Voltmetro da quadro a filo caldo Hartmann & Braun A.- G. Frankfurt N° 135409 1ª parte

 Voltmetro da quadro Hartmann & Braun A.- G. Frankfurt, matr. N° 135409. Prima parte.
 Nell`inventario del 1919 a pag. 52, n° 1073 /9, si legge.  “Voltometro termico Hartmann Braun HB 0 – 150 – 300 Volt con attacchi anteriori ₤ 150. Destinato alla Sala Laboratorio Misure”.
Nell`inventario generale del 1923, pag. 34 n° 1116/9 si legge: “Voltometro termico Hartmann & Braun H.B. 0 – 150 – 300 volts con attacchi anteriori”.
Inoltre si trova nell`inventario generale n° 6 del 1925. A pag. 23 n° 693/13, si legge: “Hartmann & Braun. Voltometro termico 0 – 150 – 300 Volts, con attacchi anteriori. ₤ 150”.
Nel catalogo Scientific Instruments – German Educational Exhibition– World`s fair St. Luis 1904- Berlin 1904, a pag. 61 si trova uno strumento molto simile a questo esemplare. Lo strumento del catalogo (fig. 21) reca la matricola N° 72182, mentre questo esemplare ha il N° 135409.
Da un altro catalogo risalente al 1894 sappiamo che la Hartmann & Braun aveva già brevettato dei sistemi a filo caldo.
Dal confronto dei numeri di matricola con esemplari della stessa ditta e molto simili appartenenti ad altre collezioni (come ad esempio quella del sito http://www.historische-messgeraete.de/passive-messgeraete/strom-und-spannung/schalttafel-instrumente/hitzdraht-amperemeter-no-598-iii) , si potrebbe affermare che la sua costruzione risale a prima del 1910.
Per finire, nell`inventario D, datato 1933 e forse compilato a partire dal 1937, al n° 41 si legge: “Voltometro da quadro – Hartmann – termico – 150 – 300 V N° 135409. ₤ 350”.
Riportiamo qui sotto sia la fig. 21, sia un disegno di uno strumento della stessa casa, nel quale abbiamo evidenziato a colori il filo caldo F F, il filo trasduttore C D che nel punto E è attaccato al filo di seta S teso dalla molla M; il filo di seta è avvolto intorno alla piccola puleggia che muove l`ago indicatore.

Data l`unicità dello strumento, della sua bellezza e del suo intatto funzionamento, non abbiamo ritenuto opportuno smontarlo per osservare il filo caldo nascosto dietro il quadrante che reca la scala di lettura.
Lo stru
mento da quadro è cilindrico in ottone e metallo verniciato di nero; ha i tre morsetti anteriori in basso: uno è comune , un altro è per la portata di 150 V e il terzo è per 300 V. Sul quadrante si osservano: il logo e la marca HARTMANN & BRAUN A. – G. FRANKFURT A/M, la scala non lineare con numerazione doppia e sotto al centro la scritta VOLTS, il numero di matricola N° 135409 e la scritta D.R. PATENT.
Lo strumento sfrutta la dilatazione dovuta al calore sviluppato per effetto Joule dal sottilissimo filo percorso da corrente. Un sistema di trasduzione meccanica amplifica l`allungamento del filo che viene visualizzato dall`indice. Il filo deve avere un buon coefficiente di dilatazione e un alto punto di fusione. La Hartmann & Braun impiegava in genere una lega di platino-iridio o di platino-argento. Sull`asse dell`indice vi sono due settori in alluminio dei quali una zona periferica passa nell`intraferro di una calamita.
Quando l`ago è in moto, nei settori di alluminio nelle vicinanze del magnete si generano delle correnti parassite di Foucault che ne smorzano le oscillazioni. Per ciò che segue facciamo riferimento alla figura 1.
Con una lente per ingrandimento si vede bene che sulla puleggia posta sul medesimo asse dell`ago è avvolto un filo di seta fissato, da un lato, alla lamina metallica elastica curva M e, dall`altro nel punto E, ad un filo di metallo (in ottone o rame, ma alla vista appare nero) verticale C D. Questo è a sua volta fissato nel punto C ad un filo orizzontale F F di platino nel quale passa la corrente da misurare. La tensione meccanica del filo «caldo» può essere modificata agendo tramite una vite (visibile sulla sinistra sotto il quadrante), su di una leva alla quale detto filo è fissato: il sistema vite-leva serve per azzerare l`ago.

