran parte fornita dal magnete permanente che genera correnti parassite nel disco in rotazione, dette di Foucault; vi sono comunque altre coppie resistenti di varie origini. Pur essendo gli attriti molto bassi (l’equipaggio mobile è costituito da un disco leggero di alluminio) si deve tuttavia provvedere a compensare la coppia di attrito di primo distacco mediante una opportuna coppia ausiliaria poiché altrimenti il disco non si metterebbe in rotazione fin tanto che la coppia motrice principale non superasse tale valore, e dunque non
sarebbe registrata una energia che invece è stata consumata.
Inoltre, per evitare che il disco, una volta messo in rotazione, continui a ruotare anche quando torna ad
annullarsi la potenza richiesta, esso viene munito di una banderuola di arresto in ferro che induce il disco
stesso ad arrestarsi quando questa passa di fronte al magnete permanente e ne viene leggermente attratta.
Oltre alla coppia dovuta agli attriti, vi sono anche due coppie dovute alle correnti indotte dalle due bobine
nel disco e alla loro interazione e queste producono un errore poiché non sono semplicemente proporzionali alla velocità di rotazione, ma anche ad altri fattori; per rendere il loro effetto trascurabile si deve avere una grande efficacia del magnete permanente.
La figura qui riportata ne rappresenta una soluzione adottata comunemente. Il disco di alluminio dunque è soggetto ad una coppia proporzionale alla potenza assorbita dall’utenza; sul suo asse è calettata una vite elicoidale che trasmette il moto ad un dispositivo ad ingranaggi che fa da contagiri. Il contagiri viene fatto ruotare da una vite senza fine che
muove una ruota dentata la quale a sua volta aziona una serie di rulli che portano le cifre da 0 a 9 come si
vede nella figura 2-512.
Dunque la potenza elettrica per il tempo (testimoniato dal numero di giri memorizzato) fornisce l’energia spesa nel periodo. Vi sono comunque molte particolarità tecniche che
dobbiamo tralasciare qui; basta pensare ad esempio a come considerare l’autoconsumo, agli errori dovuti al voluto e non sempre ottenuto sfasamento ( 90° – φ) o a variazioni di frequenza, alle capacità di sovraccarico continuo o istantaneo ecc. .
La figura qui sopra, tratta da
http://encyclopedia2.thefreedictionary.com/Electric+Meter , rappresenta una soluzione adottata comunemente per compensare l’errore di fase. Didascalia della figura: «Single-phase induction meter for 50 hertz alternating current: (Фv) flux induced by current in voltage circuit (in parallel with load), (ФI) flux induced by load current, (1) electromagnet in series (current) circuit, (2) metal strip for regulating phase angle between fluxes Фv and ФI (3) electromagnet in parallel (voltage) circuit, (4) mechanical counter, (5) drag magnet (permanent magnet that produces the retarding torque necessary to obtain unambiguous readings), (6) aluminum disk, (7) load U».
La figura qui sopra è tratta da: http://electrical-engineering-
portal.com/overview-of-single-phase-induction-type-energy-meter .
Il disco ha in genere un diametro che varia da 8 a 10 cm con spessore da 0,8 a 1 mm e la massa dell’equipaggio mobile è di circa 25 g.  Non abbiamo misurato né pesato i dischi di questi esemplari.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Piccolo motore-generatore A.C. D.C. W. M. Welch Scientific Company, Chicago (Museo MITI)

Piccolo motore-generatore in A.C. – D.C. da dimostrazione costruito dalla W. M. Welch Scientific Company, Chicago.
Non rintracciabile negli inventari.
Dalle caratteristiche costruttive si può far risalire al primo Novecento.
Tra due espansioni polari ruota un tamburo di materiale ferromagnetico su cui è avvolta una bobina costituita da molte spire collegabile a scelta o a due anelli su ognuno dei quali striscia una delle due spazzole o a un anello spezzato in due settori con le due spazzole collegate a questo.
Nel primo caso la macchina può funzionare in corrente alternata: se il tamburo viene ruotato manualmente essa funge da generatore, se invece essa viene alimentata diventa un motore.
Nel secondo caso la macchina funziona come generatore di corrente pulsante unidirezionale o come motore in corrente continua.
Il campo magnetico viene generato dalla corrente circolante nella bobina, visibile in basso nelle foto, alimentata da un generatore esterno.
Nelle stampe sottostanti, tratte (per ottenere più informazioni chiare) da diversi cataloghi della ditta  L. E. Knott Apparatus Company-Boston, si possono osservare gli stessi particolari costruttivi che si ispirano chiaramente alle macchine elettriche in uso tra il 1832 e il 1860, prima della macchinetta rivoluzionaria di A. Pacinotti.
In basso in una figura si possono notare l’elettromagnete e le espansioni polari e, posato sulla destra, il tamburo che va posto all’interno del rotore; dietro alle espansioni polari si intravedono le spazzole, anch’esse smontate.
L’esemplare del Montani è funzionante e serviva per uso didattico, vista l’estrema semplicità dei suoi componenti.
Per consultare la parte riguardante le prove eseguite sul motore scrivere “Welch” su Cerca.
Elenco dei cataloghi:
1) A Catalogue of Physical Instruments catalogue 17 L. E. Knott Apparatus Company Boston 1912; rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/catalogofphyinst00knotrich?q=Catalogue+of+Physical+Instruments
2) A Catalogue of Physical Instruments catalogue 17 L. E. Knott Apparatus Company Boston 1912; rinvenibile allo stesso indirizzo ma in verisone EPUB.
3) Catalogue Scientific Instruments General Science Physics-Chemistry Biology, L. E. Knott Apparatus Company Boston, N° 26, 1921. Rinvenibile all’indirizzo:
https://vlp.mpiwg-berlin.mpg.de/library/data/lit13684? 
Il motore – generatore è esposto al Museo MITI, su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Voltamperometro S.I.P.I.E. mod. 834 N° 696299


Voltamperometro S.I.P.I.E. mod. 834 matr. N° 696299.
Nell`inventario D del 1937, in data aprile 1949, al n° 1190 si legge: “Voltamperometro universale mod. 834. Quantità 1. ₤ 17.000. Scopo dell`acquisto: LAMI”.
LAMI indicava il Laboratorio Misure.
L`ing. Claudio Profumieri ha eseguito con la consueta perizia un necessario restauro non
 invasivo.

