Doppio ponte di Thomson della Siemens & Halske N° 2052125 (Museo MITI)

   Doppio ponte di Thomson della ditta Siemens & Halske,  matricola N° 2052125.
Nell`inventario per categoria n° 7/8 del 1925, a pag. 143 n° 183, si legge: “Siemens. Ponte doppio di Thomson montato su cassetta con braccio d`unione p. usarlo come ponte di Wheatstone. ₤ 2765,50. Destinato alla Sala Misure Elettriche”.
Nei due numeri successivi dell’inventario segue un breve elenco di accessori che non sono stati rinvenuti, tranne l`accessorio visibile nella scheda “Accessorio del doppio ponte di Thomson della Siemens & Halske N° 2052125”, che si trova nella stessa voce Elettrotecnica.
Per conferma, nell`inventario generale n° 6 a pag. 26 n° 821/141 si leggono le stesse informazioni.
Noi pensiamo che sia più antico per due ragioni:
1ª) un suo disegno (Fig.8) qui riportato compare nel Catalogo “German Educational Exhibition World`s Fair St. Louis 1904 Scientific Instruments Berlin 1904 printed by W. Büxenstein”, rinvenibile all’indirizzo: https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52495/imagepages/image173.htm
e lo stesso si trova anche nel: “The Scientific Shop Albert B. Porter Scientific Instruments 324 Dearborn St. Chicago Circular 332 January 1907 (con la scritta: “Resistance bridge whith double switches”), rinvenibile all’indirizzo:
https://www.sil.si.edu/DigitalCollections/trade-literature/scientific-instruments/files/52566/imagepages/image2.htm ;
2ª) i particolari costruttivi lo fanno risalire ai primi anni del Novecento.

L`apparecchio viene impiegato per il metodo classico delle misure di resistenze elettriche di valore inferiore all`ohm (0,000001 ohm, dicono le istruzioni). Esso permette di eseguire il confronto diretto fra le due cadute di tensione provocate rispettivamente dalla resistenza incognita e da una resistenza campione, mediante il rapporto tra due coppie uguali di resistenze note e variabili R1 ed R2, regolate in modo da ridurre allo zero la deviazione di un galvanometro.
L`esemplare mostra due resistenze R1 a quattro decadi con i contatti a semicerchio e cursori accoppiati, rispettivamente per le centinaia, decine, unità e decimi di ohm; mentre le altre due R2 sono invece del tipo a spine e possono assumere solo i tre valori 10, 50, 10
0 ohm.
Il circuito amperometrico veniva 
realizzato a parte, come del resto erano posti all`esterno il galvanometro, la pila, la resistenza campione , la resistenza incognita, il tasto e gli altri accessori.

Una targhetta, posta di fronte reca le seguenti scritte: “Präzisionswiderstand Manganin. Bifilare Wicklung Belastung: 2 Watt. Temp. Steig. n. 30 Min. ca. 15 °C. Spannung nicht mehr als 100 Volt} für jede Abt.”.
La resistenza di precisione è di manganina.
L`avvolgimento è bifilare per una potenza di 2 W. Con un aumento di temperatura di 15 °C in 30 minuti. La tensione non deve essere superiore a 100 V. Per ogni settore.
Riportiamo qui le istruzioni di pag. 145 del Catalogo citato: «Measuring Apparatus for the Determination of Resistances. For the measurement of small resistances are used: 9. Double Sliding Contact Bridge (Fig. 8), for resistance measurements by the Thomson method, from 1 – 0.000001 ohm with the help of standard resistances, especially those with binding post connections. The bridge has two sets of contacts each of 9 × 0.1 , 9 × 1 , 9 × 10 , 9 × 100 , and two sets of comparison resistances, each of 10, 50, and 100 ohms. By means of the connection piece, represented beside the bridge, which carries bindings posts and keys for the battery and galvanometer, the bridge can be used for measuring resistance from 0.1 to 10 000 ohms, according to the Wheatstone method».
Per comprendere meglio quanto scritto si veda la scheda dedicata all`accessorio, ben visibile nella figura 8 davanti al ponte.
L`accessorio permette di usare il doppio ponte come un normale ponte di Wheatstone per misure di resistenze da 0,1 fino a 10.000 ohm.
L’accessorio è stato ritrovato da Fabio Panfili nel 2014, dopo l’inaugurazione del Museo MITI.
Le resistenze campione venivano scelte di valori leggermente inferiori a quelle delle resistenze da misurare. Durante la misura bisognava stare attenti a non far riscaldare le resistenze per evitare errori.
Osservando la foto che mostra il ponte visto dall’alto, al centro del ponte si legge: “ohm 20 °C”; ciò
significa che i valori delle resistenze sono riferiti a questa temperatura ambiente.
In alto sui leveraggi da sinistra verso destra si leggono: “ 1000 × ; 10 × ; 1 × ; 0,1 ×”.
I contatti in alto sono tutti numerati da 0 fino a 9; quelli in basso non sono numerati, poiché inserendo quelli superiori si inseriscono i corrispondenti in basso. Queste sono le due resistenze R1 nello schema. Nel primo morsetto in basso
si legge a sinistra “G” poi vicino agli spinotti si leggono “10 ; 50; 100” che corrispondono alla prima
resistenza R”; andando verso destra vi sono due morsetti con la scritta “W1”.
Proseguendo sempre verso destra in corrispondenza degli spinotti si leggono di nuovo “10 ; 50 ; 100”, che corrispondono alla resistenza R2, e subito dopo vi è il morsetto “G”. Tra gli ultimi due morsetti a destra si legge “W2”.
W sta per Widerstände e G per Galvanometer.

