di FABIO PANFILI
Un giorno il collega e amico Prof. Mario Guidone, scomparso nel 2005, mi disse che quando si commemorano le persone che ci hanno lasciato, dopo tre righe di appunti si inizia a parlare di se stessi.
E dunque in questo riassunto, mi permetto di raccontare gli avvenimenti in prima persona.
Conobbi M. Guidone, fisico teorico di vastissima e profonda cultura, nell’ottobre del 1983, quando fui nominato per l’insegnamento di fisica al “Montani”, ma avevo già letto alcuni suoi brevi lavori.
Verso la fine del 1984 mi propose di fare una ricerca su un tubetto a limature metalliche adatto a rivelare onde elettromagnetiche, avvertendomi subito che non era un risonatore e, come era solito fare, non aggiunse altro.
In seguito scoprii che egli aveva già fatto passi decisivi per organizzare il convegno: “Temistocle Calzecchi Onesti e il coherer nella conquista della telegrafia senza fili” e che aveva fatto le sue ampie ricerche nel merito.
Mi stava mettendo alla prova.
A quel tempo non c’era internet e l’unico modo per trovare subito informazioni era immergersi nella fornita Biblioteca del “Montani”, dove sono ben disposti libri dal 1860 ai giorni nostri. Spulciando tra le decine e decine di volumi di elettrotecnica, fisica e radiotecnica trovai molto materiale rispondente alla bisogna e lessi per la prima volta che uno degli inventori del coherer era Temistocle Calzecchi Onesti [ T. C. O.], ma era ben poco rispetto al lavoro che ci attendeva.
Temistocle Calzecchi Onesti, nato a Lapedona il 15 dic.1853, visse in giovinezza a Monte Rubbiano dove morì il 23 nov. 1922. Frequentò il Regio Liceo di Fermo e conseguì la laurea in Scienze Fisiche e Matematiche a Pisa. Insegnò poi nei licei dell’Aquila, Fermo, Milano e Roma.
Egli non fu il primo a scoprire le proprietà elettriche delle polveri racchiuse in un tubetto, ma certamente eseguì, nel Gabinetto di Fisica del Liceo di Fermo, numerosi esperimenti sistematici tra gli anni 1884 – 1886 che furono pubblicati nel Nuovo Cimento, come si dirà più sotto.
La figura è a pag. 8 di G. Dragoni, M. Lodi, E. G. Garofalo, L’opera di Marconi. “Fu vera gloria?”; dal Giornale di Fisica, della Società Italiana di Fisica, Volume 52, gennaio-marzo 2011.
Il convegno si tenne nella grande e suggestiva Sala dei Ritratti del palazzo dei Priori, il 16 Marzo del 1985 (ci fu una variazione rispetto al dépliant).
Cito nell’ordine gli interventi.
Prof.ssa Rosa Calzecchi Onesti: “Il mio nonno nei miei ricordi infantili e nelle mie ricostruzioni posteriori”. Prof.ssa Silvana Salemme: “Scienze e scienziati marchigiani all’epoca di T. C. O.”.
Prof. Roberto Rossi “Il ricordo di T. C. O. negli scritti marchigiani dal 1923 ad oggi”.
Prof. Claudio Marcotulli e Prof. Fabio Panfili: “Esperimento nel laboratorio di storia della scienza e della tecnica; il coherer nelle prime trasmissioni radio di G. Marconi”.
Prof. Guerino D’Addio: “Le esperienze di T. C. O. nel Gabinetto di Fisica del Regio Liceo di Fermo”.
Prof. Alberto Cintio e Prof. Patrizio Verdecchia: “L’osservatorio meteorologico istituito da T. C. O.”. Seguirono quattro interventi dei Docenti dell’Università di Bologna.
Prof. Gianfranco Sinigaglia: “Modello di coherer e dimostrazione sperimentale”.
Prof. Giorgio Tabarroni: “L’opera di Vincenzo Rosa tra T. C. O. e Marconi”.