Nella seconda scheda descriveremo altri due sistemi adottati dalla Hartmann & Braun tratti dal testo citato in bibliografia. Come è noto, per effetto Joule, il calore prodotto è proporzionale al quadrato della corrente che passa nel filo caldo e si legge in certa letteratura che la scala dovrebbe essere quadratica: questo presuppone che la dilatazione sia perfettamente lineare, che il sistema di amplificazione non introduca ulteriori distorsioni e che non vi siano dispersioni termiche. Ma è sufficiente osservare la scala dello strumento per notare che essa è stata ricavata empiricamente per confronto con uno strumento campione ed è frutto di accorgimenti meccanici ben studiati.
I vantaggi di questo tipo di strumento sono dovuti alla sua capacità di misura in continua e in alternata, alla sua insensibilità alla frequenza e dunque al suo uso anche per altissime frequenze e alla sua insensibilità ai campi magnetici ed elettrici statici. Inoltre è insensibile alla forma del segnale, poiché in questi casi lo strumento indica sempre il valore efficace della corrente che lo attraversa.
La figura 1 è un particolare ricavato dalla figura 2, riportato più sotto, di un voltmetro a filo caldo costruito dalla Hartmann & Braun per uso scolastico che si trova all’indirizzo: http://physik.uibk.ac.at/museum/en/details/electr/voltm_2.html , nel quale si vede la foto dell’esemplare datato 1905.

La figura 21 è tratta da: German Educational Exhibition World’s Fair ST. Louis 1904 Scientific Instruments Berlin 1904 Printed by W. Büxenstein, pag. 61.

Il testo, da cui sono state tratte le figure 3 e 4, è rinvenibile all’indirizzo:
https://www.alte-messtechnik.de/technik/hitzdraht.php .
La figura 3 si trova anche a pag. 80 di Elektrische Und Wärmetechnische Messungen Hartman & Braun AG Frankfurt -1941, rinvenibile all’indirizzo:
https://www.alte-messtechnik.de/archiv/daten/elektrische-und-waermetechnische-messungen-1941.pdf .
Il voltmetro è stato ritrovato nell`aprile del 2014 da Massimo Ciccola e sottoposto ad un attento restauro non invasivo e a prove di funzionamento dall`ing. Claudio Profumieri.
Bibliografia:
L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, pp. 136 e 137.
J. H. Fewkes and J. Yarwood, Electricity, Magnetism, and Atomic Physics, Vol. I, University Tutorial Press LTD near Cambridge, London 1956, pag. 89.
Per consultare le altre due parti scrivere: “135409” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo  di Fabio Panfili.
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Voltmetro da quadro a filo caldo Hartmann & Braun A.- G. Frankfurt N° 135409 2ª parte


  Voltmetro da quadro a filo caldo Hartmann & Braun A.- G. Frankfurt, matr. N° 135409. Seconda parte.
 Il primo strumento di questo tipo fu brevettato nel 1883 da M. P. Cardew (1851-1910) e somigliava molto di più allo schema della figura 1-62.12 per i lungi tubi di cui necessitava.
Verso il 1890 la ditta Hartmann & Braun di Francoforte realizzò un amperometro termico che, ricorrendo ad un diverso sistema di amplificazione meccanica, riduceva di molto la lunghezza del filo percorso dalla corrente, realizzando uno strumento più compatto di quello di Cardew.

 Nel libro di L. Olivieri ed E. Ravelli, citato in bibliografia vengono descritti due dei sistemi brevettati dalla Hartmann & Braun, dei quali abbiamo riportato le figure 1-62.12 e 1-62.13.
Il “filo caldo” in genere è fatto di leghe platino-iridio o di platino-argento che presentano una resistività elettrica elevata unita ad una buona resistenza meccanica, sono inossidabili e con un elevato grado di invariabilità nel tempo; inoltre esso deve avere una piccola inerzia termica per avere prontezza di risposta nelle indicazioni e bassa dispersione termica: queste esigenze richiedono fili sottili e possibilmente lunghi.

