Sezionatore a coltello per 50 A


Antico sezionatore a lama per 50 A.
È molto difficile datare l`esemplare poiché fin dai più antichi inventari di cui disponiamo vi sono descritti sommariamente numerosi quadri elettrici muniti di varie fogge di sezionatori.
Dalle sommarie indagini svolte, ci risulta che nei vari laboratori del Montani non si superavano i 400 volt, e che i generatori non davano correnti particolarmente elevate se non a tensioni relativamente contenute.
Precisiamo comunque che l`interruttore o sezionatore, che apre un circuito sottoposto ad una tensione nel nostro caso di diverse centinaia di volt e percorso da correnti di decine di ampere, deve dare le stesse garanzie di un comune interruttore di un circuito domestico.
Dunque la sua progettazione richiede caratteristiche molto diverse poiché quando è chiuso deve condurre normalmente e quando è aperto deve assicurare un ottimo isolamento, nonostante le eventuali tensioni elevate ai suoi capi.
Il più semplice e antico interruttore è a coltello, il quale può presentare all`apertura un arco elettrico (anche di notevoli dimensioni), arco che può ustionare la mano dell`operatore e, se l`allontanamento fra i contatti non è rapido o è incompleto, può fondere i contatti stessi.
Per questi motivi, il manico in alcuni esemplari è collegato alla lama tramite una molla che apre il circuito più rapidamente.
Nel sezionatore semplice, la lama va ad incastrarsi nel contatto fisso di foggia tale che si comporta come una molla che stringe la lama, ma, col tempo, il calore sviluppato dagli archi elettrici, ne diminuisce l`elasticità.
Negli interruttori più sofisticati, i contatti che stringono la lama vengono premuti l`uno contro l`altro da molle esterne, meno soggette alle alte temperature sviluppate.
Da quanto detto sopra sembrerebbe dunque che la formazione dell`arco sia solo dannosa, invece contribuisce al buon funzionamento dell`intero circuito poiché evita le sovratensioni che si genererebbero per una interruzione troppo rapida della corrente. Sovratensioni, dovute alla normale presenza di forti induttanze, che danneggerebbero sicuramente parti importanti del circuito.
L`arco infatti è costituito da plasma conduttore che permette per breve tempo il passaggio di corrente evitando la variazione troppo rapida del campo magnetico che induce le sovratensioni.
La produzione dell`arco è fenomeno assai complesso. In estrema sintesi, quando i contatti iniziano a separarsi la superficie di contatto diventa sempre più piccola, di conseguenza la resistenza al fluire della corrente aumenta e aumenta la temperatura.
Il sottile strato finale di metallo allora fonde ed evapora ionizzando le molecole d`aria circostanti. L`aria normalmente è un ottimo isolante (occorrono 32 kV/cm per renderla conduttrice in condizioni standard di umidità , pressione e temperatura), ma a 5000 K la sua conducibilità aumenta di un fattore di 1013, mantenendo la corrente durante l`apertura.
Questo avviene anche se la corrente è alternata poiché il calore all`interno dell`arco ha una sua inerzia e al riaumentare della corrente l`arco si può riaccendere. L`interruzione di correnti continue è molto più problematica che quella di correnti alternate.
Per tensioni dell`ordine di 200 – 250 V la deionizzazione della zona d`arco avviene spontaneamente con conseguente estinzione.
Il filo tirato tra due morsetti, posto in serie al sezionatore, è un rudimentale fusibile che all`epoca era normalmente di piombo o di una lega piombo-stagno; molto di rado si usava argento e solo in casi particolari si usava il rame.
La fusione avviene per riscaldamento (effetto Joule) quando la corrente raggiunge un valore compreso tra 1,5 e 2 volte la corrente nominale di esercizio.
La corrente di fusione dipende però da vari fattori: dalla lunghezza (più lungo è il filo e più diminuisce la corrente che provoca la fusione); dalla dissipazione dei morsetti; dalla temperatura ambiente, e dalla durata della sovraccorrente.
A volte fili dello stesso materiale e della stessa sezione si comportano in modi diversi.
Un criterio empirico di massima è che la sezione del fusibile sia uguale a quella del filo di rame da proteggere. Sulla lama di questo esemplare si trova inciso 50 A, che probabilmente era la massima corrente ammessa. Bibliografia.
W. Rieder, Gli interruttori, rivista Le Scienze N° 32, aprile 1971.
P. Andrenelli, Costruzioni elettromeccaniche, Vol. II, Del Bianco Editore, 1968.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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Resistenza campione Otto Wolff Berlin N 100 – 2 a 8, N° 15950/62