Prof. Giorgio Dragoni: “L’opera di Righi tra T.C.O. e Marconi”.
Prof. Silvio Bergia: “Aspetti del rapporto tra Scienza e Tecnica”.
Seguirono infine il Prof. Vittoriano Valentini: “Attualità di alcune proposte didattiche di T. C. O.”
e il Prof. Mario Guidone: “Sulle questioni di Priorità”.
La tavola rotonda conclusiva: “Necessità della storia della scienza per l’unità del sapere” era presieduta dal Prof. S. Bergia.
Solo leggendo gli argomenti si nota che le sfaccettature del tema erano molteplici e intriganti.
Era il primo convegno a cui partecipavo e restai meravigliato della complessità dell’organizzazione, nella quale spiccò per competenza il Prof. Ettore Fedeli che curò anche la mostra dei documenti rinvenuti.
Ma soprattutto imparai che è molto difficile rimettere in funzione apparecchiature che hanno tra i sessanta e i cento anni.
Inoltre ero tanto assorbito dal compito di illustrare in pubblico il nostro esperimento marconiano da non badare molto agli interventi che lo precederono (1) ; anche Marcotulli era preoccupato perché doveva condurre materialmente, insieme a Federico Balilli, la ricetrasmissione e qualcosa all’ultimo momento non funzionava.
Poi la dimostrazione riuscì bene: il ricevitore Morse ticchettò regolarmente a una distanza di una trentina di metri dal trasmettitore. Poca cosa se confrontata con i risultati di Marconi; ma egli usava oggetti nuovi e si deve pur riconoscergli la maestria nell’ottimizzazione dei componenti e i lunghi tempi di prove su prove.
Ricordo il commento di S. Bergia: “Bel colpo!”.
Poi Marcotulli chiese il buio in sala e fece scoccare le lunghe scintille tra i terminali del rocchetto di Ruhmkorff: fu un momento pieno di suggestione.
Il gruppo del “Montani”, cui appartenevo, era composto dai fisici: M. Guidone, C. Marcotulli, F. Panfili, Giancarlo Traini e dal formidabile tecnico F. Balilli.
Dovevamo ricostruire l’apparato ad onde corte a fascio realizzato da Marconi nel 1899 e illustrato in una conferenza su: “La radiotelegrafia” nel 1922.
Furono rinvenuti non senza fatica: un grosso rocchetto di Ruhmkorff di fine Ottocento che produceva scintille di almeno 20 cm; un ricevitore telegrafico Morse del 1898 da poco restaurato dal tecnico Leone Bolognini; un tasto telegrafico Morse, un campanello elettromagnetico in C. C. e un relais, tutti dell’epoca .
Il Liceo Classico A. Caro ci mise a disposizione le sue pur antiche antenne cilindriche a sezione parabolica: l’antenna trasmittente aveva già montato nel suo fuoco l’oscillatore a tre scintille di Righi; mentre nel fuoco dell’antenna ricevente mancava il coherer e non c’era il foro per la decoherizzazione mediante il braccetto di un campanello (tapper).
Pare certo che il tapper fu introdotto da A. S. Popov nel suo dispositivo registratore di scariche elettriche atmosferiche risalente al 1897.
Balilli, con la supervisione di Guidone, presenti io e Marcotulli, si mise subito all’opera. Trovò un tubicino di vetro di circa 4 cm di lunghezza e di 4 mm di diametro, poi realizzò al tornio due cilindretti in ottone da inserire nel tubicino in modo che al centro restasse uno spazio di circa 4 mm. Ogni cilindretto era sagomato in modo tale da proseguire verso l’esterno con una sezione molto minore (come un reoforo) affinché vi si potesse saldare un filo di rame per lato. Seguendo la “ricetta” di Marconi, Balilli limò una moneta da 100 lire, pesando la limatura con una bilancia di alta precisione, mentre Marcotulli limava uno spigolo di un ciondolo d’argento la cui polvere doveva costituire il 4% dell’intera massa di 10 mg.
