Contatore trifase A.E.G. N° 89475 1ª parte


Contatore trifase A.E.G. matr. N° 89475. Prima parte.
Non rinvenibile negli inventari.
Una stampa tratta da “Digitalisierung des Polytechnischen Journals; Dinglers polytechnisches Journal Hundertneunter Jahrgang 1928 Band 343 Berlin W 50 Richard Dietze, Verlagsbuchhandlung” indica una data di inizio fabbricazione di un contatore A.E.G. di diversa costruzione ma molto simile nell’aspetto: settembre 1897 numero di matricola 1 [http://dingler.culture.hu-berlin.de/journal/page/32199797Z?p=38].
Nella figura 1 [Abb. 1] si osserva che nel maggio del 1902 la A.E.G. aveva raggiunto i 100.000 esemplari, ma in quell’epoca l’aspetto del contatore è già ben diverso.

Nella figura 2 [Abb. 2] si confronta il primo esemplare a sinistra del 1897 con quello degli anni Trenta del Novecento a destra.

La figura 3 [Abb. 3] mostra l’interno visto di lato del primo esemplare che internamente è molto diverso da questo.
Si può comunque fare l’ipotesi che il contatore in figura sia un monofase o per C.C., mentre l’esemplare del Montani è un trifase.
Ma veniamo alle sue caratteristiche apparse ad un primo esame.
Su una spessa base di ghisa questo contatore si presenta come il più grande per dimensioni e il più complesso della collezione del Montani.
Ha due avvolgimenti statici entro i quali oscillano due bobine unite e calettate con un alberino, che muove un disco di alluminio sul quale agiscono ben due magneti permanenti. Essi creano la più importante delle coppie frenanti, che è proporzionale alla rapidità con la quale si muove il disco. Infatti questo non ruota ma oscilla e ciò ci suggerisce che il contatore risalga almeno agli anni Venti del Novecento. In letteratura si nota infatti che i primi contatori erano oscillanti.

Per ora non disponiamo di elementi sufficienti per datare l’esemplare e le ricerche continuano.
Nella collezione del Montani si trova un contatore monofase incompleto e privo di marca che presenta un motore ruotante ben più semplice di questo (scrivere “contatore” su Cerca); inoltre ne fa parte un contatore A.E.G. che oscilla ma misura energia elettrica in C. C. (scrivere “927251” su Cerca).
Due nostre ipotesi sono che esso facesse parte di un quadro di controllo e che non sia stato inventariato singolarmente, oppure che sia stato donato da qualcuno ed usato a scopo didattico.
Purtroppo non sempre negli inventari sono riportati il numero di matricola e la marca che permettono con sicurezza di individuare gli oggetti.
Altre sono le sue caratteristiche sorprendenti. La prima: mentre l’alberino oscilla mette in contatto un suo pernetto con uno dei due contatti a punta (uno dei quali ha una filettatura per regolarne la distanza), posti ognuno ad un estremo dell’oscillazione. In tal modo un impulso di corrente eccita una bobinetta che attrae un congegno il quale muove una ruotina dentata, che a sua volta fa scattare di un passo un dispositivo contatore.
Esso funziona dunque come un relais che aziona un sistema simile a quello ad ancorina-scappamento presente in qualche antico orologio a pendolo. La seconda stranezza è l’alimentazione delle due bobine oscillanti all’interno delle due grandi bobine: essa avviene tramite due mollettine di filo sorprendentemente sottile, le quali non si toccano perché oscillano per un angolo limitato. Queste ci ricordano per la loro forma i filamenti della lampade ad incandescenza.
Chi legge può ben comprendere che se si potesse trovare una descrizione particolareggiata dello strumento si avrebbero forse delle idee più precise sia sul suo funzionamento sia sul perché di certe soluzioni costruttive. Una targhetta posta in basso e ben visibile nelle foto reca le seguenti scritte: “KILOWATT-ORE 200 Amp. 115 Volt [seguito dal simbolo antico della C. A.; N. d. R.] N° 89475 a = 2,4 ALLEGEMEINE ELEKTRICITÄTS GESELLSCHAFT BERLIN”.
Le foto quarta quinta e sesta mostrano i particolari delle bobine fisse e mobili.
La settima foto mostra un tubetto metallico fissato con due vitine al cui interno vi sono due fili robusti che sono collegati sia alle bobine di cui sopra e alle due mollettine che conducono alle due bobine mobili unite insieme.
Per consultare la seconda parte, nelle quale si sottolineano ampiamente i particolari costruttivi, scrivere “89475” su Cerca .
Se un visitatore ha qualche notizia può scrivere all’indirizzo fabio.panfili@live.it.
Per rilevarne alcune peculiarità costruttive ci siamo avvalsi della consulenza dell’ing. Claudio Profumieri che ne ha curato l’aspetto, dopo il rinvenimento, e fatto le foto. Elaborazioni, ricerche e testo provvisorio di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