  Resistenza campione Otto Wolff  Berlin N 100 – 2 a 8, matr. N° 15950/62.
Sul coperchio si legge: “Otto Wolff  Berlin N 100 . 2 a 8 15950/62 Strommeßwiderstand für Gleichstrom 0.01 abs. Ohm ± 0.03% 0 … 30 A in ruhender Luft von 20 °C Manganin”.
Tra i due morsetti in alto è ben visibile il logo della casa costruttrice. Non rinvenibile negli inventari consultati, le ricerche effettuate indicherebbero che le ultime due cifre del numero di matricola si riferiscono all`anno di costruzione: 1961.
La sua somiglianza con le resistenze di fine Ottocento è notevole tranne che per il largo foro nel coperchio; negli esemplari più moderni e più antichi di questo vi è un foro più piccolo per mettervi un termometro, dopo aver tolto un tappo, e a volte vi è un contenitore per l`immersione della resistenza in un bagno d`olio.
La custodia è in metallo perforato per agevolare il raffreddamento della resistenza.
Delle proprietà della manganina si è detto diffusamente in molte altre schede; per consultarle si prega scrivere “Resistenza campione” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Resistenza campione Otto Wolff Berlin N 100 – 2 a 6, N° 16262/62

Resistenza campione Otto Wolff Berlin N 100 – 2 a 6, matr. N° 16262/62.
  Sul coperchio si legge: “Otto Wolff Berlin N 100 . 2 a 6 16262/62 Strommeßwiderstand für Gleichstrom 1 abs. Ohm ± 0.03% 0 … 3,3 A in ruhender Luft von 20 °C Manganin”.
Tra i due morsetti in alto è ben visibile il logo della casa costruttrice.
Non rinvenibile negli inventari consultati, le ricerche effettuate indicherebbero che le ultime due cifre del numero di matricola si riferiscono all`anno di costruzione: 1961.
La sua somiglianza con le resistenze di fine Ottocento è notevole tranne che per il largo foro nel coperchio; negli esemplari più moderni e più antichi di questo, vi è un foro più piccolo per mettervi un termometro, dopo aver tolto un tappo, e a volte vi è un contenitore per l`immersione della resistenza in un bagno d`olio.
La custodia è in metallo perforato per agevolare il raffreddamento della resistenza.
Delle proprietà della manganina si è detto diffusamente in molte altre schede; per consultarle scrivere “Resistenza campione” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Strumento registratore C.G.S., N° 2615555 e N° 2615556 wattmetro e varmetro. Modello S2K19QT 2ª parte





Strumento registratore C.G.S., matr. N° 2615555 e N° 2615556 wattmetro e varmetro. Modello S2K19QT. Seconda parte.
Riportiamo qui il contenuto dei due libretti di istruzioni.
Se si vuole consultare la prima parte scrivere: “registratore C.G.S.” su Cerca.
Bibliografia:
Istruzioni per l’impianto ed il funzionamento degli istrumenti di misura registratori a scrittura diretta (Serie S …19 Q).
Istrumenti di Misura C. G. S. s.p.a. Monza, …., Mod.183, 1963.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni e testo di Fabio Panfili.
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Shunt Siemens & Halske N° 15236


Shunt Siemens & Halske, matr. N° 15236.
Non rinvenibile negli inventari dell’epoca; il suo numero di matricola è di molto inferiore al N° 73976 di matricola del wattmetro elettrodinamico della stessa ditta di fine Ottocento, citato nell’inventario del 1906 come già esistente.
Pertanto, ammesso che la numerazione sia progressiva, questo resistore sarebbe ancor più antico; anche le caratteristiche costruttive ed i materiali indicano un tale assunto.
Le sue dimensioni sono grandi rispetto ai soliti shunt.
Nella parte anteriore del coperchio vi sono due morsetti con i cavetti (che riteniamo originali) che vanno collegati all’amperometro; sotto di questi, sul lato frontale, una targhetta reca la scritta: “SIEMENS & HALSKE 1/999 int. Ohm 150 Amp.”.
Sul retro vi sono i due morsetti di grandi dimensioni che vanno collegati in serie al circuito del quale si vuole misurare una corrente inferiore a 150 A.
Sopra i morsetti, sul coperchio, si legge il numero di matricola.
Sui lati anteriore e posteriore si notano le curiose aperture per il raffreddamento.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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