La limatura così ottenuta andava messa tra i due cilindretti, non troppo pigiata e neppure troppo lasca.
Si procedette per tentativi fino ad ottenere una buona risposta del coherer.
Nel lungo corridoio del Biennio, nonostante le numerose prove alle quali dedicammo interi pomeriggi, non riuscimmo a trasmettere oltre i 20 ÷ 25 metri.
Io osservavo e andavo scrivendo la bozza per il mio intervento, che poi fu elaborata da Guidone per la pubblicazione degli atti.
In seguito Balilli fabbricò molti altri coherer, usando soltanto la limatura delle monete da 50 lire, che funzionavano con la stessa efficienza e imprevedibilità. Le foto dell’antenna con l’oscillatore di A. Righi e dell’antenna con il coherer (costruito da F. Balilli) sono state scattate dalla Prof.ssa Emanuela Giuliani nella Biblioteca del Liceo A. Caro di Fermo.
Il Prof. Guido Pegna dell’Università di Cagliari aspetta nel suo sito web che qualcuno gli dia una spiegazione esauriente: «Il fenomeno del coherer è ancora misterioso. I fatti. 1) Una tensione continua di 3 V, applicata al coherer, non lo manda in conduzione. 2) Un molto più debole segnale costituito da un’onda sinusoidale smorzata lo manda in conduzione. 3) la frequenza dell’onda smorzata non ha importanza: da pochi kHz fino ai GHz. 4) Ed è più strano: il coherer diventa conduttore a seguito di una scintilla anche se non è alimentato ( pile staccate)».
Ciò che si osserva è che se il coherer viene inserito in un semplice circuito alimentato da una pila fa passare una debolissima corrente dal comportamento capriccioso, ma se nei pressi scocca una scintilla e le onde elettromagnetiche [o. e. m.] investono la limatura, la sua resistenza che era dell’ordine di 100 MΩ scende ad un centinaio di Ω ed anche molto meno. Per interrompere la conduzione basta esercitare una lieve scossa meccanica sul tubetto.
T. C. O. ruotava mediante una maniglia il suo coherer: un cilindro lungo ben 35 cm, con diametro interno di 2 cm (quello nella prima figura e nella mano sinistra di F. Balilli è di proprietà degli eredi che gentilmente lo recarono in mostra al convegno), descritto nella sua prima nota pubblicata nel “Nuovo Cimento” nel 1884; alla quale seguirono due note pubblicate in due numeri della stessa rivista nel 1885 e nel 1886.
T. C. O. ha il merito di aver eseguito a lungo e con metodo prove e controprove, cambiando sia i metalli sia le loro dimensioni, passandole al setaccio, e mutando altre condizioni, ogni volta ribadendo la sua meraviglia nell’osservare il passaggio repentino alla conduzione (e l’aumentare della corrente se le interruzioni fatte erano più frequenti) chiudendo il circuito per più volte in successione.
Nel 1888 H. Hertz scoprì le onde elettromagnetiche e in seguito si scoprì che il coherer era un sensibilissimo rivelatore di quelle onde. E negli anni 1884-1886 Calzecchi Onesti non poteva immaginare che le scintille elettriche, da lui provocate durante le sue prove, generassero tali onde!
Nella terza nota T. C. O. propose di usare il suo dispositivo come avvisatore microsismico.
Il Prof. E. E. D. Branly, forse senza conoscere i lavori di T. C. O., sperimentò la conducibilità delle polveri metalliche accorgendosi nel 1890 dell’influenza delle o. e. m., ma era incerto sulle cause preponderanti tra la luce visibile della scintilla e le o. e.m. della scarica. La questione fu decisa in Inghilterra, dopo un vivace dibattito, dai professori O. Minchin e O. Lodge.