Contatore trifase mod. D8 Siemens – Schuckert N° 8267382


Contatore trifase mod. D8 Siemens – Schuckert N° 8267382.
Nell’inventario del 1937 al n° 67 si legge: “Contatore trifase ad induzione Siemens – mod. D8 – N° 8267382 – 50 ~ – 235/136 V – 3 × 15 A 1 kWh ≡ 375 g – per circuiti a 3 o 4 fili. prima destinazione (Laboratorio misure elettriche) ₤ 400”.
Il numero di inventario suggerisce che la data di acquisto sia anteriore al 1937, ma per ora le ricerche non hanno dato alcun altro esito.
Inventario D del 1956 n° 1195 in esistenza: “
Cont. trifase Mod. D 8 Siemens-Schuckert N° 8267382 235/136 V 3 x 15 A 1kWh ≡ 375 giri , ₤ 1000 [è una stima per la contabilità, N. d. R]

In una targhetta si legge: “KILOWATT – ORE CONTATORE TRIFASE MOD. D8  Per carico equilibrato e squilibrato a 3 o 4 fili. N° 8267382 50 PERIODI 235/136 Volt 3 × 15 Amp. 1 Kilowatt – ora = 375 Giri del disco SIEMENS – SCHUCKERT”.

Inoltre sul coperchio che copre la morsettiera vi è lo schema di inserzione del contatore e questo ci ha creato qualche perplessità filologica.

Lo strumento come si vede bene nelle foto è a due dischi con tre equipaggi ed evidentemente svolge la sua funzione con 4 fili e carichi squilibrati; ma nel testo citato in bibliografia di Olivieri e Ravelli vi è uno schema identico con sotto la seguente fras
e: “I contatori trifasi a due sistemi non sono applicabili alle linee trifasi con filo neutro, per le quali si costruiscono invece dei contatori a tre sistemi monofasi identici, generalmente agenti su tre dischi sovrapposti; i collegamenti interni e la disposizione dei morsetti di questi contatori corrispondono allo schema rappresentato in fig. 2-562”.
La nostra perplessità nasce dal termine: “generalmente”, che potrebbe significare appunto l`esistenza di contatori a due dischi che svolgono lo stesso tipo di misure.
Per essere esaustivi diciamo subito che nella collezione del Montani esiste un contatore trifase a tre dischi della C.G.E. matr N° 610200 che però ha funzioni diverse.

Dopo una lunga ricerca abbiamo trovato all`indirizzo: http://www.e-plan.josefscholz.de/WZ/WZ.html , un disegno di un contatore trifase per 4 fili a due dischi nel quale sul disco superiore vi è un unico sostegno per due bobine voltmetriche alimentate come si vede nella figura.
I fili che fanno parte dei circuiti voltmetrici sono stati da noi colorati in blu, perché nel ridurre la figura originale nel formato richiesto dal sito non erano ben visibili. Continuando nelle ricerche pazienti abbiamo finalmente trovato due conferme sul funzionamento di tali contatori trifasi: “Esistono anche contatori trifasi che vanno bene sia nei sistemi con filo neutro, sia nei sistemi senza filo neutro. Essi sono costituiti da due soli sistemi wattmetrici che esternamente si inseriscono come due normali contatori in Aron, ma ciascun sistema presenta tre ampermetriche. La trattazione di questi tipi di contatori, benché importantissima, esula dai limiti che ci siamo imposti ma il lettore potrà trovarla nei testi specializzati”.
Questo brano è tratto da F. Cottignoli e A. Baccarini, Misure elettriche ed elettroniche Vol. II, Calderini, Bologna.
In alcune foto si vedono i magneti
permanenti che danno luogo alla principale coppia frenante per correnti di Foucault indotte sul disco di
alluminio e le bobine voltmetriche e amperometriche. Bibliografia:
L. Olivieri e E. Ravelli , Elettrotecnica
– Misure Elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962, pag. 371.
Per redigere questa scheda ci siamo avvalsi della consulenza degli ingegneri Lorenzo Cognigni e Claudio Profumieri, precisando che il testo con le sue inesattezze è di chi scrive.
Se un visitatore ha informazioni al riguardo può scrivere a fabio.panfili@live.it .
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo  provvisorio di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

