Ponte a filo S.A.M.A.R. Milano tipo PF/1 N. B99

Ponte a filo del tipo Wheatstone SAMAR Milano Italia, Tipo PF/1 N. B99.
SAMAR è l’acronimo di: Società Anonima Milanese Apparecchi Radioelettrici.

  La Ditta è stata cortesemente disponibile a fornire e permettere di pubblicare informazioni tratte da un catalogo e dalle caratteristiche del ponte a filo tipo PF/2 appena successivo a questo esemplare; ringraziamo sentitamente per il loro interessamento l’Ing. Guido de Salvo e il D.T. Emanuele Susani.
Dal numero riportato su un’etichetta si presume che questo ponte risalga intorno al 1970, pur non avendo potuto fare ricerche negli inventari più recenti.
 Esso permette una misura semplice e rapida di una resistenza incognita entro un campo di valori da 0,1 a 50 kΩ, con una precisione di ± 0,5 %. Riportiamo qui di seguito una parte del catalogo, risalente a questa data, che lo riguarda:
«SLIDE-WIRE BRIDGE PF/1 MODEL Used when higher resolution of the Wheatstone bridge is not required. Standard arm: five standard resistors of 0.1 – 1 – 10 – 100 – 1,000 Ω and selector switch. Ratio arms: adjustable slide-wire, calibrated 0.5 to 50 Ω. The bobbin resistors are of high-quality manganin wire, with temperature coefficient 10 × 10-60 (1/ °C)}, , [unità diversa dal testo N.d.R.] and are wound on indeformable supports, treated with fungicide paint and aged. Power rating: 0.5 W. The bridge contains a built-in pointer galvanometer, with marked 25 – 0 – 25 scale [{20 – 0 – 20 scale} N.d.R.], sensitivity approx. 1 µA/div; galvo and battery tapping keys; battery, located in a proper easily accessible housing; binding post for unknown. Resistance range: 0.1 Ω to 50,000 Ω. Accuracy: ± 0.5 %. Finish: all D.C. bridges are mounted on half-luster gray stove enamelled Aluminum top-plate and fitted into accurately polished hardwood case with hinged removable lid and carrying handle. Dimensions: 338 × 255 × 160 mm approx. Weight: 4.9 kg approx. ».

