Wattmetro elettrodinamico N° 1222 M. Vianello


         Wattmetro elettrodinamico N° 1222 M. Vianello.
   Nell`inventario D del 1937, in data 27 marzo 1950 e al n° 1230, si legge:
“Vianello Ing. Mario Milano. Wattometro portatile mod. P.W. in cassetta legno lucido con coperchio ribaltabile e cinghia per il trasporto, dimensioni mm 200 × 2000 × 130 circa. Tipo elettrodinamico per c.c. e c.a. . Scala a specchio lunga 160 mm indice a coltello – con viti di regolazione dello zero- precisione 0,3 % del f.s. – doppia portata amperometrica 2,5 e 5 A – portata voltmetrica 150 Volt, con centro stella artificiale p. misure trifasi carichi equilibrati ₤ 24.000 LAMI”.
Non ci sorprende che nella lunga e “pignola” descrizione manchi il numero di matricola tanto necessario per l`identificazione; inoltre in questo esemplare non c`è scritto “mod. P.W.”, ma sul quadrante si vede solo un logo con  lettere  sovrapposte.
All`interno del coperchio, visibile in una foto, si legge: “WATTMETRO ELETTRODINAMICO Trifase per carichi equilibrati. Parallelo 5 A. Serie 2,5 A. resistenza Bobina Amperometrica 2,5 A: R = 0,172 Ω – Resistenza Bobina Amperometrica 5 A : R = 0,043 Ω – Resistenza Circuito Voltmetrico 150 V. : R = 7.757, 5 Ω – Capacità di sovraccarico Circuito Amperometrico : 40 % – Capacità di sovraccarico Circuito Voltmetrico : 40 % – Costante monofase 5 A. 150 V. = 5 – Costante trifase 5 A. 150 V. = 15 – Costante monofase 2,5 A. 150 V. 2,5 – Costante trifase 2,5 A. 150 V. = 7,5”.
[In alto, a sinistra e a destra, vi sono due disegnini che riportano le inserzioni per realizzare le portate o di 5 A o di 2,5 A. N. d. R. F.P.].
Sul quadrante la scala va da 0 a 150 f.s.; al centro c`è la lettera W; in basso a sinistra simboli CEI dicono che: a) lo strumento è elettrodinamico; b) la tensione di prova è di 2 kV; c) va usato con il quadrante in posizione orizzontale; d)  la classe è 0,3 ; e) funziona sia in C.C. sia in C.A. .
In basso a destra ci sono: il numero di matricola 1222 e il logo della ditta.
Appena sopra la vite per l`azzeramento dell`ago vi è una targhetta con la scritta: “Dott. Ing. M. VIANELLO MILANO VIA CRIVELLI 16”.

Uno strumento elettrodinamico può funzionare sia in C.C. sia in C.A. e quindi all`occorrenza e con gli opportuni collegamenti questo wattmetro poteva essere usato anche in C.C. .
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Pila campione di f.e.m. tipo Weston, Allocchio Bacchini & C. Milano N° 05182

Pila campione di f.e.m. tipo Weston Allocchio Bacchini & C. Milano N° 05182.
Fin dall’inventario del 1906 si trovano elencate pile campioni del tipo Weston, ma è arduo stabilire la data di acquisto degli esemplari pervenutici.
Nell’inventario per categoria n° 7/8 del 1926 a pag. 177. n° 746/2504, si legge: “Pile campioni tipo Weston N° 05186 – 82. ₤ 640”. Destinate alla Sala Misure Elettriche. Nell’inventario D del 1933/ 1937 al n° 92 c’è un lungo elenco di pile campione, prima destinazione: Laboratorio di Misure Elettriche.
Il coperchio reca la scritta: “Elemento Campione Tipo Weston Allocchio Bacchini & C. Milano N° 05186”; ai lati dei morsetti c’è scritto: a sinistra “Hg” e a destra “Cd”.



