Amperometri da quadro – B: Siemens & Halske; S.I.P.I.E.; S. Guggenheimer.


Sei amperometri da quadro: Siemens & Halske; S.I.P.I.E.; S. Guggenheimer.
 Non è stato possibile il loro rinvenimento negli inventari dell’epoca.
Nella prima foto si vedono a sinistra due amperometri della Siemens & Halske che differiscono solo per il numero di matricola.

Sul loro quadrante in alto si vedono: la solita stellina rossa tipica degli antichi strumenti e di cui si ignora il significato, ma che potrebbe riferirsi ad una determinata prova di isolamento; appena sotto, il simbolo antico di un avvolgimento intorno ad un cilindretto (il cui significato è che essi sono entrambi a ferro mobile e quindi adatti per misure sia in C.C. sia in C.A.); al centro  la scritta “A” e, sotto, il logo della ditta.
Il valore di fondo scala è di 25 A.

I numeri di matricola sono: 12405 per lo strumento in primo piano; 12655 per l’altro.
Tra gli strumenti di questa ditta che fanno parte della collezione del Montani questi per ora sono tra i più antichi e si possono far risalire ai primi anni del Novecento.
A destra in primo piano vi è un amperometro della S.I.P.I.E, marca che si deduce dal logo della ditta, il trifoglio. L’andamento della scala indicherebbe che esso è a ferro mobile, anche se non vi sono simboli sul quadrante; dunque in questo caso sarebbe idoneo per misure in C.C. e in C.A. .
La portata f.s. è di 30 A,  il numero di matricola è 211074 e si può pensare che lo strumento risalga ai primi anni Trenta del Novecento.
Sempre a destra in alto vi è un amperometro il cui logo suggerisce che è della ditta Dr. S. Guggenheimer, TSG, Nürnberg, fondata nel 1906 e chiusa nel 1933; dunque lo strumento si può far risalire al primo Novecento.
Sul quadrante in alto si vede la scala tipica degli strumenti a ferro mobile; la portata f.s. è di 100 A.
In basso a sinistra vi è il logo della ditta sormontato dal numero di matricola 250188 (il primo numero è di lettura incerta, ma il 2 è comune a tutti gli strumenti di questa marca della collezione del Montani) tale numero indicherebbe una datazione intorno agli anni Dieci – Venti del Novecento.
In basso a destra i simboli indicano: che lo strumento va posto col quadro verticale, che è a ferro mobile e che è idoneo alla misura in C.C. e C.A.; ignoriamo il significato della lettera G.
La quarta foto mostra gli stessi strumenti.Nella quinta foto ci interessiamo dei due amperometri in primo piano. Essi sono della ditta S.I.P.I.E. e differiscono solo per il numero di matricola: quello a sinistra è 225396; l’altro è 225398.
Hanno dunque la stessa età che dovrebbe risalire agli anni Trenta del Novecento. 
Per essi valgono le stesse considerazioni fatte per lo strumento della S.I.P.I.E citato sopra, tranne per la portata f.s. che in questo caso è di ben 100 A.Le ultime tre foto riguardano gli amperometri S.I.P.IE. N° 225396 e 225398, sempre con portata fondo scala di 100 A.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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Amperometri da quadro – A: Celsa, C.G.S., SAFET

   Sei amperometri da quadro: Celsa, C.G.S., SAFET.
 Non è stato possibile trovarli negli inventari dell’epoca.
Nella prima foto si vedono in primo piano da sinistra verso destra.
Due amperometri della SAFET che differiscono solo per il numero di matricola; sul loro quadrante si vedono: il logo SAFET; la scala tipica degli strumenti a ferro mobile ; la scritta “A”; il valore di fondo scala è di 40 A.
I simboli CEI dicono che: gli strumenti sono a ferro mobile pertanto sono idonei a misure in C.C. e in C.A.; sono stati sottoposti a prove di isolamento fino a 2 kV; si debbono usare col quadrante in posizione verticale. Si legge inoltre che sono del tipo I 13.
I numeri di matricola sono: 242819 per lo strumento a sinistra e 243817 per l’altro.
Sempre in primo piano a destra vi è un amperometro della C.G.S. ITALIA.
Sul quadrante si vede la scala del tipo a ferro mobile con portata f.s. di 30 A. Il modello è HC901; il numero di matricola è 1975552.
I simboli CEI dicono che: la sua classe è 2,5; è del tipo a ferro mobile; misura in C.A. con frequenze comprese tra 40 e 60 Hz; è stato sottoposto a prove di isolamento fino a 2 kV e va usato col quadrante in posizione verticale.
In alto da sinistra verso destra si vedono tre amperometri CELSA.
I primi due differiscono solo per il numero di matricola: quello a sinistra ha il N° 58046; l’altro il N° 58044.
Sul loro quadrante la scala presenta 25 A come valore di fondo scala. I simboli CEI dicono che: sono a ferro mobile; la classe è 2,5; sono stati sottoposti a prove di isolamento fino a 2 kV; si debbono usare col quadrante in posizione verticale. Il modello è EI 90.
L’amperometro CELSA a destra differisce solo per la portata f.s. di 50 A e ovviamente per il numero di matricola N° 58048.
La quinta foto mostra gli stessi sei amperometri di cui si è scritto qui, confrontati con i due della S.I.P.I.E in primo piano.
Questi ultimi sono descritti nella scheda “Amperometri da quadro – B: Siemens & Halske; S.I.P.I.E.; S. Guggenheimer” rinvenibile nell’elenco di Elettrotecnica.
Di seguito abbiamo messo altre foto degli strumenti.

Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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Frequenzimetro a indice S.I.P.I.E.


Frequenzimetro a indice S.I.P.I.E.
Lo strumento è privo di numero di matricola e non è stato finora rinvenuto negli inventari, ma un esemplare molto simile appare in una pubblicità risalente al 1939 che riportiamo qui sotto. Si distingue subito per la scritta “PERIODI” sul quadrante. L’acronimo S.I.P.I.E. significa: “Società Italiana Per Istrumenti Elettrici”, Pozzi & Trovero – Milano.

La S.I.P.I.E. fu fondata nel 1920 per produrre strumenti di misura e trasformatori amperometrici. Dagli anni ’90 si è specializzata nella produzione di una vasta gamma di trasformatori amperometrici toroidali.
Sul quadrante si vedono: il trifoglio, logo della ditta sotto la scritta “PERIODI”; la scala che va da 35 a 55 Hz; e in basso “VOLT 250”.
Nella pubblicità si legge in particolare:  “FREQUENZIOMETRO NAZIONALE AD INDICE (Sistema brevettato) per frequenze industriali ed acustiche da 15 periodi in sù. Precisione superiore del tipo a lamelle vibranti. PRATICITÀ DI LETTURA LO CARATTERIZZANO”.
Come si vede, la portata del frequenzimetro nella pubblicità è diversa da quella di questo esemplare; inoltre ha un numero di matricola del quale questo strumento invece è privo.
E la loro forma è diversa.
Ciò fa ritenere che il frequenzimetro qui presentato sia ancora più antico di quello nella pubblicità.
Non avendo smontato il frequenzimentro ignoriamo quale sistema brevettato avesse adottato la S.I.P.I.E.; però possiamo indicare in linea di massima una soluzione descritta minuziosamente nel testo: L. Olivieri e E. Ravelli , Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962 pp. 399-403, da cui è tratta la figura.

In esso si descrive un frequenzimetro a risonanza elettrica di tipo astatico, cioè senza molle antagoniste, nel quale l’equipaggio mobile si trova in equilibrio indifferente come ad esempio in certi fasometri, come il SIFAM di questa collezione.
E infatti un tale tipo di frequenzimetro può essere derivato da un fasometro monofase, inserito per la misura dell’angolo di sfasamento φ della corrente assorbita da una opportuna impedenza Z rispetto alla tensione, poiché tale angolo dipende dalla frequenza.
Il quadrante di questo strumento può dunque essere tarato in Hz.
L’impedenza Z deve essere scelta in base al campo di frequenze che si vuole misurare.
Non intendiamo qui dilungarci sulle implicazioni teoriche e sulle soluzioni pratiche, rimandando al testo e ci limitiamo solo a far osservare la figura.
Possiamo aggiungere infine che questi tipi di frequenzimetri permettono una maggiore precisione di quelli a lamelle vibranti.
Si consiglia di scrivere “SIFAM” su Cerca per consultare le schede sul frequenzimetro e sul cosfimetro.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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Amperometro da quadro Mod. G 3 N° 182382 delle Officine Galileo

Amperometro da quadro Mod. G 3 N° 182382 delle Officine Galileo.
Pare non sia rinvenibile negli inventari dell’epoca per la loro vaghezza descrittiva.
Si caratterizza per l’aspetto originale con la resistenza di shunt bene in vista sul retro.

L’equipaggio a bobina mobile è immerso nel campo di un magnete permanente, dunque è adatto per misure di correnti continue.
La portata fondo scala è di 100 A.
La vite per l’azzeramento dell’ago si vede bene nelle foto poiché si trova davanti all’equipaggio mobile.

Per ora non abbiamo nessun indizio utile per una corretta datazione; un esame limitato alle caratteristiche costruttive può farlo risalire agli anni Venti del Novecento; del resto non sappiamo neppure la data di acquisto del Mod. G. 1 matr. N° 139709 che presumiamo sia precedente a questo esemplare.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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Reostato da 26 Ω – 5 A

Reostato a cursore  da 26 Ω – 5 A.
Costruito molto probabilmente nel Regio Istituto Tecnico Industriale Nazionale forse negli anni Venti o Trenta del Novecento.
L’Istituto ebbe questa denominazione dal 1907 al 1935.
Almeno un centinaio di reostati fa parte della collezione del Montani.
Alcuni di questi sono tuttora usati nei vari laboratori; molti altri, perfettamente funzionanti, sono custoditi in molti luoghi o fanno bella mostra di sé nelle vetrine del Triennio.
Nel sito abbiamo riportato per ora solo quegli esemplari che hanno caratteristiche piuttosto particolari.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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