Nella figura 1-62.12 si osserva il filo caldo F F interno ad un tubo formato per un tratto da ferro e per l`altro da ottone che hanno: il primo un coefficiente di dilatazione lineare maggiore e il secondo minore di quello del filo caldo; scegliendo la giusta lunghezza dei due tratti di tubo si compensano le variazioni ambientali di temperatura, rendendo il filo caldo poco sensibile a queste. In un punto intermedio C del filo caldo si salda un sottile filo di rame o di ottone che termina in D. A sua volta nel punto medio M del filo metallico C D si attacca un sottile filo di seta che è avvolto sulla piccola puleggia P ed è teso da una molla m. Quando il filo caldo si allunga, tutto si comporta come tratteggiato nel disegno: la molla tira il filo di seta che fa ruotare la puleggia con l`ago.

La figura 1-62.13 mostra una variante più semplice: il filo caldo è collegato nel punto F1 con una levetta fulcrata in L. La levetta è collegata al filo di seta nel punto L1; il filo di seta gira intorno alla puleggia ed è teso dalla molla m. Pure in questo caso il disegno tratteggiato mostra cosa accade quando il filo caldo si dilata. In ogni caso le disposizioni scelte hanno la caratteristica di mutare il fattore di amplificazione lungo l`escursione dell`ago, in modo tale che la seconda parte della scala sia pressoché uniforme.

Comunque nella prima scheda abbiamo descritto la soluzione adottata dalla Hartmann & Braun per questo strumento, che risulta ancora più semplice.
   Per consultare le altre due parti scrivere: “135409” su Cerca.
   Bibliografia:
L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, pp. 136 e 137.
J. H. Fewkes and J. Yarwood, Electricity, Magnetism, and Atomic Physics, Vol. I, University Tutorial Press LTD near Cambridge, London 1956, pag. 89.

    Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Ohmmetro Siemens & Halske N° 2034880

    Ohmmetro Siemens & Halske N° 2034880.
Nell’inventario D del 1937 al n° 70 si legge: “Ohmmetro Siemens N° 2034880; 20 – a 100 ohm a pile ₤ 640 – Prima destinazione: Laboratorio Misure Elettriche”.
Il numero 70 indica che l’oggetto era già in esistenza e si può far risalire al 1930 circa.

Sul quadrante si legge: “Model 1915” ; le due scale hanno portate fondo scala rispettivamente di 20 e 100 ohm, come è scritto nell’inventario.
Una descrizione di questo tipo di ohmmetri si trova alle pagine 478 e 479 del testo citato in bibliografia dal quale sono tratte le tre figure.
Ne riportiamo qui qualche parte inerente lo strumento specifico e quindi adattata alla bisogna. Siamo convinti con ciò di rendere omaggio a due autori che hanno formato generazioni di studenti con i loro lavori e che sono ricordati con ammirazione per la vastità delle loro conoscenze e la chiarezza espositiva.
I puntini di sospensione sono omissis necessari in quanto si fa riferimento ad esempi precedenti.

«È … possibile realizzare un tipo di ohmmetro a due o più campi di misura, con tensione di alimentazione costante, ricorrendo ad uno schema … avente la forma del ponte di Wheatstone come in fig. 3-151: i tre lati del ponte sono costituiti da opportune resistenze fisse , mentre il quarto lato del ponte comprende la resistenza incognita Rx in serie con lo strumento indicatore; su una diagonale del ponte è inserita la batteria di alimentazione col rispettivo tasto di manovra T, mentre l’altra diagonale è costituita da una resistenza opportuna che a mezzo di un commutatore C può assumere due valori diversi o venir interrotta. …. I due lati R2 R3 sono predisposti in modo tale che per R = 0 il ponte risulti in equilibrio; è quindi possibile chiudere anche la seconda diagonale del ponte e variarne comunque il valore a mezzo del commutatore C, senza che l’ampiezza della deviazione che si ottiene per Rx = 0 risulti modificata. In queste condizioni, attribuendo a Rx una serie di valori crescenti, la corrente che attraversa lo strumento decresce tanto più rapidamente … quanto minore è il valore della resistenza inserita in questa seconda diagonale: diminuendo questa resistenza è quindi possibile aumentare la sensibilità dello strumento così da ottenere ad esempio, sulla stessa scala, mediante un commutatore a tre posizioni, tre campi di misura diversi, aventi rispettivamente le costanti di moltiplicazione 1, 10, 100, indicate nello schema. [Nel nostro caso sono due, N. d. R.].