Sul quadrante vi sono tre scale: in basso quella per C. A. da 0 a 30 f.s. con dei curiosi punti rossi; sopra lo specchietto quella per C. C. da 0 a 30 f.s.; e la scala per la misura di resistenze da 0 a 500 F.s., ancora sopra si legge: OHM × 1000.
In basso c`è la scritta: “VOLTAMPEROMETRO” e in alto a destra il trifoglio, logo della ditta.
I simboli CEI dicono che lo strumento è a bobina mobile, immersa nel campo di un magnete permanente, con raddrizzatore e che lo strumento è stato sottoposto a prova di tensione di 2 kV.
Inoltre vi sono: il modello e il numero di matricola.

Sulla sommità dello strumento vi sono due pulsanti che permettono di scegliere tra le misure in C. C. e in C. A..

Sotto il quadrante, al centro, si trova la vite per la regolazione dello zero  dell`indice (con sotto la scritta: ZERO) e in basso vi sono le varie boccole dove vanno inseriti gli spinotti per scegliere le portate: mA 1; 20; 300; A 1.5; 5; – V. 3; 7.5; 30; 150; 300; 600.

Nelle istruzioni si legge: «I punti rossi che si trovano sulla scala 30 a corrente alternata indicano lo spostamento di detta scala per la combinazione di 3 Volt».
Per la misura delle resistenze occorreva una resistenza aggiuntiva che forse è andata perduta; i puntali invece sono a corredo, come si vede in alcune foto.
Riportiamo qui, alla lettera, le istruzioni che si trovano all’interno del coperchio.
«L’apparecchio è del tipo a bobina mobile a magnete permanente con raddrizzatore metallico ad ossido di rame contenuto nell’interno. Le sue portate sono: mA 1 – 30 – 300 – Amp. 1.5 – 5 Volt 3 – 7,5 – 30 – 150 – 300 – 600. L’istrumento serve per misure sia per corrente continua o raddrizzata che alternata e per misure di resistenze. Tanto per corrente continua che per corrente alternata, con la semplice manovra di un commutatore a due bottoni pulsanti ( posti sul lato superiore dell’apparecchio), uno nero e l’altro rosso, si passa da una all’altra corrente. Cioè per misure a corrente continua o di resistenze il bottone nero deve essere spinto violentemente fino in fondo; per misure a corrente alternata invece quello rosso. Per misure di resistenze dopo aver inserito nella presa + l’apposita resitenza addizionale si mette in serie una pila di 4,5 Volt. I PUNTI ROSSI SULLA SCALA 30 A CORRENTE ALTERNATA INDICANO LO SPOSTAMENTO DI DETTA SCALA PER LA COMBINAZIONE DI 3 VOLT. (Questi punti servono esclusivamente e solo per 3 Volt alternata) LA SCALA IN OHM DEVE ESSERE MOLTIPLICATA PER MILLE PER AVERE I VALORI DELLA RESISTENZA MISURATA, es. La Lettura sia 3 – 3 × 1000 = 3000 Ohm. La Lettura sia 20 – 20 × 1000 = 20000 Ohm.
I due schemi rappresentano le disposizioni delle connessioni dei casi suddetti. COSTANTI NELLA SCALA 30 ….[omissis , si prega di osservare la relativa foto N. d. R.]».
Durante la prima lettura chi scrive è rimasto sorpreso per il termine: “violentemente” che non è certamente consueto leggere nelle istruzioni per l’uso. Invece l’inserimento “violento” dei puntali da parte di qualche operatore ha provocato alcuni danni visibili in una foto.
 Foto di Claudio Profumieri; elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Voltmetro C.G.S. Italia mod. HW18T, matr. N° 2135693



Voltmetro C.G.S. Italia mod. HW18T, matr. N° 2135693.
Nell`inventario del 1956, forse corrisponde ad uno dei voltmetri elencati dal n° 3025 al n° 3028, dove si legge: “C.G.S. Monza tramite SIME – Fermo. Voltmetro mod. HW18T … ”, destinato al Laboratorio Misure Elettriche, è stato  acquistato nel 1962.
[In questo sito è riportata la scheda di un amperometro C.G.S. con il numero di matricola 2135693 che è elencato nell`inventario col n° 3024].
Questo voltmetro ha le seguenti portate fondo scala in corrente continua: 80 mV; 3; 15; 75; 300 V; usando gli shunt e le resistenze addizionali si possono ottenere altre portate come si vede nella foto qui sotto.
Lo strumento ha classe 0,5 , è testato per una tensione di prova di 2 kV, si usa solo orizzontalmente, è a bobina mobile immersa nel campo di un magnete permanente; sul quadrante reca fra le altre la scritta: “80 mV ai capi del cordone di m 1,5 mm quadri 3”.
Nella collezione del Montani esistono molti strumenti di questo tipo, con caratteristiche uguali o solo leggermente diverse.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, e ricerche di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.