 Una pila campione deve fornire una f.e.m. costante nel tempo e poco sensibile alla temperatura di esercizio.
Inoltre la variazione della f.e.m. in funzione della temperatura deve essere nota con precisione. La pila, durante il suo uso, deve essere attraversata da correnti piccolissime (pochi µA) e per tempi molto brevi.
L’impiego era quindi riservato ai metodi di misura per riduzione a zero, nei quali si procede per tentativi di affinamento e, all’atto della misura, la corrente erogata dalla pila è nulla.
La pila Weston deve il suo nome al chimico inglese che la inventò nel 1893.
È costituita da un vaso di vetro in forma di H, forma  suggerita originariamente da Lord Rayleigh.
L’elettrodo positivo è costituito da mercurio, quello negativo è un amalgama di cadmio al 12 %, il mercurio è coperto da uno strato di solfato di mercurio e sopra a questo, come sopra all’amalgama di cadmio, è disposto uno strato di solfato di cadmio in cristalli.
Le prese di contatto sono costituite da due fili di platino, saldati a due fili di rame facenti capo ai due morsetti.
La tensione a circuito aperto, alla temperatura di 20 °C, è di 1,01865 V.
A fine Ottocento la pila Weston era il campione internazionale di tensione col valore convenzionale di f.e.m. di 1,01830 V.

Gli svantaggi nel suo uso sono: utilizzo del mercurio che è tossico, necessaria calibrazione periodica della pila insatura con una cella che utilizza la versione satura.
  Bibliografia.
L. Olivieri – E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962.
Cambridge Scientific Instruments Co. Ltd. Cambridge England 1905; rinvenibile all’indirizzo: https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/51695/. Da cui sono tratte le tre pagine.
W. E. Ayrton e T. Mather, Practical Electricity, Cassell and Company, London, 1911, pp. 206–209 con una appendice pp. 506–507. Rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/electripractical00ayrtrich/mode/2up.
Le pagine precedenti a quelle qui pubblicate si trovano nella scheda: “Pila campione Muirhead’s Patent derivata dalla Standard Cell Clark”.

 Per ulteriori notizie si vedano le schede delle altre pile tipo Weston nelle sezioni Elettrotecnica e Radiotecnica.
  Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Pila campione Muirhead`s Patent con termometro, derivata dalla Standard Cell Clark

    Pila campione  Muirhead’s Patent, derivata dalla Standard Cell Clark.
Nell’inventario del 1919, pag. 54, al N° 1128/64 si legge: “Pila campione Weston con termometro”.
L’identificazione è probabile perché questo esemplare è attualmente l’unico della collezione che abbia un termometro fisso sul coperchio.
Questo reca la scritta: “Standard Cell, N° 15101, Muirhead`s Patent, E.M.F.= 1,454 B. A. B. Volts At 15 °C”. Inoltre vicino a un morsetto c’è scritto Zn e all’altro Hg.
Il termometro legge da 0 a 30 °C.
Abbiamo riportato in fondo le pagine del testo citato in bibliografia. Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.
Le celle Clark utilizzano lo zinco, o amalgama di zinco, un anodo e un catodo di mercurio in una soluzione acquosa satura di solfato di zinco, con una pasta di solfato di mercurio come depolarizzante.
La cella originale di Latimer Clark è in un barattolo di vetro Il catodo di rame originario è stato sostituito da mercurio sul fondo del vaso. Sopra c’è la pasta di solfato di mercurio e, sopra ancora, la soluzione di solfato di zinco. Una corta bacchetta di zinco immersa nella soluzione di solfato di zinco. L’asta di zinco è sostenuta da un tappo di sughero con due fori: uno per l’asta di zinco e l’altro per un tubo di vetro che arriva al fondo della cella. Un filo di platino, fuso nel tubo di vetro, entra in contatto con la pozza di mercurio. Al termine della costruzione, la cella è stata sigillata con uno strato di colla marina.

Nella figura 8 si vedono le varie forme dei contenitori delle celle standard.