Infatti in seguito il Prof. Sir Oliver Lodge ebbe maggior consapevolezza di questo processo, egli dal 1888 al 1894, dopo aver osservato al microscopio delle scintille tra le polveri [una sorta di microscopici archi elettrici], avanzò l’ipotesi che, quando le o. e. m. investono la limatura, si creano tra i granuli delle microfusioni e avviene la conduzione; la scossa meccanica rompe le microfusioni.
Da qui derivò il termine “coherer” o in italiano “coesore”.
Questa teoria fu accreditata per decenni, pur se non esente da critiche fondate.
Lodge comunque divulgò le esperienze di Branly.
In un lavoro del 1969 i Proff. G. Senigaglia e G. Tomassetti di Bologna hanno sottoposto ad alcune prove un coherer, forse costruito da B. Dessau collaboratore di A. Righi, alimentandolo con una tensione continua sovrapposta ad una alternata entrambe regolabili (per riprodurre le condizioni di lavoro marconiane), giungendo all’ipotesi di tre fasi successive e ben distinte del passaggio dalla non conduzione alla conduzione. In una prima fase la conduzione avverrebbe solo per la componente alternata per via capacitiva. La seconda fase vede la formazione di micro giunzioni dirette e inverse del tutto casuali; aumentando la tensione le micro giunzioni inverse vengono distrutte e si passa alla terza fase nella quale le giunzioni presenti sono solo dirette. I risultati sperimentali non sono però riproducibili perché dopo ogni prova il coherer ha uno stato completamente diverso. Ogni transizione di fase poi è improvvisa e catastrofica, pertanto le analisi dovrebbero avere un carattere statistico.
Una tale interpretazione si trova in sintesi nel libro di V. J. Phillips, Early radio wave detectors, Peter Peregrinus LTD., Stevenage U. K. and New York, 1980. Chapter 3 Coherers, pp. 18: «The coherer was perhaps the most important of all the early radio-wave detectors, and it was used in many different forms. It made use a phenomenon which occurs in a poor electrical contact, the sort of contact which the engineer of today would call a “dry joint”. Such an imperfect contact between two conductors normally exhibits a very high electrical resistance due, in large part, to the film of oxide which exists between two metals. When an alternating or direct voltage is applied between the conductors this resistance decreases quite markedly. A voltage of a few tenths of a volt is often quite sufficient to produce the effect. … during the period when coherers were being used there was considerable discussion and disagreement as to how exactly this resistance change came about. In fact, the phenomenon was never satisfactorily explained at that time because other, better, devices superseded them and interest was lost before the matter was resolved. ….».Nella foto si vede un coherer di Marconi, il quale riuscì a renderlo molto sensibile e stabile nel funzionamento usando polveri di nichel e facendo anche un buon vuoto al suo interno, e ovviamente lo brevettò.
Un coherer dello stesso tipo è nella mano destra di F. Balilli nella foto.
Per avere un’idea della personalità del Calzecchi Onesti bisognerebbe leggere i suoi scritti sull’insegnamento e il suo “Dizionario metodico illustrato”, conoscere il suo amore per la poesia che lo portò a pubblicare nel 1906: “Scienza e Poesia”, una sua conferenza su Remigio Del Grosso e Antonio Stoppani. Egli era insegnante, usando un termine desueto, per vocazione; e nei suoi scritti sulla didattica si coglie, oltre all’importanza data alla matematica, un umanesimo di pretta ispirazione religiosa. Le ricerche sulle limature furono abbandonate all’improvviso per intraprendere la rieducazione di due bimbe sordomute. Le competenze nel campo dell’acustica ispirarono i metodici esercizi a cui sottopose le due bambine e i risultati positivi furono riconosciuti perfino dalla Landes-Taubstummenschule di Vienna. Ebbe inoltre compiti amministrativi, per incarico dei comuni di Fermo e di Monterubbiano. In lui si ritrovano insomma quei caratteri della cultura ottocentesca in cui la razionalità della scienza era unita all’impegno civile e sociale, caratteri che ritroviamo ad esempio in un illustre francese che diede l’impronta al “Montani” Hippolyte Langlois.