La spiegazione del suo funzionamento, che si basa
sull’analisi dello schema in figura 3-131, non è complessa ma richiede un certo spazio; all’equilibrio del ponte,
nel caso usuale in cui la resistenza campione Rc sia di valore leggermente inferiore ad Rx, si trova che la
Rx = (R1/R2) · Rc; altrimenti bisogna scambiare di posto Rc con Rx e vale Rx = (R2/R1) · Rc.
Per una illustrazione esauriente e completa nel merito, si consiglia il testo da cui sono state  tratta le figure 3-131 e 3-132:  L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962.

Diamo qui un breve cenno al procedimento di misura. Dopo aver realizzato il circuito amperometrico esterno composto da una batteria, un amperometro A, un interruttore Tp, un reostato R e dalle Rx ed Rc, si scelgono due valori uguali delle due resistenze R2 inserendo gli spinotti. Poi si agisce sulle doppie resistenze a decadi R1, che sono
meccanicamente collegate, premendo brevemente il tasto Tg e osservando il comportamento del galvanometro. Si
procede con cautela in questo modo e, quando si è prossimi all’azzeramento si mantiene il tasto Tg premuto fino a raggiungere l’azzeramento. Infine si rilascia il tasto Tg e si apre l’interruttore Tp per evitare il riscaldamento dei componenti del circuito amperometrico e si procede alla lettura dei valori di R1 per poi applicare la formula scritta sopra. Nel caso in cui non ci si avvicina allo zero, si prova a cambiare le R2, scegliendo sempre due valori uguali.
Nel catalogo: “The Scientific Shop. Albert B. Porter Scientific Instruments 324 Deaborn St. Chicago.
Circular 332 January 1907. Siemens & Halske A. G.s Potentiometer Standard Resistances”, a pag. 4, si
leggono le caratteristiche dello stesso ponte. Le riportiamo per scrupolo filologico: «Double – Switch Resistance Bridge 15527, for resistance measurements of 1 – 0.000001 Ohms by means of normal boxes by the Thomson method, for resistance measurements of 0,1 – 10 000 Ohms by the Wheatstone method; with 2 sections of 9 × 0,1, 9 × 10, 9 × 100 Ohms each, with connecting hoop, keys and terminal for galvanometer and battery. Net Weight Kilos 14. Price $ 206.00. Packing $ 1.60».

Bibliografia: L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, da pag. 466 a pag. 470, da cui da cui sono tratti sia lo schema
elettrico Fig. 3-131 sia lo schema di montaggio Fig. 3-132 della casa Siemens & Halske.
Il ponte, con l’accessorio, è esposto al Museo MITI su proposta di Fabio Panfili.
La quarta foto è di Daniele Maiani.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Dispositivo per lettura oggettiva a proiezione (Museo MITI)