La cella a forma di H fu introdotta da Lord Rayleigh nel 1882.
Essa è in un recipiente di vetro a forma di H con amalgama di zinco in una gamba e mercurio puro, sormontato da uno strato di pasta di solfato di mercurio, nell’altra gamba. Il recipiente è stato riempito, quasi fino in cima, con una soluzione di solfato di zinco. I collegamenti elettrici all’amalgama di zinco e al mercurio sono realizzati da fili di platino fusi attraverso le estremità inferiori delle gambe.
La cella produce un f.e.m. di riferimento di 1,432 volt a una temperatura di 15 °C .
Le celle standard devono essere applicate in modo tale che venga prelevata una minima corrente da esse e per un tempo brevissimo.
Il progetto Clark presentava due inconvenienti: un coefficiente di temperatura piuttosto elevato di -1,15 mV/°C e problemi di corrosione causati dai fili di platino che si legavano con le connessioni in amalgama di zinco dove entrano nell’involucro di vetro.
Nel 1905, le celle di Clark furono soppiantate come standard di tensione dalla cella Weston per la sua migliore indipendenza dalla temperatura.
Per avere ulteriori informazioni sulle pile campioni si prega di vedere alle voci: Elettrotecnica e Radiotecnica. Specialmente si consiglia di vedere: Elemento campione di f.e.m. , tipo Weston, Allocchio Bacchini & C. Milano N° 05182.
Bibliografia.
W. E. Ayrton e T. Mather, Practical Electricity, Cassell and Company, London, 1911, pp. 200–205 con una appendice pp. 495–497. Rivenibile al’indirizzo:
https://archive.org/details/electripractical00ayrtrich/mode/2up
Il testo qui proposto prosegue in parte nella scheda: Pila campione di f.e.m. , tipo Weston, Allocchio Bacchini & C. Milano N° 05182.
W. J. Hamer, Standard Cells, Their Construction, Maintenance, and Characteristics, Bureau of Standards Monograph 84, 1965, da cui è tratta la figura 8; rinvenibile all’indirizzo:
https://www.nist.gov/system/files/documents/calibrations/mn84.pdf.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo a cura di Fabio Panfili.

 

 

 

 

 

 

Pontavi Wheatstone Hartmann & Braun N° 1-2991603 2ª parte (G. Barbieri)

Il ponte a filo Pontavi tipo Wheatstone Hartmann & Braun, matr. N° 1-2991603, è stato donato nel gennaio del 2016 dal P.I. Sig. Guido Barbieri di Modena, tramite Fabio Panfili e Stefano Luzi, e va ad arricchire la collezione del Montani. Seconda parte.
L`ing. Claudio Profumieri, oltre a curarne con la consueta perizia l`aspetto, lo ha sottoposto a prove tecniche osservandone il buon funzionamento.
Esso era usato per determinare la resistenza sia dei conduttori solidi, sia degli elettroliti.

Abbiamo inserito questa scheda per mostrare meglio alcuni particolari dell`oggetto: osservando la seconda foto, sopra il quadrante vi sono, da sinistra verso destra, una boccola col simbolo T; i morsetti/boccole con al centro una grande X; un`altra boccola con la T e un piccolo deviatore con le lettere T e G. Le lettere si vedono poco perché di bachelite nera in rilievo, materiale di cui è fatto l`involucro dello strumento.