Calzecchi, come altri intellettuali e scienziati a lui contemporanei, fu ricercatore e, insieme, maestro ed educatore.
Nel febbraio 2001 sui “Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche” Anno V, N° 30, furono pubblicati gli atti di un convegno sugli scienziati marchigiani; tra questi vi è un articolo del Prof. C. Marcotulli riguardante una indagine in laboratorio, svolta con due allievi del “Montani”, dal titolo: “Temistocle Calzecchi Onesti”. Articolo apparso anche sulla rivista “Il Montani”.
Claudio Marcotulli si è mostrato ben lieto che io riportassi questo riassunto del suo articolo, comprese le figure.
Per evitare interferenze che potevano disturbare gli esperimenti, questi si svolsero in una grande gabbia di Faraday. Oggetto delle prove era uno dei coherer fabbricati da F. Balilli; il circuito molto semplice prevede un generatore variabile in C.C., un transistor nel cui circuito di base è inserito il coherer, il transistor comanda l’accensione di una lampadina da torcia elettrica (Vedi Fig. 1 ).
Lampadina che normalmente è spenta poiché il coherer offre una resistenza elevatissima; però basta provocare nelle vicinanze una scintilla con un accendino piezoelettrico per provocare la conduzione con accensione della lampadina. Conduzione interrotta da un piccolo colpo sul tubicino. Un secondo circuito col classico metodo volt-amperometrico (Vedi Fig. 2) serviva per rilevarne le caratteristiche; il generatore in C. C. era limitato in corrente.
Le conclusioni tratte dai due esperimenti in estrema sintesi sono le seguenti: 1) per tensioni dell’ordine di 20 ÷ 30 V la corrente è dell’ordine di pochi microampere, la resistenza del coherer risulta elevata e costante; 2) per tensioni diverse per ogni prova ma dell’ordine di 50 ÷ 60 V il coherer entra spontaneamente in conduzione, la corrente inizia a crescere ma è impossibile misurane sia l’andamento sia i valori, la resistenza si assesta su pochi ohm e si mantiene costante se non si varia la tensione. 3) ripetendo più volte tutto il procedimento i valori sono quantitativamente diversi ma qualitativamente identici; 4) con l’ausilio di un oscilloscopio si sono misurati i tempi del cambiamento di stato dalla non conduzione alla conduzione e si sono trovati valori di pochi microsecondi. Seguono altre osservazioni lunghe e ben motivate, come l’influenza delle condizioni ambientali e in particolare il tasso di umidità sul suo comportamento. Vedi figure 3, 4, 5 e 6.
In particolare è importante citare che, quando il coherer era sollecitato con ripetute scintille dell’accendino si osservava un certo “accumulo” degli effetti delle scariche nel senso che esso aumenta un po’ di più la conducibilità fino a che non si ha il processo di “coherizzazione”. Inoltre la conduzione è bidirezionale, pertanto l’interpretazione della creazione di dry joint deve intendersi in entrambi i sensi di conduzione. La estrema non ripetibilità delle condizioni iniziali e dei risultati non favorisce la scelta né verso il modello di Lodge, né verso il modello di Sinigaglia –Tomassetti. E neppure si può fare un ulteriore proposta. Infine, l’uso di un oscilloscopio a memoria ha mostrato una strana somiglianza al triac, sia per la tensione di innesco della conduzione sia perché nel triac l’innesco può avvenire per un impulso di corrente sull’elettrodo di controllo, mentre nel coherer può avvenire per un treno di o. e. m. L’autore infine fa notare che mentre nel triac basta annullare la tensione di alimentazione o ridurre la corrente al di sotto di un valore caratteristico, nel coherer occorre un urto meccanico che scompigli le polveri. Inoltre in conduzione il triac si comporta come un diodo, mentre il coherer come una resistenza (estremamente “capricciosa” aggiungo io). Vedi figure 7 e 8.