  Dispositivo per lettura oggettiva a proiezione.
Il portalampada è delle Officine Galileo di Firenze, reca la matricola N° 1757 e risale ai primi del Novecento.
Il portascala, risalente allo stesso periodo, reca sia la scala semitrasparente di celluloide (suggerita da J. Carpentier nel 1884), su cui fare la misura, sia lo specchio orientabile, usato per inviare il fascetto di luce sullo specchietto del galvanometro.
La lampada posta sul suo supporto illumina lo specchietto orientabile del porta scala.
Questo, opportunamente orientato, invia la luce nella fessura sotto la scala al cui centro c’è un filo verticale che getta sullo specchietto del galvanometro un’ombra netta, circondata da una macchia luminosa.
A sua volta la luce, riflessa dallo specchietto del galvanometro si dirige sulla scala semitrasparente di celluloide e funge in tal modo da lungo ago indicatore.
Il pennello luminoso diventa in questo modo un lungo indice privo di massa che aumenta la sensibilità del galvanometro.
Poggendorf fu l’ideatore del metodo soggettivo nel 1826, poi realizzato e modificato da Gauss, Weber ed altri.
Mentre questo dispositivo segue il metodo oggettivo, dovuto a W. Thomson (Lord Kelvin).

In una foto si vedono altri strumenti parte dei quali si ritrova nella figura tratta dal catalogo di Carpentier, citato in bibliografia. Sempre a proposito della foto si consiglia di vedere la scheda relativa al “Galvanometro corazzato a specchio di Deprez-d’Arsonval”.

La lettura va fatta in ambiente opportunamente oscurato. Oltre a particolari accorgimenti, va tenuto presente che ad un angolo δ di rotazione subita dallo specchietto, la leva ottica fornisce un angolo doppio, 2δ. Vedi figura 1-431.

Bibliografia.
L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, da cui è tratta la figura 1-431: metodo di lettura oggettivo per proiezione.
G. Veroi, Elementi di Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. II UTET, Torino, 1909 da cui è tratta la figura senza numero.
A. Wilke e S. Pagliani, L’elettricità, Vol. II, UTE, Torino 1897, che riporta la stessa figura.
Figura che appare, come molte altre che si trovano in molti testi del primo Novecento, nei cataloghi di Carpentier. Ad esempio la figura per la misura delle resistenze si trova sia in un testo del Veroi, sia nel catalogo Ateliers Ruhmkorff, J. Carpentier, Ingènieur Constructeur, PARIS, 1907, sia nel catalogo del Carpentier del 1904. Rinvenibili rispettivamente agli indirizzi:
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M9854.pdf ;
http://cnum.cnam.fr/PDF/cnum_M2081.pdf .
 Gli oggetti sono esposti al Museo MITI su proposta di Fabio Panfili.
  Foto di Federico Balilli e Daniele Maiani, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Frequenzimetro a lamelle vibranti Allocchio Bacchini & C. N° 22254 ( G. Barbieri)

Il frequenzimetro a lamelle vibranti è stato donato nel gennaio del 2016 dal P.I. Sig. Guido Barbieri di Modena e va ad arricchire la collezione del Montani.
Della ditta Allocchio Bacchini & C. reca la matricola N° 22254 da cui si deduce una probabile data di fabbricazione intorno al 1934/1935.
Nella collezione del Montani vi sono altri frequenzimetri a lamelle ma della C.G.S. .Sul quadrante in alto si legge: “FREQUENZIOMETRO 240 VOLT  R = 22750 Ω ”.
Al centro vi sono due scale: quella in alto misura da 47 a 53 Hz; quella in basso da 39 a 46 Hz , anche se i campi di lettura vanno rispettivamente da 46,25 a 53,75 e da 38,5 a 46 Hz.
Tra le due scale si legge: “PERIODI”.
In basso al centro vi sono le scritte: “ALLOCCHIO BACCHINI & C. MILANO N. 22254”.
I frequenzimetri a lamelle si basano sulla risonanza meccanica indotta da un elettromagnete alimentato da una tensione alla frequenza da misurare.
Per avere una idea della risonanza meccanica basta ricordare come si deve sollecitare una altalena: non occorre una grossa spinta iniziale, quanto piuttosto è meglio dare piccole spinte che rispettino il suo periodo naturale di oscillazione.
Dunque ogni lamella è stata realizzata in modo che risuoni ad una certa frequenza. Essa viene fissata ad una estremità, mentre l`altra è libera di vibrare.
Tutte sono sollecitate magneticamente e periodicamente, ma solo quelle che risuonano si mettono in vibrazione.
Più la frequenza si avvicina a quella propria della lamella, più la vibrazione diventa ampia.
Per vedere le figure esplicative di quanto descritto,  scrivere: “2160318”
su Cerca.
Bibliografia: L. Olivieri e E. Ravelli , Elettrotecnica – Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962.
Un sentito ringraziamento al Sig. Guido Barbieri che, pur non essendo un ex allievo, ha voluto donare molti pregevoli strumenti al Montani, tramite Fabio Panfili e Stefano Luzi.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Frequenzimetro a indice SIFAM N° 378 (Museo MITI)