  Elenchiamo ciò che si osserva in successione da sinistra verso destra. Il galvanometro con la vite per l`azzeramento il cui quadrante mostra le divisioni da – 20 a + 20. In basso il tasto/commutatore a sinistra con la scritta B ( batteria) se premuto in posizione A inserisce momentaneamente la batteria, se ruotato verso C la inserisce in modo permanente; il tasto/commutatore con la scritta G agisce in modo analogo sul galvanometro. Entrambi servono per agevolare le procedure per ottenere l`equilibrio del ponte. La manopola al centro in basso permette di inserire resistenze fisse con i seguenti valori: 0,1; 1; 10; 100; 1000 Ω; con la manopola di destra si regola la posizione del cursore sulla resistenza a filo in modo grossolano. La manopola più piccola, posta sotto, permette la regolazione fine del cursore che scivola sulla resistenza a filo omogeneo e calibrato. La scala, corrispondente al rapporto l / (L – l) fra le due resistenze nelle quali la posizione del cursore divide il filo, non è lineare, infatti va restringendosi con l`aumento del valore e, in corrispondenza, diminuiscono le divisioni tra un numero e il successivo; i numeri che vi si leggono sono: 0,5; 1; 1,5; 2; 3; 4; 5; 6; 8; 10; 15; 20; 30; 40 e 50. Essa somiglia vagamente nell`aspetto ad una scala logaritmica.
 Da notare la semplice formula scritta: «il valore scelto con la manopola a scatti moltiplicato per il valore letto sul quadrante relativo alla posizione del cursore sulla resistenza a filo fornisce il valore della resistenza incognita» e infatti Rx = [ l / (L – l)] · R. Dove L – l ed l sono le due resistenze nelle quali il cursore divide il filo omogeneo e calibrato ed R è la resistenza fissa scelta tra i seguenti valori: 0,1; 1; 10; 100; 1000 Ω. Il filo è disposto circolarmente e non teso come nei ponti più ingombranti.
Il ponte dunque permette una misura semplice e rapida di una resistenza incognita entro un campo di valori da 0,1 a 50 kΩ, con una precisione di ± 0,5 %.
In questa procedura si distinguono due fasi: una fase di orientamento il cui risultato è la determinazione di un valore approssimato della resistenza da misurare, ed una fase di affinamento al termine della quale si è cercato di raggiungere il miglior risultato con la massima precisione possibile.
La descrizione che segue è tratta dalle Istruzioni che riguardano il Ponte a Filo Tipo PF/2, modello successivo del nostro esemplare, ma ugualmente valide per queste note.
Nel ponte a filo, che deriva dal ponte di Wheatstone, i due lati di proporzione sono rappresentati dai due tratti di un unico filo omogeneo e calibrato, sul quale scorre un contatto strisciante, collegato con il galvanometro. Il filo costituisce in questo modello un reostato circolare con comando a manopola e demoltiplicatore di velocità per rapporti da 0,5 a 50 con continuità. Il lato di paragone è a cinque valori fissi: 0,1 – 1 – 10 – 100 – 1000 Ω con comando a manopola; il valore di resistenza inserito si vede attraverso un piccolo oblò. Le due batterie di alimentazione, tipo IEC R 20 da 1,5 V sono alloggiate sul fondo e vi si accede facendo scorrere un coperchietto di legno. Il galvanometro ad ago ha una scala con 20 – 0 – 20 divisioni e una sensibilità di circa 1 µA/div. Lo schema delle connessioni interne è tratto dalle Istruzioni e si riferisce al Tipo PF/2, ma l’interno si può osservare nelle foto. Le resistenze fisse sono costituite da bobine di filo in manganina che ha un coefficiente resistivo di temperatura a 0 °C di 1 · 10(-5) 1/°C ed è quindi poco sensibile alle variazioni di temperatura dovute ad eventuale riscaldamento; per quanto la ditta costruttrice avverte che la dissipazione massima per bobina è di 0,5 W.
Controllare che i deviatori G del galvanometro e B della batteria siano aperti cioè in posizione A. Controllare lo zero del galvanometro ed eventualmente regolarlo agendo sull’apposita vite. Collegare la resistenza incognita ai morsetti Rx. Procedimento di misura. Chiudere l’interruttore B portandolo in posizione C. Ruotare la manopola del lato di rapporto (filo circolare col cursore) fino al valore 10 letto sulla scala. Impostare il valore 1000 Ω visibile sull’oblò con la manopola apposita (lato di paragone con resistenze campioni fatte di bobine in filo di manganina). Premere brevemente il deviatore/tasto G e osservare la rapidità e il verso del moto dell’ago del galvanometro. Impostare il valore 100 Ω, premere di nuovo brevemente il tasto/deviatore G e notare ancora il verso del moto dell’ago. Si possono avere tre casi: o l’indice del galvanometro va più rapidamente nello stesso verso e allora il valore 100 Ω non va bene, o più lentamente, o addirittura va in verso opposto. Nel secondo caso la resistenza di paragone R è giusta o va diminuita ancora. Il terzo caso è il più favorevole poiché indica che il valore di Rx è compreso tra 1000 e 100. Poi, in estrema sintesi, si agisce sul valore del lato di rapporto per tentativi successivi e, man mano che ci si avvicina allo zero del galvanometro, si può mettere il deviatore G in posizione fissa e manovrare con cura il demoltiplicatore per ottenere lo zero. A questo punto si calcola la Rx con la formula scritta sullo strumento: R × [(l/L-l)] = Rx, dove (l/L-l) è il rapporto tra i due tratti del filo, omogeneo e calibrato, l ed L-l divisi dal cursore. Nel caso visibile nelle foto la Rx sarebbe uguale circa a 1000 × 5,2 Ω. Avvertenza: a misure ultimate riportare i deviatori B e G nelle posizioni A nelle quali la conduzione avviene solo premendo i tasti. Nel caso di dimenticanza del deviatore B in posizione C le batterie possono scaricarsi; mentre dimenticare il deviatore G in posizione C può provocare accidentalmente un danno al galvanometro. In caso di perdita di sensibilità del ponte, o almeno una volta all’anno, le due batterie vanno sostituite.