Veniamo alle spinose questioni di priorità che derivano sia da rivendicazioni personali sia da sciovinismo, iniziando con l’esempio di Galvani, per alcuni versi sorprendente e significativo.
G. Dragoni, M. Lodi e G. Garofalo in L’opera di Marconi. “Fu vera gloria?”, citato sopra, raccontano che Marconi aveva letto attentamente sia la biografia e gli esperimenti di B. Franklin, sia l’individuazione delle scariche elettriche atmosferiche da parte di Galvani. Quest’ultimo in particolare potrebbe essere considerato il primo inventore di una radio ricevente; infatti usava parti di rane preparate in modo tale da evidenziarne i nervi e i muscoli, e nel 1781 i suoi collaboratori scoprirono che se nelle vicinanze della rana, così preparata, veniva usata una macchina elettrostatica con produzione di scintille, e poi si toccavano i nervi della rana, i muscoli si contraevano. Successivamente Galvani scoprì (come insegnato da Franklin) che gli effetti erano più forti se si disponeva di una “terra” e di una “ antenna”.
Tornando ora al nostro T. C. O. è ormai facile trovare nella letteratura internazionale i molti nomi dei suoi precursori e di coloro che pur seguendolo cronologicamente rivendicarono la priorità dell’invenzione.
Primo a scoprire le proprietà delle polveri metalliche fu P. S. Munk af Rosenschöld dell’Università di Lund nel 1835; in particolare una scintilla elettrica emessa da una bottiglia di Leyda vicino alla fialetta, contenente la limatura metallica, ne mutava “istantaneamente” la conducibilità ; seguì nel 1852 S. A. Varley, che applicò polveri dapprima metalliche poi di carbone ad un dispositivo per la protezione delle linee del telegrafo dai fulmini. Nel 1884 appare sulla scena il nostro T. C. O. con due articoli apparsi con lo stesso titolo sul “Nuovo Cimento” “Sulla conduttività elettrica delle limature metalliche” nel 1884 e nel 1885; a cui segue una terza memoria dal titolo: “Di una nuova forma che può darsi all’avvisatore microsismico” nel 1886.
Segue E. E. D. Branly, professore di fisica a Parigi, che nel 1891 col suo “radio conduttore” riscoprì l’effetto delle scintille, già citato da Munk. Per non trascurare le lunghe vicissitudini del Prof. E. D. Hughes che scoprì nel 1872 le proprietà di detector di una fiala di vetro con limatura di zinco e argento, che poi sostituì col suo microfono a carbone, ben prima di H. Hertz, ma la sua dimostrazione sperimentale non fu capita dagli “esperti” della Royal Society, abbiamo dunque i detector “microfonici”. Quindi entra in scena J. C. Bose con la teoria dei “ricevitori molecolari”.
Appare in un’altra nazione il “fritter” e finalmente (almeno nel nostro riassunto molto succinto) il coherer di Oliver Lodge, il quale ha ben chiaro il concetto che le o. e. m. influenzano la conducibilità delle polveri metalliche ed ha la cortesia di attribuire al Branly la priorità, pur dandone per primo una spiegazione per l’epoca accettabile.
A questi pionieri, seguirono moltissimi inventori-costruttori e si arrivò a realizzare dei coherer autodecoherizzanti.
Poi Marconi inventò il detector magnetico, ma apparvero nel 1904 il diodo di Fleming e nel 1906 il triodo di De Forest e gli apparati cambiarono radicalmente.
Mi piace inoltre citare un breve brano che contribuisce ad appianare, pur ricorrendo ad una falsa cronologia, le questioni. Brano che appare in H. G. J. Aitken, “Syntony And Spark The Origins of Radio”, Princeton University Press 1985. pag. 285: «The coherer principle was, however, discovered almost simultaneously by Professor Calzecchi Onesti of Fermo, Italy, and it may be that Marconi’s knowledge of the device came from that source rather than from Branly».