   Frequenzimetro ad indice SIFAM matr. N° 378. Nell’inventario D del 1933/1937, al n° 154 si legge: “Frequenziomentro da laboratorio e.d. f. – 36 – 52 ~ – 120 V – N° 378. Quantità 1 ₤ 1000. Prima destinazione (Laboratorio Macchine Elettriche)”.
In basso a sinistra sul quadrante si legge infatti il N° 378.
Al n° 155 si legge: “Cassetta ausiliaria per detto Quantità 1. ₤ 250. Prima destinazione (Laboratorio Macchine Elettriche)”.
I numeri di inventario dicono che i due oggetti erano già in esistenza, ma le ricerche sugli inventari precedenti per ora non hanno dato risultati.
La sigla e. d. significa che questo esemplare è elettrodinamico. La scala va da 36 a 52 Hz e sembra ricavata empiricamente.
Il quadrante reca la seguente scritta: «il logo SIFAM, FRÉQUENCEMÈTRE, R. EXT, 120V e il N° 378».
Lo strumento ha una cassetta ausiliaria a corredo, come si vede nelle foto.
I frequenzimetri ad indice sono più precisi, delicati e adatti a gamme più ampie ed elevate di frequenze di quelli a lamelle (vedi scheda relativa).
Un tipo molto diffuso a lettura diretta deriva dal fasometro monofase. Questo misura l’angolo di sfasamento fra la tensione e la corrente assorbita da una opportuna impedenza. Poiché tale angolo dipende dalla frequenza, il quadrante dello strumento può essere graduato in una scala di frequenze.

Un altro tipo di frequenzimetro ad indice è quello a risonanza elettrica (vedi figura 2-621).
In esso vi è una bobina fissa AA di resistenza R, collegata in serie con una induttanza L e una capacità C, e un equipaggio mobile astatico composto da due bobine B1 e B2 affacciate e fissate all’asse O dello strumento. B1 è collegata alla capacità C1 , B2 è collegata all’induttanza L2. Il circuito della bobina fissa viene collegato alla tensione V in parallelo con il circuito della bobina B1, il circuito della bobina B2 si chiude su se stesso.
Il tutto è progettato in modo che la frequenza di risonanza coincida con la frequenza nominale media dello strumento cioè con angolo tra tensione e corrente nullo.
In queste condizioni se la frequenza diminuisce il circuito diventa capacitivo è la corrente è in anticipo sulla tensione, se la frequenza diminuisce il circuito diventa induttivo e la corrente è in ritardo.
Le correnti assorbite dalle bobine mobili variano con leggi complesse al variare della frequenza applicata e con esse varia la coppia cui è soggetto l`equipaggio mobile, e pertanto cambia la posizione che assume l`indice sulla relativa scala.
Questi tipi di frequenzimetri sono del tipo astatico, senza molle antagoniste. A riposo dunque l`equipaggio mobile si trova in equilibrio indifferente in qualsiasi posizione. Il tipo più diffuso deriva dal cosfimetro o fasometro monofase (vedi scheda relativa  scrivendo: “Cosfimetro” su Cerca) che misura l`angolo di sfasamento sulla tensione della corrente che attraversa una opportuna impedenza Z, le cui caratteristiche determinano il range di frequenze da misurare. Questo perché tale angolo dipende dalla frequenza. Sul quadrante appare una scala tarata direttamente in frequenza. L`impedenza Z, formata da resistenza induttanza e capacità poste in serie, deve avere una frequenza di risonanza corrispondente alla frequenza media della scala. Se la frequenza diminuisce il circuito diventa capacitivo e la corrente è in anticipo sulla tensione, viceversa se la frequenza aumenta il circuito diventa induttivo e la corrente va in ritardo. Quindi ad un valore dello sfasamento corrisponde una posizione dell`ago sulla scala.
Bibliografia di riferimento: L. Olivieri e E. Ravelli, Elettrotecnica Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, da cui sono tratte le figure 2-621 e 2-620.
Il frequenzimetro è esposto al Museo MITI su proposta di Fabio Panfili.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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Flussometro NORMA Mod. 251 F 2ª parte