La figura mostra il Pontavi con l`accessorio per la misura della resistenza degli elettroliti corredato di cuffia che va inserita nelle boccole indicate con la lettera T; esso va collegato al ponte tramite le due boccole laterali e genera una tensione alternata a frequenza acustica, idonea per evitare la polarizzazione dell`elettrolito che avverrebbe in C.C. .
Nessuno dei due esemplari della collezione del Montani ha questo cicalino (Summer o buzzer) come accessorio.
Le istruzioni B 18-4 inoltre si dilungano sulla misura della resistenza di terra che richiede altri accessori e una procedura piuttosto lunga.
Ripetiamo sinteticamente le operazioni di misura di una resistenza in C.C., misura che si basa sulla ricerca dell`equilibrio del ponte, raggiunto quando il galvanometro segna lo zero. In questa procedura si distinguono due fasi: una fase di orientamento il cui risultato è la determinazione di un valore approssimato della resistenza da misurare, ed una fase di affinamento al termine della quale si è cercato di raggiungere il miglior risultato con la massima precisione possibile.
La resistenza incognita viene collegata ai due morsetti/boccole contrassegnati con la X; il commutatore in alto a scatti viene posto in corrispondenza di un valore prossimo a quello stimato della resistenza incognita, mentre la manopola in basso a regolazione continua viene posta in corrispondenza del valore centrale (
o a volte si sceglie un valore elevato del lato di rapporto del ponte).
Si preme rapidamente il tasto, già posto in posizione G, mentre si osserva in quale verso si è mosso l`ago del galvanometro e con quale rapidità.
Si può eventualmente correggere il valore scelto col commutatore in alto e premere di nuovo il tasto osservando il comportamento del galvanometro; l`indicazione che se ne ricava suggerisce se tornare o no al valore precedente o addirittura diminuirlo se l`ago ha invertito il verso del moto).
Poi si passa alla regolazione continua ruotando la manopola in basso in un senso o in quello opposto, premendo brevemente il tasto per avere indicazioni dal galvanometro. Quando, dopo vari tentativi, si osserva che l`ago si avvicina allo zero si ruota con più accortezza la manopola per affinare il raggiungimento dello zero, magari mantenendo premuto il tasto.
A questo punto si disinserisce il tasto e si usa la formula scritta sul ponte stesso per calcolare il valore della resistenza Rx, formula già illustrata nella prima parte.
Una lettura di zero è sempre la migliore delle misure eseguite nell`ambito scientifico, tenendo presente il suo grado di sensibilità.
Per resistenze di piccolo valore bisogna tenere conto delle resistenze dei cavi da sottrarre al valore ottenuto (un filo di rame di un mm²  di sezione, lungo 1 metro, offre una resistenza di circa 0,017 Ω).
Se la resistenza incognita è di valori più piccoli per i quali le resistenze di contatto non sono più trascurabili, bisogna ricorrere al doppio ponte di Thomson.
Di questo nella collezione del Montani esistono: un antico esemplare della Siemens & Halske esposto al Museo MITI, e un esemplare più moderno della S.A.M.A.R..
Essi sono rinvenibili in questo Museo Virtuale.
La resistenza più piccola che questo ponte può misurare è di 0,05 Ω, con una precisione del 2 %.
Il suo campo di misura va da × 0,1 a × 1000, con una precisione del 2 % per queste due portate; mentre per i campi di misura intermedi ×1 ×10 × 100 la precisione in media è del 0,5 %.
Il procedimento di misura per gli elettroliti, come si è detto, richiede un cicalino e una cuffia della ditta (di cui non si dispone) ed è sostanzialmente analogo a quello descritto sopra, tranne che per le indicazioni del galvanometro che vengono sostituite dall`intensità del suono in cuffia.
Una curiosità: le due linguette in ottone uscenti dalla pila da 4,5 V, usata per alimentare il circuito, richiedono di essere accorciate di circa 3 cm e poi leggermente incurvate per entrare nelle apposite scanalature dei morsetti ed ottenere migliori contatti; inoltre, nel caso di esaurimento della pila e in mancanza di una nuova, si può ricorrere ad un alimentatore esterno in C. C. da 4,5 V, collegandolo opportunamente.
Entrambe le schede di istruzioni terminano raccomandando di pulire delicatamente di tanto in tanto i contatti tra il filo e il cursore ungendoli con uno straccio imbevuto di petrolio e olio di vaselina o paraffina.
Bibliografia.
Hartmann & Braun A-G Fran
kfurt/Main Pontavi-Wheatstone Kleine Schleifdrath-Meßbrücke B 18-4 Gebrauchsanweisung Kleine H&B – Schleifdrath-Meßbrücke “Pontavi” in Wheatstone – Schaltung (del 1949).
EB 18-7 Gebrauchsanweisung Pontavi-Wheatstone Schleifdrath-Meßbrücke für Widerstände von 0,05 bis 50.000 Ω. Hartmann & Braun AG Mess – Und Regeltechnik (del 1961) da cui è tratta la figura.
Il ponte descritto nel secondo libretto di istruzioni è leggermente diverso da questo esemplare che corrisponde a quello descritto nel primo.
Per chi voglia vedere altri ponti a filo per avere ulteriori informazioni scrivere: “Ponte” o “filo” o “SAMAR” su Cerca.
Per consultare le altre due parti scrivere invece  “1-2991603” su Cerca.
Per chi desidera approfondire la descrizione, gli aspetti costruttivi e i procedimenti di misura di un ponte a filo del tipo Wheatstone si consiglia la lettura di:
L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, da pag. 462 a pag. 466.
Un sentito ringraziamento va al Sig. Guido Barbieri che, pur non essendo un ex allievo, ha voluto donare molti pregevoli strumenti al Montani.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Pontavi Wheatstone Hartmann & Braun N° 1-2991603 3ª parte (G. Barbieri)