Nella fig. 3-152 è rappresentato a titolo di esempio l’aspetto esterno di un ohmmetro di questo tipo di costruzione Siemens, avente sui tre campi di misura le portate di 20, 200, 2000 ohm. [Nel nostro caso 20 e 100 Ω; N. d. R.].
In questo ohmmetro per compensare le piccole variazioni di tensione che la batteria subisce nel tempo, lo strumento indicatore è provvisto di un derivatore magnetico regolabile dall’esterno, allontanando il quale si aumenta il campo magnetico agente nell’intraferro della bobina: si può così ricondurre la deviazione massima al giusto valore anche per una tensione leggermente diminuita. Per eseguire questa regolazione si preme a fondo il tasto di controllo T1, mediante il quale si mettono in corto circuito i due morsetti della resistenza incognita e contemporaneamente si chiude il circuito di alimentazione: in queste condizioni si regola il derivatore magnetico fino ad ottenere sullo strumento la deviazione di fondo scala; se questo risultato non può essere raggiunto significa che la batteria è esaurita e si procede al ricambio».
All’interno del coperchio vi sono le istruzioni in tedesco riportate qui sotto; di esse citiamo solo la parte che integra e/o sottolinea quanto scritto sopra.
«La manopola dello shunt magnetico deve rimanere invariata durante le misurazioni successive. (Questo test preliminare va fatto solo quando è trascorso molto tempo dall’ultima misurazione o a piacere dell’operatore). La sostituzione della batteria. ¹) Se durante l’operazione preliminare, pur ruotando la manopola dello shunt magnetico l’ago non raggiunge il fondo scala, significa che la pila interna è esaurita e va sostituita dopo aver rimosso la piastra inferiore dell’apparecchio con un nuovo elemento da 1.5 Volt.
Operazione di misura: la resistenza deve essere misurata collegandola ai due terminali, premere il pulsante di misurazione; se la resistenza è di piccolo valore e l’ago resta vicino allo zero, agire sul commutatore per passare al range 0 – 20 ohm; viceversa se la resistenza è maggiore di 20 ohm e l’ago si porta a fondo scala, agire sul commutatore per passare al range 0 – 100».
Lo strumento è protetto, vi sono i fusibili che evitano qualunque inconveniente.
¹) Per la nuova pila è indicata la L. n ° 17 397 (il tipo T 4 è tropicalizzato) . Il commutatore in alto a sinistra ( vicino al quadrante) ha le posizioni: Ohm ; Meßbereich (gamma, range) ; il tasto in alto a destra è il Meßtaste (tasto di misura); il tasto in basso a sinistra è il Vorprüfung (preliminare, di prova) la manopola a destra è il Magnet Nebenschluß (lo shunt magnetico).
   Riportiamo qui di seguito quanto è scritto in tedesco all’interno del coperchio:
«Ohmmeter Nr. 2034880. Meßbereich 0 bis 100 Ohm Umschalterstellung Ø – 0 bis 20 Ohm Umschalterstellung O.
Die höchste Stromstärke im zu messende Widerstand beträgt 0,015 Amp.
a) Vorprüfung: Der zu messende Widerstand darf dabei noch nicht angeschlossen sein. Den Umschalter drücken und durch Drehung feststellen ( Stellung O). Die, Prüftaste* drücken und den Knopf des “magnetischen Nebenschlusses” drehen, bis der Zeiger auf Endstrich der Skala steht. Hierauf den Umschalter zurückdrehen (Stellung Ø). Der magnet. Nebenschluß bleibt während der folgenden Messungen unverändert. (Diese Vorprüfung wird nur in größeren Zeiträumen vorgenommen.).
Batterieersatz.¹) Kann mit dem magnet. Nebenschluß der Endausschlag nicht mehr erreicht werden, so ist das eingebaute Element verbraucht und muß nach Abschrauben der Bodenplatte des Apparates gegen ein neues Element von 1,5 Volt Spannung ausgewechselt werden. Sollte bei der Vorprüfung der Zeiger stark gegen seine Endlage anschlagen und sich mit Hilfe des magnet. Nebenschlusses nicht auf den Endstrich der Skala einstellen lassen, so ist das Instrument beschädigt.
b) Messung: Den zu messenden Widerstand an die beiden Klemmen legen, die Meßtaste drücken, den Umschalter nicht betätigen ( höherer Meßbreich, Stellung Ø) und den Widerstand an der oberen Skala ablesen. Ist der Widerstand kleiner als 20 Ohm, so wird der Umschalter gedrückt, durch Drehung festgestellt (niederer Meßbreich, Stellung O) und der Widerstand an der unteren Skala abgelesen.
Zur Beachtung bei Prüfung von Zündern. Dieser sollte immer die Vorprüfung des Ohmmeters wie unter a) vorangehen. Bei beschädigtem Instrument (vergl. Abs. a) liegt Zündgefahr vor. Gekapselte Zünder leitungen angeschlossen werden, so daß sich der Zünder in genügender Entfernung vom Apparat und Beobachter befindet. ¹) Bei Bestellung eines Ersatzelementes ist die L. Nr. 17 397 (Type T 4 tropensicher) anzugeben.».
Il commutatore in alto a sinistra (vicino al quadrante) ha le posizioni: Ohm ; Meßbereich (gamma, range); il tasto in alto a destra è il Meßtaste (tasto di misura); il tasto in basso a sinistra è il Vorprüfung (preliminare, di prova) la manopola a destra è il Magnet Nebenschluß (lo shunt magnetico).
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo a cura di Fabio Panfili.
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Oscillatore a tre scintille di Righi 1ª parte