 

 

Contatore trifase C.G.E. Milano N° 610200

 Contatore trifase C.G.E. Milano N° 610200.
Non è stato rinvenuto negli inventari.
Questo contatore ha la caratteristica del doppio numeratore: quello di sinistra da il consumo totale e quello di destra da il consumo di supero che dipendeva dal tipo di contratto dell`utente col fornitore. Per regolare il numero di giri di quest`ultimo, calettato con un disco di dimensioni minori dei tre dischi principali, si toglie il coperchietto sulla destra (che dopo la taratura veniva chiuso con un sigillo di piombo) e, mediante un cacciavite, si agisce sulla vite appena sotto la bobina di color azzurro posta a destra. Questa vite sposta un blocchetto ferromagnetico, situato dalla parte opposta della bobina, che cambia la permeabilità del circuito magnetico agente sul disco collegato col numeratore. Visto dall’esterno si nota un piccolo oblò circolare che certamente serviva per osservare appena il moto del piccolo disco. Mentre una finestra rettangolare consente di vedere il moto del disco in basso; ai lati della finestra c`è una freccia stilizzata che indica il verso del moto dei tre dischi principali. Questo contatore infatti ha una sua bellezza particolare per la presenza dei tre dischi ognuno corredato dalle bobine voltmetriche e amperometriche con tutti gli accorgimenti per le regolazioni. Molto raffinato ad esempio è il sistema a tre viti per regolare la distanza tra il disco di alluminio e il magnete che provoca la principale e voluta coppia frenante proporzionale alla velocità angolare del disco stesso. Tali tipi di contatori di costruzione molto complessa per misure trifasi con neutro e carichi squilibrati erano costruiti per durare anni e anni senza richiedere né tarature frequenti né manutenzioni frequenti. Pur non sapendo la data della sua costruzione restiamo meravigliati nel vedere l`integrità dei meccanismi che sembrano di costruzione recente!
Sul coperchio anteriore vi sono due targhette.
La prima reca le seguenti scritte: “Kilowattore Contatore trifase Tipo PDU6 N° 610200 3 × 5 A. 3 × 220 / 127 V. 50 ~ 1440 Giri d’indotto = 1 Kilowattora C. G. E. MILANO”. Sulla seconda targhetta si legge: “1 KILOWATT = 57.55 GIRI al 1′ ” . Subito sotto c’è il piccolo oblò circolare da cui si osserva il piccolo disco che fa parte del numeratore che registra il consumo di supero. Sotto alla sua destra, c’è il coperchietto che , una volta tolto, permette di accedere ad una vite di regolazione del numero di giri forse per la determinazione della potenza istantanea di esubero richiesta dal tipo di contratto.
Purtroppo, nonostante le ricerche, fino ad ora non abbiamo trovato nessuna informazione sui particolari costruttivi di questo contatore. Sono graditi eventuali suggerimenti e/o correzioni da parte dei visitatori scrivendo all’indirizzo: fabio.panfili@live.it.
Nel redigere questa scheda incompleta ci siamo avvalsi della consulenza degli ingegneri Claudio Profumieri e Lorenzo Cognigni, ma eventuali inesattezze sono da attribuire a chi scrive.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo provvisorio di Fabio Panfili.
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Diodo a gas ARWO GA3 111o3

  Diodo a gas ARWO GA3 111o3.
L`acronimo ARWO quasi certamente significa ARgon e WOlframio. Prodotta da Signum AG, Wallisellen, Basilea, Svizzera. La Signum AG ha cominciato a produrre valvole elettroniche fin dal 1932.
Nell`inventario D del 1937 al n° 162 si legge: “Lampada Arwo tipo GA3 (n° 3) N° 11102 – 11103 – 11107. ₤ 150. Prima destinazione: Laboratorio di Macchine Elettriche”. Questo esemplare, rovinato, è un diodo rettificatore ad una semionda ad argon.
Le sue dimensioni sono 8 × 18 cm.
Lo zoccolo è un Edison gigante E40.
L`attacco Edison serve per il riscaldamento diretto del filamento e per il contatto con il catodo di tungsteno; il filo che sporge sulla parte superiore del bulbo è il contatto con l`anodo.
Per ora non abbiamo altre notizie sulle sue caratteristiche; l`esemplare è conservato nella scatola originale di cartone piuttosto antica.
Costruttivamente potrebbe somigliare al Tungar fabbricato negli USA.
Questi tipi di valvole servivano sia per la ricarica delle batterie a basse tensioni sia per alimentare dispositivi che richiedevano forti correnti.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche, e testo  di Fabio Panfili.
Per ingrandire le immagini cliccare su di esse col tasto destro del mouse e scegliere tra le opzioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elettrodinamometro del tipo Siemens Ing. Santarelli Firenze N° 655 (Museo MITI)