Per essere precisi T. C. O. pubblicò il suo primo articolo sul Nuovo Cimento nel 1884, mentre Branly nel 1891. Marconi, pur essendo a conoscenza delle esperienze di T. C. O. fin dal 1902-1903 e forse da molto prima per merito di Vincenzo Rosa, nel suo discorso per il Nobel, citò Branly ma non T. C. O. e questo dice pur qualcosa del suo modo di fare.
Nel libro citato sopra, V. J. Phillips, da pag. 57 a pag. 60 riporta le interpretazioni del fenomeno di coherizzazione, ma credo a questo punto di aver esaurientemente illustrato, con lo scritto del Prof. Guido Pegna, che esso ancor oggi resta inspiegabile.
Gli schemi del trasmettitore e del ricevitore marconiani (le scritte in verde sono mie) sono tratti da: G. Marconi, La radiotelegrafia, (conferenza tenuta il 20 giugno 1922 a New York), apparso su il Giornale di Fisica, Vol. 15, S. I. F., Bologna 1974. Una figura mostra un tipo di tapper con avvisatore acustico (campanello): non appena il coherer conduce il campanello inizia a suonare ma nel contempo il braccetto percuote il coherer che diventa non conduttore e il suono cessa; essa è tratta da U. Guerra, Elementi di telegrafia senza filo, Sonzogno, Milano. La figura 999 è a pag. 1026 del Elementary Treatise on Physics Experimental and Applied transalted from Ganot’s Éléments De Physique by E. Atkinsons, W. Wood & Co. New York 1910.
Le foto riportate qui sopra ritraggono i vari componenti sia del coherer, sia dell’oscillatore di Righi che in seguito saranno montati nei nuovi riflettori cilindrici a sezione parabolica costruiti magistralmente da Federico Balilli con la supervisione di Mario Guidone.
Le apparecchiature, realizzate negli anni seguenti da Balilli ed usate in svariate dimostrazioni, sono oggi esposte nel corridoio non appena varcato l’ingresso del Triennio del “Montani”.
Nota 1: G. Sinigaglia, accortosi del mio stato, mi disse: “Non essere preoccupato: chi conosce l’argomento ha piacere di risentirlo e tende ad essere indulgente per eventuali tue inesattezze; chi non lo conosce cerca solo di capire…”. Da quel giorno ho fatto tesoro del consiglio nei miei interventi a carattere divulgativo rivolti ad un pubblico eterogeneo.
Bibliografia minima.
Oltre ai volumi e articoli citati nel testo, per un approfondimento della biografia di T. C. O. consiglio:
A cura di E. Fedeli e M. Guidone, La conquista della telegrafia senza fili, Temistocle Calzecchi Onesti e il Coherer, Nuova Alfa Editoriale, Bologna, 1987.
Inoltre un diverso approccio biografico si trova in M. Rotunno, Temistocle Calzecchi Tra Scienza e Poesia, A. Livi, Fermo 2014.
Per una vasta documentazione dell’epoca: A. Righi e B. Dessau, La telegrafia senza filo, N. Zanichelli, Bologna 1903.
O. Murani, Trattato elementare di fisica, Vol. II ottica ed elettricità, U. Hoepli, Milano 1931.
Per chi fosse interessato a leggere una biografia di T.C.O. in rete c’è una vasta scelta, per quanto nessuna delle letture offerte rende merito alla sua complessa personalità.
Lavori un po’ ripetitivi si trovano facilmente in internet; ne cito alcuni:
http://www.sisfa.org/wp-content/uploads/2013/03/xviGuidone.pdf
http://www.fgm.it/marconi/personaggi/temistocle-calzecchi-onesti.html
http://www.scienzainrete.it/italia150/temistocle-calzecchi-onesti
https://www.museomarconi.it/apparati_museo/coherer/
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