Oscillatore a tre scintille di Righi. Prima parte. Nell’inventario del 1906 a pag. 164, n° 651, si legge:  “Telegrafo Marconi (trasmettitore di Righi e stazione ricevitrice con coherer relais, Morse e pile). Condizioni buone. ₤ 460”. È dichiarato già in esistenza e destinato al Gabinetto di Elettrotecnica.
Nell’inventario generale n° 6 del 1925 a pag. 48 n° 1444/15 si legge: “Oscillatore Righi con sostegno scorrevole su colonna di vetro. Apparecchio ricevitore p. radiotelegrafia (s. fili). ₤ 460”. Destinato al Gabinetto di Elettrotecnica.
Si ritrova poi negli inventari particolari per categoria n° 7 e n° 8 degli anni 1925 – 1927.
Anche se dell’oscillatore a 4 sfere e tre scintille è rimasto ben poco, esso merita comunque più di una scheda per la sua importanza nella storia.
Il diametro dell’unica sfera rimasta è di 9 cm ed essa è cava. Si tenga presente che in questo tipo di oscillatori le induttanze e le capacità sono distribuite e non concentrate come nei circuiti moderni. Inoltre la scarica oscillante funge da conduttore, come spesso sarà ripetuto dagli autori citati. L’oscillatore, posto nel fuoco di un antenna cilindrica a sezione parabolica, servì prima a H. Hertz (1857 – 1894) per mostrare l’esistenza e i fenomeni delle onde elettromagnetiche, poi a Righi in Italia per ottenere ulteriori conferme dei risultati di Hertz a frequenze molto più alte. Come ricevitore Hertz usò un anellino risonante spezzato, che terminava con due sferette, mentre lasciamo a A. Righi (1850 – 1920) la descrizione del suo risonatore.
Entrambi potevano essere alloggiati nel fuoco di un antenna cilindrica a s
ezione parabolica.
Inizialmente l’oscillatore di Righi era costituito da quattro sfere: due coppie erano poste ai lati di quelle centrali di maggior diametro.
Quella che si vede nelle foto è una di esse ed è parzialmente posta in un contenitore cilindrico munito di una finestrella nel quale si versava olio di vaselina, si introduceva poi la seconda sfera ed entrambe venivano fissate con della ceralacca.
Le due sfere, all’interno erano distanti poco più di un millimetro.
La funzione della vaselina era duplice: essendo più isolante dell’aria provocava scintille più intense; inoltre proteggeva la superficie delle sfere dai danni delle scintille.

