Biprisma di Fresnel

                                 Biprisma di Fresnel.
  Nell`appendice dell`inventario del 1937 risulta registrato in data 23 dicembre 1955 e al n° 1690 si legge: “Biprisma di Fresnel ₤ 26.200”.
Nell`inventario D del 1956 al n° 888 si legge: “Biprisma di Fresnel” destinato a Fisica.

  Negli anni 1818 – 1819, A. J. G. Fresnel (1788 – 1827), non essendo soddisfatto di ottenere la figura di interferenza della luce per mezzo di due fenditure, ideò e costruì due dispositivi: gli specchi di Fresnel (un esemplare di questi si può osservare in questo sito) e il biprisma.
  Per ottenere interferenza con le due fenditure sia T. Young nel 1803 che successivamente Fresnel collimavano un fascio di luce monocromatica per poi inviarlo su due fenditure sottili e vicine.
Ma l`interferenza così ottenuta è modulata dalla doppia diffrazione dovuta alle due fenditure.
Invece il sistema dei due specchi o il biprisma permettono di ottenere interferenza pura trasformando un raggio di luce monocromatica in due raggi, come se provenissero da due sorgenti distinte “in fase” tra loro.
Il biprisma in realtà è un solo prisma a sezione triangolare isoscele con l`angolo al vertice di poco inferiore ai 180°; nelle figure sottostanti esso è accentuato per esigenze didattiche.
Il nome deriva dal fatto che idealmente sarebbe formato da due prismi rettangolari uniti per il cateto minore.

 Da quando in laboratorio si dispone della luce laser il suo uso si è molto semplificato: è sufficiente allargare il fascio laser, con una lente di ottima qualità o meglio con l`oculare di un microscopio, e dirigere la luce sul vertice del biprisma, perpendicolarmente alla sua base, per avere belle frange di interferenza di intensità abbastanza uniforme, visibili su uno schermo posto a distanza opportuna.

Nella figura 4 la zona di interferenza è rappresentata dal triangolo scuro.
Normalmente la prima spiegazione di questo fenomeno che si fornisce nelle scuole si basa sulla teoria ondulatoria.
Recentemente il prisma di Fresnel è tornato in auge per alcuni esperimenti molto sofisticati che non si possono spiegare col modello ondulatorio ma che richiedono una moderna teoria detta elettrodinamica quantistica.
La teoria ondulatoria, che spiega l`interferenza, richiede che onde elettromagnetiche monocromatiche e inizialmente in fase tra loro si influenzino reciprocamente, dando luogo sullo schermo a zone di interferenza costruttiva e distruttiva, in ragione dei reciproci percorsi in uno spazio isotropo.
Una tale teoria non è in grado di spiegare cosa accadrebbe se si mandassero fotoni uno alla volta su un biprisma o verso le due fenditure.
La domanda cruciale in tal caso è: “Con cosa interferisce un singolo fotone?”.
Il primo esperimento in tal senso risale a G. I. Taylor, che nel 1908 cercò di inviare della luce monocromatica estremamente debole su due fenditure; il risultato fu insoddisfacente.
R. P. Feynman nel 1964 rilanciò l`idea descrivendo un esperimento ideale; ma già c`erano stati tentativi sperimentali di questo tipo.
Nel 1973 P. Merli, G. F. Missiroli; e G. Pozzi a Bologna realizzarono “l`esperimento più bello della fisica”: interferenza di elettroni uno alla volta con un biprisma formato da campi elettrostatici.

Nel 2005, un folto gruppo di ricercatori, i cui nomi sono riportati nella bibliografia, ha finalmente realizzato interferenza di un fotone alla volta con un biprisma e tecniche molto sofisticate. Il risultato è visibile nella seconda figura qui sotto: fino ad un numero di 272 fotoni sullo “schermo” si vedono puntini ben distinti e sparsi senza alcun disegno apparente; raggiunto il numero di 2240 fotoni si cominciano a delineare le frange; con 19773 fotoni le frange sono nette.
Non è questa la sede per spiegare il significato teorico dei due ultimi esperimenti accennati; essi bastano comunque per porsi una domanda ingenua: “Come fa ogni fotone a sapere ciò che hanno fatto quelli che lo hanno preceduto e ciò che faranno i successivi per decidere dove colpire lo schermo?”.
L`elettrodinamica quantistica, col suo modo bizzarro e lontano dal senso comune, lo spiega con le sue particolari leggi probabilistiche.
Per quanto nessuno, credo, si senta soddisfatto dalla strana descrizione di come vanno le cose.

Bibliografia.
V. Ronchi, Storia della Luce, Laterza, Bari 1983.
R. P. Feynman, La legge fisica, Boringhieri, Torino 1971.
P. Merli, G. F. Missiroli; e G. Pozzi, Diffrazione ed Interferenza di elettroni; Giornale di Fisica, Bologna Luglio-Settembre 1974.
G. Giuliani, Interferenza, Giornale di Fisica, Bologna Gennaio-Marzo 2007.
C. Giacomarra, Luce e Materia, Onde e Particelle: un possibile percorso didattico attraverso i fenomeni di interferenza, Giornale di Fisica, Bologna Aprile-Giugno 2009, da cui è tratta la  figura 4.
V. Jacques, E. Wu, T. Toury, F Treussart, A. Aspect, P. Grangier, J. F. Roch, Single-photon wavefront-splitting interference, The European Phisical Journal D, 2005, da cui sono tratte le altre figure.
Foto di Claudio Profumieri, elaborazioni, ricerche e testo di Fabio Panfili.
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