Il ponte a filo Pontavi tipo Wheatstone Hartmann & Braun, matr. N° 1-2991603, è stato donato nel gennaio del 2016 dal P.I. Sig. Guido Barbieri di Modena, tramite Fabio Panfili e Stefano Luzi, e va ad arricchire la collezione del Montani. Terza parte.
Esso permette una misura semplice e rapida di una resistenza incognita entro un campo di valori da 0,05 Ω a 50 kΩ.
L`ing. Claudio Profumieri, oltre a curarne con la consueta perizia l`aspetto, lo ha sottoposto a prove tecniche osservandone il buon funzionamento.
Confrontando la sua matricola con la matr. N° 1166068 del Pontavi che si trova nella sezione Radiotecnica (scrivere “Pontavi” su Cerca) se ne evince che probabilmente risale dagli anni Cinquanta ai primi anni Sessanta del Novecento.
Per avvalorare questa ipotesi abbiamo riportato un disegno della Hartmann & Braun del 1961 che mostra un Pontavi identico nell`aspetto.
Esso era usato per determinare la resistenza sia dei conduttori solidi, sia degli elettroliti.
Nel caso dei conduttori liquidi, per evitare la loro polarizzazione bisogna ricorrere ad un alimentatore in alternata a frequenza audio a cicalino, che non fa parte degli accessori di questo esemplare (vedere la figura nella seconda parte scrivendo “Pontavi” su Cerca).
Nella figura e nella prima foto  si vedono in basso i due contatti corrispondenti alle boccole laterali dove si inseriva una spina sporgente dal cicalino.
In alto si vedono dal retro i tre contatti a lamine comandati dal tasto/commutatore (Taster) che ha due posizioni T e G, ed agisce sia
sull`alimentazione in C. C. sia sul galvanometro.
Esso ha due funzioni: in posizione T avvicina due contatti mettendoli in conduzione fissa; in posizione G, bisogna premere il tasto per far funzionare il galvanometro.
Quando si richiede l`uso del cicalino (Summer o buzzer) per la misura della resistenza degli elettroliti, che va inserito nelle boccole laterali di cui sopra, il tasto va posto in posizione T e la cuffia va inserita nelle due boccole T poste in alto che si vedono nelle foto della seconda parte; automaticamente viene disinserito il galvanometro.
Per l`alimentazione interna si usa una pila da 4,5 V.
Nelle istruzioni molto accurate si spiega pure come adattare e piegare le due linguette di ottone della pila piatta che si inserisce dal retro e il cui alloggiamento è visibile in basso nella prima foto qui sotto.

Il nome della ditta importatrice si legge nella seconda foto: “
fer MILANO, FABBRICHE ELETTROTECNICHE RIUNITE”.

L`ultima foto mostra in alto a sinistra e più ingranditi i tre contatti a lamina elastica comandati dal tasto; un targhetta reca la scritta:  “ACTHUNG! Keine Spannung anlegen” [Attenzione! Non applicare tensione].
Bibliografia:
Hartmann & Braun A-G Frankfurt/Main Pontavi-Wheatstone Kleine Schleifdrath-Meßbrücke B 18-4 Gebrauchsanweisung Kleine H&B – Schleifdrath-Meßbrücke “Pontavi” in Wheatstone – Schaltung (del 1949).
EB 18-7 Gebrauchsanweisung Pontavi-Wheatstone Schleifdrath-Meßbrücke für Widerstände von 0,05 bis 50.000 Ω. Hartmann & Braun AG Mess – Und Regeltechnik (del 1961) da cui è tratta la figura.
Il ponte descritto nel secondo libretto di istruzioni è leggermente diverso da questo esemplare, che corrisponde a quello descritto nel primo.
Per chi voglia vedere altri ponti a filo, per avere ulteriori informazioni sul loro funzionamento (come gli esemplari della Dall`Eco o delle Officine Galileo), basta scrivere:  “Ponte” o “filo” o “SAMAR” su Cerca.
Per consultare le altre due parti scrivere invece: “1-2991603” su Cerca.
Per chi desidera approfondire la descrizione, gli aspetti costruttivi e i procedimenti di misura di un ponte a filo del tipo Wheatstone si consiglia la lettura di:
L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, da pag. 462 a pag. 466.
Un sentito ringraziamento va al Sig. Guido Barbieri che, pur non essendo un ex allievo, ha voluto donare molti pregevoli strumenti al Montani.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.