Un esempio di un tale dispositivo si vede in figura 62 tratta da pag. 166 del testo di Righi – Dessau citato in bibliografia; una diversità rilevante è la presenza di due dischi di rame M N paralleli  (a distanza regolabile) che ne aumentavano la capacità e infatti con esso Righi ottenne una lunghezza d’onda di 4, 1 m, eccessiva per i suoi esperimenti.
Riportiamo qui di seguito la descrizione che ne da lo stesso A. Righi in un suo articolo LE ONDE HERTZIANE citato in bibliografia: « … – L’eccitatore o oscillatore di Hertz ha subito alcuni importanti perfezionamenti. Si è guadagnato molto nell’intensità delle onde facendo avvenire in un liquido isolante la scintilla, che riunisce momentaneamente le due sezioni dell’oscillatore, Si aumenta così il potenziale di scarica e quindi l’energia disponibile. L’olio di vaselina è preferibile per quest’uso a tutti gli altri liquidi dielettrici che si sono provati. Un altro perfezionamento riguarda la forma dell`oscillatore. Poiché per le esperienze “ottiche” (quelle cioè che riproducono con le onde elettriche dei fenomeni analoghi a quelli dell’ottica) bisogna impiegare delle oscillazioni aventi delle lunghezze d’onda più che è possibile corte, si è stati perciò condotti a ridurre più che è stato possibile piccola l’autoinduzione dell`oscillatore. Quello di Righi, oggi generalmente adottato, formato da due sfere di rame piene separate da uno strato di olio di vaselina, dà delle onde brevissime (anche di 2,5 cm di lunghezza [12 GHz N.d.R.]) pur conservando una notevole intensità. Le caratteristiche necessarie sono comunicate da due scintille, le quali scattano tra le sfere e due conduttori vicini, in comunicazione coi poli di una macchina a influenza o di un rocchetto d’induzione. Si sono ottenute anche oscillazioni la cui lunghezza d’onda raggiungeva appena qualche millimetro [30 – 50 GHz N.d.R.]. …».
Righi prosegue elencando ben 21 diversi “apparecchi indicatori”.
Ma a noi ne interessa uno in particolare, poiché fu usato da Righi nei suoi esperimenti più famosi: « Il risonatore è diviso in due sezioni e si osservano le scintille che si producono nell’interruzione. Questo, nell’ordine cronologico è il primo indicatore, quello impiegato da Hertz. Credo razionale spiegare il fenomeno nella maniera seguente. Da principio le due sezioni del risonatore si comportano come due risonatori uguali posti uno di seguito all’altro e aventi un periodo minore (sensibilmente metà se sono lunghi o sottili) di quella del risonatore intero senza interr
uzione. Le oscillazioni che si formano nelle due sezioni producono potenziali di segno contrario alle estremità vicine, che possono produrre la scintilla. Per il tempo in cui questa avviene costituisce una comunicazione abbastanza buona tra le due sezioni, e il risonatore intero risuona come se non avesse interruzione e col suo proprio periodo. La scintilla introduce una resistenza, per conseguenza uno smorzamento più forte. Questo metodo è stato perfezionato in modo da renderlo atto a rivelare onde brevissime, formando il risonatore con una piccola striscia di vetro argentato, in cui lo strato metallico è interrotto a metà da un tratto di qualche millesimo di millimetro di larghezza. la grande sensibilità di questo risonatore sembra dipendere dal piccolo spessore del metallo e dalla presenza del vetro sulla superficie del quale scorrono le piccole scintille, che si osservano con una lente».
Righi, nel suo elenco, lascia per ultimo il Coherer che ebbe così tanta importanza nei primi apparecchi radio di G. Marconi, e ovviamente cita Temistocle Calzecchi Onesti (1853- 1922) che, nel Regio Liceo di Fermo, nel 1884 fu il primo a sperimentare sistematicamente l’effetto di correnti deboli sulla conduzione di polveri metalliche, pur essendo stato preceduto in questo nel 1835 da P. S. Munk af Rosenschöld (1804 – 1860) e da S. A. Varley nel 1852.
Il coherer è essenzialemte un tubetto di materiale isolante  (spesso di vetro) contenente polveri metalliche racchiuse tra due reofori; non è un risonatore ed è sensibile a onde elettromagnetiche per una vastissimo range di frequenze. Non esiste nessuna spiegazione scientifica valida del suo funzionamento.