Un ringraziamento va alla SAMAR e in particolare all’Ing. Guido de Salvo e al D.T. Emanuele Susani per la loro cortese disponibilità nel fornirci le Istruzioni di un ponte del tipo PF/2 di costruzione più recente (1988) di questo esemplare con campi di misura e particolarità costruttive leggermente diversi, ma ugualmente indicativi nella sostanza.
Bibliografia: Istruzioni della SAMAR.
  Per chi desidera approfondire la descrizione, gli aspetti costruttivi e i procedimenti di misura di un ponte a filo del tipo Wheatstone si consiglia la lettura di: L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, da pag. 462 a pag. 466.
  Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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Ponte di De Sauty-Wien Allocchio Bacchini 04514 (Museo MITI)


  Ponte di De Sauty – Wien Allocchio Bacchini. Nell`inventario generale n° 6 del 1925 – 1927 al n° 793/113 di pag. 26 si legge: «Allocchio Bacchini & C. Milano. Ponte di de Sauty ₤ 1386,20».
Nell`inventario D del 1937 al n° 108 si legge: «Ponte di De Sauty n° 04514; ₤ 1620».
Della ditta Allocchio Bacchini & C. – Milano.
Questo ponte serviva per la misura delle capacità.
Come si vede nello schema, due lati sono costituiti da due resistenze puramente ohmiche variabili e note con precisione R1 ed R2; un lato presenta una capacità campione Cc con in serie una resistenza variabile di piccolo valore Rc atta a compensare le perdite del condensatore Cx di cui si misurerà la capacità. Perdite rappresentate nello schema da una resistenza equivalente Rx.
Il ponte viene alimentato da un generatore in corrente alternata.
Un telefono T fa da rivelatore che indica l`equilibrio del ponte quando il suono si attenua fino ad un minimo di udibilità.
Le formule utili sono:
Cx = (R1/R2)·Cc ;
Rx = (R2/R1)·Rc.
Per l`esecuzione pratica della misura, inizialmente si attribuisce alla resistenza Rc un valore arbitrario, purché assai piccolo, quindi si regolano le due resistenze R1 ed R2 fino a ridurre il suono del telefono ad un minimo; infine si corregge il valore di Rc e si mutano eventualmente i valori di R1 ed R2 fino a raggiungere il perfetto equilibrio.
Bibilografia. L. Olivieri. E. Ravelli, Elettrotecnica -Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, da cui è tratto lo schema che si trova a pag. 505.
Il ponte è esposto al Museo MITI su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Ponte di Kohlrausch Tipo PK/1 N° 231298 SAMAR