 Flussometro NORMA Mod. 251 F , N° 1418221.  Seconda parte.
Nell`inventario D del 1956 al n° 3224 si legge: “Riccardo Beyerle – Milano [importatore, N.d.R.] Flussometro ad indice luminoso Norma mod. 251 F ₤ 514.000”. Acquistato nel dicembre del 1962 e destinato a Laboratorio Misure di Elettrotecnica.
Le seguenti note sono la sintesi di parti del Libretto di Istruzioni citato in bibliografia.
Il flussometro è uno strumento integratore con caratteristiche del tutto diverse dagli altri strumenti a bobina mobile. L`equipaggio a nucleo centrale ha una coppia di torsione pressoché nulla e un momento di inerzia ridotto al minimo possibile. La bobina mobile è sospesa tra due nastri tesi attenuando fortemente ogni attrito. Questa costruzione garantisce inoltre una robustezza meccanica e insensibilità alle scosse o vibrazioni. La coppia di torsione residua, seppure minima, viene compensata quasi del tutto dal materiale diamagnetico presente. Lo smorzamento, provocato da una resistenza esterna di valore relativamente piccolo, è molto forte e concorre a creare un movimento dell`indice luminoso rapido all`inizio con arresto immediato al momento dell`interruzione (velocità di traslazione 0,1 ÷ 0,3 mm/s: quasi immobile). Per confronto si pensi che un galvanometro balistico richiede una lettura in corrispondenza dell`ampiezza massima di prima elongazione (con l`ipotesi che la durata della scarica sia breve rispetto al periodo proprio del galvanometro). Durante la sua costruzione sono necessari molti accorgimenti meticolosamente elencati nel Libretto.
Il flussometro invece è un integratore e pertanto indica il valore “esatto” indipendentemente dal tempo.
Ad esempio, inserita una f.e.m. ai suoi morsetti, l`indice si muoverà con una velocità angolare proporzionale al valore della f.e.m. verso l`estremo destro della scala.
Togliendo la f.e.m. prima che l`indice arrivi al fondo scala, lo si vedrà fermarsi quasi all`istante: il valore dell`elongazione sarà proporzionale al prodotto della f.e.m. per il tempo di inserzione; conoscendo il valore della f.e.m. (nota e costante) si misurerà il tempo; se il valore della f.e.m. non sarà costante, l`elongazione risulterà uguale all`integrale del valore istantaneo nel tempo, cioè all`impulso.
Le istruzioni proseguono con un esempio della determinazione della costante del flussometro, per poi passare ai suoi impieghi che in questa sede ci limitiamo ad elencare sinteticamente.
1) Misure di grandezze magnetiche: per misurare un flusso magnetico si introduce una bobina esploratrice nel campo da determinare, si riporta a zero l`indice e si estrae la bobina portandola ad una distanza tale da avere il campo nullo; questo provocherà una deviazione dell`indice.
2) Calcolo delle bobine esploratrici: il procedimento dipende da ciò che si vuole misurare o il campo B o il flusso Φ [gli esempi numerici sono troppo lunghi e valgono per bobine solenoidali, mentre NORMA usa sonde a bobine piatte a più strati con avvolgimenti a spire serrate in forma di una spirale di Archimede N.d.R.].
3) Determinazione della costante della bobina esploratrice.
4) Rilievo di una curva di magnetizzazione: a tale scopo si usa un provino toroidale laminato con un avvolgimento uniforme di n spire, tenendo conto della corrente necessaria per ottenere l`induzione voluta; il provino è provvisto anche di un secondo avvolgimento di poche spire. Prima di procedere al rilievo [su cui non insisteremo in questa sede N.d.R.], il provino deve essere smagnetizzato con corrente alternata che pian piano diminuisce in valore fino ad annullarsi.
5) Determinazione
della permeabilità relativa: per fare ciò bisogna conoscere il numero delle spire, le dimensioni del toro e la corrente primaria, e quindi basterà misurare l`induzione B.
6) Misura della mutua induttanza.
7) Misura della quantità di elettricità.
8) Misure di tensioni impulsive.
9) Misure di tempi brevi.
Ci spiace di non poter essere esaurienti nelle spiegazioni essenzialmente per la lunghezza degli argomenti.
Bibliografia.
E. Weinberger, Il Flussometro teoria – caratteristiche – prestazioni, monografia tecnica [2] NORMA Wien.
Le due figure (l’ultima è un particolare della seconda) sono tratte dalle istruzioni: “NORMA Fabrik elektrischer Meßgeräte, Gesellschaft m. b. H. , Gebrauchsanweisung zum NORMA-Lichtmarken – Fluxmeter Mod. 251 F” del 10. 3. 59.
Per consultare la prima parte scrivere: “251 F” su Cerca.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo a cura di Fabio Panfili.
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