Su T. Calzecchi Onesti si può leggere un articolo in questo sito alla voce: “Il Montani nella storia; il coherer e un convegno del 1985” . Per consultare le altre due schede, scrivere “Righi” su Cerca.
Bibliografia:
A. Righi, B. Dessau, La Telegrafia Senza Filo, N. Zanichelli, Bologna 1905, da cui è tratta la

figura 62.
A. Righi, Le Onde Hertziane, Il Nuovo Cimento, Serie V, Tomo I, Gennaio 1901.
V. J. Phillips, Hearly Radio Wave Detectors, Peter Peregrinus LTD, 1980.
La foto in figura 5 è a pag. 18 di G. Dragoni, M. Lodi, G. Garofalo, L’opera di Marconi. “Fu vera gloria?”,
Giornale di Fisica Vol. LII. N. 1 Gennaio-Marzo 2011.
La foto in figura 1 di un oscillatore che fu fabbricato da Righi è tratta da: M. Guidone, C. Marcotulli, F.
Panfili, G. Traini, Un esperimento nel laboratorio di storia della scienza e della tecnica: Il coherer nelle
prime trasmissioni radio di Guglielmo Marconi, in La conquista della telegrafia senza fili, a cura di E.
Fedeli e M. Guidone, Nuova Alfa Editoriale, Bologna, 1987.
G. Tabarroni, Bologna e la storia della radiazione, Lions Club Bologna, 1965.
H. J. Aitken, Syntony and
Spark – The Origins of Radio, Princeton University Press, New Jersey 1985.
Foto di Claudio Profumieri,
elaborazioni, ricerche e testo a cura di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

Oscillatore a tre scintille di Righi 2ª parte

 Oscillatore a tre scintille di Righi. Seconda parte.
Nell’inventario del 1906 a pag. 164, n° 651, si legge:  “Telegrafo Marconi (trasmettitore di Righi e stazione ricevitrice con coherer relais, Morse e pile). Condizioni buone. ₤ 460”. È dichiarato già in esistenza e destinato al Gabinetto di Elettrotecnica.
Anche se dell’oscillatore a 4 sfere e tre scintille è rimasto ben poco, esso merita comunque più di una scheda per la sua importanza nella storia.