 Ponte a filo di Kohlrausch Tipo PK/1 N° 231298 SAMAR Milano Italia. 
  SAMAR è l`acronimo di: Società Anonima Milanese Apparecchi Radioelettrici.
Le dimensioni dell`apparecchio sono: 50 × 32 × h 16,5.
La Ditta è stata cortesemente disponibile a fornire e permettere di pubblicare informazioni tratte dalle “Istruzioni d`Uso” del ponte Tipo PK/2, che è di poco posteriore a questo esemplare; ringraziamo sentitamente per la loro cortesia e per il loro interessamento l`Ing. Guido de Salvo e il D.T. Emanuele Susani.
Abbiamo riportato le pagine originali delle Istruzioni.
Il testo delle istruzioni, che segue, deve essere adattato all`architettura del sito.
«ISTRUZIONI D`USO.
Il ponte di Kohlrausch consente al misura della resistenza degli elettroliti a 1.000 Hz per evitare la polarizzazione della soluzione.
Il ponte tipo PK/2 comprende:
a) Lato di paragone, a 5 valori fissi: 0,1 – 1 – 10 – 100 – 1000 ohm, con comando a manopola.
b) Lati di rapporto, a reostato circolare con comando a manopola e demoltiplicatore di velocità, per rapporti da 0,05 a 40 con continuità.
[ l/(L-l): 0,03 – 0,05 – 0,1 – 0,2 – 0,3 – 0,4 – 0,5 – 0,6 – 0,7 – 0,8 – 0,9 – 1 poi la scala si espande di nuovo: 1 – 1,5 – 2 – 3 – 4 – 5- la scala si espande ancora: 10 – 20 – 30 – 40 gli intervalli da 20 a 30 e da 30 a 40 sono privi di divisioni interne. N. d. R.].
Lo schema delle connessioni interne è dato nel disegno St. 515.000.
Dissipazione massima per bobina: 0,5 W. Campo di misura: da 0,005 a 40.000 ohm. Precisione: ± 0,5 a 1.000 Hz.


OPERAZIONI PRELIMINARI.
Tenendo presente lo schema d`inserzione dato nel disegno n. St. 515.005, si predispone il ponte collegando: a) ai morsetti contrassegnati “GEN” (1) una sorgente alternata a 1.000 Hz con forma d`onda sinusoidale, per es. il generatore per ponti tipo GP- E/2. con tensione regolabile da 0 a 8 V circa. b) ai morsetti contrassegnati “RIV” (9) il rivelatore di zero a indice normalmente abbinato al generatore Tipo GP-E/2. c) Controllare che il deviatore del rilevatore (7) sia nella posizione off.
[Nel Tipo PK/1 il deviatore (7) non esiste N.d.R.].
Nota Bene: le connessioni vanno eseguite mediante cavetti schermati il cui schermo, collegato ai morsetti contrassegnati col simbolo di terra (2) deve essere messo a terra.
MISURA.
Collegare:
a) ai morsetti contrassegnati “R” (3) la resistenza incognita, costituita normalmente dall’elettrolita in esame.
b) eventualmente ai morsetti contrassegnati “C” (8) un condensatore variabile di valore appropriato a compensare la capacità della soluzione.
Nella prima fase di misura è conveniente tenere sia il segnale di ingresso che la sensibilità del rivelatore a valori ridotti. Ruotare la manopola (5) sino ad impostare il valore  ‘2’ sulla scala circolare. Impostare il valore 1000 con la manopola (6). Ponendo inizialmente il deviatore (7) nella posizione “mom” notare la deviazione dell’indice del rivelatore. Ripetere la stessa operazione per i valori 100, 10, 1, e 0,1 della manopola (6) e scegliere il valore che ha fornito la minima deviazione dallo zero o il minimo suono. Tenendo il deviatore (7) nella posizione “on”  e aumentando il segnale e la sensibilità del rivelatore si affina la misura operando con la manopola (5) e con la demoltiplica (4) per piccoli spostamenti della stessa.
 Nel caso che sia inserito anche il condensatore di compensazione, si procede a migliorare le condizioni di equilibrio variando opportunamente il valore della capacità. Il valore finale della resistenza incognita si ottiene quando sia manovrando la manopola (5) che variando il valore del condensatore la condizione di equilibrio raggiunta non varia. Il valore della resistenza incognita viene quindi ottenuto in ohm facendo il prodotto tra il valore del moltiplicatore (6) e la lettura del quadrante circolare. A misure ultimate riportare il deviatore (7)  nella posizione “off”.
ESEMPIO.
Soluzione elettrolitica di NaCl, in una cella con costante K = 1  (1/cm). La condizione di equilibrio del ponte si è ottenuta con R
x  =  100 × 4,56  = 456 ohm  e quindi la conduttività dell’elettrolita sarà  = K / Rx  = 1 / 456 = 0,0022  1/(ohm × cm).
Nota Bene: si definisce costante della cella K il rapporto tra la distanza L  fra gli elettrodi e la superficie S degli stessi: K = L / S. Se la costante K non è nota, questa la si può determinare sperimentalmente misurando la resistenza Ro di una soluzione di resistività ρ
0 nota. Essendo infatti R0 = ρ0 × (L / S) = ρ0 × K; risulta K = R0 / ρ0 .
[ Dove l’autore delle istruzioni dovrebbe intendere la resistenza e la resistività dell’elettrolita a 0 °C . N.d.R.]. »