  Elettrodinamometro (o galvanometro elettrodinamico) del tipo Siemens.
Costruito dalla ditta Ing. Santarelli Firenze N° 655, inventario del 1906 n° 606.
Un elettrodinamometro costruttivamente molto simile ma della Siemens & Halske viene datato 1890 e fa parte della collezione rinvenibile al sito:
https://www.historische-messtechnik.de/passive-messgeraete/elektrodynamometer/00498.php

Esso consiste essenzialmente in un avvolgimento a molte spire di rame, posto su un piano verticale, che fa capo a un morsetto e a un pozzetto con mercurio, e in una sola spira rettangolare di filo di rame, i cui estremi sono punte di acciaio, di cui una pesca nello stesso pozzetto del primo avvolgimento e l`altra in un altro pozzetto, che fa capo a un secondo morsetto.
Questa spira rettangolare circonda la bobina ed è sospesa, mediante un filo privo di torsione, al bottone che sovrasta il disco graduato.
La molla che circonda il filo, in assenza di correnti, mantiene la spira in un piano perpendicolare alla bobina e, in questa posizione di riposo, l`ago deve indicare lo zero.

La spira e la bobina sono dunque collegate in serie e percorse dalla stessa corrente, ne consegue che quella mobile tende a disporsi parallelamente all`avvolgimento fisso, per allineare il proprio campo magnetico nella direzione del campo di quest`ultimo.
L`azione elettrodinamica produce una coppia proporzionale al quadrato della corrente.
La coppia antagonista è proporzionale all’angolo di deviazione e si raggiunge l’equilibrio.
L`angolo così misurato è proporzionale al quadrato della corrente da misurare.
Generalmente le bobine fisse sono due; quella che presenta un maggiore numero di spire serve per misurare correnti più deboli.

Dunque la forma tipica dell’elettrodinamometro può essere pensata come derivata dal galvanometro magnetoelettrico una volta sostituito il magnete permanente con una bobina fissa (a volte sdoppiata in due collegate in serie) che, percorsa da una corrente If, genera un campo magnetico nel quale è immersa la bobina mobile percorsa da una corrente Im. La coppia generata è Cm = k If · Im, dove k dipende dalla forma, dalle dimensioni e dalla posizione delle bobine.
Il vantaggio dell`elettrodinamometro rispetto ad altri galvanometri è che esso è adatto a misurare anche correnti alternate in quanto le direzioni dei campi dei due avvolgimenti si invertono in fase, purché siano della stessa frequenza.

La figura 2390 è a pag. 638 del Physikalische Apparate Max Kohl Chemnitz i. Sachsen. Preisliste Nr. 21 (post 1905),
rinvenibile all’indirizzo:
https://archive.org/details/physikalischeapp00kohlrich/page/n5/mode/2up?q=Catalogue+of+Physical+Apparatus+Max+Kohl
Per un approfondimento del suo funzionamento si consiglia il primo testo citato qui sotto da pag. 111 a pag. 114.
Bibliografia:
L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica Misure elettriche, Vol. III, CEDAM, Padova 1962.
L. Olivieri ed E. Ravelli, Elettrotecnica, Vol. I, CEDAM, Padova 1959. O. Murani, Trattato elementare di fisica, Vol. II, U. Hoepli, Milano 1931.
G. Veroi, Corso di elettricità-Misure elettriche, Scuola d`applicazione d`artiglieria, Torino 1903, da cui è tratta la figura 130.
A. Battelli e P. Cardani, Trattato di fisica sperimentale, Vol. IV, F. Vallardi, Milano 1925.
L. Graetz, L`elettricità e le sue applicazioni, Vallardi, Milano 1907.
A. Wilke e S. Pagliani, L`elettricità, Vol. II, UTE, Torino 1897 da cui è tratta la figura 738.
Lo strumento è esposto al Museo MITI su proposta di Fabio Panfili.
Anche il libro del Veroi visibile nelle foto è esposto al Museo MITI su proposta di Guglielmina Rogante.

Foto di Daniele Maiani, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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