Riportiamo qui la descrizione edita nel 1976 di H. G. J. Aitken alle pagg. 185, 186 (vedi bibliografia): « … To generate radiation at the ultra high frequencies that interested him, it was in principle only necessary for Righi to reduce Hertz’s apparatus in scale. In pratice, considerable redesigning was involved. One innovation was an improved spark gap, composed of four instead of two metal spheres (Fig 5.1). The outer two were connected to an induction coil, or more commonly in Righi’s laboratory to a static electricity machine. The inner two, separated b
y only a small gap, were immersed in a mixture of oil and petroleum jelly. By using spheres of about 4 centimeters in diameter and separating them by a gap of only 1 millimeter, Righi was able to move up a wavelenght of approximately 10 centimeters (3 GHz) much higher than anything Hertz had achieved. Detection of radiation at such high frequencies meant abandoning Hertz’s simple ring resonator. Rather than adopt some kind of coherer, Righi deposited on a sheet of glass, by electrolysis, a thin film of silver in the form of a long, narrow rectangle. Across the middle of this rectangle he scribed a thin line with a diamond, cutting through the silver and leaving a gap only a few thousandths of a millimeter wide. The silver film served as a miniature dipole, the scribed line as a detecting spark gap. It was, of course, necessary to observe the sparks through a microscope, since they were invisible to the naked eye, but for laboratory purposes this was no drawback. The little device proved highly sensitive to microwave radiation and showed considerable directionality as well. What was there that could be used for practical signaling? Not the detector, certainly: that was a laboratory device designed for the ultra high frequencies. At those frequencies, with the equipment then in use, attenuation was high and distances short. The Righi spark gap was another matter. The conception of immersing the central spheres in oil and coupling the discharge to them from the outer spheres was a sound one, producing trains of sparks of high intensity and regularity. Made larger and more rugged, spark gaps of this type became a standard feature of early Marconi transmitters».
Righi iniziò a pubblicare sugli argomenti fin qui trattati nel 1893 e, dopo la morte prematura di Hertz avvenuta nel 1984, ne divenne in pratica il prosecutore in Italia. Evidentemente i lavori di Hertz, pur avendo dimostrato con diversi e geniali esperimenti, che le onde elettromagnetiche previste dalle equazioni di Maxwell non solo esistevano e si comportavano come la luce riguardo a tutte le sue fenomenologie come riflessione, rifrazione interferenza, diffrazione, polarizzazione. ecc., avevano bisogno di ulteriori conferme sperimentali e questo si accinse a fare Righi.
Dunque qui di seguito riportiamo alcuni brani significativi di diverse pubblicazioni di Righi che si trovano nelle pagine  109 e 110 dell`articolo di Giorgio Dragoni (vedi bibliografia). Dopo aver descritto gli oscillatori di Hertz, Righi così prosegue:
« … Per ottenere brevissim
i periodi d`oscillazione occorreva dunque diminuire la capacità e l`autoinduzione»… {Marconi dovrà fare esattamente l’opposto per ottenere lunghezze d’onda maggiori [Nota del Prof. G. Dragoni]}.
E poi prosegue Righi:
« Gli effetti che dà un oscillatore di tal genere, costituito con palline di pochi centimetri di diametro, sono assai deboli, ma si accrescono ricorrendo ad un artificio dovuto a De la Rive e Sarazin, il quale consiste nel far scattare la scintilla che congiunge i due conduttori entro un liquido isolante. Ho appunto adottata questa disposizione, e cioè ho collocato un liquido isolante fra le due sfere; ma ho trovato assai preferibile l’olio di vasellina all’olio d’ulivo, adoperato dai due fisici ginevrini, specialmente rendendolo poco scorrevole col disciogliervi una sufficiente quantità di vasellina. Infine ho di recente riconosciuto che se le due sfere sono cave, l’efficacia dell`oscillatore è minore che quando sono piene, cosa questa che forse non era facilmente prevedibile. Per esempio con un oscillatore formato con sfere massicce di quasi 4 cm di diametro, l’effetto sopra un risonatore cessava solo a circa 11 metri di distanza, mentre sul medesimo risonatore l’effetto spariva già a 6 metri allorché a quelle sfere se ne sostituivano due altre di ugual diametro esterno ma cave, con spessore di parete di circa 0,15 cm».
Nella figura 70 è disegnato il banco a microonde di Righi: a sinistra è visibile un oscillatore posto nel fuoco di un’antenna cilindrica a sezione parabolica come già aveva fatto Hertz; a destra, nel fuoco dello specchio, si trova il risonatore a striscia di vetro. Con sfere di 8 cm di diametro la lunghezza delle onde elettromagnetiche generate era di 20 cm , con sfere di poco meno di 4 cm si avevano onde di 10 cm e con sfere di solo 8 mm di diametro si osservavano onde di circa 20 mm di lunghezza (15 GHz).

Vedremo nella terza parte che Marconi adotterà le soluzioni di Hertz perfezionate da Righi in un suo dispositivo trasmittente ad onde corte. Mentre nei suoi primi ricevitori Marconi perfezionerà mirabilmente il coherer su cui tanto lavorò T. Calzecchi Onesti negli anni 1884 – 1885, quando insegnava al Regio Liceo di Fermo (oggi Liceo Classico A. Caro).
Terminiamo citando, a proposito di questioni di priorità, una nota tratta dal testo di Aitken (pag. 285) :
« The coherer principle was, however, discovered almost simultaneously by Professor Calzecchi Onesti of Fermo, Italy, and it may be that Marconi’s knowledge of the device came from that source rather than from Branly». Osserviamo che Aitken è impreciso sulle date in quanto le pubblicazioni di Calzecchi precedono di quasi 6 anni quelle di Branly e che Calzecchi era nato a Lapedona; ma riteniamo che Aitken sia imparziale nel giudizio come invece non lo sono molti altri autori.
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Bibliografia:
H. J. Aitken, Syntony and Spark – The Origins of Radio, Princeton University Press, New Jersey 1985 da cui è tratta la Fig. 5-1.
Giorgio Dragoni, L’opera di Righi tra Calzecchi Onesti e Marconi, in La conquista della telegrafia senza fili, a cura di E. Fedeli e M. Guidone, Nuova Alfa Editoriale, Bologna, 1987.
A. Righi, B. Dessau, La Telegrafia Senza Filo, N. Zanichelli, Bologna 1905, da cui è tratta la figura 70
riportata a pag. 170 del testo.
J. F. Ramsay, Microwave Antenna and Waveguide Techniques Before 1900, Proceedings of the IRE, Vol. 46, N° 2, February 1958, da cui è tratta le figura 54.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo a cura di Fabio Panfili.
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