 Per avere ulteriori informazioni su un altro ponte di Kohlrausch, attualmente esposto al Museo MITI, si consiglia di scrivere: “Kohlrausch” su Cerca.
Una curiosità: il cognome dell`inventore riportato sullo strumento è, per una svista,  “KOHLRAUSH”.

   Bibliografia: Istruzioni d`uso, PONTE DI KOHLRAUSCH Tipo PK/2, SAMAR Italy, 02 – 06 – 1983.
  Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e adattamento del testo di Fabio Panfili.
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Wattmetro S.I.P.I.E. Mod. 781 S matr. N° 693369 1ª parte

Wattmetro S.I.P.I.E. Mod. 781 S, matr. N° 693369. Prima parte.
Per ora non è rintracciabile negli inventari.
Però un Voltamperometro S.I.P.I.E. con numero di matricola 696299, quindi di fabbricazione posteriore, è stato acquistato nel 1949.
Una pubblicità del 1934 mostra il trifoglio come logo della S.I.P.I.E. : “Società Italiana Per Istrumenti Elettrici Pozzi & Trovero … Milano Via S. Rocco, 5 Telef. 52-217 … La sola marca TRIFOGLIO è una garanzia”.
Sul quadrante si leggono: a sinistra “Mod. 781 S 693369”; al centro: “WATTMETRO VOLT 10 – 20 AMP. 5 – 10” e il logo; a destra i simboli C.E.I. dicono che lo strumento è del tipo elettrodinamico, funziona in corrente alternata con frequenze da 40 a 60 Hz, la sua classe è 0,5 , deve essere in posizione orizzontale ed è stato sottoposto ad una tensione di prova di 2 kV.
Lo strumento, come si vede nelle foto riportate nelle due schede, ha superiormente tre morsetti con scritto: “ + ; 10 ; 20” che servono per l`inserzione della bobina mobile voltmetrica; mentre da un lato ha un morsetto con scritto + e dall`altro due morsetti con scritto 5 (quello in basso) e 10 (quello in alto) che servono per l`inserzione della bobina amperometrica fissa.
Gli schemi di inserzione con le relative portate sono disegnati su una targhetta posta all`interno del coperchio come d`uso.
Nella seconda parte riportiamo uno schema esplicativo e, per avere informazioni più dettagliate, si prega di  scrivere:
“e/02” su Cerca. Per consultare la seconda parte  e scrivere: “693369” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Rocchetti di Ruhmkorff


Due grandi rocchetti di Ruhmkorff.
Nell`inventario del 1906 a pag. 158 col n° 594 si cita un rocchetto grande in mediocre stato di conservazione.
Questi due esemplari risalgono forse a fine Ottocento.
Molti sono i rocchetti inventariati dal 1906 in poi, ma di nessuno antecedente al 1950 si hanno indicazioni sufficienti per l`identificazione. Ci si basa dunque sulle caratteristiche costruttive e sull`esame dei materiali per darne una presumibile età.
Il rocchetto di E. D. Ruhmkorff (1803-1877) ha avuto un diffusissimo impiego dall`anno della su
a invenzione (1851) come alimentatore ad alta tensione.
Era infatti usato per alimentare: i tubi per la produzione dei raggi X in campo medico, i tubi a scarica o a vuoto nelle ricerche scientifiche, l`oscillatore di Hertz, le bottiglie sintoniche di Lodge, ecc..
Era inoltre l`alimentatore dell`oscillatore di Righi nel primo trasmettitore radio di Marconi.
Secondo F. Cajori esso fu inventato da C. G. Page (1812-1868) nel 1838 negli Stati Uniti. Ma evidentemente l`invenzione nel 1851 non era nota in Europa.
L`esemplare attualmente più efficiente tra quelli esistenti al Montani (di color marrone nella foto), risalente presumibilmente a fine `800, nel suo impiego più banale produce allo spinterometro delle scariche elettriche (fulmini in miniatura) che possono raggiungere una lunghezza di 15 cm in aria secca. Si può stimare una differenza di potenziale massima prodotta di circa 150 kV.
Il rocchetto più potente del Montani (di color nero nella foto), sempre di f
ine `800, produsse scariche di circa 20 cm, dopo aver alimentato un trasmettitore di tipo marconiano, in una dimostrazione sperimentale fatta durante un convegno su Temistocle Calzecchi Onesti svoltosi a Fermo nel 1985. Ma ora è mal funzionante.
Esso ha il secondario diviso in due bobine poste in serie, ciascuna vicina al rispettivo elettrodo, allo scopo di ottenere un isolamento più efficace.
Secondo F. Cajori (Storia della fisica elementare, 1908) un tale miglioramento si deve attribuire a E. S. Ritchie (1814-1895) un fabbricante americano di apparecchi di fisica.
Il rocchetto di Ruhmkorff è essenzialmente un trasformatore, con un primario costituito da un numero esiguo di spire avvolte su un nucleo ferromagnetico (spesso costituito da fili di ferro) e da un secondario (generalmente diviso in due avvolgimenti separati, costituiti da numerosissime spire e collegati in serie) avvolto sul primario.
Ma mentre un normale trasformatore viene alimentato in corrente alternata, il rocchetto è alimentato da una batteria di pile o di accumulatori, oppure da un potente alimentatore in C.C., la cui corrente continua viene interrotta bruscamente e periodicamente.

Il più comune dispositivo usato è l`interruttore elettromagnetico a martelletto di Neef, dello stesso tipo degli antichi campanelli elettrici.

Non appena circola corrente nel primario, il martelletto viene attratto cosicché apre il circuito; la corrente cessa e il martelletto viene richiamato nella sua posizione di riposo dall`asticina elastica di cui è fatto, chiudendo di nuovo il circuito e facendo circolare la corrente.
Questo processo avviene più volte al secondo, ma il funzionamento è capriccioso e richiede una paziente messa a punto.
Per evitare la scarica di apertura dell`interruttore vi è un condensatore in parallelo ai contatti.
Per sommi capi, una rapida variazione della corrente al primario genera un flusso di campo magnetico rapidamente variabile, che si concatena al secondario, generando in questo una forza elettromotrice indotta di notevole intensità.
La tensione all`uscita del rocchetto presenta una semionda a bassa tensione, corrispondente all’avvio della corrente nel primario, e una semionda con un picco di tensione stretto e molto elevato, corrispondente all’interruzione della corrente nel primario, che ne fa la caratteristica principale per i suoi impieghi.

Le figure 1 e 41 mostrano le forme d`onda della corrente nel circuito primario (in alto) e della f.e.m. al secondario (in basso) in funzione del tempo.
Le tre figure precedenti sono a pag. 228 del Catalogue of Physical Apparatus E. Leybold’s Nachfolger Cologne
[1910?] , rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52546/ .
Bibliografia:
F. Cajori, Storia della fisica elementare, Zanichelli, Bologna 1908.
G. Bruhat, Cours d`électricité, Masson & C., Paris 1924, da cui è tratta la figura 1.
L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica, Vol. I, CEDAM, Padova 1959.
L. Bonacossa, Il rocchetto di ruhmkorff, G. Lavagnolo, Torino 1943; rinvenibile all’indirizzo:
http://www.zeropointenergy.it/framework/server/Il%20Rochetto%20di%20Ruhmkorff.pdf
da cui è tratta la figura 41 di pag. 97.
Foto di Daniele Maiani, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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